Serie TV > Sherlock (BBC)
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Autore: Black Fullmoon    03/12/2012    2 recensioni
Sherlock è morto cadendo dal tetto del Bart. Questa è una cosa che John sa e che tutti sanno e ormai non mettono più molto in discussione. Ma Sherlock non è tipo da morire e sparire da questo mondo. In fondo il corpo è solo un mezzo di trasporto di cui puoi anche fare a meno.
Genere: Comico, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson , Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Come va oggi John? - chiese Sarah vedendolo arrivare.
- Abbastanza bene, grazie - rispose lui andando nel suo studio. Sapeva che la domanda era sia perché stava camminando senza bastone, sia perché ieri erano stati i tre anni dalla morte di Sherlock, e dopo i precedenti anniversari John era stato intrattabile per una settimana. John sorrise tra sé.
Fortunatamente non aveva pazienti prima delle 9.20, quindi aveva ancora un po' di tempo per mettere a posto le sue cose e prendersela comoda. Aveva appena finito di sistemare tutto quando sentì la sensazione tristemente familiare di passare attraverso una doccia fredda. Sbarrò gli occhi. No, eh. No, non poteva...
- Certo che sono qua Jawn - disse Sherlock.
- Che diamine ci fai qua? Tu non puoi seguirmi a lavoro! - sibilò John cercando di capire da dove arrivasse la voce e se rischiava di essere visto/sentito parlare con un fantasma e preso per matto.
- Sono invisibile al momento -
- Anche questo puoi fare, ottimo. Ora però dimmi che ci fai qua -
- Uno dei miei sospettati è un tuo paziente, probabilmente mandato apposta per controllarti - mormorò Sherlock.
- Stai scherzando -
- Non scherzo mai. Tu non fare caso a me, io starò qua e fluttuerò buono buono e tu farai il tuo lavoro -
- Vorrei tanto che tu fossi solido, sai? Così potrei prenderti a pugni - sibilò John, sentendosi un po' un idiota a parlare col nulla.
- Non lo faresti - rispose Sherlock. John avrebbe voluto rispondergli, ma in quel momento entrò il primo paziente. Era un uomo sulla trentina, dall'aria nervosa, corti capelli castani.
- Buongiorno dottore -
- Salve Thompson, che cosa avete? - chiese John. Secondo John Thompson era il tipico esempio di persona che vede disgrazie ovunque; veniva praticamente una volta alla settimana per cose come semplici emicranie o cose simili.
- Ecco, mi sento un dolore acuto allo stomaco, non saprei perché... -
- Si stenda - la visita durò circa un quarto d'ora durante il quale John non diagnosticò nessun reale problema di salute. Alla fine l'uomo se ne andò e John cercò di immaginare tra quanti giorni quell'uomo sarebbe tornato.
- Direi cinque o sei al massimo - disse una voce da sopra la sua spalla - E comunque fingeva. È gay ed ha una cotta per te, vive ancora con sua madre e pensa che se lei scoprisse la sua preferenza per gli uomini lo butterebbe fuori di casa - John non sapeva se essere più turbato dal fatto che Sherlock aveva assistito alla visita di un suo paziente o che questa cosa sapeva molto di persecuzione spiritica o cose del genere. O dalle deduzioni di Sherlock. Ad ogni modo non fece in tempo a dire nulla perché arrivò il prossimo paziente, una donna sulla ventina e con un fisico che John reputava decisamente non male. Una banale influenza, nulla di davvero preoccupante.
- Orfana di madre, vive in un appartamento con due amiche, si è appena lasciata col fidanzato e l'anno scorso si è fatta delle vacanze a Dublino -
- Puoi smetterla di guardare mentre visito i miei pazienti? -
- No - terzo paziente: un bambino di dieci anni con un polso rotto insieme al padre. Il bambino diceva di esserselo rotto cadendo in bici.
- Mente, in realtà è caduto da una sedia mentre cercava di arrivare al ripiano alto dello scaffale, quello dove ci sono i dolci, cosa che suo padre gli aveva proibito severamente. Quell'uomo ha una moglie adultera, non sarà per quella donna una grande fatica nasconderlo ad uomo così stupido - commentò Sherlock. Dalla direzione da cui arrivava il suono John poteva stimare che Sherlock si trovasse più o meno fluttuando sul soffitto.
- Non hai nient altro da fare? Non so, fare un po' di casino da qualche parte? - sibilò John.
- Non vuoi sapere quando un cecchino professionista entrerà nel tuo studio? - chiese la voce/Sherlock serafico. John sospirò.
- Ti odio -
- Non è vero - John odiava quando Sherlock lo smentiva a questa maniera. Fortunatamente in quell'istante entrò un quarantenne allampanato che risultava essere il signor Marc Harvy.
- Prego, si sieda - disse John educatamente. L'uomo aveva un gran mal di testa, nulla di serio. Un'aspirina e sarebbe passato tutto.
Appena l'uomo se ne fu andato John si guardò in giro (sentendosi un pochino idiota).
- Beh? Niente deduzioni? - commentò John.
- Figlio unico, ha una passione feticista per le cravatte di seta, ha appena visto un cartone per i bambini al cinema. Oh, e di professione fa il cecchino per un tizio morto che si chiama, vediamo, ah già, Jim Moriarty - sussurrò Sherlock a pochi centimetri da John con voce quasi seducente. Il dottore sobbalzò.
- Scherzi? -
- Cosa ti ho detto sul fatto che non scherzo mai? - John deglutì.
- Tu porti sfiga Sherlock -
- E tu ne sei felice - rispose il fantasma con un tono divertito.
- Ora non posso farci niente, devo lavorare -
- Non hai clienti per il resto della mattinata e il primo oggi pomeriggio è alle 14.40 quindi puoi venire ora - disse Sherlock.
- Non puoi costringermi a farlo ora - sospirò John anche se in fondo sapeva che non avrebbe resistito a lungo.
- Oh, sì che posso - davanti a John Sherlock iniziò a prendere forma. John sospirò e si guardò in giro.
- Ti vedranno - 
- Qua non c'è nessuno oltre a noi e le telecamere non mi registrano se non divento abbastanza solido e mai con chiarezza - spiegò Sherlock - E poi vedi, non mi vedranno lo stesso -
- Non capisco co... - Sherlock sembrò gettarsi in avanti verso John. John trattenne il respiro preparandosi al freddo che sapeva avrebbe sentito. Ma il freddo non lo attraversò. Una sensazione di gelo assoluto si piantò all'altezza del suo petto. Gli si mozzò il fiato e gli si propagarono brividi per tutto il corpo. Si sentì debole e dovette appoggiarsi al muro per non cadere. Sentiva una sorta di intorpidimento mentale e fisico. Non riuscendo a combattere le sensazioni, John vi si abbandonò. E tutto diventò nero.
Quando John si svegliò, si sentiva strano. Aveva freddo. Provò a muoversi, ma non si sentiva gli arti. Si sentiva debole. Mentalmente. Era strano.
"È inutile Jawn. Non puoi fare nulla" disse una voce profonda troppo conosciuta. La sentiva chiara e forte, tutto intorno. John provò a parlare, ma non ci riuscì. "Che cazzo mi succede?" "Nulla Jawn. Ti sto possedendo. Non ti sforzare, la tua mente non è abituata a questi esercizi, rischi di svenire. Non che a me cambierebbe molto, ma preferisco che tu ci sia. Lo so che ti senti strano, ma la gente poi si abitua" disse la voce di Sherlock.
"Tu... Tu cosa stai..." pensò John stupefatto.
"Non ti agitare Jawn. Appena ho finito ti ridò il tuo corpo" disse Sherlock. Con a dir poco shock, John sentì il suo corpo che si alzava e camminava. Ma non era lui a muoverlo. Cercò di riacquistare controllo delle sue azioni. Poi si sentì come se la sua testa si spegnesse e risprofondò nel nero.







Giorno. Spero che vi sia piaciuto questo capitolo, personalmente dare a Sherlock la capacità di possedere la gente era un'idea troppo interessante. Bye!
  
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