Neve… tanta neve, gelida, soffice, bianca.. cosi tanto da sembrare illuminata.
Fuori dalla finestra era questo il paesaggio, cosi fu il risveglio della mia vigilia di natale.
Il profumo del caffelatte, i rumori mattutini in cucina, sembrava una delle tante giornate in cui mia madre è intenta a preparare la colazione per tutti prima di uscire e perderci per la città ognuno coi suoi affari, con la sua vita.
Indossavo la mia vestaglia a fiori di ciniglia, scendevo piano le scale rivestite di moquette panna e tutto in casa, sotto la luce aveva un riflesso quasi magico.
Il natale in casa Hale era sempre ricco di addobbi, cibi curati, abbondanti e dolci… tanti tantissimi dolci fatti in casa. Mentre mi avvicinavo alla cucina, immaginavo mia madre con le mani nell'impasto di qualche crostata o intenta a fondere il cioccolato.
"Buongiorno Beth! Felice vigilia tesoro!"
Sorrisi, certa di quelle parole, dell'abbraccio accennato a causa delle mani sporche, di quei profumi e delle attenzioni di mia madre.
Ecco come era il buongiorno in casa mia la vigilia di natale.
La colazione era stata abbondante e gustosa, come ogni giorno da quando ricordassi di aver mangiato un muffin o un pancake. Mi sentivo felice e potevo davvero esserlo. La mia famiglia era serena, tranquilla. Come diceva mio padre ogni sera nella preghiera prima di cena "Ringraziamo Dio per questa Famiglia sana e felice. Grazie per la tua benedizione."
Di ritorno in camera mia dopo una rilassante doccia calda, stavo infilando il pullover di lana azzurro che tanto adoravo. Ci avrei abbinato la mia sciarpa rossa coi ponpon bianchi cosi come facevo a Natale. Mi guardai allo specchio mentre legavo i capelli in una coda e sistemavo gli ultimi ciuffetti ribelli quando mio padre busso sulla porta aperta della mia camera.
"Buona vigilia di Natale principessa..."
Sorrisi guardando il riflesso allo specchio, gli feci segno di entrare con la mano e lo abbracciai.
"Buona vigilia a te papà, quando capirai che non sono più una bambina?"
"Perchè le figlie non possono essere principesse anche da grandi?"
"Per te sono grande papà?!"
"ahahahha Credo che non lo sarai mai abbastanza tesoro... almeno non fin quando ti vedrò con la sciarpetta da babbo natale la vigilia! Ma rimani comunque la mia principessa"
Le sue dita sul mio naso, il sorriso di mio padre e il suo modo di trattarmi. Tutto era perfetto, tutto era come doveva essere.
Anche Brenda, il nostro labrador color miele arrivò per i saluti mattutini, scodinzolando e infilando il muso tra me e mio padre.
"Buona vigilia anche a te Brenda"
La salutai con carezze e baci mentre papà tornava sulla porta.
"Beth hai deciso cosa comprare a Nonna Liz? Hai detto che ci avresti pensato... Una settimana fa..."
"Cavoli!"
Mio padre sospirò scuotendo il capo in un sorriso.
"Ne ero certo. Le chiavi della macchina sono all'entrata, c'è il pieno e le catene da neve sono montate. Il centro commerciale sarà aperto fino alle 13. Metti il berretto tesoro, fuori si gela."
La solita smemorata, avevo rimandato l'acquisto del regalo per la mia amata nonnina e ora mi ritrovavo in auto, in mezzo alla neve, la vigilia di natale intenta ad andare a comprare una delle prime cose che mi fossero capitate sotto mano.
"Maglioncino? Oppure un set di tazze? Nonna adora il thè..."
"Beth, nonna adorerà tutto ciò che le regalerai. Anche se fosse un robot giocattolo!"
"Non sei d'aiuto Cristopher! Andiamo! Un piccolo suggerimento?"
"Prendile della lana, sarà felice di farti una bella sciarpa!"
"Ho capito! Mi stai prendendo in giro come al solito! Ci vediamo a cena stasera e vedi di non fare tardi come al solito! E metti il vestito buono che mamma ci tiene!"
"Come ordina la mia sorellina! Ah Beth... non prendere il rosso... Non ti dona!"
Una risata risuonò dal vivavoce prima che mio fratello richiudesse la chiamata. Che stupido che era, mi prendeva sempre in giro ma lo amavo alla follia, soprattutto da quando aveva lasciato Carouge per vivere a Ginevra dove aveva trovato un ottimo lavoro come architetto.
Sbuffai mentre guidavo, le mani tamburellavano sul volante mentre una canzoncina natalizia usciva dalla radio. Dondolavo il capo a ritmo, canticchiavo anche io le note di Jingle Bell rock quando una luce accecante interruppe la musica, il cammino e tutto ciò che fino a quel momento avevo vissuto.
Il vialetto di casa era grigio, l'erba incolta, alcune pietre erano solitarie sopra lo zerbino dell'ingresso principale. Nuvole sparse e un vento gelido. Sembrava tutto cosi poco curato, come abbandonato li fuori. Lo fissai confusa per qualche secondo mentre raggiungevo la porta sul retro, nessun rumore proveniva dalla casa, Brenda non abbaiava, non c'erano ne profumi ne suoni. Entrai nella cucina, il tavolo era pieno di sacchetti mezzi svuotati, cartacce, bicchieri vuoti. Anche il lavello traboccava di piatti sporchi, alcune goccioline cadevano inesorabili all'interno con un tonfo. Mi sentii come in un'altra vita, quella non poteva essere casa mia. Incurata, silenziosa.. Mi tolsi il berretto piano e mi avvicinai alla porta che dava sulla sala da pranzo. La prima cosa che vidi fu la tv accesa, il volume assente. L'unico movimento, vecchi cartoni animati in bianco e nero.
"Mamma??"
dissi a voce alta.
"Papà?"
Niente. Silenzio.
Sciolsi il nodo della sciarpa mentre mi avvicinavo confusa e cauta al divano, sopra diverse giacche sgualcite, camice usate, alcune coperte, sacchetti di patatine mezzi vuoti rovesciati sul pavimento e sul tavolino di vetro.
Guardai lo squallore di quelle cose abbandonate e scossi il capo.
"Che diavolo è successo qui!"
Esclamai e mi precipitai su per le scale chiamando ancora i miei...
"Papà! Mamma! Ehy! C'è nessuno???"
Nulla...
La porta della camera al piano di sopra era semi aperta. Mi avvicinai, dentro una penombra irreale, quasi macabra. Aprii piano la porta non oltrepassando la soglia. All'interno era tutto in disordine, cassetti semi aperti, vestiti sparsi sul pavimento, letto disfatto e la minima presenza umana.
La casa sembrava vuota ma ero uscita solo qualche ora prima e non mi spiegavo un cambiamento così radicale. Mi avvicinai alla mia camera e aprii la porta.
Stranamente era tutto in ordine li dentro, il letto rifatto, i cassetti chiusi e il pavimento libero da qualsiasi oggetto.
Mi sedetti sul letto, cercando di fare chiarezza nella mia mente confusa. Ricordai la mattina, la neve, il risveglio. Ricordai l'abbraccio di mia madre, quello di mio padre e le feste di Brenda. Ricordai il vivavoce in auto con la voce di Cristopher, la sua risata e poi... quella luce accecante. Non ricordavo niente però nè del centro commerciale, nè del regalo di nonna Liz, nè del ritorno a casa.
Misi il viso tra le mani cercando una risposta ma non potevo venirne a capo, forse stavo solo facendo un incubo e presto mi sarei svegliata col profumo della colazione di mamma.
"Ciao Beth"
Una voce calda e sicura mi fece trasalire, alzai il capo di botto, un ragazzo moro, vestito bene e curato, con le mani unite davanti al ventre mi guardava tranquillo sorridendo appena. Mi alzai dal letto di scatto.
"Chi sei tu? Come sai il mio nome? Cosa fai in casa mia?"
La raffica delle domande fu istantanea. Fissai il suo bel completo scuro, la camicia ben stirata e le scarpe lucide. I capelli perfettamente a posto all'indietro, due occhi caldi e luminosi, chiarissimi tanto da potercisi specchiare. La sua voce interruppe la mia analisi.
"Io sono Hariel, sono la tua guida. Vieni con me.... Facciamo due chiacchiere..."
Lo fissai scuotendo il capo, voleva che lo seguissi? Non lo conoscevo nemmeno.
"Guida? Per cosa? Cosa succede qui? Oddio... mi scoppia la testa... "
Le mie mani afferrarono il capo, la confusione troppo estesa nella mia testa mi lasciava come in una fitta nebbia. Mi sedetti nuovamente sul letto, quasi ci caddi sopra, la vista mi si appannava, vedevo tutto sfocato e sbiadito come una vecchia cartolina scolorita. Davanti a me però una mano, ben nitida, colorata e calda. Lo percepivo anche senza toccarla.
"Vieni Beth..."
Il suo invito fu impossibile da rifiutare, tutto quello che avevo intorno sembrava inghiottirmi, tutto tranne quella mano.. L'afferrai e già al tocco sentii sollievo. Lo guardai e mi sorrise.
"Bene, andiamo...."
Mi aiutò ad alzarmi, lo seguii, era tutto cosi assurdo che se fosse stato un sogno sicuramente quel ragazzo era la cosa che mi faceva meno paura in tutto quel caos.
Scesi le scale, la moquette panna che ricordavo era tutta marrone, sporca e infeltrita, coi bordi strappati e sollevati. Mi strinsi alla parete mentre scendevo le scale come se qualcosa potesse risucchiarmi.
"Cosa è successo qui... "
sussurrai guardando nuovamente il salone. Hariel indicò la porta.
"Prendi la sciarpa e il cappello, facciamo due passi..."
Lo guardai senza replicare, se lui ne sapeva di più l'avrei seguito ovunque.
La strada era deserta, il vento freddo ma nessuna traccia di neve. C'era come una nebbia sottile che sfocava tutto il panorama rendendolo quasi irreale. Mi strinsi nel cappotto e, senza accorgermene, anche a Hariel che sfiorai con la spalla.
"Stiamo camminando... Poche ore fa qui c'era la neve, mia madre preparava il pranzo della vigilia e io dovevo comprare un regalo a nonna Liz... "
Stavo nuovamente ripercorrendo gli ultimi ricordi che avevo prima del mio rientro a casa.
"Questi sono i tuoi ultimi ricordi Beth. E' passato un pò di tempo da allora, la neve si è sciolta, è tornata e se ne è andata di nuovo... "
Mi guardò con un sorriso dolce e tranquillo ma io mi fermai immobile in mezzo alla strada.
"Non farò un altro passo se non mi dici che diavolo sta succedendo! Sto sognando?"
Mi sentivo infuriata ed esausta sotto quel freddo pungente e nella confusione che avvertivo dentro l'anima.
Hariel mi guardò e indicò un edificio davanti a noi.
"Arriviamo fin lì mentre comincio a spiegarti?"
La sua voce era cortese, delicata, impossibile da non ascoltare come una dolce e calda melodia.
Annuii e ricominciando a camminare, riconobbi il vecchio Ospedale del paese nell'edificio che aveva indicato. Il gelo che sfiorava la mia pelle mi penetrò dentro fino alle ossa mentre seguivo lo sconosciuto forse troppo tacitamente.
Entrammo.
Nei corridoi non c'era nessuno, strano per un ospedale piccolo e sempre pieno. Ricordai quando avevo avuto bisogno di alcuni punti, a 3 anni caddì dalla bici di Cris e mi tagliai il ginocchio. Ricordavo tante voci e dottori che camminavano nei loro camici bianchi per tutti i corridoi ma, ora, niente.
"Hariel... perchè siamo qui? Dove sono tutti?"
Lo seguivo piano...
"Siamo qui per trovare qualcuno... "
Si fermò davanti a una porta bianca con le maniglie azzurre.
"Prima tu..."
Mi aprì la porta ed entrai, pareti bianche , apparecchiature, medicinali, tubi e aghi. Un grande letto, lenzuola bianche...
Mi avvicinai timorosa. Chi dovevamo visitare?
Guardai davanti a me, tra quelle lenzuola e quei tubi. Mi voltai di scatto terrorizzata.
"Mah! Sono io!"
"Si Beth.... sei tu"
Si avvicinò tranquillamente e mi porse una sedia mentre io non riuscivo a non fissare quel corpo immobile davanti ai miei occhi. Come potevo essere io?
"Siediti... parliamo"
Feci come mi chiese, lui si sedette vicino a me con le mani unite tra loro adagiate coi gomiti sulle ginocchia.
"Questo è il tuo corpo, stai affrontando un viaggio... "
Parlava piano e dolcemente, quasi mi incantava. Lo fissavo.
"Io sono la tua guida ora che, devi scegliere la via..."
Deglutii.
"Co... come... "
Non riuscivo a parlare la bocca era secca.
"Un incidente. La vigilia di Natale. Sono passati 5 anni da allora, sei in coma, la tua famiglia non ti ha lasciato un solo istante da sola. Hanno pregato e vegliato su di te, per te, per la tua anima. Giorno e notte a turni sono rimasti qui. E ora per te è arrivato il momento di scegliere. Io ti aiuterò a farlo."
Mi sorrise.
"Coma? 5 anni?? Dio...."
Era impossibile, come poteva essere vero, come....
Fissai il mio viso inespressivo nel letto proprio davanti a me. Poi guardai Hariel.
"Tu.. hai detto che sei la mia guida... Per cosa? Di che strade parli?"
"Non puoi rimanere qui per sempre, il freddo comincia a farsi sentire... "
Indicò l'aria.
"E' ora. Il mio compito è accompagnarti."
Ci fu un attimo di silenzio.
"Devo morire?"
sussurrai con la voce strozzata.
"Forse Beth. Il mio compito non è dirti dove andare, ma indicarti la via da seguire.."
"Cosa sei tu?"
"Io sono il tuo angelo custode, ti ho protetto durante l'incidente. Mi hai visto un attimo prima.. Sono l'ultimo ricordo che hai."
Mi sorrise.
"L'ultimo ricordo? Io... io ricordo solo una luce accecante.... e poi, il silenzio.... "
Hariel annuì. Lui, la luce, il mio ultimo ricordo nitido.
"Se dovevi proteggermi, perchè io... sono qui"
Indicai il letto.
"Perchè non dovevi morire, non era la tua ora."
"E adesso? Adesso è la mia ora? Perchè vivere 5 anni in un letto d'ospedale e costringere la mia famiglia a curarsi di me? Hai visto la mia casa com'è ridotta? Come hai potuto permetterlo! Se fossi morta allora sarebbe tutto diverso!"
Mi alzai di scatto con le mani tra i capelli.
"Beth se fossi morta ci sarebbero state solo lacrime. Invece da 5 anni c'è speranza. Preghiera. Amore"
"Amore? Speranza? Per cosa? Per un corpo privo di anima che ora deve spegnersi??!!"
Hariel si alzò e mi guardò. Poi allungò una mano e mi sfiorò il petto, avvertii subito un immenso calore.
"La tua anima è ancora qui..."
Sentii il bisogno di piangere, e lo guardai.
"Qual è la via? Se devo farlo... facciamolo adesso!"
Hariel sospirò e indicò la porta.
"Da questa parte..."
Mi voltai e la spalancai ma ci fu un enorme luce ad accecarmi nuovamente. Mi coprii gli occhi con le mani, finchè la luce divenne più sostenibile e mi permise di vedere.
Un viale bianco, avvolto da qualcosa che sembrava nebbia ma era soffice come cotone e calda come schiuma da bagno.
"Questa è l'ultima fermata per le anime..."
La voce di Hariel dietro di me che si avvicinava, ora guardandolo, era vestito in un completo bianco, coi gemelli della giacca dorati e i bordi della camicia brillanti. Il solito sguardo brillante e i capelli scuri all'indietro. Guardai lui e poi quello strano luogo, sentivo come voci e presenze ma era tutto sfocato.
"Chi sono...."
"Anime in viaggio... "
"Dove vanno?"
"In paradiso, agli inferi oppure...."
"Oppure?"
"Indietro."
Hariel mi guardò.
"Indietro? Che significa?"
"Beth, La tua anima può andare da questa parte ed entrare in paradiso adesso... Oppure tornare indietro e... riprovare..."
"Riprovare cosa?"
"A non morire..."
"E come è possibile questo?"
"Diciamo che Dio ti fa un regalo. Ti permette di rivivere le tue ultime ore e... impedire che succeda questo."
"Tornerei a 5 anni fa? Quando la mia casa era perfetta? E cosa dovrei fare? Non uscire?"
"No Beth non funziona cosi. C'è una sola cosa che puoi fare per impedire che tutto quello che è successo rimanga permanente. Ma devi scoprire da sola cosa sia."
"E se non riesco? Cosa accade?"
"Muori. Ma non andrai in paradiso. Rimarrai in una specie di limbo per l'eternità. Non potrai cambiare ciò che hai visto nè andare lassù. Io, che sono la tua guida, sono qui per indicarti le vie. Il paradiso, adesso senza riprovare oppure, una possibilità di salvezza. Ma se fallisci rimani nel nulla per sempre. A te la scelta Beth."
Quelle parole mi misero quasi paura. Il nulla per sempre....
Ma come avrei potuto cambiare il passato? Come potevo salvarmi? Ma volevo davvero andare in paradiso senza averci provato? Senza aver provato a dare alla mia famiglia la loro casa ordinata e la loro serenità?
No... non potevo andarmene lasciando tutto cosi. Dovevo provare.
"Hariel, devo provarci. Per la mia famiglia, per cambiare quello che ho visto in casa mia. Serve un'altra speranza alla vigilia di natale!"
Hariel sorrise illuminandosi.
"E cosi sia!"
Disse a tono alto e, d'improvviso, il suono della sveglia mattutina mi destò dal sonno. Guardai la mia camera, il mio letto, tutto intorno. Nevicava, alla radio le musichette natalizie, nell'aria il profumo dei dolci di mamma e l'abbaiare di Benda.
Mi alzai di corsa correndo di sotto, non badai a nulla in casa finchè non vidi mia madre con le mani nella pasta del dolce.
"Beth!"
Mi fissò incuriosita.
"Come mai cosi di corsa? Hai fame? Ho appena sfornato i Muffin!"
disse sorridendomi. Io invece avrei pianto e l'abbracciai forte.
"Mamma... ti voglio bene mamma!" Dissi.
Lo sguardo di mia madre era confuso e preoccupato, certo lei non sapeva cosa era successo. Pensai. E se fosse stato un sogno? Ma se fossi morta da li a poche ore? Non potevo rischiare.
"Mamma, pensavo che potrei regalare a Nonna Liz qualcosa di mio... "
Forse se non fossi uscita di casa non avrei avuto l'incidente anche se Hariel mi aveva detto che non sarebbe bastato evitare quello per essere salva.
"Certo tesoro, puoi guardare nel baule in soffitta!"
Annuii e stringendo la mia vestaglia uscì dalla cucina. Avrei voluto star li a stringere mia madre ma, se avessi perso tempo, avrei rinunciato alla mia sola possibilità di salvezza. E se fosse stato un incubo in fondo, ci sarei stata per le coccole della mattina di Natale.
Salii al piano di sopra con Brenda scodinzolante e ripensai a Hariel. Fissai la porta della mia camera.
"Sei il mio custode... aiutami..."
sussurrai in un sospiro, anche se sembrava impossibile, continuavo a percepirlo vicino.
Mio padre mi incrociò sulla strada.
"Ehy principessa! Buona vigilia!"
Lo strinsi prima che lo facesse lui.
"Oh papà grazie! Sarò per sempre la tua piccola principessa non lo dimenticare mai!"
gli dissi stretta al suo petto.
"Oh certo piccola che lo sarai. Tutto bene? "
cercai di ricompormi.
"Si papà, vado a cercare il regalo per nonna in soffitta"
lui fece una faccina sghignazzante!
"lo hai dimenticato! Lo sapevo! ahhaha puoi prendere la mia macchina se vuoi comprarle qualcosa. Ha anche le catene montate!"
"No papà grazie... troverò qualcosa lassù!"
Lui annuì e sparì sulle scale.
Mentre salivo in soffitta, pensavo a tutto ciò che Hariel mi aveva detto, ci doveva essere un indizio nelle sue parole. Dovevo solo trovarlo.
Dopo una buona mezz'ora immersa nelle vecchie cose del baule, non avevo trovato altro che una vecchia sciarpa spelacchiata e tante fotografie. Alcune raffiguravano noi bambini, me e Cristopher, altre mamma e papà, altre nonna e nonno. Tanti natali, tanto cibo e la solita aria perfetta della tradizione Hale. Ripensai ai 5 natali spenti che avevano passato durante il mio coma e mi si raggelò il sangue.
Poi, fissando i vari oggetti della soffitta, in fondo alla stanza vidi un libro, un piccolo raggio di sole lo illuminava, ci doveva essere uno strappo nella tenda ma mi avvicinai lo stesso.
"Il regalo di un Angelo"
Recitava la copertina sbiadita e consumata.
"Wow, lo ricordo questo libro, nonna Liz ce lo leggeva sempre ogni vigilia di natale..."
Lo presi e mi sedetti per terra cominciando a sfogliarlo, riportando alla mente vecchi ricordi.
"Cosi l'angelo custode indicò la via a MaryBeth, il natale perfetto era un diritto di tutti. La piccola girovagò per le vie in cerca di biscotti per il povero Peter ma riuscì a trovare solo un vecchio calzino e un pezzo di pane raffermo.
- Non sarà un vero regalo-
disse all'angelo.
- Sarà comunque un regalo MaryBeth, un gesto di compassione e bontà. Ora va...-
La bambina corse dal suo amico e gli consegnò il suo regalo.
-Non ho trovato di più, buon Natale Peter.-
Il bambino sorrise di gioia a quel dono.
-Grazie MaryBeth, questo è il più bel natale di tutta la mia vita!-
-Ma è solo un calzino e un pò di pane-
rispose Beth.
-E' qualcosa che non ho mai avuto prima, un regalo e un amico-
Cosi Peter e Beth passarono quella giornata insieme e capirono cosa davvero conti a Natale."
Quelle pagine... lasciarono una sensazione inspiegabile dentro Beth.
"Per anni ho letto questa storia... e ora... eccomi qui. Cosa conta davvero a natale? Un dono e un amico...."
Beth guardò il cielo e sorrise, strinse il libro e corse giù in cucina dove i suoi genitori erano ancora intenti a cucinare.
"Mamma, papà, ho una richiesta da farvi per natale. "
I due la guardarono.
"Noi abbiamo tutto questo, un natale sempre perfetto e.. mi chiedevo... se oggi posso, possiamo.. andare all'ospedale... Vorrei leggere la storia dell'angelo a tutti i bambini ammalati... magari portiamo con noi qualche dolce e... la nonna."
Stringendo al cuore il libro, attesi la loro reazione. I due si guardarono.
"Ma è un'idea meravigliosa cara!" rispose mia madre.
"Bellissima idea Beth! Sono orgoglioso di te! Preparo il cestino coi dolci e partiamo subito!"
concluse mio padre avviandosi al garage.
Mi sentii stranamente sollevata. Avremmo guidato, tutta la famiglia e ripensai all'incidente.
"Un regalo è un amico.... ecco il vero natale..."
Strinsi ancora il libro e corsi a prepararmi.
Durante il tragitto tutto andò bene e all'ospedale c'era davvero tanta gente anche la vigilia di natale. Nonna Liz stringeva la sua cesta di doni e frutti canditi e camminava spedita, felice e impaziente di raccontare la sua storia.
I bambini del reparto pediatrico rimasero incantati durante la lettura, si strinsero e mangiarono dolci insieme. Anche gli adulti, i loro genitori, gli infermieri si scambiarono sorrisi, abbracci e auguri. Lì in quel luogo di dolore e sofferenza, loro gioivano e speravano. Loro erano forti.
Mi allontanai giusto qualche minuto uscendo fuori sul terrazzo dell'ospedale, tutta la neve intorno sembrava soffice e colorata dal sole, ricordai le porte del paradiso e guardai in alto.
"Se devo morire, morirò. Questo è il miglior natale della mia vita. Grazie per avermi permesso di viverlo."
La preghiera di Beth salì al cielo e una voce familiare si distinse alle sue spalle.
"Buona Vigilia di Natale Beth...."
Lei si voltò.
"Hariel!"
Lui sorrise, lei lo abbracciò e lui ricambiò.
Era vestito di Azzurro cielo stavolta, come sempre era di una perfezione angelica.
"Grazie... Sei qui per guidarmi via nel nulla?"
Risposi accennando un sorriso meno felice del precedente.
Lui fece l'occhiolino e sorrise tranquillo guardando davanti a se.
"Beth, nessuno deve morire la vigilia di natale. Il Natale perfetto è un dono... e un amico..."
Lo fissai e capii che c’ ero riuscita, guardai lui e poi il cielo e annuii.
Il Natale è un dono e un amico.
Il regalo di un Angelo.
Fuori dalla finestra era questo il paesaggio, cosi fu il risveglio della mia vigilia di natale.
Il profumo del caffelatte, i rumori mattutini in cucina, sembrava una delle tante giornate in cui mia madre è intenta a preparare la colazione per tutti prima di uscire e perderci per la città ognuno coi suoi affari, con la sua vita.
Indossavo la mia vestaglia a fiori di ciniglia, scendevo piano le scale rivestite di moquette panna e tutto in casa, sotto la luce aveva un riflesso quasi magico.
Il natale in casa Hale era sempre ricco di addobbi, cibi curati, abbondanti e dolci… tanti tantissimi dolci fatti in casa. Mentre mi avvicinavo alla cucina, immaginavo mia madre con le mani nell'impasto di qualche crostata o intenta a fondere il cioccolato.
"Buongiorno Beth! Felice vigilia tesoro!"
Sorrisi, certa di quelle parole, dell'abbraccio accennato a causa delle mani sporche, di quei profumi e delle attenzioni di mia madre.
Ecco come era il buongiorno in casa mia la vigilia di natale.
La colazione era stata abbondante e gustosa, come ogni giorno da quando ricordassi di aver mangiato un muffin o un pancake. Mi sentivo felice e potevo davvero esserlo. La mia famiglia era serena, tranquilla. Come diceva mio padre ogni sera nella preghiera prima di cena "Ringraziamo Dio per questa Famiglia sana e felice. Grazie per la tua benedizione."
Di ritorno in camera mia dopo una rilassante doccia calda, stavo infilando il pullover di lana azzurro che tanto adoravo. Ci avrei abbinato la mia sciarpa rossa coi ponpon bianchi cosi come facevo a Natale. Mi guardai allo specchio mentre legavo i capelli in una coda e sistemavo gli ultimi ciuffetti ribelli quando mio padre busso sulla porta aperta della mia camera.
"Buona vigilia di Natale principessa..."
Sorrisi guardando il riflesso allo specchio, gli feci segno di entrare con la mano e lo abbracciai.
"Buona vigilia a te papà, quando capirai che non sono più una bambina?"
"Perchè le figlie non possono essere principesse anche da grandi?"
"Per te sono grande papà?!"
"ahahahha Credo che non lo sarai mai abbastanza tesoro... almeno non fin quando ti vedrò con la sciarpetta da babbo natale la vigilia! Ma rimani comunque la mia principessa"
Le sue dita sul mio naso, il sorriso di mio padre e il suo modo di trattarmi. Tutto era perfetto, tutto era come doveva essere.
Anche Brenda, il nostro labrador color miele arrivò per i saluti mattutini, scodinzolando e infilando il muso tra me e mio padre.
"Buona vigilia anche a te Brenda"
La salutai con carezze e baci mentre papà tornava sulla porta.
"Beth hai deciso cosa comprare a Nonna Liz? Hai detto che ci avresti pensato... Una settimana fa..."
"Cavoli!"
Mio padre sospirò scuotendo il capo in un sorriso.
"Ne ero certo. Le chiavi della macchina sono all'entrata, c'è il pieno e le catene da neve sono montate. Il centro commerciale sarà aperto fino alle 13. Metti il berretto tesoro, fuori si gela."
La solita smemorata, avevo rimandato l'acquisto del regalo per la mia amata nonnina e ora mi ritrovavo in auto, in mezzo alla neve, la vigilia di natale intenta ad andare a comprare una delle prime cose che mi fossero capitate sotto mano.
"Maglioncino? Oppure un set di tazze? Nonna adora il thè..."
"Beth, nonna adorerà tutto ciò che le regalerai. Anche se fosse un robot giocattolo!"
"Non sei d'aiuto Cristopher! Andiamo! Un piccolo suggerimento?"
"Prendile della lana, sarà felice di farti una bella sciarpa!"
"Ho capito! Mi stai prendendo in giro come al solito! Ci vediamo a cena stasera e vedi di non fare tardi come al solito! E metti il vestito buono che mamma ci tiene!"
"Come ordina la mia sorellina! Ah Beth... non prendere il rosso... Non ti dona!"
Una risata risuonò dal vivavoce prima che mio fratello richiudesse la chiamata. Che stupido che era, mi prendeva sempre in giro ma lo amavo alla follia, soprattutto da quando aveva lasciato Carouge per vivere a Ginevra dove aveva trovato un ottimo lavoro come architetto.
Sbuffai mentre guidavo, le mani tamburellavano sul volante mentre una canzoncina natalizia usciva dalla radio. Dondolavo il capo a ritmo, canticchiavo anche io le note di Jingle Bell rock quando una luce accecante interruppe la musica, il cammino e tutto ciò che fino a quel momento avevo vissuto.
Il vialetto di casa era grigio, l'erba incolta, alcune pietre erano solitarie sopra lo zerbino dell'ingresso principale. Nuvole sparse e un vento gelido. Sembrava tutto cosi poco curato, come abbandonato li fuori. Lo fissai confusa per qualche secondo mentre raggiungevo la porta sul retro, nessun rumore proveniva dalla casa, Brenda non abbaiava, non c'erano ne profumi ne suoni. Entrai nella cucina, il tavolo era pieno di sacchetti mezzi svuotati, cartacce, bicchieri vuoti. Anche il lavello traboccava di piatti sporchi, alcune goccioline cadevano inesorabili all'interno con un tonfo. Mi sentii come in un'altra vita, quella non poteva essere casa mia. Incurata, silenziosa.. Mi tolsi il berretto piano e mi avvicinai alla porta che dava sulla sala da pranzo. La prima cosa che vidi fu la tv accesa, il volume assente. L'unico movimento, vecchi cartoni animati in bianco e nero.
"Mamma??"
dissi a voce alta.
"Papà?"
Niente. Silenzio.
Sciolsi il nodo della sciarpa mentre mi avvicinavo confusa e cauta al divano, sopra diverse giacche sgualcite, camice usate, alcune coperte, sacchetti di patatine mezzi vuoti rovesciati sul pavimento e sul tavolino di vetro.
Guardai lo squallore di quelle cose abbandonate e scossi il capo.
"Che diavolo è successo qui!"
Esclamai e mi precipitai su per le scale chiamando ancora i miei...
"Papà! Mamma! Ehy! C'è nessuno???"
Nulla...
La porta della camera al piano di sopra era semi aperta. Mi avvicinai, dentro una penombra irreale, quasi macabra. Aprii piano la porta non oltrepassando la soglia. All'interno era tutto in disordine, cassetti semi aperti, vestiti sparsi sul pavimento, letto disfatto e la minima presenza umana.
La casa sembrava vuota ma ero uscita solo qualche ora prima e non mi spiegavo un cambiamento così radicale. Mi avvicinai alla mia camera e aprii la porta.
Stranamente era tutto in ordine li dentro, il letto rifatto, i cassetti chiusi e il pavimento libero da qualsiasi oggetto.
Mi sedetti sul letto, cercando di fare chiarezza nella mia mente confusa. Ricordai la mattina, la neve, il risveglio. Ricordai l'abbraccio di mia madre, quello di mio padre e le feste di Brenda. Ricordai il vivavoce in auto con la voce di Cristopher, la sua risata e poi... quella luce accecante. Non ricordavo niente però nè del centro commerciale, nè del regalo di nonna Liz, nè del ritorno a casa.
Misi il viso tra le mani cercando una risposta ma non potevo venirne a capo, forse stavo solo facendo un incubo e presto mi sarei svegliata col profumo della colazione di mamma.
"Ciao Beth"
Una voce calda e sicura mi fece trasalire, alzai il capo di botto, un ragazzo moro, vestito bene e curato, con le mani unite davanti al ventre mi guardava tranquillo sorridendo appena. Mi alzai dal letto di scatto.
"Chi sei tu? Come sai il mio nome? Cosa fai in casa mia?"
La raffica delle domande fu istantanea. Fissai il suo bel completo scuro, la camicia ben stirata e le scarpe lucide. I capelli perfettamente a posto all'indietro, due occhi caldi e luminosi, chiarissimi tanto da potercisi specchiare. La sua voce interruppe la mia analisi.
"Io sono Hariel, sono la tua guida. Vieni con me.... Facciamo due chiacchiere..."
Lo fissai scuotendo il capo, voleva che lo seguissi? Non lo conoscevo nemmeno.
"Guida? Per cosa? Cosa succede qui? Oddio... mi scoppia la testa... "
Le mie mani afferrarono il capo, la confusione troppo estesa nella mia testa mi lasciava come in una fitta nebbia. Mi sedetti nuovamente sul letto, quasi ci caddi sopra, la vista mi si appannava, vedevo tutto sfocato e sbiadito come una vecchia cartolina scolorita. Davanti a me però una mano, ben nitida, colorata e calda. Lo percepivo anche senza toccarla.
"Vieni Beth..."
Il suo invito fu impossibile da rifiutare, tutto quello che avevo intorno sembrava inghiottirmi, tutto tranne quella mano.. L'afferrai e già al tocco sentii sollievo. Lo guardai e mi sorrise.
"Bene, andiamo...."
Mi aiutò ad alzarmi, lo seguii, era tutto cosi assurdo che se fosse stato un sogno sicuramente quel ragazzo era la cosa che mi faceva meno paura in tutto quel caos.
Scesi le scale, la moquette panna che ricordavo era tutta marrone, sporca e infeltrita, coi bordi strappati e sollevati. Mi strinsi alla parete mentre scendevo le scale come se qualcosa potesse risucchiarmi.
"Cosa è successo qui... "
sussurrai guardando nuovamente il salone. Hariel indicò la porta.
"Prendi la sciarpa e il cappello, facciamo due passi..."
Lo guardai senza replicare, se lui ne sapeva di più l'avrei seguito ovunque.
La strada era deserta, il vento freddo ma nessuna traccia di neve. C'era come una nebbia sottile che sfocava tutto il panorama rendendolo quasi irreale. Mi strinsi nel cappotto e, senza accorgermene, anche a Hariel che sfiorai con la spalla.
"Stiamo camminando... Poche ore fa qui c'era la neve, mia madre preparava il pranzo della vigilia e io dovevo comprare un regalo a nonna Liz... "
Stavo nuovamente ripercorrendo gli ultimi ricordi che avevo prima del mio rientro a casa.
"Questi sono i tuoi ultimi ricordi Beth. E' passato un pò di tempo da allora, la neve si è sciolta, è tornata e se ne è andata di nuovo... "
Mi guardò con un sorriso dolce e tranquillo ma io mi fermai immobile in mezzo alla strada.
"Non farò un altro passo se non mi dici che diavolo sta succedendo! Sto sognando?"
Mi sentivo infuriata ed esausta sotto quel freddo pungente e nella confusione che avvertivo dentro l'anima.
Hariel mi guardò e indicò un edificio davanti a noi.
"Arriviamo fin lì mentre comincio a spiegarti?"
La sua voce era cortese, delicata, impossibile da non ascoltare come una dolce e calda melodia.
Annuii e ricominciando a camminare, riconobbi il vecchio Ospedale del paese nell'edificio che aveva indicato. Il gelo che sfiorava la mia pelle mi penetrò dentro fino alle ossa mentre seguivo lo sconosciuto forse troppo tacitamente.
Entrammo.
Nei corridoi non c'era nessuno, strano per un ospedale piccolo e sempre pieno. Ricordai quando avevo avuto bisogno di alcuni punti, a 3 anni caddì dalla bici di Cris e mi tagliai il ginocchio. Ricordavo tante voci e dottori che camminavano nei loro camici bianchi per tutti i corridoi ma, ora, niente.
"Hariel... perchè siamo qui? Dove sono tutti?"
Lo seguivo piano...
"Siamo qui per trovare qualcuno... "
Si fermò davanti a una porta bianca con le maniglie azzurre.
"Prima tu..."
Mi aprì la porta ed entrai, pareti bianche , apparecchiature, medicinali, tubi e aghi. Un grande letto, lenzuola bianche...
Mi avvicinai timorosa. Chi dovevamo visitare?
Guardai davanti a me, tra quelle lenzuola e quei tubi. Mi voltai di scatto terrorizzata.
"Mah! Sono io!"
"Si Beth.... sei tu"
Si avvicinò tranquillamente e mi porse una sedia mentre io non riuscivo a non fissare quel corpo immobile davanti ai miei occhi. Come potevo essere io?
"Siediti... parliamo"
Feci come mi chiese, lui si sedette vicino a me con le mani unite tra loro adagiate coi gomiti sulle ginocchia.
"Questo è il tuo corpo, stai affrontando un viaggio... "
Parlava piano e dolcemente, quasi mi incantava. Lo fissavo.
"Io sono la tua guida ora che, devi scegliere la via..."
Deglutii.
"Co... come... "
Non riuscivo a parlare la bocca era secca.
"Un incidente. La vigilia di Natale. Sono passati 5 anni da allora, sei in coma, la tua famiglia non ti ha lasciato un solo istante da sola. Hanno pregato e vegliato su di te, per te, per la tua anima. Giorno e notte a turni sono rimasti qui. E ora per te è arrivato il momento di scegliere. Io ti aiuterò a farlo."
Mi sorrise.
"Coma? 5 anni?? Dio...."
Era impossibile, come poteva essere vero, come....
Fissai il mio viso inespressivo nel letto proprio davanti a me. Poi guardai Hariel.
"Tu.. hai detto che sei la mia guida... Per cosa? Di che strade parli?"
"Non puoi rimanere qui per sempre, il freddo comincia a farsi sentire... "
Indicò l'aria.
"E' ora. Il mio compito è accompagnarti."
Ci fu un attimo di silenzio.
"Devo morire?"
sussurrai con la voce strozzata.
"Forse Beth. Il mio compito non è dirti dove andare, ma indicarti la via da seguire.."
"Cosa sei tu?"
"Io sono il tuo angelo custode, ti ho protetto durante l'incidente. Mi hai visto un attimo prima.. Sono l'ultimo ricordo che hai."
Mi sorrise.
"L'ultimo ricordo? Io... io ricordo solo una luce accecante.... e poi, il silenzio.... "
Hariel annuì. Lui, la luce, il mio ultimo ricordo nitido.
"Se dovevi proteggermi, perchè io... sono qui"
Indicai il letto.
"Perchè non dovevi morire, non era la tua ora."
"E adesso? Adesso è la mia ora? Perchè vivere 5 anni in un letto d'ospedale e costringere la mia famiglia a curarsi di me? Hai visto la mia casa com'è ridotta? Come hai potuto permetterlo! Se fossi morta allora sarebbe tutto diverso!"
Mi alzai di scatto con le mani tra i capelli.
"Beth se fossi morta ci sarebbero state solo lacrime. Invece da 5 anni c'è speranza. Preghiera. Amore"
"Amore? Speranza? Per cosa? Per un corpo privo di anima che ora deve spegnersi??!!"
Hariel si alzò e mi guardò. Poi allungò una mano e mi sfiorò il petto, avvertii subito un immenso calore.
"La tua anima è ancora qui..."
Sentii il bisogno di piangere, e lo guardai.
"Qual è la via? Se devo farlo... facciamolo adesso!"
Hariel sospirò e indicò la porta.
"Da questa parte..."
Mi voltai e la spalancai ma ci fu un enorme luce ad accecarmi nuovamente. Mi coprii gli occhi con le mani, finchè la luce divenne più sostenibile e mi permise di vedere.
Un viale bianco, avvolto da qualcosa che sembrava nebbia ma era soffice come cotone e calda come schiuma da bagno.
"Questa è l'ultima fermata per le anime..."
La voce di Hariel dietro di me che si avvicinava, ora guardandolo, era vestito in un completo bianco, coi gemelli della giacca dorati e i bordi della camicia brillanti. Il solito sguardo brillante e i capelli scuri all'indietro. Guardai lui e poi quello strano luogo, sentivo come voci e presenze ma era tutto sfocato.
"Chi sono...."
"Anime in viaggio... "
"Dove vanno?"
"In paradiso, agli inferi oppure...."
"Oppure?"
"Indietro."
Hariel mi guardò.
"Indietro? Che significa?"
"Beth, La tua anima può andare da questa parte ed entrare in paradiso adesso... Oppure tornare indietro e... riprovare..."
"Riprovare cosa?"
"A non morire..."
"E come è possibile questo?"
"Diciamo che Dio ti fa un regalo. Ti permette di rivivere le tue ultime ore e... impedire che succeda questo."
"Tornerei a 5 anni fa? Quando la mia casa era perfetta? E cosa dovrei fare? Non uscire?"
"No Beth non funziona cosi. C'è una sola cosa che puoi fare per impedire che tutto quello che è successo rimanga permanente. Ma devi scoprire da sola cosa sia."
"E se non riesco? Cosa accade?"
"Muori. Ma non andrai in paradiso. Rimarrai in una specie di limbo per l'eternità. Non potrai cambiare ciò che hai visto nè andare lassù. Io, che sono la tua guida, sono qui per indicarti le vie. Il paradiso, adesso senza riprovare oppure, una possibilità di salvezza. Ma se fallisci rimani nel nulla per sempre. A te la scelta Beth."
Quelle parole mi misero quasi paura. Il nulla per sempre....
Ma come avrei potuto cambiare il passato? Come potevo salvarmi? Ma volevo davvero andare in paradiso senza averci provato? Senza aver provato a dare alla mia famiglia la loro casa ordinata e la loro serenità?
No... non potevo andarmene lasciando tutto cosi. Dovevo provare.
"Hariel, devo provarci. Per la mia famiglia, per cambiare quello che ho visto in casa mia. Serve un'altra speranza alla vigilia di natale!"
Hariel sorrise illuminandosi.
"E cosi sia!"
Disse a tono alto e, d'improvviso, il suono della sveglia mattutina mi destò dal sonno. Guardai la mia camera, il mio letto, tutto intorno. Nevicava, alla radio le musichette natalizie, nell'aria il profumo dei dolci di mamma e l'abbaiare di Benda.
Mi alzai di corsa correndo di sotto, non badai a nulla in casa finchè non vidi mia madre con le mani nella pasta del dolce.
"Beth!"
Mi fissò incuriosita.
"Come mai cosi di corsa? Hai fame? Ho appena sfornato i Muffin!"
disse sorridendomi. Io invece avrei pianto e l'abbracciai forte.
"Mamma... ti voglio bene mamma!" Dissi.
Lo sguardo di mia madre era confuso e preoccupato, certo lei non sapeva cosa era successo. Pensai. E se fosse stato un sogno? Ma se fossi morta da li a poche ore? Non potevo rischiare.
"Mamma, pensavo che potrei regalare a Nonna Liz qualcosa di mio... "
Forse se non fossi uscita di casa non avrei avuto l'incidente anche se Hariel mi aveva detto che non sarebbe bastato evitare quello per essere salva.
"Certo tesoro, puoi guardare nel baule in soffitta!"
Annuii e stringendo la mia vestaglia uscì dalla cucina. Avrei voluto star li a stringere mia madre ma, se avessi perso tempo, avrei rinunciato alla mia sola possibilità di salvezza. E se fosse stato un incubo in fondo, ci sarei stata per le coccole della mattina di Natale.
Salii al piano di sopra con Brenda scodinzolante e ripensai a Hariel. Fissai la porta della mia camera.
"Sei il mio custode... aiutami..."
sussurrai in un sospiro, anche se sembrava impossibile, continuavo a percepirlo vicino.
Mio padre mi incrociò sulla strada.
"Ehy principessa! Buona vigilia!"
Lo strinsi prima che lo facesse lui.
"Oh papà grazie! Sarò per sempre la tua piccola principessa non lo dimenticare mai!"
gli dissi stretta al suo petto.
"Oh certo piccola che lo sarai. Tutto bene? "
cercai di ricompormi.
"Si papà, vado a cercare il regalo per nonna in soffitta"
lui fece una faccina sghignazzante!
"lo hai dimenticato! Lo sapevo! ahhaha puoi prendere la mia macchina se vuoi comprarle qualcosa. Ha anche le catene montate!"
"No papà grazie... troverò qualcosa lassù!"
Lui annuì e sparì sulle scale.
Mentre salivo in soffitta, pensavo a tutto ciò che Hariel mi aveva detto, ci doveva essere un indizio nelle sue parole. Dovevo solo trovarlo.
Dopo una buona mezz'ora immersa nelle vecchie cose del baule, non avevo trovato altro che una vecchia sciarpa spelacchiata e tante fotografie. Alcune raffiguravano noi bambini, me e Cristopher, altre mamma e papà, altre nonna e nonno. Tanti natali, tanto cibo e la solita aria perfetta della tradizione Hale. Ripensai ai 5 natali spenti che avevano passato durante il mio coma e mi si raggelò il sangue.
Poi, fissando i vari oggetti della soffitta, in fondo alla stanza vidi un libro, un piccolo raggio di sole lo illuminava, ci doveva essere uno strappo nella tenda ma mi avvicinai lo stesso.
"Il regalo di un Angelo"
Recitava la copertina sbiadita e consumata.
"Wow, lo ricordo questo libro, nonna Liz ce lo leggeva sempre ogni vigilia di natale..."
Lo presi e mi sedetti per terra cominciando a sfogliarlo, riportando alla mente vecchi ricordi.
"Cosi l'angelo custode indicò la via a MaryBeth, il natale perfetto era un diritto di tutti. La piccola girovagò per le vie in cerca di biscotti per il povero Peter ma riuscì a trovare solo un vecchio calzino e un pezzo di pane raffermo.
- Non sarà un vero regalo-
disse all'angelo.
- Sarà comunque un regalo MaryBeth, un gesto di compassione e bontà. Ora va...-
La bambina corse dal suo amico e gli consegnò il suo regalo.
-Non ho trovato di più, buon Natale Peter.-
Il bambino sorrise di gioia a quel dono.
-Grazie MaryBeth, questo è il più bel natale di tutta la mia vita!-
-Ma è solo un calzino e un pò di pane-
rispose Beth.
-E' qualcosa che non ho mai avuto prima, un regalo e un amico-
Cosi Peter e Beth passarono quella giornata insieme e capirono cosa davvero conti a Natale."
Quelle pagine... lasciarono una sensazione inspiegabile dentro Beth.
"Per anni ho letto questa storia... e ora... eccomi qui. Cosa conta davvero a natale? Un dono e un amico...."
Beth guardò il cielo e sorrise, strinse il libro e corse giù in cucina dove i suoi genitori erano ancora intenti a cucinare.
"Mamma, papà, ho una richiesta da farvi per natale. "
I due la guardarono.
"Noi abbiamo tutto questo, un natale sempre perfetto e.. mi chiedevo... se oggi posso, possiamo.. andare all'ospedale... Vorrei leggere la storia dell'angelo a tutti i bambini ammalati... magari portiamo con noi qualche dolce e... la nonna."
Stringendo al cuore il libro, attesi la loro reazione. I due si guardarono.
"Ma è un'idea meravigliosa cara!" rispose mia madre.
"Bellissima idea Beth! Sono orgoglioso di te! Preparo il cestino coi dolci e partiamo subito!"
concluse mio padre avviandosi al garage.
Mi sentii stranamente sollevata. Avremmo guidato, tutta la famiglia e ripensai all'incidente.
"Un regalo è un amico.... ecco il vero natale..."
Strinsi ancora il libro e corsi a prepararmi.
Durante il tragitto tutto andò bene e all'ospedale c'era davvero tanta gente anche la vigilia di natale. Nonna Liz stringeva la sua cesta di doni e frutti canditi e camminava spedita, felice e impaziente di raccontare la sua storia.
I bambini del reparto pediatrico rimasero incantati durante la lettura, si strinsero e mangiarono dolci insieme. Anche gli adulti, i loro genitori, gli infermieri si scambiarono sorrisi, abbracci e auguri. Lì in quel luogo di dolore e sofferenza, loro gioivano e speravano. Loro erano forti.
Mi allontanai giusto qualche minuto uscendo fuori sul terrazzo dell'ospedale, tutta la neve intorno sembrava soffice e colorata dal sole, ricordai le porte del paradiso e guardai in alto.
"Se devo morire, morirò. Questo è il miglior natale della mia vita. Grazie per avermi permesso di viverlo."
La preghiera di Beth salì al cielo e una voce familiare si distinse alle sue spalle.
"Buona Vigilia di Natale Beth...."
Lei si voltò.
"Hariel!"
Lui sorrise, lei lo abbracciò e lui ricambiò.
Era vestito di Azzurro cielo stavolta, come sempre era di una perfezione angelica.
"Grazie... Sei qui per guidarmi via nel nulla?"
Risposi accennando un sorriso meno felice del precedente.
Lui fece l'occhiolino e sorrise tranquillo guardando davanti a se.
"Beth, nessuno deve morire la vigilia di natale. Il Natale perfetto è un dono... e un amico..."
Lo fissai e capii che c’ ero riuscita, guardai lui e poi il cielo e annuii.
Il Natale è un dono e un amico.
Il regalo di un Angelo.