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Autore: LADY ROSIEL    05/12/2012    2 recensioni
「Solo una piccola distrazione di qualche secondo per riuscire a frantumare un'esistenza intera」
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La luce brilla rischiarando quelle nuvole malinconiche e gli alberi imponenti perdono i colori, come se si stessero nascondendo. Proprio come me che, giorno dopo giorno, allontano qualunque cosa s’incateni alla speranza. Ormai non ho più la forza per poter ancora sognare ad occhi aperti.
La Luna di quella notte è svanita come un’illusione complice di un destino sciagurato, sei diventato da solo una stella.
Fragili come i fiori.
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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La fortuna è instabile; presto chiede indietro ciò che ha dato.

DESTINO TIRANNO

 

Lo scalpitante tintinnio delle unghie che continuano a tamburellare contro il tavolo, il nervosismo che inesorabilmente s’impossessa delle mie gambe, facendole tremare a ogni sussurro del vento. Lo sguardo vacuo, puntato verso quella finestra aperta, da dove giunge quel tiepido calore emanato dai raggi del Sole. Gli occhi arrossati, gonfi di lacrime e quell’espressione d’incredulità dipinta sul volto. Non riesco ancora a crederci. E’ impossibile.
La luce brilla rischiarando quelle nuvole malinconiche e gli alberi imponenti perdono i colori, come se si stessero nascondendo. Proprio come me che, giorno dopo giorno, allontano qualunque cosa s’incateni alla speranza. Ormai non ho più la forza per poter ancora sognare ad occhi aperti.
Sospiro rassegnata.
Lo sai, il tuo sorriso è smagliante e nei miei ricordi è sin troppo dolce.
Il suono della tua voce arrochita echeggia nell’aggrovigliato dedalo del mio cuore.
Mi avevi sussurrato «Ci vediamo domani, buonanotte» mentre le tue labbra si dilatavano in un raggiante sorriso che con le sue sole forze riusciva a donare serenità.  
Un gesto veloce con la mano e la tua figura che lentamente scompariva dal mio campo visivo.
La Luna di quella notte è svanita come un’illusione e ogni emozione che mi hai concesso è solo un vago ricordo lontano. Persino il calore e il sentimento di quell’abbraccio e il contatto leggero fra le nostre labbra appartiene al passato.
La rabbia e il dispiacere mi assalgono mozzandomi il respiro, non credevo neppure di essere così debole, sto per iniziare a piangere, di nuovo.

Ero così serena quella notte, così tanto da lasciarmi trasportare lontano con la fantasia e canticchiare quella melodia romantica che tanto amavi. Ignara del dolore che avrei dovuto sopportare.
E anche quella mattina il Sole brillava alto nel cielo, come se desiderasse burlarsi dei miei sentimenti, regalandomi quella speranza lacerata che rinvigoriva il mio spirito.
Il trillo del cellulare, rompendo il silenzio, m’indicava l’arrivo di un tuo messaggio:
«Buongiorno Amore, dormito bene? Spero tu mi abbia sognato. Più tardi ti chiamo io. Un bacio.»
Un messaggio gentile, pieno di calore, proprio come eri tu. E a quelle parole sorrisi ancora una volta, come ogni volta che ricevevo un tuo messaggio. Me ne ero accorta da tempo, per me non era importante il contenuto, ma il semplice fatto di avermi pensata.
Quello era amore, ed io ero innamorata.

Ripresi in mano quel filo trasparente che stringevo saldamente, che altri non era che la mia vita, e mi tuffai a capofitto nella mia routine mattutina. Sorseggiai una tazza di caffellatte, incrociai lo sguardo di altre persone e dispensai sorrisi in giro per la città, incurante della perfidia di cui ero stata vittima. Nella mente, un tormentato flashback di immagini astratte ripercorreva quel sogno vagamente triste e desolante dal quale mi ero svegliata quella mattina con un enigmatico presentimento d’inquietudine. Un sogno come tanti altri, al quale non avevo dato sufficientemente peso una volta alzata dal letto. E quando il cellulare prese a squillare con vigore, segregando lontano i miei pensieri, risposi estasiata, convinta di poter finalmente sentire il suono armonico della tua voce. In pochi attimi però, realizzai che quella voce che mi poneva domande non era la tua, e per quanto scioccante non era nemmeno una voce famigliare. Di lì a poco il presentimento è divenuto realtà, solcando nel mio cuore una cicatrice indelebile.
Ancora oggi non riesco a ricordare bene quanto è accaduto.
L’apprensione che avanzava pericolosamente, il respiro stroncato ancora prima di riuscire a parlare, mentre il cuore affannosamente batteva a ritmi furiosi.
«Non ce l’ha fatta. E’ morto nello schianto.» quella voce cupa, piena di rammarico e vagamente adirata è tutto ciò che ricordo. E a quelle parole le gambe, inevitabilmente, cedettero schiacciate dal peso del mio corpo che franava rovinosamente a terra per il colpo inflittogli.

Come è possibile?
Perché proprio a te? Perché a noi?

In quella mattina di metà Settembre, complice di un destino sciagurato, sei diventato da solo una stella. Mi hai lasciata nel peggiore dei modi, abbandonata nella solitudine, stretta nella morsa di un dolore così intenso e logorante che mi uccide lentamente ad ogni respiro.

Perché te ne sei andato?
Perché non mi hai portato con te?
Non era abbastanza forte il nostro amore per poterlo vivere di giorno in giorno?

Solo frasi sconnesse, senza logica alcuna, s’istoriano nella mia mente ancora schiava del tuo nome, della tua voce, del tuo corpo…
Sei scomparso all’improvviso verso un luogo in cui non potremo mai più incontrarci ed io, imprigionata in questo corpo dolorante, non riesco ad accettare la freddezza di un addio eterno.
Il gelo penetra nelle mie ossa frantumandole una ad una, e non è solo la mia pelle a rabbrividire, lo è anche il mio cuore e con esso la mia mente.
Una sensazione sgradevole, che ti divora un poco per volta.
Gocce di pioggia scivolano sul mio volto per poi ricadere a terra in un ciclo continuo.
Stringo spasmodicamente un fazzoletto fra le mani nel mentre osservo il tuo volto sorridente in una fotografia. Chissà quanto dolore hai percepito quando l’automobile si è accartocciata su se stessa, soffocandoti,  le lamiere hanno squarciato il tuo corpo, dilaniando la tua carne.


Amore mio, posso solo immaginare, ma anche questo non è abbastanza.


E’ tutta colpa mia. Forse, implicitamente è davvero tutta colpa mia. Se non ti fossi sentito obbligato a chiamarmi anche quando eri alla guida, probabilmente, non ti saresti mai distratto per leggere il display del cellulare. E forse in questo momento saresti ancora qui accanto a me.
Mi sento così male da non riuscire neppure a camminare.
E’ bastata una piccola distrazione di appena qualche secondo per frantumare la tua esistenza, così bella e gioviale da sembrare impossibile da scalfire, eppure così dannatamente fragile, proprio come quella di un fiore.
Le mani tremanti portano alla bocca un bicchiere e sorseggiando a fatica, m’impongo di farmi forza, ma la poca convinzione di un cuore straziato porta soltanto un dolore maggiore.
Persino pensare è diventato complicato.

Ogni cosa, ogni odore, ogni sapore mi ricorda solo e soltanto te. La tua gioia, la tua ira, le tue buffe espressioni imbarazzate e quelle vagamente annoiate, quando ti costringevo a seguirmi a fare shopping…
Il profumo della tua pelle e quello del tuo dopobarba, e persino l’odore del tuo sudore…

Vorrei avere la forza necessaria per alzarmi e andare avanti, ma tutto quello che desidero sono le tue braccia che con decisione mi stringono a sé e le tue labbra che mi sussurrano piano “presto passerà tutto”.
Solo una stupida illusione.
Questo male è incurabile, proprio come lo sono le ferite dell’anima e a nulla servono antisettico e cerotti, se non ad alleviare per qualche istante quel dolore.
La tristezza senza fine chiude definitivamente il sipario e la rabbia continua a crescere, alimentata da sentimenti friabili e autolesionistici.

Se alzassi lo sguardo verso il cielo, le mie parole ti raggiungerebbero?

Ora dopo ora, giorno dopo giorno, ho realizzato la freddezza di un addio tanto da odiarla.
Non dimenticherò mai quel giorno di metà Settembre, quando ogni certezza che possedevo è crollata come un castello di carta sospinto dal vento.
Mi sento così debole ed inutile.
Striscio a terra dilaniata e sconfitta. E a poco a poco, sento germogliare ortiche fameliche nelle viscere del mio cuore, che allontanano sempre più quel fievole desiderio alla vita che mi è rimasto.
 
Addio, te ne sei andato per davvero, e ciò che posso fare per sentirmi meno sola è soltanto scorgere il tuo volto dietro a quella cornice d’argento.
Quando il vento cambierà riuscirò a dimenticarti?
Probabilmente un giorno anche la tua figura diverrà vanescente, ma prima che questo accada, ti prego svegliami da questo incubo, dimmi che tutto questo è soltanto la continuazione di un sogno effimero…

Dimmelo, ti prego!

   
 
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