Mi svegliai di soprassalto.
– Fratellino! – urlai,
ma la testa mi rimbombò.
– Ehi, con calma.
– FRATELLINO! – mi alzai
e lo abbracciai, ignorando i vari dolori – sei proprio tu, non è vero? – gli
accarezzai i capelli e il viso. Sentii le lacrime che iniziavano a riempirmi
gli occhi.
– Si, sono proprio io –
disse lui, abbracciandomi forte. – Mi sei mancata, sorellina.
– Anche tu fratellino,
tanto! Ma perché te ne sei andato?
– Non me ne sono mai
andato. Ho seguito ogni tua mossa, con le mie visioni. Sei stata molto brava in
questi mesi.
Arrossii, ma le mie
emozioni mutarono immediatamente, trasformandosi in rabbia – Dunque… –
strinsi un pugno – sei stato lì tutto
questo tempo e non hai minimamente teso una mano, provato pena per me?
– L’avrei fatto, ma non
potevo.
– Perché non potevi? Che
cosa te lo impediva?
– Le Antiche Leggi,
sorella. Quando un dio o una dea promette di farcela da solo non si può intervenire.
– E perché tu ora l’hai
fatto?
– Ho infranto le Leggi
per te, sorellina. Noi funzioniamo solo insieme, l’hai detto tu stessa. Non
potevo lasciarti lì. Sconfiggeremo Anteo insieme, una volta per tutte. O
almeno, per molto tempo.
Aveva infranto le Leggi
per me… non ci potevo credere.
– Sei uno stupido. – gli
dissi. Abbassai la testa e le mie lacrime argentee toccarono l’erba fresca.
– Sorellina, non fare
così…
– Hai idea delle
conseguenze che potrebbe portare il tuo comportamento? Cosa potrebbe farci il
consiglio?
– È un rischio che
dobbiamo correre. Se torneremo sull’Olimpo trionfanti la pena sarebbe ridotta,
no?
Aveva ragione. Avremmo
sconfitto Anteo, insieme, e saremmo tornati da nostro padre con una vittoria
tra le mani, così non avrebbe potuto ribattere. Mio fratello sapeva essere
davvero astuto, a volte.
– D’accordo, allora
dobbiamo mettere giù un piano. – mi affrettai a dire
– Non così in fretta.
Prima, scopriremo se Anteo è ospite di un umano che ha un debole per te, o se è
davvero lui. In quel caso dovrai imitare la nostra cara sorellina Afrodite,
chiaro?
– Io NON imiterò
Afrodite.
Lui mi guardò con uno
sguardo assassino come per dire ‘ho ragione, stai zitta’, ma non scoppiò a
ridere, come faceva di solito. Era cambiato anche lui, allora? Non riuscivo a
pensare a mio fratello come un’arma da guerra, o solo per lo meno serio. Apollo
serio?
– Abbiamo ancora le
dracme, ricordi? Possiamo farti bellissima, anche se lo sei già – mi scostò i
capelli da una parte e mi accarezzò una guancia
– Ma non ai livelli di
mia sorella.
– È la dea della
bellezza, sorellina, ovvio che è bellissima, altrimenti il suo potere non
avrebbe senso.
– Lo sapevo. Dunque,
pensavo di non averlo mai detto ma… andiamo… a… fare… – mi si spezzò la voce in
gola
– Shopping?
– Si… quello…
– Finalmente ho una
sorella! – esultò
Gli tirai una pacca
sulla spalla – No, ma grazie. Andiamo, prima che si faccia buio.
Come mi aspettavo, anzi,
come si aspettava Apollo, scelsi la prima tunica argentea che trovai. Mio
fratello era disperato, e continuava a blaterare cose del tipo ‘è un caso
perso’ oppure ‘non ha speranze’, e quasi quasi giunse sul punto di chiamare
Afrodite in persona a comprarmi l’abito più sfarzoso e costoso della città. Ma
niente da fare: tutte le ragazze nel negozio e la commessa mi guardavano
malissimo e Apollo faceva finta di non conoscermi. Si, ero un caso disperato.
– Andiamocene da qui,
prima che impazzisca. APOLLO!
Come previsto. Aveva
iniziato a rimorchiare una ragazza. Ma perché? Con la tunica argentea in mano,
lo andai a prendere e lo tirai per un braccio.
– Siete una splendida
coppia! – ci urlò la ragazza. Ma che aveva nel cervello?
– Sentito sorellina?
Siamo bellissimi!
– Oh, piantala.
Pagammo con le dracme e,
dopo che anche Apollo ebbe comprato qualcosa da mettersi, visto che andava in
giro mezzo nudo, ci dirigemmo verso il prato. Avevamo fatto un tratto di strada
con delle mortali che praticamente ci pedinavano. Ogni volta che mi giravo
c’erano queste che ridevano o che arrossivano. Apollo faceva finta di non fare
caso a quei risolini idioti, ma si vedeva dal sorriso da ebete che aveva
stampato sulla faccia che lo sapeva benissimo. Quando le ragazze smisero di
perseguitarci e giungemmo al prato era buio. Non che fosse un problema per me, ovvio,
ma era un posto abbastanza inquietante di sera-
– Io ho fame, vado a caccia.
– D’accordo, io cerco di
accendere un fuoco.
Lo salutai con un gesto
della mano e mi avviai. Andai al laghetto e mi cambiai d’abito, per prima cosa.
Praticamente subito notai delle tracce di animali. Ero sicura che si trattasse
di un branco di cervi, dei quali una femmina era azzoppata. Seguii le tracce,
che mi conducevano a stare ai margini del fiume, che portava ad una cascata,
molto alta e ripida. L’acqua cristallina scrosciava con impeto e qualche goccia
fuoriusciva dal letto di terra ed erba. Le tracce dei cervi erano sparite, ma
era possibile che avessero guadato quella violenta corrente? Forse il branco
aveva trovato un modo, ma la cerva zoppa non ce l’avrebbe fatta. Doveva per
forza trovarsi nei paraggi. Entrai nella boscaglia, e la vidi lì, che si
leccava la zampa. Non si sarebbe accorta di niente. Misi le mani in posizione,
e il mio arco argenteo mi comparve in mano, con la freccia già incoccata. Presi
bene la mira, e la freccia sibilò, partendo ad alta velocità verso la cerva,
dritta al cuore. Si accasciò, e morente, chiuse gli occhi. Le andai vicino, e
mormorai una parola in greco antico, che mi aveva insegnato Elàfì ‘Ξαναζήστε’, ‘rivivi’, accompagnando il tutto con un gesto della mano, con
una lunga scia argentea che accompagnava il movimento. La cerva per un momento
si sdoppiò, le cerve diventarono due, poi una si alzò e inclinò il capo verso
di me.
“Grazie, mia signora.”
– Prego. Và, torna al
tuo branco.
La cerva si girò e guadò
il fiume, galoppando verso una nuova vita. Ora, il problema era un altro:
portare la carcassa al prato. Ci misi un’eternità, ma quando Apollo mi vide
comparire dalla boscaglia mi diede una mano, e mangiammo a sazietà. Mentre
mangiavamo, mio fratello non disse una parola.
– Fratellino, c’è
qualcosa che devi dirmi?
Lui mi guardò con uno
sguardo complice – Cosa?
– Non fare il finto
tonto, so che c’è qualcosa che non mi stai dicendo. Ti conosco.
– Qualcosa… che?
Sorellina, tranquilla, sto bene.
– APOLLO! Non sono una
stupida. Sono tua sorella, siamo in questa avventura insieme, puoi anche dirmelo,
no?
– Sorellina, sicura di
stare bene?
– Fratello, dimmelo!
Cosa potrà essere di così grave da mentire persino a me?
Apollo fissò il prato. Io
per evitare di inveire contro di lui, gli misi una mano sulla spalla.
– Fratellino, guardami. –
lui obbedì – Non so cosa ti stia succedendo, né cosa può esserti successo in
questo tempo nel quale io ero a caccia, ma sappi che sei un dio. Sei forte, sei
bello, sei gentile, sei potente. Non ti devi far intimorire da nessuno, chiaro?
– e detto questo, lo abbracciai. Il suo cuore aveva accelerato il battito. Ero
sicura: mi stava nascondendo qualcosa.
– Quando vorrai dirmelo io sarò pronta ad ascoltarti – gli dissi, quando mi staccai da lui. Mi allontanai di qualche metro e mi sdraiai sull’erba. Spazzai via le nuvole con un solo gesto e feci brillare le selle più che mai. Apollo pensava, pensava e pensava. Allora mi convinsi di una cosa: i guai sarebbero ricominciati, questa volta peggiori.
Kat Notes:
Ed eccomi qua, in un ritardo del quale mi vergogno tantissimo, come mi
vergogno di questo capitolo. Avevo finito l’ispirazione, e mi scuso con le
persone che seguivano o che recensivano. Perdonatemi! *si inginocchia* prometto
che non lascerò passare più così tanto tempo! E spero che voi siate ancora
disposti a leggere questa story *3* vi sono gratissima :’)
Allora, alla prossima!