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Autore: xgiuls    03/12/2012    18 recensioni
Alzai lo sguardo verso di lui intenta ad allacciarmi i bottoni del cappotto mentre lui mi guardava sorridendo. Uscimmo dal cortile in totale silenzio. L'unico rumore che si udiva erano i nostri passi sulla stradicciola di ghiaia e i nostri respiri profondi. Mi faceva sempre uno strano effetto stargli vicino, perfino dopo tutto quel tempo.
«Avevi intenzione di sposarti senza dirmelo?» domandò lui rompendo il silenzio che si era creato.
«Come hai fatto a sap…?» dissi bloccandomi ancora prima di finire la domanda, immaginandomi già la risposta «Louis.».
«Perché non me lo hai detto?» chiese girando la testa verso di me, cercando di catturare l'attenzione dei miei occhi.
Abbassai lo sguardo per non perdermi nelle sue ipnotizzanti iridi trasparenti.
«Non ci vediamo da quattro anni Harry, che cosa ti aspettavi?» gli domandai di rimando evitando di rispondergli.
Genere: Drammatico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«No! No! No!» esclamai in preda al panico «Le orchidee vanno sull'altro lato, Cristo!».

Se non mi calmavo immediatamente, rischiavo di finire ricoverata alla neurodeliri.

«Grace.» mi richiamò mia madre, lanciandomi uno sguardo fulminante.

«Oh mamma, non mi sposo in chiesa per una ragione.» mi giustificai io sfoderando uno dei miei sorrisi più finti.

Ancora non riuscivo a credere di star organizzando i preparativi per il mio matrimonio. Diciamo che, più che altro, non riuscivo a credere che mi sarei sposata nel giro di due giorni. Mancava davvero pochissimo ed io mi sentivo sempre meno sicura di questa scelta. Dicevano che era una cosa normale avere dei dubbi a pochi giorni dal matrimonio, ma dentro di me sentivo che c'era più di qualche dubbio e la cosa iniziava ad allarmarmi.

«Le sedie devono stare più staccate, o gli invitati finiranno col sedersi in braccio tra di loro.» dissi esausta agli addetti per poi coprirmi gli occhi con una mano, sbuffando rumorosamente.

In quel momento mi maledissi per aver deciso di sposarmi nell'atrio d'ingresso della mega villa dei miei genitori.

«Vuoi che ti porti della camomilla?» domandò ironicamente la voce di Violet alle mie spalle.

«Voglio che mi porti delle persone competenti.» sibilai iniziando a molestarmi gli occhi con le dita.

La sentii ridere fino a quando non mi prese per le spalle girandomi, con decisione, verso di lei.

«Grace, calmati o non ci arrivi al matrimonio.».

«Ho bisogno di fare del male fisico a qualcuno, dov'è Louis?».

«Lascia stare mio marito.».

«In dovere di damigella d'onore, dovresti prestarmelo.» dissi puntandole il dito contro «Giuro che non gli faccio tanto male.».

Nessuno mi conosceva come Violet. Sapeva ogni cosa di me eppure era ancora lì, pronta a spalleggiarmi. Mi chiedevo come questo fosse possibile ma mi bastava guardarla negli occhi ogni volta per capire il perché. L'una era persa senza l'altra. 

«Adesso tu vai a farti un giro e qua ci pensiamo io e tua madre.» sentenziò dandomi una leggera spinta sulla schiena, indirizzandomi dalla parte opposta.

Mi incamminai iniziando a ridere istericamente fino a quando non sentii il campanello della porta d'ingresso risuonare per tutta la stanza. Lanciai un'occhiata a Violet, che lei ricambiò.

«Vado io, sarà quello dell'allestimento.» dissi prima che Violet potesse impedirmelo.

Allungai il passo per arrivare prima all'ingresso e non appena lo raggiunsi, aprii la porta con uno scatto. Il mio cuore saltò qualche battito e lo stomaco si rigirò alla vista della persona che avevo davanti a me. 

«Harry.» bisbigliai con gli occhi fissi su di lui.

«Ciao.» disse lui accennando un sorriso per poi sistemarsi i capelli lungo la fronte.

Una parola, quattro lettere ed io non mi ricordavo nemmeno come si faceva a respirare. 

Non appena ritornai ad inalare ossigeno, gli feci segno di aspettare un attimo e, subito dopo, socchiusi la porta dirigendomi verso l'atrio. Presi il cappotto dalla sedia sulla quale lo avevo appoggiato e mi incamminai di nuovo verso l'uscio.

«Dove vai?» mi chiese Violet prima che potessi raggiungere la porta.

«C'è Harry fuori.» fu l'unica cosa che riuscii a dire.

«Mi auguro che tu ti riferisca a Harry Potter e non a quell'Harry.» disse sbarrando gli occhi incredula.

Mi passai una mano sulla faccia per la disperazione fino a farla finire tra i capelli, scompigliandomeli leggermente.

«Ti scrivo dopo.» la liquidai per poi uscire dalla porta chiudendola rumorosamente alle mie spalle.

Alzai lo sguardo verso di lui intenta ad allacciarmi i bottoni del cappotto mentre lui mi guardava sorridendo. Uscimmo dal cortile in totale silenzio. L'unico rumore che si udiva erano i nostri passi sulla stradicciola di ghiaia e i nostri respiri profondi. Mi faceva sempre uno strano effetto stargli vicino, perfino dopo tutto quel tempo.

«Avevi intenzione di sposarti senza dirmelo?» domandò lui rompendo il silenzio che si era creato.

«Come hai fatto a sap…?» dissi bloccandomi ancora prima di finire la domanda, immaginandomi già la risposta «Louis.».

«Perché non me lo hai detto?» chiese girando la testa verso di me, cercando di catturare l'attenzione dei miei occhi.

Abbassai lo sguardo per non perdermi nelle sue ipnotizzanti iridi trasparenti.

«Non ci vediamo da quattro anni Harry, che cosa ti aspettavi?» gli domandai di rimando evitando di rispondergli.

«Un'invito, una telefonata, un sms, una mail.» disse come se fosse semplice «Qualsiasi cosa!».

«Abiti oltreoceano.» gli feci notare io, sottolineando il fatto che non immaginavo sarebbe venuto.

Lo rivivevo ogni santo giorno quell'addio. Era scolpito nella mia memoria e sapevo che non sarebbe mai sparito. 

Se ne andò senza dire niente a nessuno. Scoprii che se ne era andato a Los Angeles dopo qualche settimana, quando ricevetti una telefonata da un numero proveniente da una cabina pubblica della California. Quando risposi alla chiamata non disse nulla, capii che era lui dal suo respiro profondo e ne ebbi la conferma quando poi qualcuno lo chiamò in sottofondo. 

Ogni tanto, durante il corso degli anni, ricevevo telefonate da numeri sconosciuti sempre senza avere alcuna risposta. Sapevo che era lui ed ogni volta che mi chiamava, anche senza dire una parola, mi devastava. 

«Eppure eccomi qua.» sentenziò alzando le spalle.

«Già…» dissi per poi sospirare «Perché sei qua?».

Aveva quel maledetto vizio di tornare quando meno me lo aspettavo. Lui tornava sempre. Tornava per scombussolare totalmente ogni piccola certezza che credevo di possedere. Tornava come se volesse ricordarmi che lui c'era, nonostante tutto.

«Volevo vederti.» disse spiazzandomi completamente.

«Perché?» chiesi dura voltandomi a guardarlo per la prima volta da quando avevamo iniziato la conversazione.

«Ci deve essere per forza un motivo?» domandò di rimando lui infilandosi le mani nelle tasche dei jeans.

«Sì.» risposi seria per poi deglutire rumorosamente.

«Andiamo a bere qualcosa.» disse allungando il passo.

 

***


Il pub in cui mi portò era dall'aspetto realmente tradizionale, uno dei miei preferiti di tutta Londra e questo lui lo sapeva bene. In effetti mi stupì come si ricordò di quel preciso particolare, ma non lo diedi a vedere.

Avanzò davanti a me per raggiungere il tavolino più riservato possibile e una volta seduto, si tolse il giubbotto di pelle. Sotto ad esso, indossava una maglia bianca semplice con lo scollo a V che lasciava intravedere i pettorali ben definiti. Rimasi a fissarlo per qualche secondo fino a quando non lo notò, dopo di che mi sedetti e lo imitai, togliendomi il cappotto.

«Dunque tra due giorni ti sposi?» chiese rompendo di nuovo il ghiaccio mentre io ero intenta a mandare un messaggio a Violet dicendole che tornavo a casa più tardi del previsto.

«Sì, ma niente di serio.» risposi distratta posando il blackberry nella borsa per poi accennargli un sorriso che lui ricambiò.

Aveva un sorriso fuori dal comune, il più bello che io avessi mai visto in ventiquattro anni di vita.

«E lui?» domandò curioso appoggiando il viso sulla mano destra.

«È in Irlanda per l'addio al celibato.» spiegai io iniziando a tamburellare le dita sul tavolo.

«Peccato, avrei voluto conoscerlo.».

«Forse è meglio così.».

«Perché?» chiese stranito guardandomi negli occhi «Non gli hai detto di noi?».

Io ed Harry non eravamo mai stati una coppia normale. Eravamo complici, complici di qualcosa che gli altri non potevano sapere. Eppure mai due persone prima si amavano come noi, desideravano come noi, abbracciavano come noi. Eravamo uniti, ma nello stesso tempo troppo distanti.

«Non c'è più nessun noi.» dissi nervosa tamburellando ancora più velocemente le dita.

«Ci sarà sempre un noi.» sentenziò afferrandomi la mano per poi intrecciarla dolcemente alla sua.

Alzai lo sguardo incontrando il suo, cosa che mi causò la perdita di qualche battito cardiaco.

Era incredibile come lui fosse stato l'unico in grado di farmi amare i suoi difetti più di quanto amassi i suoi pregi. Alla fine era quello il problema maggiore. Anche quando avevo voglia di mandarlo a cagare con tutta me stessa perché era stato davvero stronzo, non riuscivo a farlo. Al contrario, la parola stronzo dalle mie labbra sembrava il più delizioso dei complimenti.

«Harry.» bisbigliai tra un sospiro e l'altro senza però lasciare la presa dalla sua mano.

«Lo sai che ho ragione.» replicò non appena pronunciai il suo nome.

Era più forte di me, perché quando si trattava di lui non c'era niente da fare. Improvvisamente cambiavo, anche se cercavo di nasconderlo a me stessa per paura, quando c'era di mezzo lui, io amavo con tutta la forza che avevo nel cuore.

«Ti rendi conto che ti ho perdonato così tanto che ora non riesco a perdonare nemmeno un colpo di tosse a qualcun altro?».

«Perché tu pensi veramente che io sia stato bene ad essermene andato via così?».

«E allora perché te ne sei andato lasciandomi qui come una povera cogliona?» domandai quasi urlando per poi alzarmi di scatto.

Afferrai il cappotto e me lo infilai mentre uscivo di fretta dal pub. 

Mi bloccai non appena varcai l'uscita, guardandomi alle spalle con la coda dell'occhio sperando di trovarlo dietro di me. Non appena constatai di essere completamente sola lì fuori, salii sul primo taxi che trovai libero.

 

***

 

Sospirai rumorosamente entrando nel mio piccolo appartamento che tanto amavo. Era il mio rifugio. Lì mi rintanavo da tutto e da tutti restando sola con me stessa. Il che non era decisamente una buona cosa.

Avevo bisogno di ficcarmi nel letto e tirarmi le coperte fin sopra la testa. Era quello il mio programma, in larga misura. 

Mi tolsi il cappotto a fatica, lasciandolo cadere a terra e così feci anche con le scarpe. Schiacciai il bottoncino per far partire la segreteria e, dopo di che, aprii una bottiglia di birra che tirai fuori dal frigo. Le voci della segreteria erano solo un piccolo brusio rispetto al casino che avevo in testa. Per questo non ascoltai nemmeno una parola.

Ad un tratto sentii bussare bruscamente alla porta e mi ritrovai a maledire nella mente chiunque fosse al di là di essa. Trangugiai un bel po' di birra, dopo di che andai ad aprire. Mi immobilizzai non appena vidi Harry di fronte a me, intento a riprendere fiato. Era la seconda volta in un giorno che me lo ritrovavo davanti ad una porta ma non sapevo se reputarla una fortuna o una sfortuna. 

Prima che potessi dire qualcosa, avanzò dritto verso di me e mi baciò. Non un bacio dolce, fu del tutto incontenibile. Le nostre lingue si intrecciavano e si scioglievano ripetutamente, continuando a cercarsi ardentemente. Infilò una mano tra i miei capelli mentre, con l'altra, chiuse la porta alle sue spalle. Lentamente, mi spinse contro il muro prendendomi il viso tra le mani e costringendomi ad aprire ancora di più la bocca. Affondai le mie unghie dentro alle sue spalle e in quel preciso momento ci aggrappammo l'uno all'altra, come se la nostra vita dipendesse da quel contatto. 

Arrivammo fino alla camera presi dall'impeto più estremo. Indietreggiai fino ad arrivare al letto e non appena fui abbastanza vicina mi sedetti, trascinando automaticamente con me anche Harry, il quale mi costrinse, con il suo corpo, a sdraiarmi. 

«Vorrei fuggire pur di non soffrire ancora.» bisbigliai guardandolo negli occhi, parlando più a me stessa che a lui.

«Non puoi farlo.» disse con voce bassa per poi riscontrare le sue labbra con le mie.

Sentii la sua mano scivolare sul mio fianco da sotto la maglietta per poi risalire verso il seno, che strinse delicatamente. Con un unico gesto mi levai la maglia, buttandola sopra la mia testa per poi concentrarmi su quella di Harry, che fece esattamente la stessa fine.

Sentii la sua erezione premere sulla coscia mentre si staccava dalle mie labbra per potermi lasciare una lenta scia di baci sul collo, cosa che mi fece emettere un sospiro di piacere. Scese ancora più giù, arrivando al seno dove succhiò con delicatezza il capezzolo. Mi irrigidii dal piacere stringendo con una mano il lenzuolo e con l'altra i capelli di Harry, sforzandomi di non emettere gemiti.

Fece scivolare una mano fino all'estremità dei miei jeans, sbottonando prima il bottone per poi abbassare la zip. Con il suo aiuto mi sfilai i pantaloni e l'intimo, dopo di che feci la stessa cosa con i suoi, liberandolo da quell'ultima costrizione. Impaziente ritornò sulle mie labbra e, senza aspettare ulteriormente, inserì il suo membro nella mia apertura smorzandomi il fiato. Seppure gli leggessi in faccia il desiderio di entrare dentro di me con estrema foga, penetrò con estrema calma.

Si staccò dalla mia bocca per poi appoggiare delicatamente la sua fronte alla mia, guardandomi negli occhi. Esattamente come faceva sempre.

«Tienimi.» gli sussurrai perdendomi nelle sue iridi trasparenti.

«Come faccio?» chiese chiudendo gli occhi per un istante, facendo il sospiro più profondo della sua vita.

«Tienimi.» ripetei quasi come se fosse una supplica.

Presa dal piacere, iniziai a muovermi impercettibilmente sotto di lui fino a quando lui non incominciò a dare piccole spinte. Inarcai la schiena emettendo un gemito di piacere per poi stringermi a lui, premendolo contro i mio petto. Lo sentii ansimare mentre accellerò le spinte. Riprese a baciarmi, succhiandomi avidamente il labbro inferiore prima di venire dentro di me.

Ci staccammo stremati e dopo aver ripreso fiato, sentii Harry spostarsi al mio fianco per poi tirarmi a sè con il braccio. Mi lasciai abbracciare come una bambina respirando a pieni polmoni il suo profumo, come se potessi in qualche modo conservarlo dentro di me per sempre.

Forse a sbagliare ero io. Forse a sbagliare era lui. O, forse, a sbagliare era stato il destino che continuava a unirci. Eravamo una ferita, insieme. Non c'era niente di sbagliato in noi, l'unico nostro errore era stato procurarci quella ferita.

La luce del sole filtrata dalle tende mi svegliò, facendomi rendere conto di essermi addormentata tra le braccia del ragazzo che amavo più di me stessa. Mi alzai di scatto non appena mi accorsi di essere completamente sola sul letto. Mi passai entrambe le mani nei capelli, guardandomi in giro spaventata. Sentii mancarmi l'aria, ma soprattutto, sentii mancarmi la terra sotto i piedi. Portai istintivamente le mani sul volto e, senza nemmeno accorgermene, piegai le gambe fino a che non toccai terra con i glutei. Mi portai le gambe al petto con un gesto del tutto privo di forza, dopo di che appoggiai la testa sulle ginocchia.

Incominciai a piangere silenziosamente bagnando di lacrime gran parte del mio corpo ancora nudo. Mi aveva spogliata di ogni cosa, portandosi con sè tutto quel poco che mi era rimasto.

In quel momento sentii il rumore delle chiavi girare nella serratura della porta, dalla quale entrò Violet.

«Grace!» urlò venendomi incontro non appena mi vide «Tesoro, cosa ci fai per terra?».

Avrei voluto raccontarle tutto ma non riuscivo a emettere neanche un suono. Non riuscivo neanche a guardarla in faccia.

«Dov'è Harry?» chiese cercando di capire che cosa fosse successo.

Sentendo quel nome il mio cuore si fermò per un istante, facendomi perdere quella poca aria che stavo riuscendo a respirare. Sentivo che mi stavo svuotando lentamente. Com'era possibile una cosa del genere? Lui aveva colmato il vuoto che avevo dentro di me, come riusciva a svuotare una cosa che lui stesso aveva riempito?

Quando non le risposi neanche a quella domanda, capì. Prese il lenzuolo stropicciato dal letto e me lo mise addosso.

«Coraggio, vai a farti una doccia.» disse mentre mi aiutava ad alzarmi.

Non appena riuscii a rimettermi in piedi, la suoneria del telefono di casa risuonò per tutta la stanza, facendo immobilizzare sia me che Violet. Guardai il telefono terrorizzata per poi cercare lo sguardo della mia damigella d'onore.

«È lui.» dissi quasi sussurrandolo.

«L'ha rifatto un'altra volta vero?» domandò retoricamente per poi fare una smorfia schifata.

«Ti prego, rispondigli tu.» dissi mentre le lacrime continuavano a sgorgarmi senza sosta dagli occhi.

Non ce la facevo. Non questa volta.

«Cosa dovrei dirgli?» chiese accennandomi un sorriso.

«Digli che l'ho dimenticato, che non mi interessa minimamente di quello che fa o di quello che dice.» le risposi stringendomi nel lenzuolo che avevo sulle spalle «Digli che è solo un ricordo ma, ti prego, non dirgli che te l'ho detto piangendo.».

Annuì gentilmente, dopo di che andò a rispondere al telefono ripetendo esattamente quello che le avevo detto di dire.

Sebbene fosse inutile da spiegare, tra me e lui, io sceglievo sempre lui. Perché è così che andava a finire, quando si trattava di lui smettevo di essere tutta d'un pezzo e lasciavo pezzi di me in giro. Andavo in pezzi ma mi ricostruivo sempre, solo che mi dimenticavo di riprendere qualcosa ogni volta.

NOTE:
premetto che non so per quale motivo io abbia deciso di scrivere questa OS, ero ispirata e ho iniziato a scriverla. sarà il periodo, sarà che è la storia della mia vita il fatto di innamorarmi di persone che mi lasciano perchè hanno paura di tenermi, sarà tutte queste cose ma quello che vi posso dire è che io stessa ho pianto mentre la scrivevo, quindi se doveste emozionarvi non ritenetevi sceme d'accordo? anzi, spero vi trasmetta qualcosa o comunque che vi scateni qualche emozione. fatemi sapere con una recensione ♥

  
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