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Autore: S t r a n g e G i r l    05/12/2012    3 recensioni
Twilight senza mostri e magie.
Jacob, affidabile e onnipresente amico d'infanzia. Edward, dolce e romantica ancora di salvezza. Fin qui niente di strano, no?
E poi c'è Bella, o meglio Beauty, come non l'avete mai vista.
Dal primo capitolo:
“Nella vita che conduco io, maglioncini a collo alto e pantaloni zebrati sono solo decorazioni inutili. Quel che importa davvero è ciò che c’è sotto. Le persone che frequento per lavoro non si preoccupano che io sia ben vestita e abbia accostato in modo decente i colori. Quello che a loro interessa è che, una volta tolto il cappotto, io sia appetibile. Come una caramella avvolta in una bella carta luccicante, per intenderci. Ed ecco un’altra cosa che odio. Anzi, a dirla tutta, è in cima alla mia lista, scritta in rosso e sottolineata tre volte: essere ciò che sono."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Jacob Black, Jessica, Renèe | Coppie: Bella/Edward, Bella/Jacob
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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Six. Icaro.
 

< Jake! Jake, apri questa dannata porta! >
Mi sbuccio le nocche contro il portone di casa sua, tentando per la quindicesima volta di buttarlo giù a spallate.
Stringo le dita intorno al pomello che sembra un cubetto di ghiaccio e tiro verso di me, sbuffando sonoramente all'ennesimo tentativo andato a vuoto.
< JAKE! > grido allora, girando intorno alla casa, fino ad arrivare alla finestra del soggiorno.
Il vetro è appannato, ma con la manica della giacca creo una striscia pulita a cui attaccare il naso per poter vedere.
Billy dorme sul divano ed io sbatto i piedi a terra inferocita.
Ha il sonno così leggero che anche il ronzio di una mosca in un'altra stanza lo sveglia, perciò sta solo fingendo di star schiacciando un pisolino per non venirmi ad aprire.
Mi mordo il labbro, tirando via le pellicine.
Sto di nuovo andando nel panico, come poco prima guidando per arrivare qui alla riserva.
La macchina di Jessica si è spenta per protesta almeno due volte quando ho superato i centoventi chilometri orari e probabilmente ho fatto fuori gli ammortizzatori, dato che non mi sono affatto curata di evitare buche e dossi irregolari.
Avrei voluto avere le ali o possedere il potere di teletrasportarmi in un luogo solo focalizzandolo nella mia mente.
Desideravo buttarmi tra le braccia di Jake e implorare perdono in tutte le lingue conosciute al mondo, anche quelle morte da centinaia d'anni.
Avrei sbagliato pronuncia senza ombra di dubbio, ma lui mi avrebbe preso in giro e poi fatto roteare in aria tenendomi per i fianchi.
Ho ali fragili, Jake.
Sono come Icaro e tu sei il mio sole.
Mi ferisce avvicinarmi a te. Sciogli la cera che mi permette di volare e mi guardi stramazzare al suolo senza salvarmi.
Impudente, Icaro.
Egoista, Icaro, che ha lasciato qualcuno di caro a terra a piangere la sua morte.
Non gl'importa. Non m'importa.
Dovevo sfiorarti anche solo per un ultimo istante prima di farmi risucchiare dalla gravità.
Mi stringo le braccia al petto e mi dirigo al garage in cui ho passato giornate intere a contemplare Jacob immergere mani sicure nel motore di decine di auto e ridare vita a vetture che molti meccanici avevano dato per spacciate.
Gli passavo le chiavi inglesi, i bulloni e gli stracci con cui si puliva le dita sporche e che poi mi lanciava in faccia.
Non facevo mai in tempo ad afferrare la pezza unta prima che si schiantasse sul mio naso.
Lui scuoteva la testa ogni volta ridendo di me, ma alla fine si avvicinava, mi toglieva il grasso dal viso e mi baciava le palpebre.
Dove sei? Dove sei?
Torna qui.
Non te ne sei andato davvero.
Tu non mi lasceresti mai.
Il sole è onnipresente: non può abbandonare il suo posto nel cielo.
La serranda arrugginita è abbassata ed io scivolo sulle doghe sconnesse, rannicchiandomi per terra in mezzo al fango.
Piango in silenzio, come se temessi di farmi udire. Lui non sopporta le mie lacrime ed io mi sono ripromessa di essere più forte.
Non sono stata capace di mantenere nemmeno un proposito scemo come quello. Ed io che rimproveravo sempre lui per le mille promesse infrante.
Asciugati le lacrime, Bella, prima che lui le veda.
Chiudi gli occhi e non mostrargli il rossore. Non vuoi ferirlo.
Non vuoi far tramontare il tuo sole, vuoi che continui a splendere per te.
Sopra la mia testa rimbomba l’eco lontano di un tuono.
Sobbalzo e mi raggomitolo su me stessa, cercando di non cadere a pezzi.
Non sono mai stata brava, però, a tenermi assieme.
Era Jacob quello bravo a ricollocare ogni frammento al posto giusto.
Senza di lui...senza di lui io...
La serranda alle mie spalle si alza d’improvviso verso l’alto con un colpo secco e qualche scricchiolio.
Cado all’indietro, sbattendo la testa sul cemento ruvido che fa da pavimento al garage.
Una luce abbagliante mi costringe a strizzare gli occhi mentre mi lamento con un gemito impercettibile.
Le mie orecchie sono assordate dal rombo di una moto familiare.
La prima che ha riparato a sedici anni; la sorella di quella rossa che ha assemblato per me e con cui mi sono sfracellata sulla strada sterrata dopo la scogliera.
Annaspo, senza riuscire a fare trovare al suo nome la fessura delle labbra.
Mi resta incagliato alla lingua, appiccicato al palato.
Riesco solo a tendere un braccio verso la luce del faro, continuando a versare lacrime mute.
Sei qui. Sei davvero qui.
< Bells ma che cazz... >
S’interrompe a metà frase, imprecando.
La luce si smorza e il pavimento vibra sotto lo schianto del telaio della moto, distrattamente buttata di lato.
Si precipita su di me e mi prende tra le braccia, premendo la mia testa sul suo petto.
Mi culla ed io reprimo i singhiozzi.
Sii forte. Sii forte per lui.
E’ ancora qui.
< Che diavolo ci facevi lì davanti? Cristo, sei coperta di fango! >
< Tu...Io...pensavo te ne fossi andato. > sussurro, aggrappandomi al suo giacchetto di pelle fredda.
L’ho sempre detestato. Gli sottrae il tepore del corpo e m’impedisce di lasciarmi scaldare quando lo abbraccio.
Si irrigidisce ed io apro gli occhi annacquati per guardarlo.
Sta fissando casa sua, nascosta da un paio di alberi un centinaio di metri più in là. Non me.
Per Jake quello è un assenso.
< Lo stavo facendo e ti ho quasi investito. Non mi aspettavo di... > mormora e sembra rivolgersi più a se stesso che a me.
< Lo so. >
Puntello le mani sul suo petto, sporcandogli la maglietta di fango, e mi stacco da lui, inginocchiandomi a pochi centimetri di distanza.
Avanti, Bella. Raccontagli perchè prima sei fuggita e poi ti sei disperata quando hai pensato che fosse partito lasciandoti qui.
Dì la cosa giusta per una volta.
Spiegagli che sei una cretina che comprende l’importanza di qualcuno solo quando riesce materialmente a misurare il vuoto che lascia la sua assenza.
< Sai, ho incontrato Jessica al negozio di souvenir a First Beach. > stringe le mani a pugno e continua imperterrito a non fissarmi < Si è congratulata con me per il matrimonio. Pensava che fossi io il... >
Inghiotte aria, amarezza e risentimento.
A fatica, stringendo gli occhi. Con dolore.
Dimmi che puoi vivere senza di me ma non senza di lui.
Non è vero.
Bugia.
Insulsa, stupida, inutile bugia.
Non posso vivere senza di te.
E’ l’unica cosa di cui sono sicura. La mia sola certezza.
Tu.
Tu e nessun altro.
< Dove volevi andare? > gli chiedo, cercando con lo sguardo lo zaino che una volta usava per scuola.
Lo trovo schiacciato dal peso della moto, la cui ruota posteriore ancora gira, e scuoto la testa lievemente.
Conoscendolo ci avrà buttato tutte le sue magliette migliori appallottolate malamente.
< Lontano. >
Lontano da me.
< In Europa. > si stringe nelle spalle, come se non fosse sicuro e a me manca l’aria.
< Dovevamo vederla insieme. > la mia voce è un gemito. Dolorante della sofferenza scaturita da qualcosa che non si è mai avuta e già si è persa.
Non riesco a trattenermi dal fare quel commento inopportuno. Quando c’è Jake nei paraggi ho il brutto vizio di spiattellare qualsiasi cosa mi attraversi il cervello anche solo per un secondo, il tempo di afferrarla.
Dovevamo, sì, prima che io gettassi tutti i nostri programmi alle ortiche.
I pomeriggi trascorsi sulle mappe geografiche per tracciare i percorsi con un pennarello rosso, le opere d’arte e i monumenti che lo avrei trascinato ad ammirare e tutte le fiere di moto che lui avrebbe fatto vedere a me controvoglia, giacevano tra le foglie urticanti di quelle piantine fameliche.
Ora, inginocchiata e sudicia di fronte a lui, cerco disperatamente di riprendermi ciò che è mio e che ho buttato via con troppa leggerezza.
Mi pungo nel tentativo, ma non importa.
Devo salvare il salvabile, a costo di scorticarmi via la pelle delle mani dal prurito.
Sanguino e non ne sono nauseata. E’ un sacrificio accettabile per riavere indietro Jacob.
< No. Non esiste più alcun noi. L'hai dimenticato? TI SPOSI. > sputa quella parola con sdegno, come se il suo sapore lo disgustasse.
E dentro quel rinfaccio io ci colgo decine di frasi che non pronuncia ma vorrebbe.
Le conserva dentro il petto, invece, lasciando che feriscano lui piuttosto che me.
Tagli infinitamente minuscoli, quasi indistinguibili ad occhi nudo, ma che lo dissangueranno poco a poco.
Nonostante tutto, non hai mai imparato a farmi male, a infliggermi la giusta punizione che merito.
Si alza di scatto e scaglia un pugno contro la serranda alzata per metà.
Quella stride e si accartoccia su se stessa, lasciandogli un po' di ruggine sulle nocche.
Sobbalzo ma non mi sposto. Seguo il suo movimento inquieto in quei pochi metri di spazio.
Avanti e indietro.
Avanti e indietro.
Si passa una mano tra i capelli, li stringe tra le dita.
Si strofina il viso. Borbotta e impreca ancora.
Avanti e indietro.
Calcia la sua cassetta degli attrezzi e una lattina di Coca Cola che è lì da chissà quanto tempo.
< Che cazzo c'ha lui che io non ho, eh? > si gira di colpo e sbraita, allargando le mani.
Niente. Il mio cuore è tuo.
< Rispondimi, Cristo! > mi prende per le spalle e mi scuote.
I suoi occhi neri sono pezzi di universo senza stelle. Galassie morte.
E' il momento della verità, Bella. Adesso o mai più.
ADESSO.

Ruoto il viso e arrivo a baciargli la punta delle dita.
Gli sorrido in un modo che spero sembri incoraggiante.
Jacob mi fissa interdetto e lo vedo accantonare per un secondo la sua rabbia.
< Ti amo, Jake. >
Eccoli, eccoli amore.
Li vedi i fuochi d'artificio?
Come puoi non farlo? Sono assordanti e colorati e riempiono lo spazio tra noi con i pezzi del mio cuore esploso.

< Che hai detto? >
Annaspa, Jacob, in quel sentimento brioso che lo esalta.
Ci entra dentro con cautela, come aspettandosi tagliole e trappole ad ogni nuovo passo.
E' assuefatto al dolore e non riesce a credere che non ne avverta l'amarezza.
Gli prendo il viso tra le mani e, costringendomi a cavare dalle ossa qualche goccia di coraggio, premo le mie labbra sulle sue.
Ti amo. Ti amo.
Perchè non te l’ho mai detto prima?
Per proteggerti. Per salvaguardarti, preservarti da me.
Cercavo qualcuno a cui aggrapparmi di cui non mi importasse granchè.
Un salvagente, una ancora, una mano, qualunque cosa mi sarebbe andata bene.
Così, quando è arrivato Edward, bello e incredibile, mi sono illusa che le mie preghiere fossero state ascoltate: sembrava uno di quei perfetti principi delle favole con tanto di armatura scintillante e destriero.
Per un solo istante ho creduto di potermi salvare e di poter salvare anche te.
Mi sono sforzata di seguire quel che mi gridava la ragione, zittendo i sussurri del cuore...ma l’idea di dover passare tutta una vita a soffocare i miei sentimenti mi terrorizzava.
Perchè Edward, per quanto amorevole e premuroso sia, ha un solo, unico e insormontabile difetto: non è te.
Mi scansa, prendendomi entrambe i polsi con una sola mano.
Mi guarda incerto, in bilico tra l’entusiasta e l’atterrito.
Ringhia.
< Che cazzo stai facendo? > mi spintona via e si allontana.
Scottato. Umiliato. Ferito ancora.
Hai sbagliato di nuovo, Bella. Non ne fai mai una giusta.
< Io... >
Non mi vuole più. Non mi vuole più.
< Ti ha mollato e allora sei corsa dal coglione di turno che ti accoglie sempre a braccia aperte, vero? >
Dì di sì, salvalo. Proteggilo.
Lasciagli credere quello che meno lo uccide.
Cerca di apparire migliore ai suoi occhi di quel che in realtà sei: un mostruoso essere color verde egoismo.
< No. >
Stupida. Idiota. Cretina.
Mi alzo sulle gambe malferme e lo raggiungo.
Torreggia su di me ed il suo viso mi sembra troppo lontano.
Solo ora mi rendo conto che stava sempre un po' chino per non farmi alzare sulle punte per parlargli.
L'ennesimo gesto di gentilezza passato inosservato, dato per scontato.
< Sono qui perc... >
Cazzo, Bella, che ci vuole? Dillo. Dillo!
< Bells, perchè piangi? >
Il suo sguardo s'ammorbidisce di colpo.
Scusami se sono così debole; se non so tenerti lontano dal mio dolore; se ti ci trascino dentro, annegandotici pian piano.
Con un dito m'asciuga una guancia e poi continua ad accarezzarmi, invitandomi col suo silenzio a proseguire.
< Non ti ho mai amato abbastanza, eppure tu sei sempre... >
< Ti ho amato io per entrambi. > non mi lascia finire.
Un attimo prima era furibondo e pensavo avrebbe ridotto a pezzi il garage, l'attimo dopo mi sta baciando.
E non è un bacio come quello che mi aveva dato sotto la pioggia.
Le sue labbra non sanno di disperazione, di ultimo ed estremo gesto.
Non devono convincermi, pormi di fronte alla realtà perchè io ci sbatta il naso contro.
Sono morbide, attente, premurose.
Dolci come quei mirtilli selvatici che raccoglievamo sempre da ragazzini e con cui ci impiastricciavamo il viso, mangiandone a piene mani fino a farci venire il mal di pancia.
Mi stringo a lui e lo assaggio ancora e ancora. Non sono mai sazia.
Mi infila le mani nei capelli e ripete il mio nome nelle brevi pause tra un bacio e l’altro.
Se è un’altra delle allucinazioni date dalla febbre, non voglio mai svegliarmi.
Voglio morire per autocombustione tra le braccia del mio sole.

Ma le sue dita ruvide che s’intrufolano sotto la giacca sono reali. Io non riuscirei in nessuna fantasia a rendergli giustizia, a renderle così vere.
Sospiro e appoggio la testa contro il suo petto ansante e lui posa le labbra sui miei capelli disordinati e sporchi di polvere.
< Scusa per averci messo tanto. > chiudo gli occhi e strofino il naso sulla sua maglietta, cercando di non piangere ancora.
Ma come si fa a non scoppiare di felicità allora?
Ne ho talmente tanta accumulata nel sangue, nei polmoni, nei muscoli e nelle ossa, che da qualche parte devo pur farla uscire.
Vorrei regalarne un po’ a Jake come risarcimento per gli anni passati ad aspettarmi, a guardarmi preparare per qualcuno che non era mai lui: eterna mia seconda scelta.
Vorrei ci fosse un modo per recuperare il tempo perso nell’ostinata ciecità, nell’affannata ricerca di qualcuno che mi vedesse migliore di quel che ero.
Ce l’ho sempre avuto davanti, quel qualcuno.
Mi ama per quella che sono. Interamente, non tralasciando pezzi vergognosi qua e là.
< Ti farai perdonare. > mi sorride e a me sembra di fissare la luce accecante di una stella intrappolata sulla Terra.
Mi morde il labbro inferiore e mi prende in braccio.
Mi toglie il giubbotto frenetico ed io gli allaccio le gambe intorno alla vita.
Finiamo addosso al mobiletto che contiene le sue chiavi inglesi e qualcuna cade a terra tintinnando.
Mi lamento, massaggiandomi la schiena, e lui ride e si scusa.
Si guarda intorno, smarrito, ed io intanto gli mordicchio il collo e tento di sfilargli il giacchetto di pelle.
Mi scivola dalle dita impacciate e sbuffo più volte, fino ad attirare l’attenzione di Jake.
< Che c’è, Bells? >
< C’è che questo dannato coso non si toglie e io...io... > mi sento imbranata e inadeguata.
Non abbastanza.

Mi mette seduta sul tavolo da lavoro ingombro di scartoffie e modelli d’auto da corsa e poi mi alza il viso preoccupato.
< Ho fatto qualcosa che non va? Ti sei pentita o... > distoglie gli occhi a disagio e si allontana.
Deficiente! Deficiente che non sei altro!
Possibile che devi sempre riuscire a rovinare tutto? A far dubitare lui di essere giusto?

Si strofina la mano sulla fronte e si china a raccogliere la moto solo per tenersi occupato.
< Jake. > lo richiamo scalciando con i piedi.
Lui mi ignora ed io avverto dei crampi allo stomaco.
Fastidiosi come morsi e acuti come punture di spillo.
< Jake. >
Alza anche lo zaino e lo sgrulla con una mano.
Scendo dal ripiano con un salto e lo afferro per una spalla, costringendolo a guardarmi.
< Jacob Black smettila immediatamente di pensare di aver sbagliato qualcosa! >
Dalla sua espressione tentennante capisco di non averlo convinto.
< Dio santo perchè non capisci che...che tu sei diverso da...e io...non voglio...ho paura di... >
Andiamo, Bella, è come fare la ceretta.
Uno strappo veloce ed il più indolore possibile. Non puoi sempre bloccarti ogni volta che devi confessargli quel che provi.
Lui è Jake. Ti conosce da una vita e ti capisce meglio di quanto faccia tu stessa!

< ...di rovinare tutto. Di deluderti. Di...disgustarti...di perderti. >
< Quanto sei scema, Bells. Come fai a pensare una stupidaggine del genere? In che lingua devo dirtelo affinchè te lo metti in quella testa bacata? Io ti amo praticamente dalla prima volta che ti ho visto, con quei codini scomposti e due finestrelle nel sorriso birichino. E, purtroppo per te, sono testardo e non cambierò idea. MAI! Oh cazzo, questo sì che è sdolcinato.>
Mi dà una botta leggera sulla fronte e sorride di nuovo.
Mi bacia ed io dimentico come si respira, come si cammina e persino come mi chiamo.
Isabella Marie Swan esiste solo con Jacob Black.
Per il restante tempo è un’ombra morta e anonima sui muri di questa cittadina grossa quanto un pugno chiuso.
Nel tentativo di direzionarlo di nuovo verso il tavolo da lavoro –l’unico posto che mi sembra adatto-, inciampo in quello zaino che lui ha mollato a terra e me lo trascino dietro, facendolo scoppiare a ridere vicino al mio orecchio.
Offesa, cerco di scansarlo, ma lui non si muove.
Mi bacia la gola, le spalle tirando il colletto della t-shirt e mi fa perdere la testa.
Nonostante il freddo che s’intrufola dallo spiraglio della serranda alzata ed i sassolini che s’incastrano tra le scapole, io lascio che lui mi spogli e baci ogni centimetro di pelle nuda.
Senza vergogna, senza più paure.
Lui le ha buttate in un angolo assieme ai miei pantaloni e le tiene a distanza perchè non mi tormentino più.
Ogni sua carezza è un raggio di sole che mi sfiora, ogni impronta di labbra è un’eclissi infuocata che sconfigge le tenebre.
Niente favole, principi o animali incantati.
Non mi servono più per sopravvivere.
Non voglio più fantasie inconsistenti e promesse eterne.
Voglio la realtà con tutti i suoi tiri mancini, le perdite e i dolori.
La voglio senza filtri di protezione.
Dura e meschina così com’è...ma con Jake.
Mi stringe le mani quando entra dentro di me. Mi guarda negli occhi e dice ancora di amarmi.
Bacia la mia bocca e non ne resta avvelenato.
Possibile che sia davvero giusta per lui? Possibile che sia capace di amare senza riserve nonostante abbia trascorso gli ultimi cinque anni a convincermi del contrario?
Il suo corpo s’incastra col mio alla perfezione e ci muoviamo insieme come se non avessimo mai fatto altro.
I sogni, quei sogni che aveva tessuto insieme, sono di nuovo in piedi e mi scavano dentro ad ogni nuova spinta.
Più di una volta avevo pensato di farla finita, di smettere di vivere, ma solo ora mi rendo conto che a vivere, io, inizio ora.
Jake è il sole. Jake è vita e la sta infonendendo in me con i suoi sospiri e le gocce di sudore che gli scivolano tra i capelli.
Io vivo. Io sento. Io respiro. Nient’altro che non sia Jacob.
< Ti amo. > mi alzo e poggio la fronte sulla sua spalla e gli infilzo la schiena con le unghie mentre glielo dico.
Non sto delirando. Non sto sognando.
Non ne ho più bisogno.
Finalmente, abbastanza.

Angolo di un'autrice sull'orlo di un crollo psicologico:
Ci siamo. This is the end.
Vi romperò le scatole solo un'ultima volta per l'epilogo e poi sarà davvero conclusa.
Questa storia non era prevista. Mi ero sforzata con tutta me stessa di non iscrivermi al contest di cui conoscevo bene l'esistenza...eppure l'ho fatto. Beauty m'è scappata di mano e ha preteso che raccontassi di lei e così è stato.
Il risultato mi ha emozionato come una bambina: era la mia prima volta sul podio, perciò sono particolarmente fiera di questi miei Bells e Jake.
Spero che siano piaciuti a voi almeno un quindicesimo di quanto sono piaciuti a me.
Ringrazio Ipswich Rochester Clearwater per il meraviglioso banner alla storia (che a me proprio non riusciva) e ringrazio tutte coloro che mi hanno seguito, letto e accompagnato per mano fin qui.
A voi, bellezze incommensurabili, un pezzetto di me ed un abbraccio immenso.
Strange.

 

   
 
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