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Autore: _yulen_    05/12/2012    2 recensioni
Era tempo che volevo fare una FF su CoD ma per un motivo o per l'altro ho sempre rimandato perchè non avevo l'ispirazione. Poi mi sono resa conto che il CoD non si vedono quasi mai ragazze e quindi ho deciso di inserirne una io anche perchè secondo me è una cosa ingiusta U__U
Fine della Terza Guerra Mondiale, Praga. Una ragazza, ex spia e ora Spetsnaz, è in giro per la città alla ricerca di sopravvissuti e si imbatte nel corpo quasi senza vita di un soldato.
Una nuova guerra all'orizzonte e un'altro nemico da affrontare. Sembra che per la Task Force 141, alla quale poi si aggiungerà anche la stessa ragazza, la pace non sia destinata a durare molto e anche il mondo, guarda il sole sorgere all'alba di una nuova guerra.
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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-Sali-sentii dire Price.
Scossi la testa.
-Non serve più il mio aiuto, avete un elicottero. Portatelo in un posto sicuro e fate in modo che riceva tutte le cure-urlai per sovrastare il rumore delle pale dell’elicottero.
-Non era una richiesta, muoviti o ti lascio qui-
Mi guardai indietro e vidi soldati nemici avanzare verso di noi, borbottai qualcosa e poi salii giusto in tempo.
Una domanda mi balzò subito in testa; la guerra era finita. Perché l’esercito russo stava marciando verso Prace?
Mi scrollai, non avevo voglia di pensarci, la guerra non era più un mio problema, dopo essermi assicurata delle condizioni del ferito e averlo curato, avrei ricominciato a cercare sopravvissuti che avevano bisogno di aiuto, gli avrei dato una mano e sarei sparita nel nulla cambiando nome e identità.
-Immagino che sappia dove si trovi San Pietroburgo-dissi guardando di fuori.
-Si, perché?-Price mi guardò inarcando un sopracciglio.
-Se siamo fortunati potremo usare una caserma come riparo e curare lui-dissi indicando il soldato.
Mi ero dimenticata il nome, sorrisi perché io ero conosciuta con due identità diverse, alle quali, a fine guerra se ne sarebbe aggiunta una terza, tutto quel cambiare mi avrebbe fatto dimenticare il nome di battesimo.
Gettai la testa all’indietro sospirando e poi mi addormentai di nuovo senza nemmeno rendermene conto.

 Riaprii gli occhi a fatica, pessima idea quella di dormire. Mi stiracchiai e guardai fuori, eravamo quasi arrivati.
Il ferito sembrava stesse dormendo tranquillamente, mi avvicinai per verificare se era il caso di cambiare le fasciature o aspettare di essere giunti a destinazione.
L’emorragia era stata fermata eppure il sangue passava oltre la giacca mimetica, sulla quale era inciso in cognome: MacTavish. Dovevo memorizzarlo.
Atterrammo su uno spiazzo d’erba poco lontano da una caserma militare, esaminai la zona per assicurarmi che fosse sicura e poi feci scendere anche gli altri.
Li condussi verso l’edificio e li feci entrare. Mi fermai guardando i corridoi, cercando di ricordarmi dove fossero l’infermeria e l’armeria. Erano anni che non mettevo piede lì e non mi ricordavo del posto, sapevo solo dov’erano le camerate e il parcheggio per i blindati.
San Pietroburgo, non era distrutta come Prace ma ugualmente si poteva capire che la guerra era arrivata fino lì e io speravo con tutto il cure che tutti i militari e i civili presenti in quel posto al momento dei bombardamenti, fossero riusciti a scappare in tempo.
Sbuffai e poi feci cenno di seguirmi verso un lungo corridoio che dava a una grande stanza piena di computer e dove, attaccato alla parete, c’era una cartina della caserma.
La strappai e la guardai perplessa, le camerate che erano nell’ala est ora erano nell’ala nord e il parcheggio per i blindati era stato spostato per far posto a un poligono di tiro, avevano fatto grandi modifiche. Feci scorrere lo sguardo lungo una linea blu e cercai di memorizzare il percorso da seguire per l’infermeria.
Borbottai qualcosa quando notai che l’accesso era ostruito da un cumulo di macerie.
Non avevamo tempo per spostarle, ci sarebbe servito troppo tempo e non potevo nemmeno usare l’esplosivo perché c’era il rischio che con le vibrazioni crollasse tutto. Doveva esserci un altro modo per entrare.
Tra le macerie, notai una piccola fessura, grande abbastanza da farmi passare.
-Io passo per lì, vado a vedere se c’è un altro modo per entrare-dissi infilandomi nel buco.
Era una situazione claustrofobica, lo spazio non era abbastanza grande da far passare molta aria e iniziai a pensare che sarei morta, continuai lo stesso cercando di farmi forza e pensando che visto che ero arrivata fino a lì, non potevo mollare. Continuando a muovermi, mi ferii a una gamba, la stessa dalla quale rimossi il proiettile. Avanzai qualche altro mentro e poco dopo ero finalmente fuori. Come pensavo, ero finita nell’infermeria.
Guardai la stanza e notai un’altra porta nello stesso lato di quella bloccata, mi avvicinai e la aprii.
-Di qua-dissi facendo capolino dalla porta secondaria.
Fortunatamente c’erano le attrezzature necessarie per curarlo, probabilmente non erano riusciti a evacuare la zona in tempo. Ripresi in mano la cartina e la guardai cercando il precorso per l’armeria. Se fossi riuscita a trovarla e se ci fossero state armi, avrei potuto usarle per difenderci in caso di attacco nemico.
Lasciai MacTavish con Price e il pilota dell’aereo e, a passo sicuro, mi diressi verso la porta con la cartina in mano.
-Dove stai andando…?-Price si fermò, non gli avevo ancora detto come mi chiamavo.
-Tenente Selena Markovna Yakova, Spetsnaz, reparto Vympel-risposi mettendomi sull’attenti. -É una caserma questa, deve esserci un deposito armi da qualche parte-continuai mostrandogli la cartina.
Annuì e io proseguii verso lunghi e stretti corridoi, stando bene a percepire anche il minimo movimento, il più piccolo spostamento d’aria, era una caserma e sarebbe stato normalissimo trovare qualche nemico.

Entrai nell’armeria e per un piccolo istante, mi sentii come Alice nel Paese delle Meraviglie nel vedere tutte quelle armi a mia completa disposizione. Presi tre fucili e seguendo lo stesso percorso dell’andata, tornai in infermeria.
-Ci sono armi di là, dovremmo spostare MacTavish in modo da non essere scoperti-annunciai posando due fucili d’assalto su un bancone e tenendone uno in mano.
Mi fermai a guardare il pilota, tipici tratti russi.
-Lui è Nikolai-disse Price prendendo un fucile.
-Non tutti i russi sono dei pazzi, psicopatici, assassini-risposi divertita con allusione a Makarov.
-Come conoscevi Makarov?-chiese incuriosito.
Domanda alla quale non avrei risposto sinceramente, se avessi detto qual’era il vero motivo, l’ultima cosa che avrei sentito, sarebbe stato lo sparo di quel fucile.
-Tutti sapevano di lui-risposi vagamente senza dire tutta la verità.
-D’accordo, spostiamolo-rispose lanciandomi una rapida occhiata.
Feci strada con il lettino fino all’armeria e poi mi appartai in un angolino buio della stanza tendendo ben stretta il mio fucile. Avevo esposto i miei occhi a troppa luce negli ultimi giorni e iniziavano a bruciarmi.
Sospirai tirando fuori dalla tasca una foto. La guardai e alcune lacrime iniziarono a rendere più lucidi i miei occhi. Quella era l’ultima cosa che mi rimaneva della mia famiglia, una stupida e sbiadita foto, non avevo più nulla a parte una casa distrutta a Mosca.
Mi rifiutai categoricamente di piangere, chiusi gli occhi e ricacciai dentro le lacrime, ero uno Spetsnaz, le emozioni per me erano solo ricordi, nulla di più, non mi ricordavo nemmeno cosa volesse dire voler bene a qualcuno.
Riposi la foto in una tasca dei pantaloni e mi sedetti su una sedia lì vicino cercando di recuperare le ore di sonno perso.

   
 
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