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Autore: meiousetsuna    06/12/2012    7 recensioni
Alaric, in un momento di somma genialità creativa, pensa bene di ideare una soluzione radicale per risolvere i problemi del suo caro amico Damon; costruirà una fantastica macchina del tempo, per riportare lui e Stefan nel 1864, fermare Katherine e vivere felici e contenti...
Peccato che qualche incidente, e alcuni incontri non proprio desiderati rendano problematica l'esecuzione di questo piano!
Dal testo: “Pensa, Damon! Potremo tornare nel 1864 e fermare Katherine vietandole di venire a vivere a casa nostra, chiudendola di persona nella cripta! Non è fantastico? Cambierebbe tutta la storia di Mystic Falls!”
Il vampiro si bloccò, assorbendo lentamente l’informazione come per non perderne neanche una goccia, aprendosi in un sorriso mellifluo che gli illuminò sinistramente il viso. “A casa la facciamo entrare, ce la rigiriamo a turno come un calzino, poi la chiudiamo nella cripta piena di verbena! Devo insegnarti tutto, ragazzino… e non fare il santo con me, non attacca, non è che foste particolarmente silenziosi!”

Quattro episodi che spero vi potranno far divertire e tenere compagnia!
Baci&abbracci, la vostra Setsuna
Genere: Avventura, Commedia, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Damon Salvatore, Stefan Salvatore, Un po' tutti
Note: AU, Nonsense | Avvertimenti: nessuno
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Ci sono delle amiche che ti fanno sentire il loro affetto, ogni momento... la mia Iansom! Buon divertimento a tutte!

La Camaro giaceva triste e sola in un ameno boschetto, al di là del quale si stagliava la siluette di una grande città, sovrastata da alte torri e guglie di stile gotico.
Stefan era un tale ritratto della mortificazione, che anche se sotto sotto Damon covava il desiderio di prenderlo a calci, aveva optato per un attimo di bontà, aggrappandosi al fatto che, per lo meno, procedevano correttamente in avanti nel tempo, quindi sarebbe bastato mettere in moto la prossima volta con suo fratello con le mani legate.


Cercò di capire dove esattamente potessero trovarsi, quando il più giovane venne in suo aiuto.
“Damon, ma questa è Parigi! Quella volta che nel 1936 ho preso “sufficiente” in Geografia, mi ricordo che…”
“Basta! I tuoi trascorsi scolastici non sono un argomento di vanto, quando lo capirai? Comunque, se proprio dovevi fare un disastro per lo meno siamo in una città di belle donne e alcolici prelibati! Andiamo in una taverna, beviamo… intendo tutto quello che ci può servire, poi come al solito aspettiamo la cometa. E Stefan…”
“Sì ho capito, mi spezzi le mani”.
“No. Volevo dire che in fondo non sei il peggior compagno di viaggio che ci possa essere.* Muoviti!”

 

Capitolo 3) Cognac per uno, vino per tutti! **/***

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I vampiri avevano tentato di camuffarsi al meglio, con le camicie da sera dai polsini e colletti con sobri ricami bianchi e infilando i pantaloni negli stivali da equitazione, ottenendo un risultato decisamente risibile, ma almeno non assurdo e in quelle condizioni si spinsero tra la folla confusionaria e piuttosto maleodorante delle fangose strade cittadine, fino a individuare una bella e grande locanda, coperta di edera rampicante dalla quale provenivano effluvi invitanti ed un certo viavai di avventori.
Solo il nome sull’insegna: “Le bon père Michel”**** avrebbe forse potuto generare qualche dubbio.

Si comunicarono la reciproca approvazione, dirigendosi a passo spedito verso il cancelletto d’ingresso. Nella foga del momento, Damon non si accorse di urtare violentemente col gomito un elegantissimo gentiluomo, abbigliato dalla testa ai piedi di velluto azzurro, con un gran cappello piumato e stivali all’ultima moda che sostava nel cortiletto antistante la porta, sorbendo uno strano intruglio e scrivendo dei brevi dispacci appoggiato ad un tavolino improvvisato, facendogli rovesciare sulle piccole pergamene un po’ d’infuso e provocando una lunga sbavatura di inchiostro dalla piuma appena imbevuta.
“Signore”. La voce dell’uomo era calma, ma non per questo poco minacciosa. “Credo mi dobbiate delle scuse”.


A quelle parole Stefan si piegò a terra dalle risate mentre Damon assumeva l’aria di chi si trova in una gabbia di matti.
“Quella parola non esiste nel mio vocabolario”.
“Mi avete fatto versare il thè delle cinque, che faccio giungere dalle Indie appositamente per me, mentre scrivevo i messaggini. Mi dovete riparazione: vedo che giungete ora dalle campagne e sarebbe iniquo approfittare della vostra fatica; vi lascerò rifocillare e più tardi all’imbrunire vi attenderò dietro le mura di quella chiesetta per un duello”.
Damon lo osservò con attenzione, senza riuscire a trovarlo veramente antipatico; comunque al buio sarebbero sfuggiti via, per cui gli rispose con maliziosa cortesia.
“Volentieri… con chi ho l’onore di parlare?”
“Chiamatemi pure Eliejhòs! E voi, sareste?”
“Da-mon. Pronunciatelo bene, per favore.”
“La lingua inglese mi è tristemente nota. Allora, alle otto”.
“Bene”. Damon non avrebbe potuto spiegare perché, ma allontanandosi gli venne spontaneo girarsi e salutare quello strano tipo con due baci mandati all’aria.*****


Una volta entrati, la loro attenzione fu subito catturata da un pannello di legno appeso vicino al camino, che recava le regole della casa dettate dall’oste.
1) I clienti sono come figli miei: li ammazzerei tutti, non datemi un motivo
2) Chi non paga verrà rinchiuso in cantina avvolto in catene, non bisogna sempre disturbare le Guardie Cittadine
3)É severamente proibito introdurre Cani Lupo nel locale
4) Le signore il cui nome è Tatiénne, Charlotte, Catherine, o Hélène non possono entrare

“Bizzarro, vero? Quante coincidenze… e guarda quel tipo seduto proprio alle tue spalle; sta scrivendo un diario!”
Damon non fece in tempo a fermare suo fratello con movimenti di velocità umana; di fronte a quell’oggetto il ragazzo perdeva completamente la ragione.
Il signore in questione era alto, bruno, dai tratti nobili e sprizzava una tale allegria che i fiori che
adornavano il suo tavolo si erano seccati dopo un minuto che l’aveva occupato, mentre i servitori preferivano perdere la mancia ma evitarlo, giungendo a volgari manomissioni nella zona sotto la cintola; solo una ragazza di cucina, alta e dai capelli mogano, accettava di occuparsi di lui.
Stefan era stanco e affamato altrimenti sarebbe stato più cortese, ma, deciso a riuscire a rilassarsi, si accomodò sulla sedia libera, strappando di mano il brogliaccio al suo proprietario.


“Siete amante dei diari, vedo! Anche io ogni giorno gli affido i miei pensieri; le prese in giro di mio fratello, il mio rapporto sereno con la mia fidanzata, un ragazza così decisa… una volta ne aggiornavo anche uno scrivendo sulla parete dentro un armadio, con la lista dei morti, ma non stavo tanto bene in quel periodo… e voi?”
Detto fatto, aprì alla pagina contrassegnata da un nastrino nero, come tutto il vestiario in panno, decorato da polsini e collo di fine batista candida ed una croce d’argento; non era certo malmesso, ma pareva pronto ad essere sepolto.
‘Oggi mammina mi ha detto che sono il suo rampollo preferito e con ciò mi ha chiesto se potevo suicidarmi; mi sembra giusto’. Stefan voltò pagina.
‘I miei fratelli dicono che se vengo a mancare io, almeno non ne risente nessuno: sono tanto umanitari’.
‘Amo una sola donna da tutta la vita, ma a mia sorella non piace: è una popolana. Devo fidarmi del suo giudizio, perché lei ne frequenta tantissimi, proprio per imparare a giudicarli; è molto colta’.


“Vedo che, a mie spese, vi siete divertito, giovinotto. Questo è un male. Vi aspetto al tramonto dietro la chiesa qui vicina: dispone di un piccolo cimitero, così, per fortuna almeno uno di noi  sarà sottoterra prima che il giorno si spenga nella sua lenta agonia… vi aspetto alle otto, ora devo fare il mio consueto giro per la città in cerca di disgrazie. Sono Finneìs, non dimenticate”.
“Saluta il signore, su!” Damon era imbarazzato dalla maleducazione del più piccolo.
“Tanto saremmo stati comunque lì! E ora non tormentarmi tutto il tempo, ho voglia di cenare. Oste! C’è del cognac, in questa bettola?”
Un’ombra inquietante si proiettò sul tavolo e quando i vampiri alzarono lo sguardo trovarono una faccia scolpita con l’accetta che li squadrava in modo assai poco amichevole.


Michel indossava un simpatico grembiule imbrattato di sangue e brandiva un coltellaccio da macellaio che piantò nel legno per darsi una pulita alle mani.
“Non mi piace avervi nel mio locale, sia chiaro! Stranieri… preferivo il mio villaggio. Vi porto quello che c’è, mangiate in fretta, pagate e toglietevi dall’anima al più presto!”
Stefan diede fondo a tutte le sue capacità per anticipare la risposta del maggiore; erano entrambi stremati e consapevoli degli appuntamenti che avevano più tardi.
“Certo! Paghiamo in oro, va bene? – per fortuna aveva nelle tasche anche qualche moneta d’epoca – Io prendo un bel coniglio al sangue e per mio fratello, per favore, il cognac che ha chiesto”.
“É una rarità, costa molto e ne ho solo una fiaschetta! La ordinate tutta, oppure vi sbriciolo le costole con la mano?”
Tutta. Se non fosse buono, ti rovescio questa baracca!” Damon stava perdendo quel poco di pazienza che possedeva, ma al sopraggiungere di una graziosissima fanciulla che sembrava felice di avere quel compito riguadagnò il sorriso, specie quando con un’occhiata ammaliatrice provvide a effettuare una ‘correzione’ nel bicchiere senza che lei neanche si accorgesse di avere un taglietto sul polso.
Tutto si era messo per il meglio, quando una voce arrogante li raggiunse dal tavolo più in vista della stanza, con un tono di superiorità che fece subito scattare in Damon la modalità ‘Maschio Alfa’.


Un ragazzotto non troppo alto, il cui sorriso sprezzante gli ricordava in modo molesto qualcun altro, anche se il colore nocciola dei capelli e gli occhi scurissimi lo depistavano, lo stava sfidando.
“Se c’è qualcosa di superiore, la voglio io. Capisco tutto io. E chiamo a mio fratello grande!”
Stefan rialzò il viso dal succulento spezzatino praticamente crudo che stava sbranando, era la sua Giornata della Cultura: nel 1956 aveva preso ‘distinto’ in grammatica!
“Dopo un verbo transitivo…”
Damon era combattuto tra picchiare suo fratello o il molestatore ignoto e decise che quest’ultimo era più interessante, in tal senso.
“Ascolta, marmocchio; qualche anno fa sarai stato anche presentabile e forse potevi rivolgermi la parola; ma adesso sei solo un borioso pancione con una divisa di Pierre Cardin imitata a Nanchang,****** le firme vere IO le riconosco! So cosa fa per te! Oste della malora! – Damon si ambientava bene in tutti i locali dove si servivano alcolici – una brocca di Tavernello per il mio amico!”


Un ghigno da pazzo furioso si dipinse sulle labbra del ragazzo.
“Capisco… visto che è gratis, lo bevo, ma alle otto ti aspetto nel cortile dietro la chiesa del quartiere! Se dovessi mancare, ti ritroverò, parola di Kolthos!”
Damon sbuffò, e tornò a dedicarsi alla sua disponibile amichetta.


La campana in bronzo aveva battuto l’ottavo tocco da un po’ quando i due vampiri si presentarono finalmente all’appuntamento: i loro sfidanti, Eliejhòs, Finneìs e Kolthos li attendevano facendo una partita a dadi.
“Siete in ritardo, messeri, non è urbano da parte vostra”. Eliejhòs era stato eletto portavoce, essendo quello che si esprimeva con più raffinatezza.
“Non siamo noi in ritardo è l’orologio che segna l’ora sbagliata!”******* Comunque vedo che tra voi vi conoscete e siamo due contro tre non è molto sportivo!”

Il bruno ridacchiava tra sé e sé pensando a quando avessero manifestato la loro vera natura.
“Per altro, avete qualcosa di noto… non siete mica…”
“Sì! Siamo i celebri Tre Spadaccini! Sempre uniti in ogni situazione!”********
“Ma non dovreste chiamarvi…”
“Ascolta, ragazzo – Finneìs era molto pacato, quasi esalasse l’ultimo respiro – usiamo il fioretto, è vero, ma suonerebbe buffo. Non bisogna ridere!”

Un attimo prima che i due gruppi potessero finalmente affrontarsi, una lussuosa carrozza con tendine di chiffon entrò nel cortile; il conducente si eclissò subito dopo aver disposto uno sgabellino per facilitare la discesa della dama che apparve ai loro occhi.
Era bionda e davvero bellissima nel suo abito viola scuro e la mascherina di pizzo; abbracciò con un solo sguardo tutti i presenti, soffermandosi su due occhi celesti e fieri come il mare d’inverno in tempesta.


“Sono Milady Rebecca De Winters********e sono in cerca di… persone da salvare, ecco! Non vorrete sprecare tanta carne fresc… dicevo! Ferirvi per bisticci da nulla! Adesso vi accompagno a fare un giretto in carrozza, uno ad uno e vi spiego i vantaggi della conciliazione. Prima questo bruno, che non ho mai visto in città, mi sembra equo”.
Il vampiro salì in vettura con un’espressione da letto di quelle mai viste, bisbigliando a Stefan. “Tra due ore, in macchina”.

Era ormai notte quando Damon raggiunse il fratello nella Camaro.
“Scusa ma non dovevamo fare le ripetizioni a turno?”.
“Stef, se nomini ancora la scuola mi arrabbio. Anzi, no, adesso mi sento rilassato! Fa quello che vuoi!”
Non fece in tempo a rimpiangere le sue parole che il minore aveva posto la mano digitando la data per la partenza.
“Ops! Scusa, l’8 è un po’ danneggiato, perciò l’altra volta l’ho saltato... sono scivolato sul 9. É grave?”
“STEFAN! Stiamo andando nel 1964! Ti rendi conto che…”
Il resto delle sue parole fu coperto dal potente rombo del motore…



*Questo Damon chiaramente lo diceva ad Elena, ma ho certi momenti ‘Salvabros’ incontenibili…
** Il Cognac è notissimo dal 1638! Tutti i decenni, olè!
***Sempre belle figure nel campo culturale… Certo, “I tre moschettieri” è ambientato nel 1625, non 1648, ma è una data abbastanza vicina e non avevo tante possibilità ‘ruotando’ sempre su quei numeri! Scusate!
**** Dal Buon Papà Mikael
***** Pardon! Non ricordo il N. dell’episodio, ma era quello in cui Damon manda ad Elijah l’SMS che termina con: X0, X0
****** Nome di Nanchino nel 1600
******* Sì. Damon è come Chuck Norris. Chi vuole capire, capisca… ; )
******** Dopo questo capitolo, mi mandate al liceo con Stefan… Cito: “Facevano parte di una squadra di moschettieri, in cui non tutti avevano il moschetto, vista la rarità dell'arma, inoltre erano delle guardie del corpo del Re, ergo portarsi appresso armi lente e inutili se non a lungo raggio era sostanzialmente inutile”.
******** Mi ricordo che nel 1910, ho preso ‘buono’ in letteratura... Credo che il vero nome di Milady De Winters fosse davvero Rebecca, ma non ho libro sottomano! Sarebbe una coincidenza che lo stesso nome e cognome sia quello del celebre film di Hitchcock? E se non amate i tre moschettieri, quanto mi odiate, questo giro? T.T

 

 

Grazie a NanaBiancaTVD, Cassie95, margheritanikolaevna, Morgana94, pilvia_s, Likerosesneedtherain, Fefy07, Kitzune4573, giulia_20, morgan_le_faye, noe, Antonelladelena, Sunao: senza di voi questa storia sarebbe NIENTE.

  
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