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Autore: Keyra    22/06/2007    6 recensioni
A volte capita che un ragazzo si innamori davvero.
A volte capita che un ragazzo si innamori davvero di una ragazza.
A volte capita che un ragazzo si innamori davvero di una ragazza malata.
(ULTIMO CAPITOLO)
Genere: Romantico, Triste, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Continuo a ringraziare chi mi dice che scrivo davvero molto bene. E' una lusinga altissima per me ^_^

Grazie a tutte voi che mi seguite con tanta partecipazione.. grazie!
Chissà, Rebecca potrà come non potrà morire...

Questo anche se potrà sembrarvelo, non è assolutamente l'ultimo chap. Quindi, assaporatevelo ancora un po'... !!

Un bacio, Keyra





**************************************





-         Perché suoni la chitarra ogni giorno, tu? Perché ogni giorno, costantemente, ti eserciti? –

 

Mi chiese, quando io le domandai perché non mangiava, e perché, se lo faceva, dopo si rinchiudeva da qualche parte a vomitare.

 

-         Perché mi piace suonare –

-         E ti piace la tua musica? Ti piace, come suoni?

-         ..sì. Abbastanza.

-         Vorresti migliorare.. almeno un po’, no?

-         Sì, ma che cazzo c’entra, Reb?

-         E’ lo stesso motivo per cui faccio quello che mi hai chiesto tu. A me piace la mia musica, ma ogni giorno cerco di migliorarla, capisci?
E ogni giorno mi fa sentire bene, accorgermi che sto perfezionando il mio modo di suonare, e ogni volta voglio fare meglio, sempre di più... sempre di più. Non voglio smettere perché vedo che potrei migliorare fino all’infinito..

                                                            ...e oltre – aggiunse sottovoce.

-         ...

-         ...

-         Reb?

-         Sì?

-         Ti rovini la vita con le tue stesse mani, facendo così.

-         Non mi rovino la vita.

-         E invece sì.

-         Rovino quella delle persone che mi stanno accanto, forse.

-         Anche.

-         ...

-         E a me non ci pensi?

-         Tu non c’entri niente con questa storia.

-         Ma sono una delle persone che ti sta accanto, no?

-         ...

-         ...

-         ...

-         ...

-         Lasciami continuare a suonare questa musica, per favore. E’ l’unica cosa che ti chiedo, l’unica.

-         Non puoi chiedermi una cosa del genere, Reb.

-         Non posso fare diversamente.

-         ...

-         ...

-         ...

-         ...

 

Reb era crollata sul letto, quando le avevo posto la fatidica domanda le ginocchia le erano cedute.

Aveva addosso solo una camicia da notte bianca e corta. In realtà era una mia camicia, una delle mie preferite, ma ormai la usava lei come pigiama.

Io ero accanto a lei, già sotto le lenzuola. L’avevo aspettata mentre si struccava e si faceva una doccia.

L’avevo aspettata con il cuore a palla, frenetico, impaziente.

Palpitava furiosamente, come se volesse uscire dal petto di questo ragazzo confuso e ingenuo, innamoratosi di un’anoressica.

Avevo sempre sentito parlare di quelle ragazze, ma mai avrei pensato di trovarmene una accanto. E invece, ora, era proprio la ragazza che amavo.

Non riuscivo ancora - forse ero troppo giovane, troppo poco informato e per niente “esperto”, per niente ancora provato da quella situazione – a capire perché lo facesse, come ne era capace, come poteva rovinarsi così la vita, da sola.

E anche dopo averglielo chiesto, i miei dubbi non cambiarono. Dubbi che erano comunque certezze: io non capivo come cazzo facesse, era una malata, era pazza.

 

-         Non soffri?

-         ...

-         ...

-         Un po’.

-         Non vorresti essere una ragazza come tutte le altre? Perché devi complicarti la vita?

-         Perché tante persone l’hanno complicata a me. Se arrivi al punto di fare una cosa, non la fai perché ti va di farla e basta. A me non va di farla, ma ormai ci ho fatto l’abitudine e quindi lo faccio.

-         ...

-         ...

-         ...

-         ...

 

Mi misi le mani nei capelli, disperato. Dove mi ero cacciato, dove?

 

-         Ti faccio schifo, vero?

-         Non mi fai schifo.

-         E allora cosa?

-         Non ti capisco.

-         E’ ovvio, è impossibile che tu mi capisca.

-         ...

-         ...

-         Ti ho sempre capita.

-         Sì, è vero, ma nessuno può capire un’anoressica, se non lo è stato, o lo è.

-         Cosa faremo ora?

-         ...

-         ...

-         In che senso?

-         Non so come .. come comportarmi.

-         Normale. Sono anoressica, non ho la lebbra.

-         Normale?

-         Normale.

 

Io non so come ci riuscì, ma in quel momento lei sorrise. Proprio così. – Normale – . E sorrise.

Sorrise, capite?
E poi mi chiedevo come facevo ad amarla così tanto. In quel momento – proprio quando sorrise – mi accorsi che l’amavo cento volte più di prima.

Ci coricammo a letto e l’abbracciai. Le presi la mano e prima di addormentarci, proprio un secondo prima, le sussurrai

-         Sei bellissima così, come sei tu –

-         ... grazie –

Non potevo vederla in faccia, perché mi dava le spalle e aveva il viso rivolto verso la finestra. Le piaceva addormentarsi così. Ma ugualmente la sentii sorridere. Sentii il suo sorriso.

Strinsi più forte la sua mano. Lei la strinse più forte a me.

-         Buonanotte – sussurrò piano, e poi mi diede un bacio sulle dita.

-         Buonanotte –

-         ...

-         ...

-         ...

-         ...

-         ...

-         Reb?

-         Sì?

-         Ti voglio bene.

-         ...

-         ...

-         Ah sì?

-         Sì.

-         Anch’io te ne voglio, e tanto.

-         Ah sì?

-         Sì.

-         Buonanotte, Reb.

-         Buonanotte.

 

 

 

 

 

 

 

Quello è l’ultimo ricordo che ho di Reb “triste”.

Tutti gli altri, risalenti ai giorni prima come a quelli seguenti, furono di una Reb allegra, solare, vivace, intelligente, interessante, curiosa, schizzata, imprevedibile, lunatica.. Mille aggettivi, ma tra questi non c’era mai triste.

 

Quegli ultimi venti giorni che ci restavano li vivemmo così, come aveva detto lei, normali.

Non sembrava fosse successo nulla.

Solo una cosa era cambiata: eravamo ancora più complici di prima. E ce n’era un’altra, che avrei voluto gridare al mondo intero, ma continuavo a sussurrare solo a lei, solamente a lei, ogni tanto, nelle notti in cui dormivamo insieme, in quelle notti pazze, quelle notti così ingenue e innocenti, quelle notti, le nostre notti: io l’amavo ancora più di prima, l’amavo pazzamente, alla follia. L’amavo fino all’infinito

                                                                                                          .. e oltre.

 

 

 

 

 

  
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