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Autore: Volleydork    05/12/2012    4 recensioni
Avevo sempre cercato di avere tre certezze nella vita, tutte irrimediabilmente distrutte.
La prima era che le fette di pane imburrato cadono, sui vestiti, dalla parte del burro. Abigail mi aveva dimostrato il contrario. Forse aveva a che fare con l'essere figlia della dea dell'amore.
La seconda era che nessuno dormiva con tanto gusto con quanto lo facevano i gatti. Tristan si era dato da fare a disilludermi anche su questo, addormentandosi sotto i miei occhi durante una lezione di traduzione.
La terza era che non c'erano altri campi per semidei oltre al mio. Ma, stando alle parole di Elliott, mio padre e compagnia non erano gli unici a essersi impegnati sotto questo aspetto.
Perché, va bene tutto, va bene che arriva la fine del mondo e tutto il resto, ma preferirei che non dovessimo chiedere aiuto a quei fricchettoni degli dei greci...
Ah, scusate! Non mi sono presentata: io sono Selina Potter, figlia di Odino.
***
E io non ho ancora finito di ammorbarvi con le mie long su Percy Jackson.
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Percy Jackson, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Per convincerlo ad aiutarci, la figlia del “teatrale” deve essere rapita





Il mattino dopo lasciammo il campo per andare sull'Olimpo con Percy, Annabeth, Nico, Talia e Clarisse, che aveva accettato di venire solo dopo che Luna le aveva chiesto personalmente di unirsi a loro. Non avevo fatto parola con nessuno del tentativo di Tristan di sabotare la Caccia alla Bandiera, e fortunatamente nessun altro a parte me si era accorto della sua fuga. Non sapevo che casino sarebbe venuto fuori se l'avesse scoperto la squadra avversaria. L'avevo però minacciato di rinchiuderlo in uno sgabuzzino se avesse tentato di nuovo qualcosa del genere. Con mia somma soddisfazione l'avevo visto impallidire: Tristan soffriva di claustrofobia e una volta da piccolo uno dei suoi fratelli più grandi l'aveva tenuto chiuso nell'armadio delle scope per un pomeriggio intero. Era stato uno scherzo crudele, ma dato che per il Capanno di Loki fare scherzi crudeli era all'ordine del giorno, non mi ero stupita più di tanto quando me l'aveva raccontato.
Mentre attraversavamo New York, Annabeth mi spiegò che gli dei avevano spostato la loro modesta dimora sull'Empire State Building, e un po' della storia della guerra contro i Titani dell'estate prima. Mano a mano che andava avanti con il racconto, intuii in base a quale criterio Tristan aveva deciso chi ci avrebbe accompagnati. Percy: il leader della guerra a cui era stata offerta l'immortalità. Annabeth: la figlia della dea più difficile da convincere a fare qualcosa, che forse avrebbe dato ascolto alla figlia, visto che era stata la spalla di Percy per tutta la guerra. Nico: il figlio dell'asociale dio dell'oltretomba, uno dei Tre Pezzi Grossi e il meno incline a collaborare. Talia: figlia del dio delle centrali elettriche, nonché il capo di tutti gli dei (sposato con la sorella, yuck!). E Clarisse, a cui sarebbe toccato convincere Ares, il dio della guerra che odiava Percy. In pratica ci serviva ognuno di loro per trascinare gli immortali nella nostra avventura. Il resto degli dei era quello più incline a collaborare (va be', a parte Dioniso, ma una volta conquistata la maggioranza, contavo avrebbe ceduto).
Una volta che Annabeth ebbe finito di raccontarmi tutto, mi guardai alle spalle per vedere cosa facevano gli altri: Luna era stata presa d'assalto da Clarisse e dalla su irruenza, Abigail chiacchierava con Nico, Talia e Percy sembravano litigare per qualche motivo a me ignoto (anche se Tristan mi aveva assicurato che erano amici) e Adam e Tristan erano in fondo alla fila che confabulavano. Di nuovo.
Non che fossi gelosa, ma non mi avevano mai escluso dalle loro discussioni. Alla fine Tristan sembrò ammettere qualcosa che fece irritare Adam. Il rosso afferrò l'amico per la collottola sotto i miei occhi allibiti e lo trascinò in cima alla fila accanto a me e Annabeth.
“Selina, scusa, Tristan ha una cosa da dirti.” Detto questo lasciò andare l'amico.
Guardai il figlio di Loki perplessa.
“Volevo scusarmi per ieri sera, durante la Caccia. È stata una cosa stupida e inutile quella che ho fatto,” borbottò. Adam annuì soddisfatto e si mise a chiacchierare con Annabeth.
“Maltrattato dal mio migliore amico, bella roba,” si lamentò Tristan massaggiandosi il collo.
“I sensi di colpa ti hanno fatto confessare il tuo simpaticissimo scherzo di ieri?”
“Più che altro mi ha minacciato di darmi uno scappellotto se non gli avessi spiegato il motivo della tua ramanzina di stamattina. E sai che sventole tira quel ragazzo.”
Alla reception dell'Empire State Building, Percy chiese la chiave per accedere al seicentesimo piano del palazzo, che venne consegnata senza troppe storie. Aspettammo di trovare un ascensore vuoto e ci infilammo dentro, una decina dei semidei più potenti dei due campi. Mi stupii che non fosse ancora saltato in
aria tutto a causa dei mostri. Nella cabina dell'ascensore si diffuse in sottofondo “Only You” dei Platters. La canzone era così straziante che l'istinto fu quello di guardarmi intorno cercando qualcosa con cui uccidermi. In effetti c'era l'imbarazzo della scelta, ma quando decisi di porre fine alle mie sofferenze con il martello di Adam, le porte si spalancarono. Rimasi a bocca aperta nel vedere l'Olimpo, immobilizzata dopo essermi appesa alla cintura del mio amico nel tentativo di prendergli il martello.
“Sel, che stai facendo?” Adam era abbastanza perplesso e non potevo dargli torto.
Arrossì e balbettai una scusa che doveva essere “volevo uccidermi” ma uscì come “vavlgh”. Lasciai bruscamente andare i pantaloni di Adam e mi affiancai a Talia.
L'unica parola che poteva descrivere l'Olimpo era: divino (e grazie al cavolo, penserete voi, è la dimora degli dei). Talia, che si era posta alla guida del gruppo, ci guidò verso la sala del consiglio degli dei, sulla cima del monte. Dentro la sala, seduti nei rispettivi scranni, c'erano Era, Zeus e Artemide.
“Divina Artemide.” Talia si inginocchiò in direzione della dea, poi verso il padre. “Padre.”
Zeus fece un cenno soddisfatto per il rispetto delle formalità della figlia e attese che noi la imitassimo. Poi attaccò con l'interrogatorio e a quel punto fu il mio turno di spiegare per l'ennesima volta chi fossimo e per quale motivo avevamo scomodato “sua maestà Cuorcontento II, detto Elettroshock ”, come l'avevo soprannominato io. E ci tengo a sottolineare le maiuscole.
Quando finii tutto il mio bel discorso (ne avevo davvero le palle
piene di ripeterlo), Elettroshock mi fissò con aria pensierosa e decretò. “Dobbiamo convocare un consiglio.”
Ma dai.”
“Artemide, chiama tuo fratello e di' a Ermes di cercare gli altri. E fai venire anche Ade.”
Mentre attendevamo tutta la famigliola, feci una passeggiata nei giardini dell'Olimpo. Non riuscivo a capire perché gli dei passassero la maggior parte del loro tempo in giro, quando avevano una casa così bella. Così come non capivo la voglia di mio padre di gironzolare per il mondo, invece che stare ad Asgard tranquillo.
E a controllare che sua moglie non lo tradisca.”
Girava la storia che durante un periodo d'assenza particolarmente lungo di Odino, Frigg si fosse divertita con i fratelli Vili e Ve. Certo, la fonte era Loki, non particolarmente attendibile come fonte quindi, ma non si poteva mai sapere. Le dee di Asgard avevano dei caratterini niente male.
Quando finalmente tutti gli dei furono radunati, mi toccò ripetere per l'ennesima volta la storia (perché, ovviamente, Zeus non poteva scomodarsi a spiegare lui quello che gli avevo detto cinque minuti prima).
Alla fine Atena mi fissò con uno sguardo penetrante e diffidente.
“Così vorreste il nostro aiuto?”
E quella è la dea della sapienza?”
“Sì, se poteste proteggere la terra dagli attacchi dei giganti di fuoco, per i nostri dei sarebbe più facile sconfiggere Fenrir e Midgardr.”
La dea appoggiò il mento su una mano, riflettendo.
“Potremmo, – dichiarò, – ma dobbiamo riflettere attentamente prima di decidere.”
Mi trattenni dallo sbuffare.
L'unico che sembrava seriamente propenso ad appoggiarci era Ares, forse per la prospettiva di avere la possibilità di menare un po' le mani. Afrodite, che in precedenza era concentrata e laccarsi le unghie, si era distratta ad ascoltarmi e aveva finito con il dipingersi un dito di rosso. Apollo aveva le cuffie dell'iPod nelle orecchie e non aveva sentito la parola. Ermes stava cercando di sistemare un pasticcio con le poste divine dal suo caduceo, trasformato in un cellulare. Dioniso sembrava deciso a ubriacarsi con la Diet Coke, a giudicare da quanta ne stava bevendo. Ade, che era stato relegato su uno sgabello raccattato da qualche parte, ci fissava annoiato. Nel complesso la situazione mi faceva venire voglia di prendere a craniate il pavimento di marmo e offrirmi come sacrificio umano se avessero accettato.
Artemide, l'unica attenta, mi fece una domanda che evidentemente per lei era fondamentale.
“Quindi la terra verrà devastata dal fuoco, con le foreste, gli animali e tutto quanto?”
“Devastazione totale,” confermai.
La dea arrossì di collera e batté un pugno sul bracciolo dello scranno.
“Non possiamo permetterlo!”
“Artemide, comprendo la tua rabbia, ma dobbiamo analizzare la situazione...”
“Se fosse per te, Atena, noi non combineremmo mai niente!” replicò stizzita Artemide.
Apollo si tolse una cuffia e osservò con interesse la furia della sorella.
“E i cereali? – chiese Demetra – A loro piacciono i cereali?”
“Loro odiano i cereali,” risposi sarcastica. Demetra fece una smorfia di disapprovazione.
Ci vorrebbe qualcosa per farli smuovere... Ma cosa?”
Visto che non avevo poteri di divinazione o di controllare le creature, quello che accadde dopo fu davvero una coincidenza. Fatto sta che mentre gli dei si arrabbiavano gli uni con gli altri, e Atena cercava di riportare l'ordine, al fianco di Talia comparve un uomo. L'uomo afferrò la cacciatrice per la maglietta, si trasformò in un aquila gigantesca e volò fuori dalla sala portandosi dietro Talia scalciante. Adam e Annabeth si lanciarono all'inseguimento dell'aquila, ma quella era già volata via sotto gli sguardi sconvolti degli dei. Mi girai con rabbia verso Atena e gli altri.
"Come potete vedere, non abbiamo tempo per riflettere! L'Olimpo non vi proteggerà da queste creature! Dovete decidere adesso: ci aiutate o no!?"
Mi resi conto troppo tardi del tono che avevo usato e, soprattutto, a chi mi ero rivolta. Mi aspettavo di passare il (breve) resto della mia esistenza in una scatoletta di cibo per gatti, ma quando Atena parlò, fu per dare il suo appoggio alla nostra missione.
Va bene, – disse, – io dico che dobbiamo aiutarli.”
Artemide annuì soddisfatta.
“Anch'io li appoggio.”
Ares cambiò posizione con aria annoiata.
“Se ci fosse stato solo Jackson non avrei voluto aiutarvi, ma visto che mia figlia è coinvolta...”
Zeus batté un pugno sul bracciolo dello scranno.
“Mia figlia rapita! Non posso tollerare un affronto simile! Vi aiuteremo!”
“Per quanto mi riguarda, – esordì Ade con voce strascicata, – tua figlia può anche morire, caro fratello. Ma vedo che hanno ritenuto che mio figlio potesse essere di aiuto. Posso dirmi d'accordo a dare loro il nostro appoggio.”
Quasi tutti gli altri dei votarono a favore.
Chiunque tu sia, tu che hai rapito Talia, meriti un tempio.”
Lasciai che fosse Atena a pianificare la difesa, dopo aver indicato i punti in cui avrebbero potuto arrivare i giganti di fuoco. Bifrost è il ponte principale, ma con l'andare del tempo si erano aperte delle porte tra i nove mondi, come se il tessuto che li teneva separati si fosse consumato e avesse bisogno di essere ricucito.
Mentre scendevamo in ascensore, notai che Tristan era stranamente silenzioso e cupo.
“Tutto bene?” gli chiesi.
“Ne parliamo dopo,” mi rispose, brusco.
Fuori dall'Empire State Building, Tristan accelerò il passo, le mani sprofondate nelle tasche dei jeans e le spalle ingobbite. Io e Adam, lasciando indietro Luna, Abigail e gli altri, lo raggiungemmo. Adam gli mise una mano sulla spalla.
“Tris, cosa c'è?”
“Quello era Loki.” Sembrava così abbattuto che quasi mi fece tenerezza. Ci tengo a sottolineare il quasi.
“Ne sei sicuro?”
“Sì.”
“Tristan, – ero lievemente perplessa, – credevi davvero che Loki non c'entrasse niente con tutto questo?”
“Non che lo credessi, – mormorò, – ma speravo che avesse imparato qualcosa dalla punizione che gli hanno inflitto secoli fa.”
Gli battei una mano sulla spalla.
“Su, gli tirerò tanti calci in culo che dopo gli dei avranno pietà di lui e non lo puniranno un'altra volta.”
Lui sorrise.

Raggiungemmo Campo Nord quella sera. Percy, Annabeth, Nico e Clarisse non avevano voluto saperne di tornare al Campo Mezzosangue, quindi li avevamo scarrozzati (o meglio, visto che eravamo a cavallo, scavallati) con noi al campo. Potete immaginare come diventarono, ben presto, l'attrazione del momento. I più piccoli si avvicinavano con aria intimidita e curiosa, i più grandi stavano a distanza e li scrutavano con diffidenza. L'unica tra i più grandi che si avvicinò fu Sarah, dopo essersi sistemata i folti capelli biondi, e tese una la mano verso Percy, con un gran sorriso stampato sul volto.
“Piacere! – trillò – Sarah Sibilla Watson, rappresentante della casa di Frigg! E tu sei...?”
Percy le strinse la mano con aria incerta.
“Percy Jackson, figlio di Poseidone.”
Annabeth evidentemente sentì il bisogno di proteggere il proprio territorio.
“E io sono Annabeth Chase, figlia di Atena. La sua fidanzata,” e concluse la presentazione con uno sguardo di sfida. Se Sarah rimase delusa, lo nascose bene. Cercando di fingere un'autorità che non avevo, battei le mani e feci cenno ai ragazzi del Campo di fare spazio.
“Su, per favore, fateci spazio! Abbiamo bisogno di Elliott! Sarah, dov'è?”
Sarah stava per rispondermi, ma venne bruscamente interrotta da Alyssa, che aveva attraversato la folla senza neanche aver bisogno di sgomitare.
“Alla fine ce l'hai fatta, Potter. Non posso credere che pur con la tua codardia, li abbia convinti.”
Aprii la bocca per rispondere a tono, quando Clarisse si parò davanti alla figlia di Thor.
“Non ti conosco, – esordì la figlia di Ares, – ma su tutte le cose che potevi dire su questo scricciolo, che sia una vigliacca era l'ultima! Non so come sia qui al vostro campo, ma da noi non sono tante le persone che hanno il coraggio di sfidarmi, e sono il capo della casa di Ares, mica una figlia di Demetra qualunque!”
Clarisse era qualche centimetro più piccola di Alyssa, ma in quel momento appariva piuttosto minacciosa. Io e Abigail ci scambiammo un'occhiata sgomenta. Luna mi tirò una leggera gomitata per attirare la mia attenzione e mi sorrise con aria complice.
“Le hai detto tu di trattarmi bene?” Sussurrai commossa.
Luna annuì. Dovetti reprimere l'istinto di abbracciarla davanti a tutti.
Alla fine della sfuriata, Alyssa guardò Clarisse con aria di sufficienza e se ne andò. La figlia di Ares tornò al fianco di Luna, con l'atteggiamento di una guardia del corpo: braccia incrociate, sguardo fisso davanti a sé, gambe leggermente divaricate.
“Credevo avresti fatto il confronto con una figlia di Afrodite,” dissi.
Clarisse scosse la testa.
“L'ex capo della casa di Afrodite era la mia migliore amica.”
“Era? Cosa le è successo?”
“È morta.”
Forse avrei fatto meglio a tapparmi la bocca.

Elliott ci accolse nella sua casa. Era una sorta di baita a due piani, con uno scantinato misterioso in cui nessuno all'infuori di lui aveva il permesso di entrare. Gli spiegai quello che era successo, del rapimento di Talia, e quando ebbi finito, lui si massaggiò il mento con aria preoccupata.
“Vi devo far andare ad Asgard.”
“E tu sapresti come farci arrivare là, Elliott?” chiesi incerta.
Elliott sospirò e ci fece cenno di seguirlo, prese un mazzo di chiavi e si diresse verso le scale che portavano nello scantinato. Lo seguimmo senza dire una parola. Abigail mi lanciò un'occhiata nervosa. La porta della cantina venne aperta cigolante, lasciando uscire una ventata di aria fresca e puzzolente di muffa.
“Woah! – esclamai – Elliott, da quanto tempo non entravi qua?”
“Tanto, troppo. Ma era pericoloso.”
Immaginai chissà quali pericoli potesse nascondere una cantina umida (feroci vini diventati aceto o crudeli vecchi libri di scuola). Non era di tutto quello. Il pericolo stava in una vecchia porta di legno dai cardini arrugginiti, su cui era stata attaccata una targhetta d'ottone.

 

Per Asgard.


Mi si mozzò il fiato in gola, così come ai miei amici. Percy e gli altri non erano particolarmente colpiti, loro erano abituati ad andare e venire dall'Olimpo come e quando volevano. Ma per uno di noi andare ad Asgard era un grandissimo privilegio.
“Elliott... – mormorò Abigail – Hai nella tua cantina un portale che conduce ad Asgard?”
L'uomo annuì. Io aprii la bocca un paio di volte, alzai le braccia, le feci ricadere lungo i fianchi.
“Andiamo,” dissi alla fine.
“Sel, ti prego aspettiamo almeno domani, ho il culo a pezzi!” si lamentò Abigail.
Guardai stupita la ragazza: Abigail era molto contenuta nel linguaggio, a differenza mia, e doveva essere davvero distrutta per usare parole del genere. Non mi lasciai però corrompere da quel suo bel faccino.
“Abby, sono già passati quattro giorni, ci rimane meno di un mese per evitare che Balder venga ucciso.”
“Dubito che abbiamo bisogno di ventisei giorni per raggiungere Asgard,” replicò scettica.
Strinsi i denti. Abigail sapeva essere una persona meravigliosa, ma quando si impuntava su qualcosa diventava più testarda di un mulo e non cedeva neanche quando era palesemente dalla parte del torto. In cui, in quel momento, non si trovava, stando a sentire Elliott.
“Partirete domani,” affermò.
“Elliott!” protestai.
“Abigail ha ragione, dovete riposarvi e prepararvi per il viaggio. E devo avvertire mio padre del vostro arrivo.”
“Bene.” Affondai le mani nelle tasche e salii in fretta le scale. Appena uscii dalla casa di Elliott, una mano mi si posò con delicatezza sulla spalla. Mi voltai di scatto, trovandomi di fronte il viso di Tristan. Non avevo neanche sentito che mi stava seguendo.
“Che c'è?” domandai brusca.
“Volevo solo dirti che anche secondo me dovremmo partire subito. Non sappiamo cosa potrebbe accadere a Talia.”
Gli rivolsi uno sguardo irritato.
“Ieri rubi la bandiera da sotto i miei occhi e oggi mi dai ragione in una discussione. Sii coerente, Tristan! Già faccio fatica a capire le persone normali.”
Tristan mi guardò ferito, poi sul suo viso comparve il suo solito sorriso storto.
“E adesso cosa ti diverte tanto?”
“Niente, solo che ti sei calata bene nella parte del capo.”
Spalancai la bocca, non sapendo se prendere l'insinuazione come un complimento o un'offesa.
“Cosa intendi?”
“Non sopporti che le tue decisioni vengano contrastate, vero?”
Di nuovo non sapevo cosa rispondere, così girai sui tacchi e andai nel mio capanno. Non avrei mai ammesso che aveva ragione.
Quella sera, dopo cena, mi ritirai sul molo a guardare le stelle. Ripensai alla proposta di Abigail di partire il giorno dopo, e immaginai che non doveva essere stata dettata puramente dalla stanchezza. Forse sentiva il bisogno di salutare il campo. Riflettei seriamente sul fatto che, se non avessimo impedito l'assassinio di Balder, tutto il nostro mondo sarebbe stato distrutto. Non ci sarebbero stati più i boschi, il campo, i miei amici... Mi sentii quasi schiacciata dall'angoscia di perdere tutto quello che avevo conosciuto, di morire.
Avevo solo sedici anni e dovevo compiere una missione che poteva salvare il mondo. Capii come aveva dovuto sentirsi Percy. Poco dopo arrivò Luna.
“Ehi,” disse sedendosi accanto a me.
Non risposi.
“Sei ancora arrabbiata con Abby?”
“Non mi sono arrabbiata con lei, ero solo un po' irritata. A volte è così testarda.”
Luna annuì.
“Ho fatto una gaffe con Clarisse oggi, non è vero?”
“Non si è scocciata, stai tranquilla.”
“Non voglio che mi rubi la mia amica.”
“Non lo farà,” mi rassicurò Luna.
“Cosa è successo alla sua amica?”
“Si chiamava Silena Beauregard. È andata in battaglia al posto di Clarisse perché lei si rifiutava di combattere e per rimediare a quello che aveva fatto.”
“Cosa aveva fatto?”
“Era stata una spia di Crono. Il suo fidanzato è stato ucciso dal titano nonostante avesse promesso di risparmiarlo.”
Tacqui e rimasi a osservare l'acqua scura.

Il mattino dopo ci preparammo alla partenza. Si era già sparsa la voce che Elliott avesse un portale verso Asgard, sperai che a nessuno venisse la malaugurata idea di farsi un viaggio di piacere. Prima di partire, Sarah prese da parte Luna. Mentre parlava, vidi Luna impallidire, poi scosse la testa nonostante le proteste di Sarah e tornò al mio fianco.
"Selina." Elliott mi fece cenno di aprire la porta. Presi un profondo respiro e misi una mano sulla maniglia. Abigail e Luna venivano subito dopo di me, seguite a loro volta da Percy, Annabeth, Nico e Clarisse. Tristan e Adam chiudevano la fila.
Immaginavo che dalla porta sarebbe scaturita una luce dorata e accecante, invece tutto quello che mi aspettava era buio. Mi girai verso gli altri.
"Andiamo."
E attraversammo la soglia, diretti verso Asgard.

















***
Angolo dell'autrice:


Oh, yeah, Talia è stata rapita. Non che ne sia contenta. Però quei quattro dovevano avere un motivo per andare ad Asgard, sennò tornavano tranquilli al campo, e che cavolo! A proposito della musica di sottofondo in ascensore, non so cosa pensate voi di Only You, ma a me non piace molto. Invece amo The Great Pretender!
Non sapete quanto stia amando scrivere di Tristan e Selina! Mi piacciono troppo quei due! Selina si sta abituando a essere il capo, forse suo padre in fondo aveva ragione... E Catnip, hai visto che sto cominciando a raccontare un po' la storia degli altri? Stai tranquilla che darò loro la debita importanza!
Che ne dite del consiglio degli dei, li ho fatti abbastanza... deosi(?) ? Forse dovrebbero essere comunque un po' più interessati, ma, cielo, già importa loro poco dei loro figli semidei, figurarsi i semidei altrui.
Vi ringrazio voi tutti che recensite, seguite, leggete, mi fa sempre molto piacere vedere che trovate la mia storia interessante!

  
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