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Autore: Black_Eyeliner    02/12/2012    3 recensioni
-Sasuke… Ma cosa… ?!
Balbettò incerto, insicuro su cosa dire e, soprattutto, sempre più consapevole del fatto che, a giudicare da come tremavano le sue dita e da come il suo respiro solitamente sempre pacato fosse divenuto affannoso, il suo prezioso otouto avrebbe finito prima o poi per essere causa della sua morte.
-Sono soltanto caduto. Non mi sono fatto niente, non preoccuparti.

[Uchihacest]
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Itachi, Sasuke Uchiha
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Incest | Contesto: Nessun contesto
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Nda: Questa shot nasce come sequel di Black Out, ma si può leggere anche da sola. E’ ispirata ad una fanart che girava qualche tempo fa’ e non contiene scene di sesso incestuose, per cui, nonostante il rating, non si intende violare il regolamento di EFP. Ci sarà forse un seguito, forse farò la raccolta che la volta scorsa non feci più… Nel frattempo, se gradite, fatemelo sapere. A prestissimo :)

Lampadina

La chiave girò piano nella toppa; la serratura scattò con un  suono secco, ma sommesso da essere a mala pena udibile e la porta d’ingresso si schiuse, senza far rumore. Itachi si tolse adagio le scarpe, lasciandole sul pavimento ordinatamente, l’una accanto all’altra.

Tornare a casa era sempre piacevole, specie dopo un’intera e faticosa giornata trascorsa fuori. Capitava di rado che i corsi universitari si protraessero fino al pomeriggio inoltrato e, quando accadeva, non poteva fare a meno di pensare a suo fratello minore che, rientrando da scuola sicuramente prima di lui, non avrebbe purtroppo trovato nessuno ad accoglierlo. Senza accorgersene, tirò un respiro più lungo degli altri e si convinse che non doveva esserci sensazione peggiore del rincasare e trovare tutte le luci spente, nessuna voce ad augurare un bentornato di cui, in quell’istante, non riuscì a negare di avere una disperata necessità.

Sebbene fosse abituato a conviverci, il senso di colpa lo travolse violentemente come una boa in balia della risacca e desiderò di poter riavvolgere il nastro della pellicola in cui, un pomeriggio di molte estati prima, aveva tanto insistito per guidare l’auto; e, soprattutto, di poterne cancellare quel finale tragico che ancora tormentava le sue notti insonni.

Assorto in quei pensieri, scordò di annunciarsi subito, come soleva sempre fare una volta varcata la soglia con le parole sono a casa e, meccanicamente, si tolse la giacca di pelle nera e la cartella che ripose con cura sull’attaccapanni nell’anticamera.

Si ricordò poi improvvisamente di farlo in modo che suo fratello, senza ombra di dubbio già a casa, lo sentisse e lo accogliesse come tanto intimamente sentì di aver bisogno; ma una serie di  rumori di difficile interpretazione, provenienti dall’interno, lo indussero a tacere.

Camminò sui tatami a passi lenti e oltrepassò le stanze una dopo l’altra, senza che i suoi piedi scalzi producessero alcun suono. Ancora non s’era fatto buio, ma già le prime luci della sera poco riuscivano a rischiarare le tende, i mobili, i tappeti. Nonostante le ombre tutto gli parve però essere al proprio posto e Itachi, senza rendersene nemmeno conto, tirò un lungo sospiro di sollievo: la sola idea che potesse essere accaduto qualcosa a Sasuke mentre lui era via bastò a raggelargli il sangue nelle vene e si sentì un po’ più tranquillo, accingendosi a salire le scale che conducevano alle camere da letto, pensando che forse quei rumori provenivano dall’esterno. Non fece però in tempo a convincersene del tutto quando  il rumore sordo come di un qualcosa che avesse urtato con violenza il pavimento e quello che parve essere un lamento lo costrinsero a salire tutta la rampa in quattro sole ampie falcate e a precipitarsi verso la prima porta del piano superiore.

Ciò che vide non appena ansante spalancò l’uscio della stanza da letto di Sasuke bastò a lasciarlo attonito, incapace di muovere un altro passo in avanti e di proferire una frase di qualche senso compiuto.

-Sasuke… Ma cosa… ?!

Balbettò incerto, insicuro su cosa dire e, soprattutto, sempre più consapevole del fatto che, a giudicare da come tremavano le sue dita e da come il suo respiro solitamente sempre pacato fosse divenuto affannoso, il suo prezioso otouto avrebbe finito prima o poi per essere causa della sua morte.

-Sono soltanto caduto. Non mi sono fatto niente, non preoccuparti.

Itachi guardò Sasuke che, col solito cipiglio imbronciato, dapprima si strofinò un paio di volte i jeans all’altezza delle ginocchia, per scuotere via la polvere che vi si era raccolta nella caduta; e poi raddrizzò  la sedia che si era rovesciata sul pavimento e vi salì sopra all’inpiedi, in un equilibrio precario che fece impallidire ancora di più il maggiore.

-Si può sapere cosa stai cercando di fare?

Così dicendo, gli si lanciò letteralmente dietro, senza però osare toccarlo per la paura di farlo cadere ancora anche solo sfiorandogli una gamba, turbando l’asse perfetta in cui il suo corpo si allungò pericolosamente nel tentare di raggiungere il lampadario con le mani.

-Si sta facendo buio e senza luce non posso studiare per il test di domani!

Troppo allarmato e preso dallo sconcerto, solo a quella esclamazione Itachi scorse la lampadina tra le mani di Sasuke e i  suoi tentativi disperati di avvitarla al lampadario. Mille pensieri trafissero la sua mente in quel momento, come un fottio d’aghi infilati simultaneamente su di un puntaspilli.

Già il fatto che Sasuke, un ragazzino di appena quattordici anni, dovesse essere già in grado di badare a se stesso in tutto e per tutto lo feriva a tal punto che spesso si colpevolizzava fino a sentirsi perfettamente inutile per lui, una figura che mai e poi mai avrebbe potuto in alcun modo sostituire né quella materna, né quella paterna. Se poi pensava che appena qualche settimana prima il suo amore per lui aveva definitivamente oltrepassato la linea lecita dell’amore fraterno, per sfociare in baci, carezze e tocchi che aveva insistito su di lui ancora così ingenuo e puro da far male, si sentiva un pervertito, indegno d’essere ricambiato con così tanto trasporto e innocenza di un amore comunque proibito e condannato da ogni morale. Ma ciò che più lo intenerì continuando a guardare gli sforzi del suo fratellino furono le sue sopracciglia aggrottate, le labbra morsicchiate e le sue parole affrante.

-Non ci arrivo… !

Ansimò sconfitto e stette per ruzzolare di nuovo a terra se non fosse stato per Itachi che, con uno slancio fulmineo, lo afferrò saldamente per la vita.

-Lascia, faccio io, otouto.

-No!

Proprio nel momento in cui stava per rimetterlo con i piedi per terra, Itachi percepì chiaramente la mano libera di Sasuke aggrapparsi alla sua maglietta e le sue gambe snelle allacciarsi saldamente al suo bacino. In quella stretta improvvisa, distinse chiaramente il profumo fresco della sua pelle, lo stesso di cui aveva goduto baciandolo più e più volte sul collo nei giorni precedenti, ma senza andare oltre per il timore di violarlo troppo giovane, troppo presto. Sussultò perché, in quella posizione dettata solo dal fatto che suo fratello non intendesse demordere e farsi rimettere semplicemente giù, ciò che invece essendo più grande gli tolse il fiato fu l’attrito che inavvertitamente il più piccolo provocò tra i loro corpi, muovendo le anche in avanti e risvegliandogli un’erezione di cui non riuscì a non vergognarsi.

-Ce la faccio se mi tieni tu. Sollevami solo un po’ più in alto.

Itachi non replicò subito, scorgendo chiaramente in quelle parole un ulteriore tentativo del suo fratellino di sembrare a tutti i costi già adulto e perfettamente autosufficiente.

-Ti hanno mai detto che sei testardo da morire?

Gli chiese soltanto in un mormorio appena percettibile, cingendogli entrambe le mani dietro le ginocchia e sollevandolo il più possibile.

-E a te hanno mai detto che sei appiccicoso da far quasi paura, niisan?

Rimbrottò Sasuke altrettanto fra i denti mentre, con l’ultimo, sforzo riavvitava  la lampadina più saldamente gli riuscisse.

-Solo quando si tratta di te, otouto, sai?

Lo provocò scherzoso, accennando un mezzo sorriso al rossore che tinse quasi subito il viso di Sasuke e che quest’ultimo provò goffamente a dissimulare, voltando la testa di lato per evitare di incrociare lo sguardo rapito e rivolto verso l’alto del suo fratello maggiore.

-Ho finito. Puoi anche lasciarmi andare, adesso.

-Come vuoi.

Lo assecondò, cominciando a farlo discendere fra le sue braccia con una lentezza quasi estenuante; si fermò solo allorchè le sue mani andarono a sorreggere i glutei del più piccolo e la punta del suo naso sfiorò l’orlo della maglietta nera che Sasuke indossava, inspirando anche attraverso la stoffa il suo odore d’irresistibile innocenza.

-Mi lasci andare?

Dopo aver colmato un’ultima volta le proprie narici di quell’odore fresco e inebriante, Itachi sollevò lo sguardo a quel sussurro, quasi dolce come gli occhi di Sasuke che si puntarono neri e immensi nei suoi, imploranti quel che, rimproverandosi ancora una volta d’essere egoista, non riuscì a concedergli.

-Lo vuoi davvero?

Non attese replica alcuna; non gliene diede nemmeno il tempo. Avendo le mani occupate a sorreggerlo, si servì invece proprio della punta del proprio naso per sollevargli di un poco la maglietta: quel tanto che bastava affinchè vi si insinuasse sotto con la testa e iniziasse a tracciare con le labbra la striscia sottile di peluria appena accennata che, dalla cintola dei jeans, risaliva fino al suo ombelico.

Stringendo di più le braccia attorno ai suoi fianchi, la disseminò di piccoli baci casti e ravvicinati, risalendo e scendendo più volte, fino al momento in cui le mani di Sasuke, che fino a quel momento erano rimaste appoggiate alle sue spalle larghe e forti, non si artigliarono alla sua maglia con una forza tale da sfilargliela quasi.

-Itachi… !

Solo il fatto di sentirsi chiamare per nome a quel modo, con la voce rotta di un’emozione che sapeva benissimo essere la stessa che provava anch’egli in quel medesimo istante, lo incoraggiò a rendere quei baci meno casti e sempre più umidi.

E sorrise contro la sua pelle quando infine affondò delicatamente la lingua nel suo ombelico; sentì la presa sulle proprie spalle farsi più forte e disperata, proprio come il gemito che Sasuke si lasciò sfuggire, gettando la testa all’indietro.

Facendo attenzione a non interrompere quel loro contatto, Itachi mosse qualche passo in avanti; e, una volta che fu arrivato alla sponda del letto, lasciò che entrambi ricadessero sul materasso in quella stessa posizione, Sasuke sotto e lui sopra, le labbra ancora sul suo ombelico, incapaci di staccarsene.

Gli sembrò di non aver mai assaggiato in vita sua una pelle più morbida e più dolce di quella di suo fratello minore; pregò gli dei affinchè nessun altro tranne che lui riuscisse ad assaggiare quel sapore vergine che apparteneva solo a lui. Furono l’idea di sporcare irrimediabilmente quella creatura così pura e il tremore violento che la scosse sotto di lui a far arrestare il movimento delle dita che, quasi mosse da una volontà propria, avevano finito per sbottonargli i jeans.

Non senza riguardarlo con un ultimo bacio a fior di labbra, Itachi appoggiò la testa sul ventre tremante di suo fratello più piccolo, la guancia contro la pelle fresca della sua pancia, le mani a stringere le lenzuola e nelle orecchie il  suono affannoso del suo respiro spaventato.

-Niisan, io…

-Non preoccuparti, Sasuke, ti aspetto. Ti aspetto quanto vuoi.

Cercò di calmarlo, unendo al tono gentile della voce un altro bacio casto, appena sotto l’ombelico. Ma fu Sasuke a sorprenderlo, non appena si sentì affondare le dita di lui fra i capelli, in una serie di piccole carezze impacciate e innamorate.

Rimasero a lungo in quella posizione, senza muoversi, tranne che per le mani del più piccolo che di tanto in tanto andavano a intrecciare le dita fra i lunghi capelli del maggiore. E in ognuno di quei tocchi Itachi si sentì ricambiato e capace d’aspettare Sasuke, se fosse stato necessario, anche tutta la vita.

-Qualcuno qui ha fame, o sbaglio?

Non ci volle molto perché le carezze fossero sostituite da un leggero buffetto con cui Sasuke, già mortificato per il borbottio del proprio stomaco, costrinse suo fratello maggiore a sollevare la testa.

-Se qualcuno non si fosse addormentato con la testa sulla mia pancia forse sarei potuto andare a mangiare qualcosa!

Sibilò minaccioso, sforzandosi di non ricambiare lo sguardo divertito di Itachi che, col mento appoggiato su di lui, non accennò minimamente a volersi alzare.

-Non mi pare che tu mi abbia esattamente scacciato, otouto.

A quella battuta Itachi dovette per forza alzarsi, almeno per scansare la ginocchiata con la quale rischiò davvero di essere colpito. Ugualmente rimase  rapito ad osservare le dita affusolate di Sasuke che riallacciavano i suoi pantaloni, la sua espressione imbarazzata nell’abbassarsi la maglietta fino a coprirsi di nuovo, il modo in cui, spettinato  e rosso in volto, si alzò a sedere sul letto.

Sentì di amarlo come non mai, con le sue labbra pallide sempre imbronciate e i suoi occhi neri e profondi, con le sue emozioni incontrollabili e i suoi rari sorrisi che sbocciavano all’improvviso, come quando l’osservò di sottecchi, dopo avergli detto:

-Finisci in fretta gli esercizi per il test. Se ti va, stasera andiamo a cena fuori.

Giurò a se stesso che mai sarebbe stato la causa delle sue lacrime e che, per questo, davvero l’avrebbe aspettato, rispettato ed amato per sempre.

-Sì. Mi va.

Rispose solo e, anche se convinto di non essere visto, lo stesso Itachi scorse di nascosto, il suo sorriso.

   
 
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