L’ultima notte al mondo
Se
mi innamorassi davvero saresti solo tu,
l'ultima notte al mondo io la passerei con te
mentre felice piango
Ancora
qualche altro passo e saremo fuori dal bosco. Scalcio via qualche foglia e mi
stringo nelle spalle. Sospiro.
«Allora,
che facciamo?» chiedo.
Quil
alza le mani, come in segno di resa. «Sono quasi le nove e Claire…»
«Claire
sta per andare a dormire e ha bisogno dell’orsacchiotto Quil a farle compagnia.
Vero.» Ma che l’ho chiesto a fare? «Jake, tu…»
«Mi
spiace, amico, ho promesso a Nessie che sarei stato con lei stasera.»
Ovviamente.
Imprinting 2, Embry O.
«Nemmeno
per una birra? » chiedo, con il sorriso. Ma Jake e Quil mi superano e
raggiungono la strada illuminata dai lampioni, senza voltarsi. «Oh, andiamo! » Ma
so benissimo che non mi ascolteranno.
So
benissimo che loro sanno ogni cosa.
Non
la vedo da quasi due settimane. Nessuna risata che mi faccia battere il cuore a
mille da due settimane, nessuna corsa per vederla all’ultimo minuto, nessuno secondo
speso a riprendere fiato per farle credere che passo di lì per caso.
Nessun
motivo per essere felice.
E
anche uno dei pochi che mi fa avere paura per domani.
«Io
credo di sapere a cosa stai pensando.» dice Jake.
Faccio
qualche altro passo, Quil mi dà una gomitata e gli prendo la testa fra le mani,
lo abbasso, ammacco i pensieri come se fossero lattine di coca-cola – la stessa che lei ti versa con gli occhi
fissi sul bicchiere, le goccioline riflesse nelle sue iridi.
Quil
si libera dalla mia presa e mi colpisce allo stomaco, Jake ci guarda a qualche
passo di distanza e incrocia le braccia al petto. «Perché non vai da lei?»
«Lei
chi? » La mia voce trema.
«Puah.
Embry, fai proprio schifo a mentire. Che c’è, ti metto in soggezione? Eppure
con le ragazze te la cavi. »
Spintono
Quil verso un punto non identificato.
«Non
è che me la cavo. Sono specializzato.»
«E
allora non rompere. » fa Quil, si massaggia la testa mentre si avvicina e un
sorrisetto da so-tutto-io gli attraversa il viso. «Buona fortuna.»
«A
me non serve la fortuna.» replico convinto, ostentando una sicurezza che ho
imparato a fingere.
Sono
specializzato con le ragazze. Seth mi tratta come un dio, Brody e Colin peggio.
Ma...
«Il
nostro latin lover se la fa sotto.» Ride Jake e mi da pacche sulle spalle.
«Non
stavate andando via, voi due?» chiedo passandomi una mano fra i capelli.
«Sì,
ma solo perché è il tuo giorno fortunato.» dice Jake.
«Le
vedi le stelle, Embry? » Quil mi mette una mano su una spalla ed io lo guardo
male. «Gli Astri dicono che, per quelli del tuo segno, questa settimana è
fantastica per l’Amore. L’ho letto su Cosmopolitan. »
Sbuffo.
«Lo compri ancora? »
«Sono
anni che mia madre paga l’abbinamento annuale. Non posso rimandarli indietro. »
«Ah,
allora sostituisci le fiabe con quelli, almeno Claire capisce il peggio che le
aspetta. »
Mi
allontano ridendo, mentre Quil mi chiama con gli appellativi migliori del
mondo. L’unico sorriso che mi attraversa il viso mentre cammino è solo per una
persona.
Non
devo neanche pensare che mi ritrovo davanti alla porta della caffetteria. Un
posto per turisti ai confini della riserva. Turisti non c’è ne sono quasi mai,
ma io ci sono quasi sempre. Almeno quando lei ha il turno di sera.
Sono
passato da casa e mi sono messo una maglietta, giusto per non fare la Figura
del Lupo Delle Nevi che se ne va in giro quasi nudo. Va be’, sono a maniche
corte ma non conta, e poi sto correndo, e così sento caldo. Prendo fiato, mi affaccio
per guardare dentro e resto immobile. Dicono che l’imprinting sia uno
spostamento di gravità, non hanno mai capito un cazzo. Non c’ è gravita che
tenga quando vedo lei.
I
capelli neri le coprono metà del viso, le sfiorano il grembiule rosa che le
mette in risalto la carnagione naturalmente dorata, mentre passa un panno sul
bancone, muovendo piano le labbra.
Forse
sta cantando una canzone.
Deglutisco
a vuoto un paio di volte, resto fermo. Si volta, mi vede. Perfetto, ora sto
facendo la figura del maniaco. Perché solo lei riesce a rendermi così nervoso?
Apro la porta e il campanello trilla. Faccio un passo avanti e sorride mentre
mette via lo straccio e torna dietro il bancone.
«Che
ci fai qua così presto? »
La
sua voce arriva liscia alle mie
orecchie, come lo sciroppo d’acero che spruzza sui pancake la mattina. Non ne
potrei mai fare a meno.
«Ciao
anche a te, Amy. » Mi metto a ridere. «Che c’è, volevi un appuntamento? »
Sistema
una tazza sul banco, la caraffa del caffè nell’altra mano. Aggrotta la fronte e
i suoi occhi verdi sembrano ancora più grandi. «In effetti no, non sei un
dentista. »
«O
un fidanzato. »
«O
una vecchia zia zitella da andare a trovare. »
«Almeno
la zia ti riempie di soldi. »
«No,
la mia mi riempie solo di roba da mangiare, ed è un problema per i miei fianchi»
«I
tuoi fianchi sono sexy.»
Alza
gli occhi al cielo e poi mi guarda. «Allora, chi è la tipa che ti ha dato
buca?»
«Cosa?»
«È
troppo presto per aver già messo fine ha un appuntamento. O sei qua per il mio
fantastico caffè o…»
«Per
vedere te. »
Arrossisce,
ma nel frattempo ride, fa quel gesto con la mano come per scacciare le mosche.
Fa sempre così, quando si imbarazza
«Okay,
nostalgie di infanzia. Le posso accettare. Ma vedi di darti una regolata, eh,
Embry. Una serata senza un appuntamento non è da te. »
«Come
non è da te staccare un attimo e smettere di fare la professoressa perfettina.»
«Io
faccio cosa? »
«Stai
sempre a lavoro, Amelia. Spegni il cervello e accendi il divertimento! »
«Oh
mio dio, da quanto parli come un truzzo? » Lascia la caraffa sul bancone e
ride, con una mano sulla pancia e un altro ad appoggiarsi al banco.
«Da
quando serve per farti ridere. »
«Quindi,
cosa dovrei fare per divertirmi? Uscire con tutti i ragazzi della riserva? »
Cosa? Lei? uscire? Ma siamo matti? Non avevo mai valutato l’ipotesi. Non che
non sia… bellissima ma semplicemente è mia.
Ma
che cazzo ha messo Emily nei Muffin?
Non
posso davvero aver detto che è…
«Embry?»
Scuoto
la testa e torno a guardarla. Appoggia i gomiti sul bancone e allunga due dita
colpendomi la fronte. «Ti senti bene? »
Ora che ti vedo la
scollatura sì, sto molto meglio di prima.
«Certo
di stare bene.» Le sorrido.
Lei
storce la bocca in una smorfia perplessa. «Va bene.» Mi versa del caffè. «Puoi
anche non darmi la mancia, ma il caffè lo paghi. La scorsa volta sei scappato,
e a me non piacciono le persone che scappano. »
So che non vuoi che
scappi. So che lui è scappato quando hai tirato fuori dalla borsa il test di
gravidanza senza nemmeno averlo fatto. So come ti sei sentita, perché hai
pianto sulla mia maglietta, sulla mia pelle, e là le tue lacrime hanno creato
un nido dove le sento
sgorgare come se fossero mie. Lo so, Amy. So che sei stata felice che il test
fosse negativo, perché avevi paura che saresti rimasta sola. Ma non è vero. Ci
sarei stato io.
Porto
il caffè alla bocca e lei sospira guardando l’ora. «Se ti faccio una domanda mi
rispondi?»
«Rispondo
sempre alle tue domande, Amy. »
Storce
il naso e si volta verso la macchinetta del caffè. «No, non è vero.»
«Se
ti riferisci a quella volta che in seconda media volevi sapere che avevamo fatto
io e Jake… »
«Lo
so che avevate fatto.»
«No
che… »
«Posso
farti una domanda sì o no, Embry? »
Mi
passo una mano fra i capelli, me li tiro, poi sospiro. «Ok, spara.»
Guarda
in basso. «Sta succedendo qualcosa di strano, ultimamente… a te e ai tuoi
amici?»
Deglutisco.
«S-strano? »
«Sì,
strano.» Si passa una ciocca dietro l’orecchio e sono certo che sta battendo il
piede, dall’altra parte, come quando voleva sapere chi mi piaceva quando facevo
la prima media.
«Strano
tipo gli asini che volano? Strano tipo il sole cocente qua a Forks? Strano tipo
gli angeli di Victoria’s secret al negozio di biancheria intima della nonna di
Jared?»
Sbuffa
forte, così tanto da zittirmi. «No!» Fa il giro del bancone e mi raggiunge, si
mette le mani sui fianchi e si sporge su di me, posso sentire il suo profumo di
vaniglia e margherite. «Strano tipo tu e i ragazzi che confabulate a bassa voce
quando ci sono io. E Kim che si mette a piangere quando andiamo a provarci i
jeans al centro commerciale stamattina, e ti assicuro, non è per quei tre kili
in più che si è presa con le feste di Natale. È strano. Ok, è sempre stata
sensibile, e voi siete sempre stati idioti. Ma sarà davvero questo? »
«Magari
aveva litigato con Jared.»
«Kim
e Jared che litigano? Embry, per favore, quei due sono... lascia stare, non
importa.»
Si
sposta veloce, va alla porta e con un
movimento secco gira il cartello. CHIUSO. «Tanto lo sapevo che non mi avresti
risposto.»
«Amy.»
«E
smettila di chiamarmi Amy. »
«Ma
ti ho sempre chiamato così. »
Afferra
un saliera da un tavolino e la sposta, ne prende un'altra. «Quando eravamo
amici. »
«Noi
siamo amici.»
«Devo
chiudere.»
Mi
alzo dallo sgabello e la raggiungo. «Sono appena le dieci.»
«Con
questo tempo non verrà nessuno. »
«Bene.
» C’è uno stereo, su una mensola alta a cui lei non arriverà mai. Ma io sì.
Infilo un cd a caso e mi avvicino all’interruttore della luce, la spengo.
Arrivano soltanto le luci dei lampioni
«Embry…
ma che…»
Mi
volto verso di lei e le poso le mani sui fianchi, la avvicino e le faccio fare
una cosa che facevano i genitori di Jacob quando non sapevo ancora cosa volesse
dire la parola “sesso” e questo è tutto dire. È una cosa di ballo, credo. Le
faccio inarcare la schiena, i suoi capelli lunghi quasi toccano il pavimento…
credo che questo si chiami caschè. Poi la faccio rialzare e lei si appoggia a
me, mentre le afferro le mani e le faccio fare un altro giro. «Ma che… cosa…
stai facendo… »
«Sto
ballando. Stai ballando.» Le faccio fare una giravolta. «Balliamo.» Ancora un
giravolta.
«Non…
mi… sento… più la testa.» La sua risata. Dio sì, non posso stare senza
sentirla.
«Molto
meglio, così ascolti qualcos’altro.»
Le
mie mani su i suoi fianchi, e le sue sulla mia schiena. Si stringe di più a me
per non perdere l’equilibrio. Ed io la
sento. Così tanto come nessuna, e non l’ho neanche mai baciata.
«Non
mi piace il buio.» dice all’improvviso, staccandosi da me.
«Ci
potrei riempire un intera lista con le cose che non ti piacciono… Amy. »
Pronuncio il suo nome guardandola. Sospira,
e sposta di nuova la mano
sull’interruttore. La blocco con la mia e sorrido. «Ancora un ultimo ballo, dai.
Vale per quello di Primavera.»
«Quello
a cui non sei venuto? »
«I
balli alla riserva… nah… »
«Sono
noiosi? »
Sono da schifo, perché
ad ogni ballo eri abbracciata ad un ragazzo che non ero io. E va bene, ci fu
quella volta in terza superiore in cui ho scoperto quanto può essere utile lo
sgabuzzino del corridoio del secondo piano della scuola insieme a quella Kelly,
ma è stato solo un diversivo. «Molto meglio questo, no?» Parlo vicino al suo
orecchio. E non so se è una mia fantasia o sta accadendo davvero, ma la sento
rabbrividire. La faccio girare, le sue braccia incrociate e le mie mani sulle
sue.
«Ma
non ho un bel vestito.» Torna di fronte a me.
«
Sei bellissima lo stesso.»
Siamo
così vicini che potrei morire anche così.
Si
morde le labbra e scuote la testa ma poi si lascia andare contro di me.
«Anche
questo è strano. »
«Perché
?»Le chiedo spostandolo una ciocca di capelli dietro le orecchio.
«Non
importa.»Sospira e appoggia la testa sulla mia spalla.
L’odore
del suo shampoo mi invade le narici. Le passo due dita sotto il mento e gli
alzo il viso.
«Amy…»
Le
sue labbra.
E
le sue mani, e il suo viso e i suoi capelli, e la sua pelle sotto le mie dita,
il suo viso, i suoi sospiri. La bacio.
Passo
le mani sulla sua schiena e respiro con lei.
La
bacio.
Il
calore aumenta, è energia che mi pompa il cuore, è lei. È tutto quello che ho
sempre voluto.
Ossigeno,
le sue labbra, sempre sulle mie. Si stacca ed io annaspo.
«Embry…
no. »
Riprendo
fiato. L’aria è come inquinata.
«Amy…
tutto ok?»
Si
avvicina all’appendiabiti, si toglie il grembiule e si mette il giubbino. Mi
avvicino. Ancora. Sono troppo lontano. Si volta verso di me e ha gli occhi
lucidi.
«No.»
Sospira. «Non è tutto ok. »
«Amy…»
«Smettila.»
Apre la porta della vetrata ed esce fuori, la seguo, non capisco. Cerca le
chiavi per chiudere, le trova, le cadono, mi chino a prenderle e le nostre mani
si sfiorano. Trasale e sposta subito le mani.
«Embry
, non posso… tu… ed io. Non so che hai stasera ma è troppo. »
«Non
è troppo, siamo noi. »
«Non
c’è nessun noi. Siamo cresciuti insieme, amici di infanzia e poi
non so…»
La
guardo. Le labbra le tremano. Mi avvicino e non so che mi prende forse è il
lupo o forse sono solo io. La afferro per le spalle e la spingo contro la
vetrata del bar. La tengo ferma con il mio corpo. Non posso farla scappare.
«Embry,
lasciami.»
«No.»
«Ti
ho detto di lasciarmi.»
Non
mi muovo.
Semplicemente
la tengo ferma con la fermezza di una statua, e proprio ora vorrei essere uno
di quei vampiri, quei vampiri che possono continuare a esistere senza respirare
– respirare il suo profumo, la sua
presenza, i suoi sorrisi – quei vampiri che senza un cuore che batte
possono continuare a vivere. Ma il mio cuore mi tuona nel petto. E penso di
sudare. E il lupo ringhia. Il lupo fa divampare il fuoco. «Lasciami, ho detto.»
La
sua voce si spezza e spezza anche me. Non capisco… non capisco io… La lascio
andare. «Perché?»
«Tu
sei importante… ti prego, non rovinare tutto.»
«Anche
per me sei…»
«Io
sono niente, Embry. È un anno che ti vedo seduto su quella sedia dopo ogni tuo
appuntamento.»
«Ma
sono solo cazzate, Amy. »
«E
loro lo sanno? »
«Loro
non…»
«Sono
importanti come lo sono io? Perché io? Perché stasera? Siamo amici e voglio
lasciare le cose così…»
«Ma
tu non sei come le altre.» Scuoto la testa, sento l’acqua bagnarmi il viso… ha
ripreso a piovere. «Se tu… se tu lo fossi stata ora non sarei qui.»
«Qui
per cosa, poi?»
«Per
te.» Prendo il suo viso fra le mani. Zigomi alti e pelle dorata. Le labbra
piene e umide. Piove su di me, su di lei, fra le ciglia dei suoi occhi verdi.
Sento il suo cuore che batte attraverso il tocco. Avvicino il mio viso al suo.
Tutti i suoi battiti mi scorrono dentro. «Perché ti amo.»
«Cosa? »
«Ti
amo.» Lo ripeto. Potrei continuare a dirlo a l’infinito perché solo adesso
capisco che è vero. Solo adesso so cosa vuol dire davvero.
«Non…»
Le
sfioro le guance con i polpastrelli e provo a sorridere. Forse quello che mi
esce è più una smorfia.
«Dimmi
che non mi ami e vado via.»
«Non
posso.»
Avvicino
di più il viso. «Non puoi cosa?»
«Dirti
una bugia.»
Credo
di essere rimasto folgorato da un fulmine. Mi sento tremare, e vorrei
sorridere, vorrei ricordarmi come si fa, ma non lo so, non lo so perché Amy mi
sta guardando, e le lacrime di pioggia scrosciano sul suo viso e dai suoi
capelli, e lei si avvicina e il rumore del suo sorriso accende quell’ultima lampadina
del mio cervello che mi dice chiaro di baciarla. Labbra, labbra, labbra, fuoco
e acqua che scende. Lei. Io. Amy. Io.
Ridacchia
sulle mie labbra. «A-Aspetta…»
Dove
sono finite le chiavi? Dice mille cose ed io afferro poche parole e so che
tutto quello che dice va bene, va benissimo così. Le rubo un altro bacio e
spalanco la porta del locale buio.
Ci
vedo lo stesso e vedo lei e sento il suo respiro che si spezza. Riprendo a
baciarla e sbatto contro un tavolo. Ride di nuovo.
«Ti
sei fatto male?»
«Mai
stato meglio di così.» E la bacio ancora e respiro. Viso, collo, spalle. Le mie
mani sulla zip delle sua giacca.
«Embry…
non possiamo.»La metto a tacere e la sollevo in braccio.
Stringe
le gambe alla mia vita e cerco di ragionare. Impossibile. Cervello in tilt e
polmoni collassati.
Le
accarezzo i capelli. Domani potrei
morire. Mi bacia le dita. Domani
morirò.
Fremo
al contatto con le sue labbra. La amo.
Le bacio il collo, le alzo la maglietta, non ce la faccio, il tempo sta finendo
ed io ho bisogno di lei, ho bisogno di questo.
«Embry…
così ci vedono…» La prendo in braccio, è come se avessi la febbre, la mia
normale temperatura triplicata e triplicata con lei che si stringe a me. Lascio
lavorare quelle poche lampadine ancora accese del mio cervello.
Si
spengono tutte nell’istante in cui la faccio stendere sul pavimento dietro un
ammasso di scatole.
Mi
guarda e sorride mentre mi sdraio su di lei. La bacio di nuovo e scendo con la
bocca, sospira e sento le sue mani stringersi ai miei capelli.
Sussurra
il mio nome ed inarca la schiena. Mi tremano le mani. Sono un coglione. Non
riesco ad sciogliere i gancetti. Si può essere più deficienti di così? Quante
ragazze ho spogliato? Quante…non lei.
Finalmente
riesco a sfilarglielo, senza trattenere un sospiro di sollievo.
Amy
brilla nel buio. Brilla con i suoi occhi, nel modo in cui mi guarda. Posa le
mani sui miei boxer, chiudo gli occhi quando sento la sua mano, sento ogni cosa
di lei in questo istante e non capisco, non capisco perché dovevo aspettare di
arrivare al capolinea per avere lei. Io e lei.
Ora.
Le apro le gambe e lei trema. «Amy…»
«Shhh.»
Mi zittisce, manda la testa all’indietro ed è la sua pelle, le bacio il seno,
si morde le labbra, ancora più forte. Dice il mio nome.
Scivolo
dentro di lei.
Nessuna
battaglia domani, nessun vampiro nel mondo, è lei la mia morte e vorrei morire
mille altre volte. Spalanca gli occhi e mi guarda. Stringo le mie mani
nelle sue, le blocco ai lati della sua testa e spingo.
Stringe
le cosce ed è mia. Spingo. Non potrei mai immaginare un mondo senza di lei. Lei
che sorride. Geme. Lei che canta. Gemo. Lei che è il momento esatto in cui sono
davvero me stesso. Sento le sue unghie graffiarmi la carne, continuo a
muovermi, i suoi occhi mi inchiodano mentre posa le mani sulle mie spalle ed
ora è lei su di me. Muoio un'altra volta mentre asseconda i miei movimenti.
Mi
guarda e sorride e i suoi capelli lunghi ricadono sul mio petto. La bacio
ancora. Un ultimo movimento ed il lupo dentro di me ringhia appagato mentre
arrivo all’orgasmo. Le stringo le braccia alla schiena e mi guarda ancora
mentre mi raggiunge. Appoggia la testa sul mio petto e la sento sorridere.
«Ti
amo.» Le dico baciandole i capelli.
«Non
lo dici a tutte, vero?»
«No.»
Alza
il viso e mi guarda. Seria, troppo. «Ti amo anch’ io. Non
farmene pentire.»
***
Ritornare.
È stato l’unico
pensiero fisso per tutti quegli attimi, secondi, minuti di trattativa con i
Volturi. Mi aspettavo davvero peggio: un po’ di marmo scheggiato fra i denti,
il sapore metallico in bocca, qualche urlo stridulo da schiacciare con qualche
nuovo ricordo.
E invece è
andata bene.
Apro la porta
della caffetteria, lei è lì a servire un paio di ragazzini… sei bella, bella, bellissima, e anche se
sono stanco morto e potevo essere più morto che stanco sono venuto qui per
vederti.
Mi fermo e lei
alza gli occhi al suono del campanello. Mi vede e tutto resta immobile. Chi è
questa gente intorno? Che cosa vogliono? Sorridi
e il tempo torna a scorrere. Sei mia. Lo sei ancora? Immagini sfocate di
noi. Non riesco neanche più a
riconoscermi mentre muovo un passo verso di te.
«Per oggi ho
finito.» La sua voce rimbomba. Si toglie il grembiule, mentre fa il giro del
bancone con lo sguardo basso e poi io mi muovo, lei cammina, si avvicina, e
alza lo sguardo e adesso lo so. Questo è il mio posto.
Si tuffa fra le
mie braccia e sento il suo profumo di vaniglia fra i capelli, la morbidezza
della sua pelle contro la mia maglietta. La stringo a me con una mano, mentre
con l’altra le alzo il viso per guardarla ancora una volta. E poi lei chiude
gli occhi e mi bacia come se esistessimo solo noi.
«Non siamo soli.»
«Non me n’ero accorto.»
«Bugiardo.»
La bacio di nuovo. L’unica cosa che conta è lei,
lei, lei.
«Mi sei
mancata. » le dico.
Mi lancia
un’occhiata di sbieco. «Sì… sì, come no!» Si mette a ridere, ed io le strofino
il naso contro il collo mentre lei si avvicina all’appendiabiti. Prende il
giubbotto e lo indossa, le fermo la mano e le alzo la zip al suo posto.
«Che fai?»
«Salvaguardo la
tua salute, intelligente.»
«Senti chi
parla… e poi se ci sei tu con me non ho freddo. »
«Come siamo
romantiche.»
Alza gli occhi al cielo e poi mi sorride mentre
le rubo un altro bacio.
«Veramente no,
era un dato di fatto, sei bollente.»
«Dai usciamo.» dico prendendola per mano.
Ha ripreso a nevicare. Inizio a correre per
arrivare alla sua macchina. È posteggiata dall’altro lato del marciapiede ma
lei si ferma.
«Embry?»
«Mhm? »
«Sono contenta
che non sei scappato. » Amelia si passa una ciocca di capelli dietro le
orecchie.«Sono contenta che sei tornato, alla fine. »
Le stringo la
mano. Ogni volta che sono lontano o vicino il mio pensiero è sempre uno. Tornare da te.
«Prego.» Le
sorrido.
Lei si morde le
labbra. «Non ti stavo ringraziando.»
«Oh, ma lo
farai presto, piccola.»
«Sbruffone.» Mi
dà un pizzicotto alla mano e io sorrido baciandole il naso.
«Non si dice
sbruffone quando si parla di un dato di fatto oggettivo. »
«Quindi oggettivamente dovrei ringraziarti
perché…»
La bacio. Il sapore delle sue labbra sulle mie,
la sua pelle sotto le dita.
«Perché ti bacio come non sei mai stata baciata
prima d’ora.»
«Non è vero. »
Un altro bacio. «Perché ti tocco come non sei
mai stata toccata prima.» Le sfioro le braccia, sotto le maniche della giacca.
Rabbrividisce.
«Embry, ma da quando parli così tanto? »
Mi alzo nelle
spalle. «È vero, forse non dovremmo parlare.» Le accarezzo il viso.
Tanto che ti amo già lo sai, e
avrò tutte le notti del mondo per dimostrartelo.
Il
tuo sorriso dolce è così trasparente che dopo non c'è niente,
è così semplice, così profondo che azzera tutto
il resto
e fa finire il mondo.
L’ultima notte al mondo – Tiziano Ferro
Un bacione
Ania e Noemi :)
p.s, se Embry vi piace, ecco a voi altre storie che parlano di lui <3 Questa, questa e questa di Noemi, e questa è scritta da me :)