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Autore: LenahSalvatore    04/12/2012    0 recensioni
Quando guardi la realtà ma è talmente orrenda e vorresti che fosse una bugia, quando ti accorgi che tutto, ma proprio tutto quello che hai fatto o pensato era sbagliato e provi in ogni modo a cambiare i tuoi ricordi e questi sono lì che bruciano e marchiano la tua mente per non andarsene, quando la realtà e troppo brutta per crederla reale e vorresti solo che tutto quello che stai vedendo fosse un sogno, una bugia, è inutile perché anche se la realtà è orribile la devi accettare per quella che è e subirne le conseguenze.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il corridoio di quella scuola mi sembrava solo un altro posto infimo che avevo il diritto di distruggere moralmente,  tutti vengono al mondo per una ragione precisa, la mia era la distruzione, in passato venivo chiamata Black Heart, adesso ero solo un’anonima, una giovane ragazza sui diciassette anni che vagava per il mondo seminando odio e distruzione, nessuno sapeva la mia vera identità ma ormai non la conoscevo nemmeno io.
In ogni epoca inventavo nomi per non rivelare chi veramente io fossi,  mi ero talmente abituata a non avere un nome che anche io mi ero dimenticata quale fosse in origine il mio vero nome, nelle precedenti epoche la gente mi aveva chiamata con i nomi più malefici del mondo, Peste, Infero, Morte e il mio preferito Black Heart, amavo quel nome perché era una specie di poesia ogni volta che lo ascoltavo, era la mia definizione preferita, era quella che mi definiva meglio.
Black Heart. Cuore Nero, un’indole talmente malvagia da corrompermi fino alla cosa più pura che ogni persona potesse avere, vagavo nel mondo ormai da qualche secolo, forse quattro o cinque, non tenevo più il conto, fatto sta che conoscevo il mondo meglio delle mie tasche,  non ero un vampiro, nemmeno un licantropo o una strana mutaforma, niente che la gente potesse scrivere o capire, ero una specie di diavolo, un demone si ma non uno qualunque, durante la mia vita avevo imparato che forse ero una specie di diavolo.
Un essere mandato sulla terra per creare discordia e liti, ero la persona che creava le guerre, che creava i conflitti tra paesi, io ero affianco a Hitler, io avevo plagiato ogni uomo buono nel mondo che mi era capitato a tiro, nessuno trovava la pace se c’ero io nei paraggi, non mi nutrivo come gli altri, il mio pane erano i pianti, la mia acqua era la disperazione, ero un genere a se di demone, ero stata creata nel 500 circa da un essere che stava andando a morire e che voleva che io continuassi il suo lavoro.
Ero l’unica al mondo a essere così, non ero una razza, non appartenevo a un gruppo di demoni con eguali poteri, io ero un organismo a se, l’unica cosa che eguagliava la mia perfidia era la mia bellezza, infatti come demone dovevo essere per forza bella perché dovevo attirare i ragazzi per far ingelosire le ragazze, dovevo essere l’amante e come tale dovevo essere bella, dovevo essere forte, anche più degli umani e forse dei vampiri, per combattere ogni essere che mi si parava sulla strada.
Dovevo essere molto intelligente e quindi dovevo avere una mente molto ampia, come i vampiri forse o forse come i mutaforma, per creare piani al di là della comprensione umana, per creare congetture e guardare a ogni possibilità,  dovevo essere magra e agile per poter correre più veloce di chiunque, per poter fare salti migliori di chiunque, dovevo essere perfetta per essere migliore di ogni essere vivente e non presente sulla terra.
Gli occhi dei ragazzi della scuola mi puntavano tutti mentre passavo per quel corridoio, ero lì per forgiare le loro anime, naturalmente dovevo adattarmi ai vestiti del periodo e quindi mi basavo sulle sfilate di moda, avevo una minigonna nera con le frangie, una piccola camicetta blu scuro leggermente aperta e con una cintura nera per sollevare il mio seno, un paio di stivali neri aderenti in pelle con tacco che arrivavano fino a sotto il ginocchio, i miei capelli rossi come il fuoco e la passione erano lasciati liberi e mossi, i miei occhi arancioni destavano paura nelle ragazze perché inusuali.
Tic Tac Tic Tac, i tacchi sul pavimento e poi raggiunsi la mia aula, appena entrai i ragazzi mi lasciarono libero il mio posto e le ragazze si spostarono per farmi passare, avevo raggiunto un certo grado di fama in pochi giorni e la sfruttavo per i miei piaceri, nella mia classe c’era una ragazza magra e bassina che era fidanzata con un tipo alto e occhialuto, quel giorno volevo farli lasciare, dopo tutto dovevo pur mangiare anche io.
Mi avvicinai al ragazzo con cui stava e lo guardai negli occhi, non particolarmente bello ma avevo fame, lui mi guardò con gli occhi di uno che ha vinto alla lotteria solo per aver attirato la mia attenzione:
Io- Ehm ciao! Scusa se ti disturbo ma sono sola in banco e mi chiedevo se volevi venirmi vicino!
Ragazzo- Ehm! Certo mi chiamo Dylan!
Io- Dylan che bel nome! Io mi chiamo Evangelin ma tu puoi chiamarmi Eva!
Dylan- Oh grazie!
Ci sedemmo nell’ultimo banco della fila centrale e io appositamente spostai la gonna verso di me per lasciare libero un pezzo di coscia, lui subito vi posò gli occhi e poi guardò il suo quaderno cercando di distrarsi pentito di aver guardato, avvertivo già l’odio della ragazza, era come un dolce bicchiere d’acqua, ne bevvi i primi sorsi e poi volli accentuarla per rendere il succo ancora più gustoso.
Mi piegai in avanti e presi il viso di Dylan con una mano, lui mi guardava confuso e strabiliato:
Io- Senti Dylan non è che mi faresti un favore?
Dylan- Ma certo!
Lo guardai con occhi da cerbiatto per far si che la sua attenzione non si distogliesse da me:
Io- Senti mi è caduta la matita sotto la mia sedia non è che la prendi per favore?
Dylan- Certo!
Dylan si piegò su di me per prendere la matita e appoggiò delicatamente i capelli sulla mia coscia girando la faccia per non metterla sulle mie gambe, io scostai ancora un po’ la gonna in modo che coprisse ben poco e lui appena si girò per ridarmela e risalire si ritrovò a guardare la mia coscia intera, tornò su velocemente con il viso bordeaux, io sorrisi e lo guardai in modo che capisse, poi gli feci l’occhiolino:
Io- Grazie Dylan!
Dylan- Pr….prego!
Tornò a concentrarsi sul quaderno e ogni tanto mi mandava occhiate, io verso la fine della lezione spostai i capelli dalla parte opposta in modo che lui vedesse il mio collo, intanto mi beavo della gelosia e dell’odio della ragazza che a ogni secondo sembrava aumentare, il suo succo demoniaco era così prelibato che volevo stuzzicarla ancora un po’, mi avvicinai a Dylan e sentii la rabbia di lei crescere, spostai la mia mano sulla sua e lui rabbrividì, la mia pelle non era calda come quella umana ma nemmeno gelata, era fresca:
Io- Dylan senti ho un po’ freddo alla mano non è che me la scaldi?
Dylan- Ehm certo!
Lui incominciò a strofinare la sua mano sulla mia e allora io dopo alcuni secondi, sicura che lui l’avrebbe scaldate bene ancora per un po’, spostai la mano più vicino al mio seno in modo che se anche non voleva per alcuni secondi doveva per forza sfiorarlo per continuare a scaldarmi la mano, lui non la tirò indietro e continuò ad accarezzarmi la mano senza disdegnare il contatto con il mio seno, poco dopo tolse la mano evidentemente imbarazzato, io sorridevo beata:
Io- Grazie Dylan!
La campanella suonò e io mi alzai dalla sedia e presi il mio zaino nero, subito la ragazza corse da Dylan appena io fui fuori udito, o almeno per lei ero fuori udito anche perché avevo un udito finissimo, potevo sentire cose da una distanza impressionabile anche per il mio mondo, mi appoggiai dietro la porta e aspettai di assaggiare la furia della ragazza, oh era un piatto così prelibato, le ragazze gelose erano il mio pane quotidiano ed era così dolce quel pane.
Lei si infuriò parecchio e dopo una litigata pesante durata circa tre minuti lei lo lasciò e uscì dall’aula, appena si girò per proseguire nel corridoio mi vide e mi si parò davanti non parlò, sembrava imbarazzata e impaurita, io sorrisi facendo mostra dei miei bellissimi denti bianchi incorniciati da labbra color rosso a forma di rosa:
Ragazza- Spero che tu sia contenta!
Io- Non dirmi così!
Feci la finta tonta e lei dopo uno sguardo di rimprovero se ne andò e io andai nell’aula successiva, avevo già mangiato quindi non mi importava molto di fare altri casini in quel momento ma ne avvertivo comunque il bisogno, entrata in aula subito dei ragazzi mi attorniarono, tutti quelli della squadra di nuoto erano lì per farmi delle avance,  io li guardai e poi scelsi quello più insignificante per dar maggior rabbia a quelli che si credevano belli, lo feci sedere di fianco a me mentre guardavamo un film con quella di italiano:
Io- Allora io sono Evangelin ma tu puoi chiamarmi Eva!
Ragazzo- Io sono Diego!
Io- Sei italiano?
Diego- Si i miei si sono trasferiti qui in America quando ero piccolo! 
Io- Che bella l’Italia!
Diego- Molto!
Io- Ti manca?
Diego- Si parecchio!
Io- Non ti preoccupare ci sono io che ti consolo!
Presi il suo viso e lo appoggiai sulla mia spalla in modo che avesse il viso rivolto verso il televisore e soprattutto verso il mio seno, volevo che gli altri bollissero di rabbia, incominciai ad accarezzargli i capelli neri con mano delicata e incominciai a sentire la rabbia venire dagli altri, incominciai a bere la loro furia, avevo ancora sete e ne volevo ancora così provai a farli ingelosire ancora di più, presi il suo viso paonazzo e lo avvicinai al mio per dargli un bacio sulla guancia e lasciarli il segno del mio rossetto rosso fuoco.
Lui reagì però in modo diverso, si fece dare un baciò sulla guancia ma poi girò alla svelta il viso e mi baciò sulle labbra, non un vero bacio ma uno a stampo, non disdegnai comunque, ulteriore prova per la vedetta della squadra, nessuno ci guardò, nemmeno i suoi amici, così si sarebbero infuriati parecchio, distolsi le labbra e lo guardai sorridente lui mi guardò sorridente e mi prese la mano, tornammo al film, quando suonò la seconda campanella mi alzai alla svelta e uscii, sentii i passi degli altri giocatori avvicinarsi e poi sentii le loro esclamazioni quando videro il mio rossetto sulla guancia e sulle labbra di Diego.
Il resto della giornata proseguì senza intoppi, Diego mi aveva cercata ma io non mi ero fatta trovare, nessuno diceva mai se mi aveva vista o dove fossi per timore di farmi arrabbiare, anche Dylan mi cercò e da lui mi feci trovare in mensa davanti a tutti e soprattutto davanti alla sua ragazza e a Diego, lui mi prese per una mano e mi portò in uno dei tavoli più lontani:
Dylan- Lo hai fatto a posta vero?
Io- Cosa?
Dylan- Di chiamarmi lì vicino a te a lezione!
Io- No! L’ho fatto perché sembravi carino e non sapevo che tu stessi con quella ragazza!
Dylan- E Diego?
Io- Diego quello italiano?
Dylan- Si? Non dirmi che ti sembra carino!
Io- No ma sembrava simpatico!
Dylan- E hai pensato bene di baciarlo!
Io- Non sono stata io! Gli volevo dare solo un bacio sulla guancia e lui ha spostato la testa!
Dylan- Ok ma io ti piaccio perché non mi hai fatto mollare dalla mia ragazza per niente!
Io- Si sei carino ma non voglio mettermi con nessuno!
Dylan mi guardò furioso, intanto io assaggiavo con piacere la sua furia, quella della sua ex-ragazza e quella di Diego, Dylan mi guardò e poi se ne tornò dalla sua ex-ragazza a implorarle di mettersi di nuovo con lui, Diego cercò di avvicinarsi a me ma appena vidi la sua mossa mi allontanai dalla mensa e uscii, nessun’altro aveva notato il nostro scambio, solo noi quattro.
Mentre tornavo a casa i consueti fischi fatti dai ragazzi non mi turbarono, camminai per la strada cercando la fermata dell’autobus che di solito prendevo quando avevo mangiato troppo, quel giorno avevo mangiato molto e non trovavo la fermata a causa della troppa gente così andai comunque a piedi, avevo solo un leggero giubbottino in pelle nero, camminai verso il palazzo dove abitavo che era a quattro isolati dalla scuola, nel centro della città dove regnava tutto, il casino, il traffico, gli insulti e le coppiette felici da distruggere e a cui bere le sensazioni negative.
Per strada tutti i ragazzi si giravano verso di me e le ragazze mi guardavano malamente, arrivata davanti al portone del Beker Palace presi fuori le chiavi per aprirlo e una voce maschile mi fermò lì davanti:
Ragazzo- Ciao sono Chaz tu chi sei?
Io- Mi chiamo Evangelin!
Chaz- Gran bel nome! Senti ti va se usciamo qualche volta?
Io- Volentieri ti va sta sera?
Chaz- Ovvio ti vengo a prendere qua sotto! Qual è il tuo cognome così suono!
Io- Facciamo così appena arrivi sussurra il mio nome al citofono e io rispondo!
Chaz- Mi prendi in giro?
Io- No! Fidati!
Chaz- Se non rispondi sappi che me ne vado!
Io- Ok! A sta sera! Aspetta ma dove andiamo?
Chaz- Direi di andare al cinema!
Io- Niente film romantici!
Chaz- Horror?
Io- Perfetto! A sta sera!
Entrai senza salutarlo e salii le scale, probabilmente sarebbe venuto alle otto così avevo ancora due ore per preparare qualcosa per un cinemino, naturalmente dovevo essere senza fiato se volevo cenare, quella sera mi sarebbe bastato l’invidia dei ragazzi e la gelosia delle ragazze, andai davanti al mio armadio e guardai, naturalmente il mio non era un armadio normale, dentro c’era di tutto per tutto, avevo vestiti dal 500  in poi e quindi la mia cabina armadio era talmente grande che l’avevo fatta fare più di metà della casa.
Andai nella parte con i vestiti più moderni, guardai in mezzo a quel mare di stoffa e cercai un completo attraente per la sera, cercai tra la miriade di vestiti e alla fine scelsi per un vestito senza maniche con un corpetto rosso in pelle che era unito davanti da stringhe rosse e oro che lasciavano visibile una piccola striscia centrale di pelle, poi attaccato una gonna tutta spiegazzata e corta, non copriva più di metà coscia, insomma un vestito abbastanza intrigante.
I capelli li lasciai mossi e lunghi fino a sotto le spalle, il ciuffo lo arricciai un po’ solo alla fine e lo tenni più su con un piccolo fiocco nero, le scarpe, mancavano le scarpe, andai nella parte dedicata alle scarpe e presi un paio di stivali neri con il tacco che riprendevano il colore del fiocco e della borsa che sarei andata a prendere, infatti dopo gli stivali andai da una borsa piccola di Prada dove ci misi dentro un cellulare e dei soldi per cinema.
Arrivarono le otto e io aspettai il sussurro, alle otto e cinque minuti dal citofono si sentì un sussurro leggero, un ragazzo stava dicendo il mio nome, scesi le scale alla mia velocità e aprii la porta appena in tempo per sentire la fine di quel sussurro e vedere gli occhi del ragazzo posarsi su di me e sulle mie curve messe in risalto dal vestito, poi mi guardò in viso e rimase folgorato dal mio sorriso e dal tono vivace del mio rossetto:
Io- Allora andiamo?
Chaz- Ehm si ma tu volevi andare a una sfilata o al cinema?
Io- Sciocchino al cinema!
Chaz- Wow sei una bomba vestita così!
Io- Diciamo che visto che mi è stato dato questo corpo lo metto in mostra!
Chaz- Wow!
Io- Ok andiamo?
Chaz- Certo!
Mi prese la mano e insieme andammo a quella che doveva essere la sua macchina, una specie di catorcio ambulante che fai fatica a metterlo in moto, lo guardai e lui capì dalla mie espressione cosa intendevo:
Chaz- Lo so ma i miei non vogliono darmene una migliore!
Io- Ti va se usiamo la mia?
Chaz- Si che macchina è?
Io- Vedi quella nera là?
Chaz guardò verso la mia macchina, un ferrari nera ultimo modello, rimase a bocca aperta, io mi avviai alla macchina e lui mi seguì, andò lui nel posto del passeggero perché la mia bambina non la lasciavo usare agli estranei, insieme andammo al cinema, quando scendemmo tutti ci guardarono, lui non era certo brutto e io ero splendida, entrammo al cinema e ci sedemmo sulle ultime file e iniziò il film.
Era un filmetto del cavolo che non fa paura nemmeno ai bambini, lui mi lanciava strane occhiate di lato, io sorridevo felice, volevo abbindolarlo Chaz e la mia malignità sembrava attirarlo e non respingerlo, verso il primo quarto d’ora Chaz allungò la mano dietro il mio sedile cercando abbracciarmi, io mi appoggiai alla sua spalla e lui mi mise il braccio attorno alle spalle, durante il film mi accarezzava dolcemente la spalla e il braccio.
Io cercavo di dissuaderlo, di disinibirlo, appoggiai una mano appositamente sulla sua coscia come se mi fosse accidentalmente caduta, a lui non sembrò dispiacere anzi, si mise più comodo e appoggiò la testa sulla mia, mi spostai la mano verso la sua pancia e lì lui trasalii per la mia disinibizione, non ci feci caso avevo fame e lui poteva darmi ciò che volevo, sentivo il ragazzo di fianco a me che mi guardava geloso delle attenzioni che davo a Chaz e bevvi la sua gelosia.
Avevo sempre più fame e così decisi di tentare il tutto e per tutto e presi il viso di Chaz per baciarlo, lui non mi fermò anzi dischiuse la sua bocca e con un leggero morso al mio labbro inferiore dischiuse anche la mia, restammo a baciarci per parecchio tempo, intanto io bevevo la gelosia dei maschi che mi guardavano e a sorpresa anche di qualche ragazza gelosa del fatto che io stessi baciando un tipo e loro no.
Quando mi staccai lui mi tenne vicino a se e mi accarezzò i capelli con leggeri baci soffiati, sentivo i brividi di piacere crescere in lui e poi il mio colpo di grazia:
Io- Chaz devo andare in bagno!
Chaz- Ti accompagno!
Io- Ok!
Ci alzammo e in silenzio andammo in bagno, in quel momento era totalmente vuoto, perfetto così il mio colpo di grazia sarebbe stato più clamoroso appena una ragazza fosse entrata, lui mi tenne la mano fino a che non arrivammo alla porta allora io strinsi di più la sua mano e lo feci entrare con me, lui rimase stupito ma poi lo trascinai sopra a una poltroncina per chi aspettava e lui rimase folgorato dalla mia forza, mi sedetti prima di fianco a lui poi sulle sue gambe posando le mie sulla sinistra di lui:
Chaz- Certo che tu non hai freni!
Io- Non sono come tutte quelle ragazze che cercano il grande amore! Io voglio divertirmi!
Non lo feci rispondere e posai le mie labbra su di lui issandomi sempre di più in modo da sommergere i nostri visi con i miei capelli rossi, lui non mi fermò anzi mi abbracciò per la vita e ci baciammo così a lungo che non vedemmo neppure la fine del film, restammo lì a baciarci intanto che le ragazze aprivano la porta e la richiudevano velocemente per invidia, io bevevo la loro invidia e quella dei ragazzi la fuori seduti vicino a noi che non ci vedevano tornare.
Alla fine ci staccammo e uscimmo dal cinema per tornare a casa mia, il viaggio fu piuttosto silenzioso, Chaz non disse niente e io non dissi niente, quando parcheggiai ero già davanti al portone di casa mia, lui scese e io chiusi la macchina, andai davanti al portone e aprii poi mi girai verso Chaz per salutarlo:
Io- Ok allora io salgo!
Chaz- Non è che mi offriresti un bicchiere d’acqua?
Io- Certo Sali!
Salimmo insieme nel mio appartamento, non c’era nessuno in casa e quindi non avevo nessuno con cui nutrirmi e ormai ero talmente piena da farmi venire il vomito al solo pensiero di altra discordia, Chaz si guardò in giro e ben presto arrivò a guardare il mio quadro, quello che io stessa avevo fatto e che rappresentava me nell’altra forma, perché io avevo due forme, quella umana che era quella che avevo in quel momento e quella demoniaca, la mia versione di angelo del male.
Lui osservò impietrito il mio quadro, non lo avevo mai fatto vedere a nessuno perché per me non era un gran che mentre per gli altri era favoloso, le ali enormi del colore della pece, il nero più scuro che avevo trovato, i capelli rossi come il fuoco lasciati liberi al vento che li spostava dolcemente verso sinistra, tre ciocche coprivano leggermente il volto ma lasciavano trapelare gli occhi arancioni e il sorriso malefico, il vestito era nero così come le ali, lungo con una sola spallina sulla spalla destra.
Le orecchie anche se non erano visibili erano a punta e le unghie delle mani erano lunghe e nere, i piedi erano invisibili sotto il vestito lungo, la pelle però era di un bianco estremo quasi il colore dei morti, la donna aveva le ali aperte e nella mano sinistra reggeva una palla di fuoco che usava come arma contro i nemici, lo sfondo era sfumato, come una specie di tramonto, la vittoria delle tenebre sulla luce che sparisce all’orizzonte, la celebrazione del male, tutto il quadro era grande quasi quanto la parete e regnava sul salotto rendendo superfluo qualsiasi altro quadro:
Chaz- Chi è?
Io- Il demone!
Chaz- E che tipo di demone è?
Io- Il demone della discordia! Quello che si nutre della malvagità e la crea per averne sempre di più!
Chaz- Esiste?
Io- Forse!
Chaz- Se esistesse non vorrei trovarmelo davanti!
Risi, lui non voleva trovarselo davanti e invece ce lo aveva di fianco che lo osservava e lo aveva in pugno, poteva usarlo a suo piacimento e lui non se ne sarebbe accorto, già il fatto che era lì dimostrava i miei manipolamenti, lui guardò il resto della casa, il divano a forma di bocca completamente rosso, il parquet marrone, il tavolino in vetro al centro della stanza e posato su un tappeto persiano dai colori esotici.
La poltrona nera in pelle e nella parete di fronte al divano la tv a cristalli liquidi 56  pollici, il muro di mattoni scuri e chiari ma sempre sul tono rosso marroncino, la porta aperta in legno che dava sulla cucina completamente nera, le altre due porte chiuse che portavano al bagno e alla mia camera da letto, poi se uno entrava nella mia stanza da letto poteva vedere l’altra porta che dava sulla cabina armadio:
Io- Ok Chaz ci si rivede!
Chaz- Ma come! Non mi dici nemmeno il tuo cognome o il tuo numero di telefono?
Io- Te l’ho detto io voglio divertirmi! Niente storie serie!
Chaz- Si ma potremmo divertirci anche domani!
Io- Domani sarò occupata!
Chaz- Sei una vera troia sai?
Io- Ehi grazie per il bel complimento e ora fuori!
Chaz- Gentile da parte tua! Prima mi abbindoli e mi usi a tuo piacimento dentro un bagno e poi mi butti fuori di casa come un cane!
Io- Si a me non piacciono i cani!
Chaz mi guardò sconsolato e uscì dalla casa, avevo bisogno di un po’ di tempo per me, quella notte dovevo smaltire tutto quello che avevo mangiato e quindi mi ci voleva un bel volo sopra alla città, aprii la finestra e mi posizionai sul cornicione, sotto di me i sette piani sembravano molto più pericolosi dato che potevo distinguere ogni minimo dettaglio ma ormai ero talmente abituata, guardai di sotto e poi spiccando un balzo mi trasformai e presi a volare sopra i palazzi enormi.
Mentre volavo individuai Chaz mentre andava alla macchina così lo seguii, giusto per fare qualcosa, presi a sbattere le ali, era una sensazione bellissima fatta di potenza e muscoli, sentivo le mie ali come un muscolo enorme sulla schiena, non è possibile descrivere a parole la sensazione che provavo ogni volta che volavo perché sarebbe come spiegare a un bambino di tre anni la fisica quantistica, impossibile, sarebbe come far capire ciò che vede e prova un dio a un comune mortale, le parole non poteva descriverlo.
Continuai a seguire Chaz con lo sguardo e volando, lui percorreva tranquillo la strada ignaro della mia presenza, girò un paio di volte a sinistra e qualche altra volta a destra, poi arrivò davanti a un palazzo non troppo appariscente sulla 35 Road e scese dalla macchina, aprì il portone e salì le scale, io mi abbassai ma senza farmi vedere, il mio colore scuro era una manna dal cielo di notte, planai sulla sua terrazza mentre lui entrava nell’appartamento, dentro oltre a lui c’erano altri due ragazzi che giocavano alla play station.
Io guardai appollaiata come un falco sulla ringhiera del terrazzo e poi Chaz venne verso di me o meglio verso il terrazzo, ripresi il volo e mi appollaiai sulla terrazza di quello di fianco, mi confusi con il mio posto ideale, l’ombra, e poi lo osservai, lui guardava giù cercando qualcosa che non trovò, poi si girò verso di me, io volevo fargli prendere una bella paura così non mi mossi tranne quando lui strabuzzò gli occhi che spiccai il volo e tornai verso casa.
Chaz mi aveva guardato strabiliato, probabilmente aveva pensato di sognare e che il demone di casa mia lo avesse condizionato, amavo vedere il terrore negli occhi del mio nemico, ricordavo ancora quando nel 1667  mi vollero impiccare, le donne stupide del villaggio mi avevano identificato perché per sbaglio mi ero trasformata davanti a loro , da quel momento ero diventata Black Heart e dovevo finire al rogo perché secondo la leggenda, che era vera, ero malvagia e dovevo morire.
Non appena mi misero il cappio al collo io li lasciai fare, come essere superiore ed egoista volevo un ritorno trionfale e plateale, strinsero il nodo e mi levarono la terra da sotto i piedi ma io in quel momento mi trasformai nella mia forma demoniaca e staccai il cappio e volai sopra di loro in circolo guardandoli scappare nelle loro inutili case, andai davanti a una delle donne che mi aveva denunciato e lei si piegò su se stessa in una specie di inchino per chiedermi pietà ma io non me ne sono mai fatta niente della pietà e così le passai sopra e le spezzai la spina dorsale uccidendola.
Tutte le persone mi guardavano con timore e freddezza, tutte le donne che mi avevano accusato le uccisi in modi brutali per divertirmi e sentire le loro urla che cullavano la tempesta del momento, per molte persone era l’inferno quel posto, per me era il paradiso, il paradiso al centro esatto dell’inferno, tutta la mia vita era così, io vivevo con le disgrazie, con le calamità, per il resto del mondo era l’inferno per me il paradiso.
Tornai con la mente a quel momento, ero seduta sul divano del mio appartamento nella mia forma umana mentre guardavo il mio quadro, essendo un demone non avevo bisogno del sonno se no non avrei fatto paura, dopo tutto la paura sta nel fatto che il tuo nemico non dorme e che può colpirti in qualsiasi momento, andai nella mia cabina armadio e presi i vestiti per il giorno dopo, pensai a qualcosa di più colorato e un po’ meno provocante, presi un vestitino rosso con una sola spallina che arrivava a metà coscia e che la gonnellina era tutta a frangie sovrapposte.
Ci abbinai un paio di stivaletti corti neri e la giacca in pelle nera, mi tolsi il fiocco dai capelli e poi li pettinai per lisciarli un po’, mancava ancora qualche ora all’alba e avevo tutto il tempo che volevo, di solito di notte andavo in giro per le strade e osservavo la gente, la cosa più strana che vedevo ogni giorno erano le coppiette, quale strano sentimento poteva spingere quelle coppiette a stare accanto, a perdonarsi ogni cosa?
Non le capivo, le guardavo mangiarsi un gelato insieme e mi chiedevo se non era più comodo prenderne due, le guardavo camminare mano nella mano nei parchi mentre parlavano e ridevano chiedendomi cosa ci fosse di divertente, le osservavo baciarsi per ore senza mai staccarsi e poi prendere fiato e tornare a baciarsi chiedendo cosa spingesse i due a non guardare gli altri, vedevo il volto delle ragazze che arrossivano quando le cadevano le cose e i ragazzi le raccoglievano e mi chiedevo se le ragazze fossero così stupide da non riuscire a raccogliere la loro roba.
Non capivo cosa spingesse due persone consenzienti a provare consapevolmente angoscia l’una per l’altra, perché era questo che li spingeva a stare insieme, lei era gelosa di ogni mossa che lui faceva senza di lei, lui era geloso di ogni cosa facesse lei con o senza lui, era solo dolore, perché provare angoscia per l’altro?
Quella sera non avevo voglia di guardare quelle insulse persone, ormai ero vestita e se mi rifossi ritrasformata da demone a umana sarei tornata come ero in quel momento, così spiccai il volo, volai un po’ sopra alla città osservandone i palazzi, poi mi appollaiai sul tetto dal mio palazzo e guardai il cielo, era di un colore così scuro da farmi star bene, le stelle erano poco visibili e l’immensità dell’oscurità era così beata da farmi sentire bene dopo un giorno alla luce del sole.
La sera fece posto al giorno e io dovetti volare velocemente a casa mia, di notte non ero visibile perché ero un demone nero ma di giorno il nero era molto visibile sull’azzurro o male che vada grigio, atterrai dentro il mio soggiorno in fretta e furia e tornai nella mia forma umana, appena tornai umana vidi davanti a me un ragazzo nascosto attaccato alla parete come a proteggersi dal sole, annusai l’aria e capii subito perché era lì nascosto:
Io- Che ci fa un vampiro in casa mia?
Vampiro- Ho sentito il tuo strano odore e sono venuto a vedere chi eri!
Io- Bene eccomi qua!
Vampiro- Chi sei?
Io- Black Heart!
Vampiro- Il demone? Non ci credo! Tu sei la creatura del male più forte del mondo!
Io- Così dicono!
Vampiro- Da quanto sei così?
Io- Più o meno da mezzo millennio!
Vampiro- E chi c’era prima di te?
Io- Un uomo che non ha saputo sfruttare i poteri quanto me!
Vampiro- Non ci posso credere! Black Heart in persona!
Io- Bene ora devo andare a mangiare se non ti dispiace!
Vampiro- Come posso sapere se sei veramente tu?
Io- Mi hai vista trasformata non ti basta?
Vampiro- Vero ma vorrei una prova in più!
Io- Cosa?
Vampiro- Un combattimento ti va bene?
Io- Non ho molto tempo e non voglio rovinarmi il vestito!
Vampiro- Ok allora dammi una prova che sei tu perché non ci credo! È impossibile trovarti e io ti ho scovato praticamente casualmente!
Mi trasformai di nuovo per una frazione di secondo sufficiente per i suoi occhi, poi tornai umana e scesi le scale, i vampiri di per se erano leggermente fastidiosi perché si lasciavano distrarre troppo facilmente, i licantropi erano irascibili e volubili, i mutaforma si credevano chissà chi perchè erano gli unici che si potevano trasformare quando pareva loro, esclusa me.
Non avevo voglia e tempo di ascoltare un vampiro egoista e narcisista, anche se ci andavo abbastanza d’accordo mi annoiavano un po’, andai alla macchina ed entrai, il vampiro non mi avrebbe di certo seguito sotto la luce del sole, per fortuna la loro pelle bruciava sotto la luce del sole e si pietrificavano, era l’unico modo lecito per uccidere un vampiro, andai  velocemente a scuola e come al solito appena uscii dall’auto tutti gli occhi mi puntarono, chiusi l’auto e mi diressi al portone principale.
Appena arrivai Diego mi prese per mano e mi fece girare, lo guardai negli occhi e lui non tolse gli occhi da me, mi guardò dall’alto in basso soffermandosi su alcuni punti precisi, poi si fermò sui miei occhi, io lo guardai con sufficienza:
Diego- Ciao Eva!
Io- Ciao Diego!
Diego- Evangelin senti ti va se mangiamo insieme?
Io- Volentieri! Anzi che ne dici se andiamo a prenderci un caffè?
Diego- Volentieri!
Mi prese la mano e ci incamminammo verso la caffetteria, lui prese un semplice caffè, io non bevevo e non presi niente, non feci nemmeno finta di bere qualcosa, lui mi osservava rapito, sentii i passi di qualcuno che veniva verso la caffetteria, ascoltai il suo respiro e capii che era Dylan, a questi due ragazzi piacevo veramente, forse volevano fare la stessa cosa che facevano quelle coppiette insulse.
Non volevo arrivare a tanto e così decisi di fare il passo falso, quello che non facevo mai di fronte a un ragazzo, mi alzai:
Io- Ehm Diego io devo andare però mi ha fatto…..!
Diego- Piacere?
Io- Si! Ci si vede in giro!
Mi allontanai da lui mentre mi osservava camminare da dietro, o meglio osservava il mio di dietro, arrivai alla porta e lì c’era Dylan appoggiato che si nascondeva, io feci finta di niente e girai l’angolo aspettando che lui mi seguisse, mi appiattii contro il muro e aspettai, dopo qualche passo arrivò e io lo presi per la maglietta:
Io- Lo sai che non è bene spiare?
Dylan- Si ma tu come facevi a saperlo?
Io- Ho un buon udito!
Dylan- Allora non stai con Diego?
Io- Cosa te lo fa credere?
Dylan- Bè lo hai appena snobbato!
Io- Così mi osservi eh!
Dylan- Da quando ieri mi hai chiesto di venire vicino a te!
Io- Non si fa! Ragazzo cattivo!
Lo lasciai libero ma lui non si spostò, mi venne vicino cercando di baciarmi io sgusciai via da sinistra e lui mi guardò perplesso:
Io- Facciamo le cose a modo mio!
Mi avvicinai a lui e lo spinsi contro il muro per avere più raggio di azione, misi una gamba accavallata al suo fianco e lo guardai, avvicinai di poco le labbra a lui e sussurrai il suo nome, lui aveva i brividi sulla schiena, mi avvicinai sempre di più a lui e gli presi la mano che posai sulla mia coscia, lui era in estasi, mi avvinghiai a lui e poi la campanella suonò, mi staccai da lui e lo guardai negli occhi, aveva le guance in fiamme e le mani sudate:
Io- Sarà per un’altra volta!
Mi girai e me ne andai, era la mia specialità illudere la gente, nel frattempo avevo bevuto la collera di Diego che osservava la scena da dietro la porta, come colazione era perfetta, avrei usato la colera della ragazza di Dylan per pranzo o forse qualcos’altro, arrivai in classe e mi sedetti nell’ultimo banco, naturalmente quello di fianco a me restò vuoto come sempre, non volevo nessuno vicino a meno che non lo chiedessi, il professore entrò nell’aula con un ragazzo favoloso al fianco.
Era abbastanza alto, magro e muscoloso, capelli neri, ricci e lunghi, gli occhi neri, la pelle chiara, la fossetta nel mento,  era una specie di visione, sembrava un gran bravo ragazzo, le mie prede preferite, quelle da forgiare, lo guardai con uno sguardo abbastanza esplicito e lui mi guardò a sua volta, poi distolse lo sguardo e passò in rassegna la classe senza più guardarmi, sentivo crescere l’indignazione ma ciò avrebbe reso la caccia solo più eccitante:
Professore- Bene ragazzi abbiamo un nuovo studente fra noi!
Ragazzo- Salve a tutti io mi chiamo Michael Mansen e vengo da Chicago, ho due sorelle e un fratello, mio padre e mia madre sono ancora in vita ma abitano a Chicago e sono venuto qui per studiare e cambiare aria!
Professore- Perfetto Michael c’è solo un posto libero di fianco a Evangelin!
Michael- Bene!
Michael venne verso di me e si sedette di fianco, io avevo messo la giacca in pelle sulla sedia e il mio zaino era posato sul suo banco, con fare disinvolto tolsi lo zaino e mi appoggiai volutamente al suo banco, poi dato che lui non mi guardava o faceva finta di non vedermi tornai alla posizione di prima facendo finta di niente pure io, tornai alla lezione tremendamente noiosa cercando di non badare all’indifferenza di lui.
Era strano come quel ragazzo non venisse attratto dalla mia indole, avevo sempre dato per scontato che i maschi fossero volubili sotto quel punto di vista, invece Michael sembrava indifferente al mio fascino e ciò mi dava fastidio, la sua indifferenza mi recava disturbo e mi faceva rendere tutto più…..più selvaggio ed eccitante, mi dava piacere e ciò era peccato, perfetto per me.
Alla fine della lezione bloccai volutamente con il piede il suo zaino, lui mi guardò finalmente, io sorrisi e lasciai la cartella, lui la prese e continuò a fissarmi:
Io- Scusa ma non ci hanno presentato io sono Evangelin!
Michael- Io Michael! Hai un nome inusuale!
Io- Lo so ma a me piace comunque se preferisci puoi chiamarmi Eva!
Michael- Eva! E qual è il tuo cognome?
Io- Sinceramente non lo dico a nessuno il mio cognome!
Michael- Perché?
Io- Così mi rende più misteriosa!
Michael- Vero!
Mi guardò ancora e io lo fissai, aveva gli occhi più belli del mondo, sembrava che potessi nuotare dentro un lago nero, erano neri, il mio colore preferito, ero totalmente scuro tranne che per la pelle, potevo scambiarlo benissimo per un vampiro se solo non avessi saputo che i vampiri avevano gli occhi rossi, lui mi sorrise e io sorrisi a mia volta, poi mi girai lasciando la scia del mio profumo dietro di me per attirarlo, lui si mosse verso di me ma poi andò dalla parte opposta.
Non lo seguii nemmeno io, il resto delle lezioni proseguì bene, feci ancora uso di Dylan a lezione di storia per pranzare ma poi non feci nient’altro, a mensa entrai con il mio solito passo disinvolto e sotto gli occhi di tutti andai nel mio tavolo, quello più lontano e intanto che facevo un compito ascoltavo le conversazioni, mi concentrai su quella di Michael e Dylan:
Dylan- Stacci attento a Evangelin!
Michael- Perché?
Dylan- Non so ha quell’aria antica e potente che l’attornia e poi è sexy e sa di esserlo! Non è bene quando una ragazza sa di esserlo!
Michael- Vero ma a me sembra simpatica!
Dylan- Simpatica forse no ma direi che una abile seduttrice ci sta!
Michael- In effetti è molto bella e sa anche sedurre!
Dylan- Non dirlo a me! Sono cascato nella sua trappola ben due volte e solo oggi! Sembra quasi che i suoi occhi ti diano degli ordini e ti ipnotizzino, non osservarla mai troppo a lungo potrebbe incantarti!
Michael- Grazie dei consigli!
I due andarono a tavoli diversi, Dylan raggiunse gli amici e la fidanzata furiosa, Michael venne stranamente verso di me, continuai a scrivere sul foglio e lui si sedette davanti a me, non lo guardai, volevo stuzzicarlo:
Io- Non ascolti i consigli degli amici?
Michael- Che?
Io- Sbaglio o prima Dylan ti ha detto di starmi alla larga?
Michael- E tu come hai fatto? Eravamo dall’altra parte della mensa!
Io- Magia!
Alzai lo guardo e smisi di scrivere, lui mi guardò sbalordito e io sorrisi, mi piaceva stuzzicare le persone, sentii lo sguardo di molti sulla schiena ma non ci feci caso, Michael scrollò le spalle da un suo qualche pensiero:
Michael- Sei mancina!
Io- Si!
Michael- Lo sai che il diavolo era mancino?
Risi del paragone, se lui avesse saputo che il diavolo era davanti a lui sarebbe scappato, io non ero esattamente il diavolo ma ci andavo vicino o almeno la pensavo così, non avevo mai incontrato di persona il diavolo:
Michael- Perché ridi?
Io- Niente lascia stare non capiresti!
Michael- Perché stai qui da sola?
Io- La gente non ha mai una buona opinione di me!
Continuai a ridere, mi faceva ridere il timore che tutti provavano per me, la reverenza del loro sguardo quando passavo, il rispetto dettato dal timore, lui sorrise come divertito dal fatto che io mi stesi divertendo:
Io- Perché sei qui?
Michael- Perché voglio illuderti!
Io- Illudermi?
Michael- A te piace illudere la gente e io voglio farti provare le stesse cose che hai fatto provare a Dylan!
Io- Ahahahah! Non farmi ridere io non mi illudo! So benissimo che  prima o poi cadrai nella mia rete anche senza accorgertene! Già il fatto che sei qui lo dimostra!
Michael- Vero ma qui il gatto sono io!
Io- Non sono mai stata un topo e non lo sarò mai!
Michael- Però ti piace giocarci!
Io- Certo è divertente!
Lui annuì solamente e si alzò, io tornai seria, mi aveva dato uno splendido pranzetto senza saperlo, la gelosia dei ragazzi era stata tale che ero piena, nessuno in quella scuola si era mai azzardato a venire da me e per di più nessuno mi aveva mai sentito ridere se non per cazzate, o magari fingevo di ridere ma tutti se ne accorgevano, con Michael ridevo di gusto ma solo perché lui era ignaro di tutto, la mia segretezza rendeva i discorsi degli umani ancora più ilari.
Il resto delle giornate di quella settimana erano sempre uguali, continuavo a usare Dylan o Diego per mangiare, le ragazze gelose erano il mio piatto preferito e con loro ne avevo sempre molte, Michael non mi parlò, non mi guardò e non si sedette più vicino a me, sentivo crescere l’irritazione, volevo che Michael fosse mio, volevo vederlo dentro la mia trappola, volevo che lui mi guardasse come fanno i maschi delle coppiette, volevo che lui cadesse illuso e inerme.
Sentivo la rabbia crescermi dentro e non capivo perché, in precedenza se un ragazzo mi snobbava io mi vendicavo andando con il suo migliore amico, adesso non volevo il suo migliore amico ma lui, volevo Michael, fu il sabato di una settimana dopo che andai da lui, eravamo fuori in giardino per la lezione di biologia e io ero tra gli ultimi così come lui, mi avvicinai a lui e gli presi innocentemente la mano, lui la tolse subito come se dovesse appuntare qualcosa, io ero stizzita, mi avvicinai a lui e lui mi guardò sorridendo, non capivo cosa ci fosse da ridere e lo guardai perplessa:
Michael- Visto sei caduta nella ma trappola, ora sei il topo!
Io- Non è vero!
Michael- Invece si!
Continuò a sorridere e inspiegabilmente incominciai a sorridere anche io, mi sentivo felice? Non sapevo come stavo ma mi sentivo bene, poi tornò la rabbia, mi sentivo malissimo così come mi ero sempre sentita, non era vero che mi sentivo felice perché io non ero mai stata felice per quanto potessi ricordare, niente nella mia vita mi faceva sentire felice se non gli urli delle mie prede, il plasmarsi del terrore e della consapevolezza in loro, io ero crudele, io ero il male e io stavo bene come tale.
Il male non è fatto per la pietà, la compassione, l’amore, la felicità, tutti quei sentimenti che davano il volta stomaco, il male era il peccato, il piacere del peccato, la soddisfazione della vendetta, quello era il male, quella ero io, la strana sensazione di prima era solo una pazzia, io non provavo felicità se non nel dolore altrui, quella era la mia unica felicità, non quello stupido ragazzotto che si gongolava tanto per avermi incastrato, lui non mi aveva incastrato, ero io che ero andata da lui.
Nessuno sa come si sente il male ogni volta che viene a contatto con l’amore, la così detta forza opposta, non era una forza opposta come tutti credevano, era solo l’ignoto che quello strano ed inutile sentimento creava nel male a farlo indietreggiare, quella strana sensazione di mancamento, di insicurezza, quella era la nostra unica rovina perché come demone io ero sempre sicura di tutto ed ero io a dettare le regole del gioco e non gli altri, ero io che giocavo con i sentimenti altrui e non gli altri che giocavano con i miei anche perché io non avevo sentimenti, nessuno poteva giocare con me perché ero un nemico senza niente.
Il nemico ha paura solo quando ha qualcosa da perdere ma io cosa avevo da perdere? Niente, non avevo amici per mia scelta e natura, non avevo nessuno al mio seguito se non me stessa, le altre creature del così detto male erano volubili perché imperfette, i vampiri erano facili alle distrazioni e non poteva usare sempre i loro poteri, i licantropi erano troppo sicuri di se e si sopravalutavano, i mutaforma erano solo mezze creature, degli anfibi nel nostro mondo.
Guardai con sguardo malizioso Michael che adesso mi guardava maliziosamente anche lui, senza dirci niente e senza dire niente a nessuno ci allontanammo indisturbati e invisibili dalla lezione e andammo nella mensa vuota, ci avvicinammo ad un tavolo e continuammo a guardarci, lui si alzò dalla sedia e mi girò attorno, mi venne dietro e io lo lasciai fare, volevo vedere fino dove era capace di arrivare, mi diede un bacio soffiato sul collo che creò dei brividi leggeri nella mia schiena:
Michael- Cosa senti?
Io- Domanda sciocca!
Michael- Bene!
Continuò a baciarmi il collo con estrema delicatezza, una delicatezza che non avevo mai sentito in nessun ragazzo, le labbra morbide si posavano delicatamente sulla pelle del mio corpo e poi si allontanavano con un leggero rumore di sottofondo, sentivo un immenso piacere a quel contatto, lui poi mi spostò i capelli da una parte e incominciò dalla spalla e fece una leggera linea di baci fino al mento, io mi girai e lo guardai negli occhi, lui sorrise con un sorriso fanciullesco così mozzafiato da farmi quasi girare la testa.
Poi premette con delicatezza le mie labbra, io non fui altrettanto delicata, presi la sua testa da dietro e lo avvicinai a me con irruenza, spinsi forte e lo baciai affamata delle sue labbra, era la prima volta che sentivo quel tipo di fame, una fame strana, diversa, non smisi e lui non si staccò, io essendo un demone potevo vivere anche con poco ossigeno e sapevo farne a meno, lui era un umano e dopo circa mezz’ora dovette staccarsi da me per prendere aria:
Michael- Visto ti ho in pugno!
Rise e se ne andò, rimasi lì per il resto della giornata, non riuscivo ad alzarmi e non volevo, avevo un disperato bisogno di capire quello che era successo, le strane sensazioni che avevo provato, verso la fine dell’ultima ora mi alzai e aspettai fuori Dylan, dovevo avere un riscontro, dovevo capire se quelle sensazioni potevano darmele chiunque, quando uscii era con la sua ragazza, io lo presi per la maglia e la sua ragazza mi guardò in cagnesco:
Ragazza- Senti carina non puoi prendertelo quando ti pare lei è…….
Io- Zitta tu!
La zittii subito creando l’effetto opposto a quello che volevo, presi la mano di Dylan e mi diressi con lui verso la mensa sotto gli sguardi di tutti, per la maggior parte erano intimoriti, lo spinsi su una sedia e mi sedetti di fronte:
Dylan- Che vuoi?
Io- Baciami ma come ti dico io!
Dylan- Non starò al tuo gioco!
Io- Devi baciarmi lentamente sul collo e poi sul mento creando una specie di linea e poi baciami!
Dylan- Perché?
Io- Ti scongiuro Dylan ti prometto che non scappo questa volta!
Lui mi guardò leggermente contrariato ma come pensavo il corpo ebbe la meglio su di lui, mi venne dietro e la scena si ripete ma lui non era delicato come Michael, il suo tocco non mi dava brividi di piacere, non ero bramosa delle sue labbra, quando capii che era tutto inutile rinunciai e lui se ne accorse, si girò verso di me e io lo guardai:
Dylan- Io vado!
Annuii solamente e lo lasciai andare, perché se era qualcun altro non provavo le stesse emozioni? Perché Michael mi faceva sentire così? Come mi sentivo con lui? Soprattutto cosa mi era successo?
Basta pensare a cosa mi era successo perché non mi era successo proprio niente, io ero io ed ero fiera di esserlo, Michael era uno dei miei giocattoli, il mondo era un mio giocattolo, forse stavo diventando come gli altri insignificanti che popolavano il mio mondo, stavo diventando troppo sicura di me che il fato mi aveva messo Michael nel mio cammino per dimostrarmi che per quanto io sia forte esisteva qualcuno più in alto di me?
Forse ma non mi sarei mai lasciata scoraggiare da una creatura insignificante come un umano, io ero superiore e anche se credevo troppo in me stessa era comunque la verità, mi alzai dalla sedia e tornai a casa mia, avevo bisogno di sentirmi me stessa, avevo bisogno di fare quello che era nella mi natura fare, quella notte avrei cacciato, avrei ucciso per un mio puro bisogno di ritrovarmi, può sembrare malvagio ma quando sei un demone te ne freghi di cosa è giusto o sbagliato perché detti tu le regole.
Arrivai in casa e aspettai pazientemente che le tenebre vincessero la luce, non dovetti aspettare molto, passai il tempo ad architettare cosa fare, pensavo ad acchiappare qualcuno che volesse morire per alleviargli la sofferenza di pensare a come fare, quando fu abbastanza buio per me mi trasformai in demone e spiccai il volo, ascoltai i pensieri della gente, di norma non lo facevo mai perché mi era inutile e spegnevo quel senso in più, adesso mi serviva per trovare quella persona disperata che voleva il suicidio.
Vagai quasi per tutta la città prima di trovarne uno, era un uomo lasciato dalla moglie, licenziato, senza amici, planai nel suo appartamento rompendo il vetro della finestra e atterrando in una pioggia di vetro luccicante, chiusi le ali a scudo per proteggermi e avere un entrata ad effetto, l’uomo trattenne a fatica un urlo quando mi vide, aprii totalmente le ali e poi le appiattii dietro la schiena per far entrare la luce della luna nella sala, gli occhi dell’uomo erano quasi fuori dalle orbite per lo spavento, sorrisi e poi tra sussulti e balbettii l’uomo parlò:
Uomo- Cosa sei?
Io- Mi hai chiamato tu! Sono il demone che ti darà la morte tanto agognata! Ti solleverò da ogni tua sofferenza regalandoti l’unico dono che vuoi!
Uomo- Chi sei?
Io- Chiamami Black Heart!
Detto questo mi avventai su di lui, ero troppo veloce, non mi vide nemmeno, lo presi da dietro e lo tenni fermo, lui appena si rese conto della mia posizione e della sua provò a dimenarsi ma lo tenni fermò, cercò di urlare ma lo misi a tacere coprendo con la mano la sua bocca tremante e sudata:
Io- Ciò non toglie che io voglia divertirmi!
Aprii le ali in modo da attutire l’urlo che sapevo sarebbe arrivato, ci coprii entrambi in una specie di scudo e poi con una mossa veloce gli strappai la lingua, sentii l’urlo nascergli da dentro ma lo bloccai con la mano e le ali, quando si interruppe buttai la lingua a terra insieme a lui, stava tremando e il sudore sulla fronte era gelido, gli occhi erano spalancati e il terrore che mi emanava era talmente gratificante da farmi quasi sentire bene, lo guardai e poi mentre strisciava a terra mi sedetti sopra la sua schiena e mi appoggiai con la mano al suo gomito, lui non riusciva a vedermi, io quasi sembravo un angelo vendicatore:
Io- Sai ti ringrazio per esserti prestato alla mia tortura! Mi sembra quasi di rinascere!
Detto questo feci pressione sulla mano che era appoggiata al suo gomito e questo andò in mille pezzi, questa volta l’urlo echeggiò in tutta la stanza, sentii i passi affrettati fuori dei condomini preoccupati, decisi che era arrivato il momento del colpo di grazia, mi misi in piedi e con un calcio abbastanza forte gli spezzai la spina dorsale con un sonoro crack il suo viso cadde inerme sul pavimento, io lo guardai per l’ultima volta e volai via mentre i condomini entravano e vedevano l’ombra della mia scia.
Arrivai a casa e mi sedetti stremata, il terrore dell’uomo mi aveva riempito lo stomaco e avevo bisogno di sedermi, mi trasformai immediatamente e mi sdraiai sul divano, mi sentivo strana, la sensazione di poco prima, quelle sensazioni di benessere e vittoria non le sentivo più, ero di nuovo lì a crogiolarmi su quello che avevo fatto solo che adesso vedevo gli avvenimenti di poco prima come se fossero sbagliati, come se quell’uomo anche se chiedeva la morte non meritava di morire.
Capii subito il mio tormento, stavo cambiando ma non volevo cambiare perché io ero quella che ero, io ero un demone e non avrei mai provato compassione e pietà per quell’uomo, io disprezzavo quei sentimenti, io provavo gioia per il suo dolore, mi rifiutavo di provare pietà, il giorno venne presto e tanto per fare qualcosa dato che era arrivato il weekend accesi la tv, come sospettavo c’era un esclusiva del notiziario, c’era una giornalista dentro l’appartamento dell’uomo che avevo ucciso.
Il mio campanello suonò e feci entrare la persona che aveva suonato senza neanche chiedere chi fosse, lasciai la porta aperta per farlo entrare, la giornalista dopo l’ok dello studio parlò:
Giornalista- Inspiegabile la morte di quest’uomo, Charlie Jones è stato trovato morto questa notte dai condomini che dicono di averlo sentito urlare durante la notte e di aver forzato la porta ma sentiamo la testimonianza di una di loro, dicci Darcy cosa è successo questa notte?
Darcy- Erano più o meno le due di notte quando ho sentito la finestra del piano di sotto rompersi, ero uscita subito e ho avvertito il mio vicino di casa, siamo scesi a chiamare anche altri condomini, non sapevamo cosa stesse accadendo nella stanza, poi abbiamo sentito un urlo orribile e abbiamo cercato di forzare la porta, quando ci siamo riusciti ormai era troppo tardi……Sigh!
La donna scoppiò in lacrime e venne fatta portare via da un operatore, la giornalista guardava preoccupata la scena e poi riprese il microfono e parlò di nuovo:
Giornalista- Un fatto inspiegabile ripeto, l’uomo è stato trovato mutilato della lingua e con il gomito e la spina dorsale rotta, a quanto pare c’è un nuovo maniaco in città, ma la cosa più sorprendente è la descrizione della fugace visione dell’aggressore, a quanto pare aveva grandi ali nere e i capelli rossi come il fuoco, questa è l’unica cosa che sappiamo dell’aggressore che sembra sia una donna, attendiamo aggiornamenti per adesso la linea allo studio!
Spensi la tv e sorrisi compiaciuta, sentii i passi che prima si erano fermati alla porta avvicinarsi a me:
Michael- Che cosa orribile!
Io- Caspita!
Mi alzai e mi girai verso di lui, appena lo vidi sentii una specie di calore forse pervadermi il corpo, sentii di nuovo quella sensazione strana che non capivo e all’improvviso capii di essere vulnerabile, lui mi si avvicinò e mi prese il volto con una mano, appena quella toccò il mio viso sentii le scariche elettriche pervadermi ogni millimetro del mio corpo, mai in 500 anni mi ero sentita così, nemmeno quando uccisi quelle donne nel 1667, nemmeno quella stessa notte quando avevo ucciso quell’uomo.
Lui mi guardò e sorrise e io feci la cosa più inspiegabile che avessi mai fatto, sorrisi, ma non era un semplice sorriso il mio, era colmo di calore che fuoriusciva  da tutti i pori del mio essere, lui avvicinò le labbra alle mie e con estrema delicatezza mi baciò, io non fui altrettanto delicata, spinsi forte facendo ampio uso del muro., volevo sentirlo mio per sempre, non sapevo quello che provavo in quel momento se non che mi sentivo strana.
Lui non era insicuro su quello che provava come me, sentivo che lui mi voleva e non capivo quello che sentivo provenire da lui, io ero insicura, non capivo i miei sentimenti perché non li avevo mai provati, non capivo la natura di quello che sentivo crescere in me, volevo capirlo ma non ci riuscivo, avevo trovato la mia falla, avevo trovato quella sensazione che noi demoni, che noi creatura del male non avevamo mai provato.
Mi staccai a malincuore da lui, Michael mi sorrise e io sorrisi a lui, ormai era palese io sentivo quella strana sensazione per lui e lui provava la stessa cosa per me, lui con una mano mi incominciò ad accarezzare la guancia, sentivo strane scosse elettriche arrivarmi fino al quell’organo avvizzito al centro del mio petto, quell’organo che io non usavo e a cui non sapevo dare un nome, sapevo che legato a quell’organo c’erano le mie risposte ma non riuscivo a pensare con la sua leggera mano che accarezzava con dolcezza la mia guancia e il cui tocco arrivava fino alle mie ossa.
Michael- Allora possiamo smettere di giocare?
Io- Non ho mai iniziato!
Michael- Ma io si!
Io- Non mi importa!
Michael- Hai sentito la terribile notizia al telegiornale?
Io- Si!
In quel momento, quando le sue parole uscirono dalle sue labbra rosee tornai alla mia realtà, quella che solo lui sapeva farmi dimenticare, mi sedetti appesantita sul divano, lui mi guardò un momento e poi si sedette di fianco a me, mi guardò stranamente e poi parlò ma avrei preferito che non lo avesse fatto:
Michael- Che hai?
Io- Niente!
Michael- Non sembra, ti prego parlami e dimmi cosa ti affligge!
Io- Non potrei spiegartelo!
Michael- Mi sottovaluti!
Io- No! Io conosco la reazione della gente alla mia storia se si può chiamarla così!
Michael- Ok! Allora mi spieghi perché non mangi?
Io- Non ho fame!
Michael- Mai?
Io- Mai!
Michael- E sete?
Io- La mia sete è diversa dalla tua così come la mia fame!
Michael- In che senso?
Io- Te l’ho detto non posso spiegarti!
Michael- Ma perché? Credi che sono uno stupido?
Io- No ma non credo che tu possa capire perché non è……
Michael- Va bene allora facciamo che finché non mi dirai cosa nascondi non mi vedrai mai più!
Lo guardai in viso con aria risoluta e lui se ne andò, in quel momento non sapevo che ciò mi avrebbe spinto a quello che farò tra poco tempo, lui non mi parlò più e io non lo cercai per due giorni, restai in disparte per due giorni abbondanti, ogni momento, ogni secondo che passavo lontano da lui  la mia anima si logorava, sentivo il dolore pervadermi e buttarmi a terra, non mangiai per tutti i due giorni e rinnegai la mia fame in un angolo del mio cervello, non volevo far star male nessuno e finalmente capii quello che non riuscivo a capire.
Amore. Quella era la mia risposta, io amavo Michael e l’amore che provavo per lui mi aveva fatto amare la vita, cosa che prima non facevo, amavo il mondo che mi circondava, ma quando sai che la morte e l’omicidio sono sbagliati come potevo io tornare a creare sofferenza o a uccidere per sentire la mia gioia nel farlo, sapevo di non essere più un demone normale e ciò significava una sola cosa, stavo cambiando e a quanto pareva il cambiamento era permanente e indissolubile, ora capivo perché i demoni e le creature del così detto male non conoscevano l’amore, perché se lo avessero conosciuto non sarebbero più stati capaci di uccidere, di creare discordia tra la gente per nutrirsi, soprattutto io, perché le altre creature del male potevano innamorarsi sotto un certo punto di vista, io no.
Presi carta e penna, avevo bisogno di scrivere la mia ultima lettera a Michael, lui non mi avrebbe più parlato e io decisi che la maniera migliore era quella di scrivere tutto, non avrei sopportato le sue suppliche per dissuadermi a fare ciò che ora sto facendo, non avrei sopportato il suo viso colmo di lacrime, io avevo deciso la mia morte e adesso sono pronta a uccidermi per il bene dell’umanità e soprattutto per il bene di Michael, lui mi avrebbe odiato appena avrebbe saputo ciò che avevo fatto.
Scrissi velocemente tra le mie prime lacrime, mai nella mia vita avevo pianto e adesso ero lì, mi ero spinta fino a quel punto, Michael mi aveva cambiato fino ai meandri del mio essere, non potevo considerarmi un demone o una creatura del male perché provavo amore e compassione, non potevo considerarmi umana per le mie facoltà e perché la morte altrui mi donava ancora un briciolo di piacere, ero una mezza via tra due mondi contrastanti, non ero nulla e sarei morta come tale, la lettera venne abbastanza lunga e macchiata delle mie stesse lacrime.
Mandai un messaggio veloce a Michael e chiamai Chaz al cellulare, dovevo dare il mio potere a qualcuno e lui era perfetto, gli dissi di correre da me e lui venne subito, sentii i suoi passi veloci attraversare la hall e poi salire le scale, sentii il suo respiro riempire  il pianerottolo e poi il rumore assordante per le mie orecchie del campanello, aprii, non seppi perché fece quella faccia, forse perché aveva visto la mia o forse perché provava pietà per una che tornava praticamente disperatamente da lui, appena lo feci accomodare mandai il messaggio a Michael –“ Mi dispiace che abbiamo litigato ma devi venire a casa mia assolutissimamente, è un affare di vita o di morte”-
Chaz- Perché mi hai chiamato?
Io- Per questo!
Presi la lettera e la misi ben in vista sul pavimento davanti alla porta, Chaz mi guardava strano ma seguiva apparentemente indifferente ogni mio movimento, tornai davanti a lui e con tutta la forza che avevo raccolsi il mio enorme potere in una mano, Chaz mi guardava allibito, io sbiascicai alcune parole “ non dirlo a nessuno” sperando che lui le avesse capite, mandai il mio potere verso di lui e questo gli entrò nel corpo creando dei leggeri urli attutiti dalle pareti appositamente insonorizzate del mio appartamento, io caddi a terra stremata di ogni forza.
Sentii la mia anima sbriciolarsi sotto il tremendo peso della mia vita, gli urli assordanti di Chaz mi fecero capire che ce l’avevo fatta, sentii il mio corpo inerme toccare il freddo pavimento e poi come arti fantasma che provavano a muoversi con movimenti convulsi cercando una via di fuga da quel dolore insopportabile, non seppi perché avevo scelto Chaz ma era l’unica persona che mi era venuta in mente, il mio essere, la mia anima, la mia mente ogni cosa in me urlava un dolore atroce che non avrebbe mai provato nessuno se non forse Chaz.
Gli occhi vedevano male e poi sempre peggio fino ad incontrare la mia notte tanto amata solo che adesso era eterna e indissolubile, sentivo il peso opprimente di essa colpirmi in ogni parte come se mi stesse prendendo in braccio per cullarmi fino alla morte definitiva, il mio cuore ormai era impazzito e gli urli di Chaz si erano trasformati in grotteschi suoni gutturali appena accennati, il mio cuore era l’unico rumore e poi il tremendo slancio finale, l’ultimo battito sordo e la notte mi portò a se.
 
 
 
 
Camminai tranquillamente sul pianerottolo, non capivo il perché del messaggio ma mi aveva insospettito parecchio, non era da Evangelin chiedere aiuto, bussai alla porta ma non mi rispose nessuno, all’interno nessun rumore faceva supporre che ci fosse qualcuno, poi sentii la finestra infrangersi in mille pezzi e un battito d’ali feroce uscire, provai ad aprire la porta e questa s aprì come niente.
Non misi immediatamente a fuoco la scena, guardai immediatamente la finestra in frantumi totalmente vuota, poi posai gli occhi meccanicamente sul pavimento per controllare che non ci fossero vetri e al posto di quelli trovai due fogli stropicciati e impiastricciati di lacrime recenti, li presi in mano e lessi il contenuto:
“ Michael io non so come spiegarti questa cosa, io non sono ciò che sembro, so che ti sarà difficile credere a queste parole ma ti prego prova a capirmi e prova a leggere questa storia per quanto surreale sia.
Io ho circa cinquecento anni, circa all’inizi del ‘500 avevo diciassette anni e vivevo in un piccolo paesino dell’Inghilterra, non mi lamentavo, ero bella e secondo mia madre prolifica, due qualità essenziali per il tempo.
Ero stata promessa in sposa ad un uomo molto più vecchio e molto più ricco che voleva una donna al suo fianco, un giorno qualunque qualche tempo prima del matrimonio un uomo bellissimo e al tempo stesso tremendamente trasandato venne da me chiedendo aiuto.
Io ero buona a quel tempo e lo accudii a casa mia per due giorni, lui però non collaborava, non mangiava e non beveva, ogni volta che provavo a dargli da bere sputava così come il cibo, però stava morendo di fame, lo vedevo, aveva le guancie così ossute e la pelle sembrava un leggero velo di polvere posato sulle ossa.
Non sapevo cosa fare ma lui non voleva niente, venne verso di me alzandosi dal letto un giorno e mi disse:
- Carissima tu hai provato ad accudirmi e io ti sto ripagando con un regalo mostruoso che spero al più presto darai a qualcun altro-
- Di cosa parlate signore?-
- Tu diventerai il diavolo come lo sono io adesso, ti donerò ogni mio potere così sarai la creatura più potente al mondo-
- Voi state scherzando, state delirando, chiamo un dottore-
- No! Fermatevi-
In quel momento sentii delle catene invisibili trattenermi, guardai attorno ma nella stanza c’eravamo solo io e lui, tornai a fissarlo, in quel momento sentivo di credergli e stranamente ero totalmente indifferente alla situazione, come se considerassi quell’uomo un vecchio pazzo alla fine della sua vita:
- Ricorda queste parole! Il mio dono è una maledizione, ogni azione che compirai diventerà per te un pugnale nell’anima che quando donerai a qualcun altro ti trafiggerà e ti ucciderà, più ne compirai e più la trasformazione da demone a umana sarà dolorosa-
Non avevo scelta, lui aveva deciso di darmi il suo dono e io non avevo la forza di contraddirlo, annuii inconsapevolmente e lui mi prese la mano dove concentrò il suo potere, appena questo uscì entrò subito nel mio corpo e io mi accasciai a terra tra le sue urla e le mie.
È il mio unico ricordo da umana, non ricordo il mio nome, la mia famiglia, il nome dell’uomo che dovevo sposare, il nome del mio paese, niente della mia vita prima di quel momento mi è noto.
Dopo quel giorno diventai ciò che adesso sono, un demone che non conosce l’amore, io vivo grazie alla malvagità, mi nutro della negatività delle persone e molto spesso la creo.
So che ora mi starai giudicando e non te ne faccio una colpa anzi ne hai tutti i diritti ma ti prego di mantenere il mio segreto perché se la gente lo venisse a sapere il mio futuro Black Heart sarebbe condannato a una vita orribile.
So che ti starai chiedendo perché ti sto dicendo questo, ho deciso di donare i miei poteri a qualcun altro perché adesso che ho conosciuto l’amore non posso vivere a scapito degli altri creando solo devastazione.
Grazie a te ora posso dire di essere felice, ho vissuto quasi mezzo millennio cercando di essere felice compiendo aimè azioni poco lusinghiere, non starò a chiedere perdono per ciò che un tempo reputavo giusto, so che questo può sembrare meschino ma la mia mentalità da demone non può cambiare, ho vissuto troppo tempo con quelle sembianze per parlare in altro modo.
Io ti chiedo perdono per averti mentito, per averti nascosto la mia vera natura ma l’ho fatto per puro egoismo e forse per proteggerti, ora che sai la verità devo dirti che molto probabilmente non mi rivedrai mai più, come disse quell’uomo tanti anni fa le azioni che compirai nella tua vita ti renderanno difficoltoso il passaggio da demone a umana.
So che morirò, cinquecento anni di malvagità uccidono l’anima e io sono sicura che la mia è nera, le mie azioni mi uccideranno per questo voglio dirti che tu mi hai fatto conoscere l’amore, ora so cosa mi fai provare e ti dirò una cosa, è la prima volta che lo dico in 5oo anni.
Ti amo Michael e ti amerò per sempre.”
Rilessi quella lettera due, tre forse quattro volte prima di capirne il contenuto, non sapevo cosa pensare se non che per quanto Evangelin dicesse io non la giudicavo, sapevo che era buona, finalmente ebbi il coraggio di guardare il resto della stanza, sdraiata in una posizione contorta e inusuale c’era Evangelin, ma non era lei, bè si ovvio che era lei ma non sembrava lei.
I capelli rossi come il fuoco erano scoloriti e adesso sembrava più un cupo bordeaux, gli occhi arancioni e vispi erano spalancati a guardare l’unico quadro della stanza e avevano perso ogni colore, vitrei e bianchi come la morte che aleggiava su di lei, la pelle non era più candida come un lenzuolo, adesso era pallida come la morte, come un velo invisibile rovinato dal tempo e dalle ossa sottostanti che strofinavano troppo pressanti.
Era morta, il corpo non era più il suo, era orrendamente piegato in una posizione malsana e orribile, mi accasciai accanto a lei e le accarezzai convulsamente il viso, lei non mi guardò, non poteva più farlo, per quei due giorni l’avevo osservata da dietro ma adesso sapevo che la pelle era così malconcia perché non mangiava, non riusciva più a farlo come l’uomo che l’aveva trasformata, si era ridotta così per cambiare e adesso non potevo più dirle che l’amavo.
Cercai di trattenere le lacrime irrefrenabili ma queste uscirono impetuose e doloranti:
Io- Piccola mia io non ti giudico! Ti amo anche io Evangelin!
Mi alzai e lasciai per sempre la mia amata in quel luogo, i vicini accorsero non appena io arrivai in strada, ormai era troppo tardi e la sirena della polizia veniva a prendere un cadavere.
  
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