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Autore: Keiko    03/12/2012    4 recensioni
Quando combatti per qualcun altro, per salvare qualcosa a te caro, non importa da che parte stai.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Sweet Revenge © 2012 (03 dicembre 2012)
Disclaimer. Tutti i personaggi di Harry Potter appartengono a J. K. Rowling, agli editori inglesi e ai distributori internazionali che detengono i diritti sull'opera. Questa storia è stata redatta per mero diletto personale e per quello di chi vorrà leggerla, ma non ha alcun fine lucrativo, né tenta di stravolgere in alcun modo il profilo dei caratteri noti.
Nessun copyright si ritiene leso.


A Sara,
perché ciò che ha scritto in questi anni
è stata la compagnia migliore di questo mondo.
Grazie.

 

Quando era una bambina, Hermione Granger era certa la morte avesse gli occhi di brace di Bellatrix Lenstrange. Negli anni aveva imparato che lo sguardo tagliente di un Malfoy poteva esserne la variante più subdola e altezzosa eppure, quella notte, furono i suoi incubi infantili a farsi reali. Mentre le vipere strappavano con perizia lembi di carne dal suo braccio e un dolore straziante le lacerava il petto, Hermione aveva pregato quel che rimaneva della sua fede cattolica nella speranza di morire.
Tutto, andava bene qualsiasi cosa, purché la Maledizione Cruciatus di Bellatrix cessasse.
Se doveva scegliere, preferiva morire anziché impazzire di dolore. Un’agonia che sembrava dovesse durare ore solo per compiacere la sadica passione per le grida del sicario di Lord Voldemort.
Mudblood, recitava la scritta di sangue e brandelli di pelle sul suo avambraccio, l'ennesimo grido scagliato contro un soffitto a ogiva che le restituiva solo la sua voce, distorta e disperata nella solitudine di un manor in cui vi erano solo nemici.
L'ultima cosa che riuscì a vedere, prima di accasciarsi priva di sensi a terra, fu il volto di Draco Malfoy, una smorfia di terrore e disgusto dipinta sul viso.
No, non ha lo stesso sguardo di Lucius: gli occhi di Draco hanno un'anima.

 

Draco Malfoy aveva diciassette anni quando fu costretto a conoscere la guerra che suo padre aveva combattuto all'ombra di un pericoloso gioco di equilibri precari. Per quel motivo ora si trovava sotto i riflettori, anzi, era tenuto sotto il tiro della bacchetta di Lord Voldemort. Poteva accusare suo padre delle scelte sbagliate o biasimare le lacrime di Narcissa? Della fiera leonessa che aveva conosciuto a Hogwarts, distesa a terra priva di sensi, sembrava non essere rimasto altro che una pelliccia vuota e malconcia, dalle carni dilaniate da belve più spietate di lei e più avvezze alla guerra. Non era altro che un cucciolo dagli occhi d’oro, così come lui non era altro che un incerto serpente albino privo di zanne. Elegante ed etereo, certo, ma della bellezza in battaglia nessuno ha bisogno.
Lo sguardo di Draco era fisso sulla ferita che squarciava il braccio inerme della Granger, ipnotizzato da un rosso della stessa tonalità delle rose che adornavano il parco del manor dei Malfoy.
Della stessa tonalità del proprio.
Dov'era la differenza tra una Mezzosangue e un Purosangue? A diciassette anni, costretto a combattere qualcosa che aveva sempre mitizzato e che ora viveva come una condanna, Malfoy riusciva a provare qualcosa di simile alla pietà per una persona che aveva sempre considerato un niente, nel suo mondo.
A diciassette anni ti fai domande, e quando sei costretto a uccidere ma ti manca l'indole dell'assassino, riesci a trovare i punti di contatto con la tua vittima designata.
Draco Malfoy ed Hermione Granger avevano passato gli ultimi sei anni della loro vita a ignorarsi e, in casi del tutto sporadici che si erano fatti sempre più rari, a farsi guerra aperta. Crescendo scendi a compromessi con te stesso e comprendi come sia più semplice muoversi protetto dalle ombre della notte piuttosto che sferrare un pugno in pieno viso al tuo nemico quando il sole è ancora alto in cielo.
Uno dei motivi per cui entrambi si sarebbero disprezzati in eterno era l'appartenere a due mondi totalmente differenti, ma quando il Mondo Magico era diventato la vera casa di Hermione e la guerra li aveva costretti entrambi a mostrare il fianco al nemico, le cause principali del loro odio erano venute a mancare.
Entrambi vittime, entrambi fuori posto ovunque li si appoggiasse.
Nemmeno poi ti ricordavi perché - e per chi - stavi davvero combattendo, arrivato a quel punto.
“Draco potrebbe portare via questa disgustosa visione, non trovi Lucius?”
La voce sibilante di Lord Voldemort aveva interrotto le risate nervose di Bellatrix, annoiata dallo svenimento della ragazzina sotto i colpi della sua impietosa bacchetta.
“Dove...”
“Lontano da qui. Potresti persino buttarla nel lago che avete sul retro, per quel che mi riguarda. Odio dover pulire dove voi sporcate. Non ci è di alcuna utilità, ora. A cosa servirebbe, poi, una sporca Mezzosangue?”
Voldemort guardava con disprezzo il corpo inerme di Hermione: sarebbe stato divertente sottrarla a Potter e vederla morire lentamente, ma se Bellatrix avesse continuato, di quel macabro rituale non se ne sarebbe fatto nulla. E Potter doveva vederli soffrire tutti quanti, uno ad uno, vittime sacrificali ad adornare l’altare della sua sconfitta.
“Portala fuori di qui, Draco.”
La voce melliflua di Lord Voldemort scivolava sulla pelle come una nebbia che ti bagna e ti inumidisce le ossa, rendendoti difficile respirare regolarmente, una lotta impietosa contro il fiato che si incolla alla gola e non vuole saperne di uscire. Era uno schiaffo nel buio, la sua voce: un ordine impartito dalla frusta del terrore.
Draco, con un leggero movimento del polso, sollevò il corpo della Granger a pochi centimetri da terra, facendo si che lo precedesse in direzione del salone principale dell’edificio, una stanza fredda al pari del resto della magione. Solo due anni prima, il manor dei Malfoy brillava di una luce vermiglia, fatta del riflesso delle candele di sua madre sulle pareti e della distesa di rose lungo il parco. Ora era il rosso del sangue a macchiare i pavimenti e imbrattare i muri. Quasi si rammaricava di tutte le volte in cui aveva provato ribrezzo per il profumo dei fiori di Narcissa che rendevano il manor simile a una camera mortuaria, avvolto nel bozzolo di quel puzzo stantio che rilasciano quando, lentamente, avvizziscono. Ora, nel gelo spettrale che aveva preso il posto del calore aranciato delle luci soffuse che amavano i suoi genitori, era certo quello fosse stato un macabro presagio. Draco aveva assaporato l’odore della morte, e l’unico gusto che vi riconduceva era l’odore ferroso del sangue e quello amaro della bile che gli saliva dalla gola, lo stomaco che si contorceva in spasmi disperati in un muto grido di soccorso che continuava a ingoiare, frantumandosi in mille schegge impazzite all’interno del suo corpo.
“Tu non devi nemmeno guardarla!”
Lo schiantesimo di Weasley andò a segno, inaspettato, facendo scivolare il corpo di Hermione a terra. Draco non riusciva a mettere a fuoco le immagini, dopo essere stato schiacciato contro la parete opposta, ma era certo che quell'idiota avesse preso la Granger tra le braccia portandola all'esterno, come si addice ad un principe.
A quel pensiero sentì una fitta di dolore trapassargli il cranio e scivolare giù, sino al cuore.
Lei aveva qualcuno, lui il nulla.

*

La battaglia non era più il loro campo. Alla prima linea, Hermione, Harry e Ron erano stati costretti a preferire la vita dei fuggiaschi. Gli Horcrux sembravano impazziti, tentavano di corromperli e persuaderli a compiere altre scelte, cambiandoli lentamente. Da quando erano sopravvissuti alla breve prigionia al manor dei Malfoy, era di nuovo cambiato tutto. Ron era come impazzito, e li aveva abbandonati. Il pianto solitario di Hermione, sulle scogliere della Scozia, non l’avevano riportato indietro, né Harry riusciva a consolare il pigolio sommesso dell’amica. Hermione non era mai stata una ragazza, per loro, e Ron non aveva mai fatto mistero di quel difetto che li aveva portati a scontrarsi in modo duro, come fanno gli adulti quando – semplicemente – sono gelosi ma, soprattutto, innamorati. Lei, però, desiderava restare sola, spaccarsi il cranio e il cuore per lasciare a Ron un segno del loro passaggio, limitandosi a piangere per il tempo che riteneva necessario, senza essergli di peso. Il non averla mai considerata una donna l’aveva portata anche a fare i conti con la freddezza dell’uomo, con quel badare da sé ai propri sentimenti e censurarsi all’occorrenza. Ron li aveva abbandonati, non traditi. Lontano dall’Horcrux, ne era certa, sarebbe tornato. Ma i giorni passavano lenti e pigri, immersi nel freddo spettrale di boschi sconosciuti alla ricerca del passo successivo. La verità era che lei ed Harry, soli, erano come bambini. In quel momento le sembrava di non sapere nemmeno più come si camminava. Portava al collo il ciondolo di Regulus, giorno e notte. Sapeva di non potersi permettere di perdere Harry, che la follia di Voldemort strappasse loro l’unico in grado di contrastarlo, per cui sopportava il peso di quel macigno con determinazione.
“Cosa fai?”
La domanda di Harry risuonò stupida persino a lui. Voleva solo tenerle compagnia, renderle la distanza da Ron solo un poco meno dolorosa. Era straziante vederla così, cercare di farsi forza senza vedere via d’uscita a quell’abisso. Anche Ginny piangeva di notte, non vista, pensando a lui?
Ginny ed Hermione erano fatte della stessa sostanza, dopotutto.
Fissò Hermione muovere la bacchetta in aria, incantando la zona in modo da non essere trovati dai loro nemici. Per lei era necessario farlo, una routine che la obbligava a concentrarsi su qualcosa che non fosse la mancanza di Ron.

 

L’ennesimo sottobosco e l’ennesima notte che, lentamente, stava scendendo su di loro.
“Dove vai?”
“Da nessuna parte, dove diavolo vuoi che vada Harry? Siamo bloccati qui e mi sento soffocare. Prendo una boccata d’aria e torno.”
Harry alzò il sopracciglio inforcando gli occhiali per vederla meno ed essere certo non mentisse.
“Sto bene Harry, ti preoccupi troppo.”
“Ma Ronald…”
“Manca ad entrambi. Ho fiducia in lui, so che tornerà.”
Era certo, però, che non credesse nemmeno lei a quella bugia.

 

L’aria gelida le sferzava il viso, graffiandola. Sembrava che persino il clima rispecchiasse il suo stato d’animo, come se l’inverno avesse deciso di annunciarsi prima del previsto. Alzò lo sguardo sulla coperta di rami e foglie secche sotto cui si erano riparati, osservando i lembi di cielo che ne scaturivano a tratti.
Nevicherà, pensò stringendosi nella giacca pesante.
Aveva lasciato la propria sciarpa a scaldare il tronco di un abete, il segno del loro passaggio per Ron. Se si fosse messo sulle loro tracce, sarebbe passato da quel punto per forza. Doveva essere così, insomma.
Era certa che illudersi non l’avrebbe aiutata ad andare avanti, ma aveva compreso che quella speranza era l’unica che le permettesse di andare avanti e non cedere alla tentazione di mollare. Il comando che le arrivava dall’Horcrux era quello: vattene. Ora che non c’è nemmeno Ron, con voi, perché continui a seguire Harry?
Ron torna sempre sui suoi passi. Lui è fatto così.
Si arrestò bruscamente, sentendo i passi in corsa che giungevano dalle sue spalle.
Si girò, osservando a pochi centimetri di distanza i lupi di Greyback, a dividerli solo la barriera protettiva che aveva creato poche ore prima. Abbassò lentamente lo sguardo sulle mani della creatura, sgranando gli occhi alla vista della propria sciarpa.
Che stupida sono stata.
Trattenne il fiato, mentre il lupo annusava l’aria con avidità.
“È lo stesso odore, è fermo qui, da qualche parte, ma non vedo nulla. Ehi Malfoy, tu riesci a capirci qualcosa?”
Hermione dovette trattenersi per non indietreggiare, quando Draco si fermò ad una distanza ancora più esigua di quella che l’aveva divisa da Greyback.
Stupida stupida stupida Hermione.
Ssh, quanto rumore fai, Granger.
Lo sguardo del ragazzo aveva perso la fierezza dei Malfoy. Ad Hermione, sembrava che Draco fosse solo un ragazzino che stava diventando uomo, costretto come tutti gli altri a combattere una guerra che non aveva chiesto e di cui avrebbe fatto volentieri a meno.
Come… legilimens?
Quando Potter avrebbe dovuto studiare Occlumanzia, io studiavo Legilimanzia. Dallo stesso mentore.
“Ehi Malfoy, si può sapere cosa diavolo fai lì impalato? Sembri un salame. Voi aristocratici siete buoni solo a prendere thé e pasticcini. Sporcarvi le mani è così duro, vero, povero figlio di paparino?”
Hermione fissò Draco. Non poteva vederla, ma se avesse potuto vi avrebbe letto la compassione sul viso. In compenso, poteva leggerle nel pensiero senza problemi.
Abbozzò un sorriso tirato e fintamente spavaldo, che irritò Greyback.
“Ehi moccioso, sei sotto il mio comando qui. Non il contrario.”
“Qui non c’è nulla per noi. Il tuo fiuto fa schifo.”
Draco Malfoy tentò di darsi un tono, di atteggiarsi da duro quando invece le circostanze erano sfavorevoli. Da suo padre aveva ereditato non solo la consapevolezza del nome, ormai solo in’inutile velleità ancorata agli avi, ma delle necessità. Lucius aveva trasformato ogni parola, azione e dono in un espediente, un’arma per cui non essere ucciso. Si era creato così tanti lasciapassare e vie di fuga da essere infine arrivato con le spalle al muro di un vicolo cieco. Era arrivato al punto, ora, da valere meno di uno zerbino, perché il coraggio dei condurre una battaglia l’aveva ereditato Bellatrix. A lui erano rimasti solo i brandelli della nobiltà e la codardia dei politici. Draco, però, sapeva di valere ancora qualcosa.
Senza un legilimens, gli uomini di Greyback erano inutili, solo cani sciolti, e di questo ne era consapevole. Si stava comprando la libertà, in un certo senso, ma senza utilizzare i mezzi di suo padre. Aveva visto l’orrore delle torture, vissuto sulla propria pelle l’incubo di una dittatura e non voleva un mondo così. Preferiva un mondo dove i babbani potevano diventare maghi e streghe, se avevano il coraggio di non tradire, come la Granger. I tradimenti di suo padre gli avevano insegnato che finisci in un pantano di pece che ti trascina giù, sino alla morte, e lui era stato costretto a combattere per salvare la sua famiglia. Era stata una violenza alla sua codardia e al suo essere un niente, ed era certo che non sarebbe sopravvissuto, ma ci avrebbe provato. Lo doveva a sua madre. Se l’avessero scoperto, l’avrebbero ucciso ma se avesse vinto la guerra Voldemort, sarebbe comunque stato uno schiavo.
E un Malfoy in catene, era una bestemmia.
“Non piacerà a Lord Voldemort.”
Draco sorrise, restando indietro rispetto al gruppo, così come quando erano arrivati. Hermione continuò a trattenere il fiato, certa che sarebbe morta. Perché lo stava facendo?
Il mio sangue ha lo stesso colore del tuo.
Quindi?
Quindi siamo pari.
Allungò la mano, sino a sfiorarle la guancia in una carezza impacciata. Hermione restò pietrificata, in silenzio, la mente sgombra da qualsiasi pensiero finalmente senza parole, incredula.
La guerra è così, fatta di certezze che si sfaldano e punti di incontro. Nel tuo nemico puoi trovare il miglior alleato, se ti spingi un poco oltre le convenzioni. Quando combatti per qualcun altro, per salvare qualcosa a te caro, non importa da che parte stai, perché ci sarà sempre qualcosa che dovrà costringerti a vedere una realtà che non credevi possibile, ma solo immaginata in un sogno utopistico.
Il nuovo mondo, ricominciò da quel gesto.
Dalla carezza di un Purosangue a una Mezzosangue.

 

 


Note dell'autrice.
Questa storia voleva essere un missing moments/what if relativo all’ultimo romanzo. È nato come idea durante la visione del film, a essere onesti, ma mi piaceva l’idea di un punto di incontro tra Hermione e Draco, e una presa di coscienza da parte di quest’ultimo che lo porterà a cambiare “esercito”.
Questa storia è un tributo a ciò che ha scritto Cal_Stephanides, facendomi avvicinare ad un pairing che ho sempre rifiutato come la peste. Ma si sa, lei ha il dono di rendere canon qualsiasi cosa, dunque, spero di essere riuscita a vincere la mia sfida personale e averle restituito un minimo delle emozioni che lei mi dona.
   
 
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