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Autore: Natalja_Aljona    03/12/2012    1 recensioni
Natal'ja vende fiammiferi e sogna la Rivoluzione.
Siberiana fin nelle ossa e nel sangue, nel cuore e nell'anima, nipote di uno dei capi dei Decabristi ed ultima erede della famiglia russa più temuta dallo zar, è quasi impazzita in prigione ma sa che non è finita.
Geórgos vive per la guerra e per il cielo di Sparta.
Nato durante la Guerra d'Indipendenza Greca e nipote del capo dei Kléftes, i briganti e i partigiani del Peloponneso, ogni notte spara alle stelle perché ha un conto in sospeso con gli Dei.
Feri è uno zingaro ungherese, il terzogenito di Kolnay Desztor, il criminale del secolo, e il più coraggioso dei suoi fratelli.
Legge il destino tra le linee della mano, e tre anni di galera e lavori forzati non sono bastati a fargli smettere di credere nel suo.
Nikolaj, ussaro polacco e pianista mancato, crede di aver perso tutto.
Sa che l'epilessia, i complessi d'inferiorità nei confronti del padre morto, l'ossessione per sua cugina e i suoi sogni infranti lo uccideranno, ma la sua morte vuole deciderla lui, e a ventidue anni s'impicca per disperazione e per vendetta.
Genere: Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
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Trecentonovantuno


Trecentonovanta

Гражданская Война Сибирячка

Graždanskaja Vojna Sibirjačka

La guerra civile siberiana

Пятая Часть

Pyataya Čast’

Parte Quinta

Tu non sei come lei, però prendi la mia mano

E cammina insieme a me

 

Quando avrai le mani stanche tutto lascerai
Per le cose belle ti ringrazieranno
Piangeranno per gli errori tuoi
(Un mondo d'amore, Gianni Morandi)

[...]

Oh, mare nero, mare nero, mare nero

Tu eri chiaro e trasparente come me

(La canzone del sole, Lucio Battisti)

 

[...]

 

Poi, una notte di Settembre mi svegliai

Il vento sulla pelle

Sul mio corpo il chiarore delle stelle

Chissà dov’era casa mia...

(Io Vagabondo, I Nomadi)

-Riferito a Feri Desztor-

 

Krasnojarsk, 17 Marzo 1844

Venticinquesimo compleanno di Feri Desztor

 

Facciamo finta che sia vero quello che vi dico

Ma è giusto essere per forza governati?

Siamo nelle mani del peggiore stile di vita

Nelle mani di insensati governanti

I servi del potere si vendono per quattro soldi

(Facciamo finta che sia vero, Adriano Celentano)

 

L’esercito dello zar era stato distrutto.

La gran parte dei cittadini borghesi di Krasnojarsk avevano riconosciuto spontaneamente Feri Desztor come padrone della loro città, ed erano scesi in strada a ringraziarlo, quando era tornato vincitore dalla battaglia, offrendo il loro aiuto a lui e ai suoi soldati per medicare le ferite.

I nobili, ancora fedeli a Romanov, erano rimasti chiusi nei loro palazzi affacciati sulla Prospettiva Mira, sprezzanti come sempre nei confronti del popolo che acclamava quel sovversivo ungherese come un eroe, ma per la prima volta impotenti.

Potevano disprezzare finché volevano, ma non ribellarsi, non più.

Krasnojarsk non apparteneva più allo zar.

Erano loro, adesso, gli emarginati.

I sudditi del nemico.

Avevano combattuto per conservare i loro privilegi, ma i privilegi di una minoranza non valevano quanto la libertà e la giustizia del popolo, e gl’ideali e il coraggio di Feri, quel ragazzino di venticinque anni che da solo, senza titoli né soldi, aveva messo insieme un esercito, erano stati più forti.

 

Sì, la strada è ancora là

Un deserto mi sembrava la città

Ma un bimbo che ne sa?

Poi, una notte di Settembre me ne andai

Il fuoco di un cammino

Non è caldo come il sole del mattino

(Io Vagabondo, I Nomadi)

-Riferito a Feri Desztor-

 

-Vai, va’ da lui! Non devi avere paura. Ѐ un eroe. Ci ha liberati dallo zar. Ѐ stato lui-

-Sei sicura, maman? Ha degli occhi... Bellissimi, ma fanno così paura... E uno sguardo...

Quasi feroce. Ancora-

-Nataša, non essere sciocca! Non ti farà niente. Lui non vuole il nostro male, non è rivolto a noi, quello sguardo feroce.

Altrimenti non avrebbe fatto tutto questo per noi, non credi?-

-Non l’ha fatto per noi. L’ha fatto per lei. Quella ragazza terribile che non l’ha sposato...-

-Adesso smettila, Natašen’ka. Quella non c’entra.

Non esiste che un uomo come lui faccia una Rivoluzione per una sgualdrina-

-Se penso che si chiama come me... Natal’ja-

-Quelle come lei vogliono sempre troppo, vogliono sempre di più.

Come fa ad essere sicura che quel Greco le voglia veramente bene?

Non è stato lui, a salvarla da Omsk- rispose Azaliya Igorevna Svetličnaja, sprezzante.

-Tu non sei come lei. Tu sei una brava ragazza. Feri lo capirà- concluse poi, spingendo dolcemente la figlia verso il Capitano.

Natal’ja reclinò il capo, sconfitta.

Con un sospiro, raccolse dal marciapiede innevato il catino d’acqua e le bende che aveva preparato sua madre, e si diresse con passo esitante verso quel Feri Desztor che tutti acclamavano e da cui lei avrebbe voluto scappare.

Non che non volesse prestare soccorso ai soldati...

Ma lui le aveva sempre fatto paura, anche se alla fine era vero, che aveva liberato la sua città.

 

Feri, fino a quel momento, aveva rifiutato l'aiuto di chiunque.

Almeno in dieci gli si erano avvicinati per medicarlo, e li aveva cacciati tutti in malo modo.

Era tra i feriti più gravi, il Capitano, aveva un'emorragia seria alla gamba sinistra, la camicia completamente strappata ed entrambe le braccia coperte di sangue, ma non aveva voluto saperne di farsi soccorrere.

Aveva mandato via perfino Hajnalka, ch'era riuscito a far arrabbiare fino a costringerla a tirargli uno schiaffo, sebbene quel suo fratello assurdamente testardo avesse varie escoriazioni e sangue copioso anche sul viso, ma alla fine si era rassegnata a sedersi accanto a lui, con gli occhi azzurri ardenti d'esasperazione e disperazione.

Nočen'ka era nelle mani di una biondina che sembrava sapere il fatto suo, una certa Tat'jana, ed era stato un bene, perché in quanto a ferite riportate e relativa gravità viaggiava sullo stesso livello del Capitano, e, oltre a delirare di brutto, si reggeva a stento in piedi.

Jànos, invece, era quasi svenuto tra le braccia di Helga, e lei aveva letteralmente aggredito a coltellate uno dei suoi vestiti migliori, per avere bende a sufficienza per suo marito.

Quando Jàn fosse guarito, poi, l'avrebbe minacciato con quello stesso coltello di girare tutte le sartorie della Siberia per rubargliene uno uguale.

Natal'ja studiò la situazione per qualche minuto, prima di avvicinarsi a loro.

Hajnalka piangeva di rabbia, e dopo un po' Feri le passò un braccio intorno alle spalle, nel vano tentativo di strapparle un sorriso, o magari anche un altro schiaffo.

Lei però lo scostò bruscamente, e lui allora cercò di spiegarle che non era colpa sua, ma le ferite voleva assolutamente medicarsele da solo, era una questione di principio.

Altrimenti, pensò senza dirglielo, come avrebbe fatto a immaginare che ci fosse la sua Alja lì a curarlo?

No, davvero, non voleva l'aiuto di nessuno.

Solo se stesso e le sue illusioni.

Potevano bastare.

 

Non dire no

Lo so che ami un altro

Ma che ci posso fare

Io sono un disperato

Perché ti voglio amare

(Il tempo di morire, Lucio Battisti)

 

[...]

 

Ma io non devo bruciarmi con una come te

(Yeeeeeeh!, Mal and The Primitives)

 

Natal'ja in un certo senso l'aveva capito, che anche quella sua ostinazione era legata a “quella terribile ragazza che non l'aveva sposato”, e in quel momento decise di avvicinarsi.

Posò le bende e il catino, tanto di lì a poco li avrebbe presi qualcun altro, rispettosa della scelta del Capitano, ma volle ugualmente percorrere quei pochi sazhen' che li separavano.

Era una ragazza graziosa, Natal'ja Il’inična Svetličnaja, assomigliava un po' ad Hajnal.

Sedici anni da compiere, un visino candido dai lineamenti sottili e delicatissimi, pelle di cristallo, lunghi e folti capelli nerissimi vagamente ondulati e limpidi occhi di uno splendido azzurro turchese.

Un'altezza all'incirca sul metro e settanta, un abito bianco di modesta fattura e una mantella di lana dello stesso colore, ai piedi un paio di stivaletti neri dall'aria malconcia.

Graziosa, sì, di una grazia e bellezza innata, ma anche visibilmente incerta, forse non a torto, nel suo cammino verso Feri Desztor.

Arrivata a lui, avrebbe potuto passare avanti, tirare dritto fingendo di essere diretta un po' più in là.

Eppure non lo fece, chissà poi perché.

Inizialmente non parlò, non pretese di presentarsi né di richiamare la sua attenzione.

Incrociò lo sguardo stupito di Hajnalka, di un azzurro poco più chiaro del suo, e abbassò il suo, confusa.

Forse aveva osato troppo.

Forse, davvero, con loro “della Rivoluzione” non c'entrava niente.

Ma non ebbe il tempo di ritrarsi né di voltarsi, di tornare indietro.

Feri, proprio Feri la trattenne per una mano, che le sostenne con una delicatezza ben poco da lui.

-Come ti chiami?-

Un sussurro, la sua voce.

Una carezza di ghiaccio, il suo sguardo.

Lucentissimi occhi neri, di uno splendore affilato come una šaška kazaka, taglienti come il suono di quelle parole.

Eppure c’era, sia nella voce che nello sguardo del giovane Ungherese, oltre a quella soffusa ferocia che Natal’ja aveva indovinato anche da lontano, una qual certa dolcezza altrettanto sconvolgente e altrettanto inspiegabile.

-Natal’ja Il’inična Svetličnaja-

Nella sua risposta, la paura.

Perché quel nome Feri non poteva davvero ignorarlo.

-Natal’ja...-

La quindicenne siberiana rabbrividì.

Cercò di fare un passo indietro, ma Feri aumentò la stretta sulla sua mano.

Lei sgranò gli occhi, ma dovette rassegnarsi.

Non poteva ancora andare via.

 

Occhi azzurri belli come i suoi

Linda, forse non li hai

Bella sempre, dolce come lei

Linda, forse tu non sei

Non fai come lei, no, non fai come lei

Tu non prendi tutto quello che vuoi

(Balla Linda, Lucio Battisti)

 

-Tu non sei come lei...-

Natal'ja annuì, non riuscì a fare altro.

E del resto, perché?

Perché avrebbe dovuto essere come lei?

Non ci teneva neanche un po', ad essere come lei.

-Natal’ja... Io sono Feri. Feri Desztor. Quel Feri. Quello che è impazzito per la Zirovskaja-

-Natal’ja- sorrise lei -Natal’ja Zirovskaja-

Lui sospirò, annuendo.

-È un incanto, quel nome. E anche lei è un’incantatrice-

-Dicono che sia bellissima...- commentò lei, con una punta di curiosità.

In fondo lei la Zirovskaja non l’aveva mai vista, ma, come tutti, ne aveva sentito parlare.

Sapeva solo ch’era bionda, incredibilmente bionda, con dei capelli straordinariamente lunghi e due occhi che parevano d’argento.

Bella da stordire, di quella bellezza che infrangeva i confini del sogno, a cui certi uomini avrebbero dedicato l’esistenza, bruciato il cuore e venduto l’anima.

Si diceva inoltre, ma probabilmente non era vero, che anche suo cugino era innamorato di lei, e che per questo s’era impiccato.

-Non dicono abbastanza-

-Come stai?- cambiò argomento Natal’ja, un po’ disagio per quell’amore immenso che Feri non esitava a raccontare a tutti, senza la minima remora.

-Lei mi ha fatto di peggio. E tu?-

Natal’ja quella domanda non se l’aspettava.

Lei?

Lei come avrebbe dovuto stare?

Non era appena tornata dalla guerra, lei.

Non aveva combattuto contro gli Zaristi, lei.

Non aveva ferite profonde e sanguinanti come quelle di Feri e dei suoi soldati, lei.

Era quasi scontato che stesse bene, lei.

Eppure...

Lui le aveva chiesto come stava.

Gliel’aveva chiesto lo stesso.

-Io... Non ho nessun motivo per star male- ammise, flebile.

Feri sorrise, ma Natal’ja ebbe come la sensazione che non stesse sorridendo a lei.

E, sicuramente, non stava pensando a lei.

-Non sei come lei... Per fortuna. Per fortuna non tutte le ragazze sono come lei-

Detto questo, Feri si voltò verso Hajnalka e le tese il braccio insanguinato.

-Vedi tu cosa si può fare- sorrise, e fece sorridere anche lei -Io sono un disastro, e se aspetto Alja muoio dissanguato-

-Morirai comunque, per lei- sussurrò Hajnal, e Feri scrollò le spalle.

-Ma almeno non dissanguato-

In quel momento, Natal’ja ritenne di essere rimasta abbastanza e, accennando un lieve sorriso che Feri non colse, perché non la stava più guardando, si voltò e se ne andò, lasciando il Capitano a sua sorella e agli ultimi aneliti di quel sogno a cui aveva votato l’esistenza.

In fondo, il 1848 era ancora lontano.

La sua Natal’ja sarebbe tornata.

Prima del 1848.

 

Non dire una parola

Ti darò quello che vuoi

Tu non le somigli molto

Non sei come lei

Però prendi la mia mano

E cammina insieme a me

Il tuo viso adesso è bello

Tu sei bella come lei

(Senza Luce, Dik Dik)

 

Non aveva potuto fare un granché per lui.

Forse non avrebbe nemmeno voluto.

Lei non era la sua Natal’ja, ed era normale.

Era normale che non potesse fare niente.

La sua Natal’ja, poi, non gli avrebbe davvero medicato le ferite.

Seduta accanto a lui, l’avrebbe insultato fino allo sfinimento per non aver evitato quei fucili e quelle sciabole.

Ma non si sarebbe mai schiodata dal suo fianco, e quando anche l’ultima benda fosse stata annodata, forse l’avrebbe abbracciato, perché anche se non era riuscito ad evitare quei fucili e quelle sciabole lui l’aveva vinta, quella battaglia.

Avvolto dalla nuvola dorata dei suoi capelli -che avrebbero potuto soffocarlo seriamente, altro che fucili e sciabole zariste!- lui le avrebbe chiesto se aveva finito di rimproverarlo.

Lei, con una certa irriverenza scintillante negli occhi turchini, avrebbe scosso la testa, ma poi non avrebbe detto più niente, perché in verità...

Era orgogliosa del modo in cui lui aveva sbaragliato i contingenti zaristi.

Era orgogliosa del suo Capitano che aveva liberato Krasnojarsk.

Forse era davvero speciale, la sua Natal’ja.

 

Quando Natal’ja tornò da sua madre, non ebbe poi molto da raccontare.

-Sì, l’ha fatto per lei... Ma forse se lo meritava-

 

 

 

 

Note

 

Šaška: Sciabola dei Cosacchi.
Tu non sei come lei, però prendi la mia mano e cammina insieme a me: Senza Luce, Dik Dik.

 

Scrivo queste note di volata, perché devo correre a studiare greco per domani.

Domani ho le ultime due verifiche importanti del trimestre, e domani pomeriggio, se tutto va bene, potrò tirare un sospiro di sollievo! ;)

Natal’ja Il’inična Svetličnaja è una comparsa, non credo che la rivedremo.

Volevo descrivere il ritorno di Feri dalla battaglia e il suo comportamento con le altre ragazze, le ragazze diverse da Lys, da sua sorella e da Hell.

Natal’ja Il’inična non è come Lys, nonostante abbia il suo stesso nome, nessuna è come Lys, ma in un certo senso gli ha fatto bene conoscerla, parlarle, anche se solo per pochi minuti.

È una ragazza molto discreta, inizialmente spaventata dal Capitano, ma trova il modo di aiutarlo quasi senza accorgersene, senza farci troppo caso, perché la spiazza non poco, Feri, con il suo modo di fare spesso incomprensibile, il suo arrabbiarsi per niente e il suo sorridere per niente, ma quel niente per lui è tutto.

E alla fine, Feri accetta di farsi medicare le ferite da Hajnal.

Accetta di stare meglio, almeno per un po’.

Di Nočen’ka e Jàn, un po’ meno testardi ma ugualmente distrutti, parleremo in uno dei prossimi capitoli, così come della prossima “tappa” dei Forradalmi...

Ancora una volta, la Mërtvogo Doma. 

 

A presto! ;)

Marty

 

 

 

  
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