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Autore: Keyra    21/06/2007    5 recensioni
A volte capita che un ragazzo si innamori davvero.
A volte capita che un ragazzo si innamori davvero di una ragazza.
A volte capita che un ragazzo si innamori davvero di una ragazza malata.
(ULTIMO CAPITOLO)
Genere: Romantico, Triste, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dopo quindici giorni come quelli, le sicurezze che mi ero costruito su di lei crollarono giorno dopo giorno, pian piano, passo dopo passo.

Improvvisamente, feci due più due e mi accorsi che Rebecca non teneva completamente fede alla promessa che ci eravamo fatti, quel pomeriggio sulla panchina.

Nascondeva qualcosa e sebbene avessi il dubbio di cosa fosse, cercavo di cacciar via dalla mente quel pensiero e inventarmi qualcos’altro.

Cercavo di dare una scusa ai suoi comportamenti strani e quando capii che non poteva essere diversamente mi sentii un mostro, un mostro che incolpava la ragazza che amava – l’unica che avesse mai amato – di non amarsi.

Avevo sempre pensato che lei non fosse normale, che fosse diversa, non come le altre ragazze. Ma con diversa non intendevo

                                                           malata.

Si nascondeva, lei. Nascondeva sé stessa dietro una maschera della felicità, dietro sorrisi allegri, dietro risate acute e frasi sagge.

Non capivo come non avessi potuto accorgermene prima, io che con lei passavo quasi tutte le mie giornate per intero.

Io che la vedevo sin dal mattino, con il pigiama addosso e i capelli spettinati, e che la sera le mandavo il bacio della buonanotte dalla strada, e lei dalla finestra mi sorrideva e mi diceva - Dormi bene -.

E non capivo come i suoi occhi non avessero potuto tradirla, quegli occhi che erano davvero lo specchio dell’anima, nel suo caso.

Forse aveva imparato a convivere così perfettamente con quel suo segreto che era diventato un membro di lei, un’emozione stabile, che c’era un po’ in tutto quello che lei facesse.

Anche se dentro stava male, questo non le vietava di sorridere e di sentirsi felice, qualche volta. Forse era così. Forse era così, quando stava con me.

Mi chiesi come poteva esserlo, felice, nascondendo una cosa del genere. Mi chiesi se tutte quelle volte che mi aveva detto di esserlo, con me, non fossero solo bugie.

Tutti mi crollava addosso, ma non potevo incolparla così. Avevo bisogno di una conferma, ma non avevo il coraggio di metterla davanti al suo problema più grande.

 

Fu così  che decisi di andare da suo cugino. Lui era l’unico che – forse - poteva sapere.

Lo chiamai chiedendogli di incontrarci perché dovevo parlargli. Un quarto d’ora dopo eravamo seduti al tavolino della pizza al taglio del paese.

 

Avevamo entrambi una birra davanti.

 

-         Devo parlarti di Rebecca –

-         L’hai sverginata? -

-         Giorgio, non fare il coglione. Non è il momento di scherzare, credimi.

-         Okay, parla.

-         ...

-         ...

-         Lei è.. Tua cugina, è anoressica?

-         ...

-         ...

-         Te l’ha detto lei?

-         Se me l’avesse detto lei te lo starei chiedendo?

-         ...

-         ...

-         Lasciala stare. Dimenticati di questa cosa.

-         Neanche per sogno.

-         Lasciala vivere.

-         E questo sarebbe un modo di vivere?

-         ...

-         ...

-         Parlane con lei. Io non c’entro un cazzo.

-         Non posso parlargliene.

-         Parlale. Fallo.

-         ...

-         ...

-         Okay.

 

 

 

 

 


La prima cosa che feci tornando a casa fu scaraventare a terra la lampada della mia scrivania e prendere a calci il letto. Poi mi ci buttai sopra e – in silenzio – scoppiai a piangere come un bambino.

Piangevo quelle lacrime silenziose, senza che nessuno si preoccupasse di me.

L’unica a guardarmi era la mia chitarra, appoggiata accanto alla porta, che mi fissava spaesata, stupita.

Non mi aveva mai visto piangere.

Piangere così.

Di colpo capii tutto, tutte le volte che sfuggiva a domande da parte mia ingenue e innocenti, ma per lei come un pugno nello stomaco.

E mi venne in mente che era dimagrita tantissimo dall’anno prima e che, forse, continuava a dimagrire sempre di più.

Mi vennero in mente tutte le volte che rifiutava un gelato e i pranzi che quotidianamente saltava.

E, ripiegandomi in una smorfia di dolore, mi resi conto che spesso, durante le feste e le rimpatriate tra di noi amici, dopo aver mangiato correva in bagno con la scusa di un mal di pancia improvviso.

 

-         Ma fatti vedere, per ‘sto mal di pancia – le dissi una volta. – Non è possibile che ti venga ogni volta che mangi –

 

-         Non è niente, magari solo un po’ di acidità – mi rispondeva.

 

 

Rebecca, Rebecca, pensavo.
Chi sei, Rebecca?

 

 

 

 

 [ Come sempre, grazie delle vostre recensioni! ]

 

 

  
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