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Autore: Ronnie02    07/12/2012    2 recensioni
(Sequel "One Day Maybe We'll Meet Again)
Ormai le famiglie dei nostri pazzi marziani sono stabilite e la normalità regna nella loro vita. Tra famiglia, album e concerti, però Jeremy, come l'ultima volta, si ritrova a sfogliare un vecchio album fotografico. Cosa scoprirà attraverso quelle foto? Che ricordi nascondo quegli scatti?
*slide of life della storia principale*
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'One Day Maybe We'll Meet Again'
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Salve gente! Lo so sono in ritardo *che strano* ma in questi giorni sono stata male quindi chiedo umilmente perdono!
Volevo solo dirvi una cosa, prima di lasciarvi leggere: so che questo ricordo vi è indigesto, so che mi picchierete, so che ucciderete sia me che forse anche Jared... ma please, avevo voglia di scriverlo e farvi capere meglio cosa successe quella nottaccia.
Spero che vi piaccia.
Buona lettura



Chapter 10. You said it was easy!





 
Svegliarsi con il desiderio di lei era la sensazione migliore al mondo. Vedevo le sue mani sul mio petto e il suo respiro al mio fianco. Non ricordavo molto della notte passata, non ricordavo il suo arrivo…
Cos’era successo davvero?
“Oh tesoro, sei stato fantastico”, disse una voce bassa. Una voce non dolce e perfetta come quella di Ronnie. Una voce sbagliata.
Una ciocca di capelli biondo platino mi coprii la visuale. Il colore sbagliato… Ronnie aveva osato tingersi i capelli? Eppure stanotte li avevo ricordati dello stesso rosso sangue di sempre.
Due occhi marroni scuro mi guardavano, dopo che i capelli andarono al suo posto. Forma e colore sbagliato… di nuovo. Che succedeva?
“Concordo con te. Oh, piccolo, sei strepitoso”, una seconda voce stridula alla mia sinistra si fece sentire. “E ricordati di noi nei ringraziamenti del tuo disco, bellezza. Per ora però noi dobbiamo andare”.
Mi voltai di scatto e una ragazza dai capelli biondo tinti, rifatta e anoressica, mi fece l’occhiolino mentre si rivestiva con l’intimo. Era nuda? E cosa ci faceva qui?!
Mi voltai e vidi una seconda ragazza bionda, più in forma della prima e con un tatuaggio orrendo sul petto. Anche lei si rivestì con l’intimo.
Aspettate… dov’era Ronnie?! Chi erano queste due?!
Avevo fatto l’amore con Ronnie stanotte, ne ero certo. L’avevo vista e chiamata per tutta la notte, per la miseria!
“E comunque siamo Sheila e Hellen. La Ronnie che tanto cercavi non c’è, baby”, mi disse la bionda a sinistra. Cosa?! No… che?!
No, no, no, non potevo crederci. No!
Ero stato con lei, l’avevo attesa per così tanto tempo, volevo portarla qui… non era possibile, no…
E come erano arrivate nella mia vita, le due bionde sparirono altrettanto in fretta, lasciandomi solo in quello stupido letto di tradimenti non voluti.
Mi alzai piano, dondolando per lo shock, e presi tutte le mie cose, il più in fretta possibile. Uscii dalla stanza e scoprii essere nella casa di quello che sarebbe potuto diventare il nostro futuro manager.
“Oh cazzo… Merda! Merda, sono un fottutissimo coglione, cazzo!”, piansi tirando indietro la tristezza.
Corsi fuori e uscii dalla casa, prendendo un taxi e andando nell’appartamento provvisorio che dividevo con Solon e mio fratello.
Suonai il citofono e la porta si aprì, senza che nessuno parlasse. Entrai in casa e mi sedetti sul divano, apatico. Che cazzo era successo?!
Nessun rumore irrompeva nella stanza, il che era molto strano visti i miei coinquilini. Poggiai la testa sullo schienale e chiusi gli occhi. Dovevo ricordare, poi a quel punto le avrei spiegato tutto, pregando in ginocchio per il perdono.
Ma non ricordavo assolutamente nulla.
Nella mia testa c’erano solo immagini troppo confuse: Shannon che balla con delle ragazze sconosciute, che mi offre dei drink – troppi – e  che m’invita sulla pista; poi ecco un ricordo delle bionde, che mi puntano e cominciano a flirtare; Ronnie che mi guarda scioccata e io che me ne vado con loro…
Wait. Ronnie che mi guarda. Quindi voleva dire che lei c’era davvero?
“Jared…”, sentii una voce famigliare al mio fianco. Mio fratello.
Mi tirai su con la testa e lo guardai, con i pantaloni della tuta e i capelli tutti disordinati.
“Dimmi che non mi ha visto”, pregai in tutte le lingue, socchiudendo gli occhi e sentendo il mio cuore mancare un battito.
“E’ arrivata ieri sera, senza che nessuno lo sapesse. Ho provato a fermarla, ma…”, si bloccò mentre io mi continuavo a ripetere che era tutto un incubo. Poi mi porse un plettro spaccato e la parte rotta. Due parole: Year Zero. “L’aveva portato per te, ma l’ha buttato per terra, correndo via”.
Chiusi gli occhi, respirai piano per calmarmi… ma non funzionò. Mi alzai di getto, facendo cadere pure la sedia. “E invece di fermare lei, non potevi fermare me?!”, urlai arrabbiato. “Non avrei nemmeno dovuto ubriacarmi, Shan. Oggi avrei dovuto chiederle di trasferirsi qui, cazzo!”.
“Jared, calmati. Lo so, è colpa mia, ma non avevo intenzione di combinare questo casino, fidati!”, si provò a scusare, ma ormai ero perso.
“Lei era l’unica, Shannon. L’unica che si fidava di me, che mi vedeva per quello che ero e non il solito disgraziato figlio piccolo adottato per cara grazia da Leto! Era l’ unica, dopo troppo tempo, che mi aveva fatto dimenticare tutta quella merda che da sempre abbiamo dovuto sopportare addosso!”, urlai impazzito, cercando di non piangere. Un uomo non piange, nemmeno se la sua anima cade a pezzi. “E tu me l’hai portata via… così, solo per un’ubriacata del cazzo”.
Lo lasciai con uno sguardo distrutto e me ne andai in camera mia. Mi sembrava di essere tornati a quindici anni, quando avevo smesso di parlargli dopo che aveva spifferato a tutti un mio segreto prezioso.
Presi il telefono e provai a chiamarla almeno sette volte in sei minuti scarsi. Ma niente, aveva il telefono spento.
Ronnie, ti prego… ho bisogno di te, della tua voce, del tuo perdono… ti prego.
Provai un’ottava volta e quella volta il telefono era accesso. Ma continuò a squillare invano e capii che non mi avrebbe risposto. E intanto ogni fottutissimo bip rimbombava nella mia testa e ogni suo silenzio mi strappava un pezzo di anima, lasciandomi cadere nel buio.
 
Cadeva. Sempre, di continuo, e senza mi provare a tirarsi mai in piedi. Ormai ero certo che si sarebbe ritrovata con ematomi ovunque, ma sembrava decisa a fermarsi mai.
Andava avanti e cadeva, sempre più pesantemente. Sempre con più dolore nel rimettersi su quei piedi stanchi, coperti dai pattini. 
I suoi capelli boccolosi e rossi di un tempo erano ora crespi e spenti, non curati quasi, le gambe un po’ più magre, che ormai non la reggevano più. 
Un'altra caduta e di nuovo qualcosa mi colpì lo stomaco. Ogni volta che toccava terra la mia pancia mi provocava dolori assurdi, perché in fondo sapevo il motivo della sua fissa a non fermarsi.
Era tutta colpa mia, solo colpa mia, ma ovviamente non avevo il coraggio - anche dopo ore e ore di aereo - di andarla a tirare su e baciarla, pregandola in ogni modo di tornare da me.
In aereo avevo provato così tanti discorsi e alla fine mi ero deciso di andare a braccio. Ma perché la immaginavo a casa, sul divano, piangente e in attesa del mio ritorno, probabilmente per massacrarmi di pugni. L’avrei preferito. Non sopportavo di vederla così, ma non sapevo che fare. Alla fine non ero tanto maturo come credevo, ero sempre il solito bambino che mamma deve aiutare. Ero uno stramaledetto idiota, ecco cosa. 
Un'altra caduta mi distolse dai miei stupidi pensieri, ma stavolta a porgere la mano a Ronnie arrivò un ragazzo che non riuscii a riconoscere. Si parlarono un pò e capii che alla fine non aveva molto bisogno di me.  
Io, come altri, l'avevo fatta soffrire. Le avevo promesso una cura, la cosa che più necessitava, e oltre a non mantenerla ho pure peggiorato la sua precedente situazione.
Mi facevo abbastanza schifo da solo a pensarla così, ma in fondo era solo la verità. Non la meritavo per niente: ci sarebbero stati altri più in gamba di me ha tenerla in piedi, come quel ragazzo. 
Così decisi di voltarmi e non guardarla oltre. Mi obbligai a non tornare, a non dirle nulla, a non osservarla ancora, a non chiamarla di nuovo. Era ora che lei avesse indietro la sua vita senza un cretino del mio calibro.
Me ne andai di fretta e non passai nemmeno a salutare mia madre, ma tornai subito all'aeroporto. Nessuno doveva sapere che ero stato a Bossier City quel giorno. Nessuno doveva avere sospetti: io ero a Los Angeles, io non ero tornato, io non esistevo più qui.
Doveva liberarsi di me e io dovevo dimenticarla.
Presi un taxi e pagai il viaggio verso l’aeroporto, senza guardare indietro. E per tutto il viaggio mi preparai a rinchiudermi in me stesso e perdermi nell'oblio di quello che era stato la causa di tutto: sesso e alcol. 
 
Ballare con Astrid era la cosa più scomoda e imbarazzante che esistesse al mondo. Mamma le aveva insegnato a ballare e ora capivo come si sentivano tutti a ballare con lei. Era assurdo il modo in cui ti sentivi inferiore vista la sua esperienza.  
Ma almeno non avevo motivo di vergognarmi di fronte lei: era come una sorella e ci saremmo presi comunque in giro in altri modo. Mi aveva conosciuto ad un anno di vita e lei era sempre stata con me. Non avevamo segreti, nemmeno i più terribili ci nascondevamo.
In realtà, ovviamente, non c’era nessun vero legame di sangue tra di noi, se non che i nostri genitori erano migliore amici, ma per me lei e Liam erano esattamente dei fratelli, come zio Tomo e zia Vicky lo erano per la mia famiglia.
“Ottima festa, Leto”, mi disse abbracciandomi, con il solito sorriso smagliante. “Tuo padre sarà fiero del tuo lavoro”. 
“Grazie del tuo aiuto”, ridacchiai. Per quanto mio padre fosse  un festaiolo dubitai che, se fosse venuto a sapere di quella festa, sarebbe stato molto felice di suo figlio. 
Volteggiammo un po’ a ritmo di musica, finchè non so chi decise di allentare gli animi e mettere una cosa tranquilla, per le coppiette innamorate.
Lei si staccò dal mio collo, mi sorrise contro voglia e fermò il ballo, guardandomi. Sapevo cosa voleva da me… ma ovviamente non era possibile, sebbene mi dispiacesse da morire. 
“Non sarò mai abbastanza, vero?”, chiese con un sorriso ironico e triste, uno di quelli che ti fanno sentire in colpa per l’eternità. 
“Non é questo il problema, As, lo sai”, le dissi per la millesima volta. Perché proprio a me? “Potrei baciarti in qualsiasi momento e andarne orgoglioso perché sei una ragazza fantastica...”
“Allora fallo, dannazione!”, scoppiò, gracchiando per evitare di urlare, tornando tra le mie braccia con uno scatto e prendendomi il viso tra le mani. “Fallo e basta!”.
“Non posso”, l'allontanai un po’ cercando di non essere troppo rude, visto che le volevo bene comunque, anche se non come lei ora avrebbe voluto. “Sei come una sorella per me: sarebbe come vedere te e Liam mentre vi baciate”. Rabbrividii.
“Tu non sei mio fratello! I miei sono solo molto amici dei tuoi, ma non c'è nessun legame di sangue", fece la maestrina come suo solito, ma come sempre non poteva attaccare. “Anzi, ne sarebbero felici a vedere finalmente le famiglie unirsi”.
“Astrid..”, cercai di dirle, ma lei non accettò un no come risposta e mi baciò di colpo. Stupito, ci misi qualche secondo a capire, ma non risposi al bacio, anzi cercai di staccarmi prima di voler andare avanti. “Merda As, non farlo mai più!”.
“Perché?!”, gracchiò quasi in lacrime. Odiavo vederla stare così male, ma in fondo che potevo farci io?
“Perché è solo una delle tante cotte, lo sappiamo ben entrambi… Le feste non ci fanno bene a noi due", cercai di metterla sul ridere, provando a strapparle un sorriso. 
Lei tirò su col naso, s'allontanò e si guardò intorno, quasi confusa. 
“Lo credi davvero?”, chiese quasi convinta, ma sapevo che in realtà voleva farmi cedere. Ma non potevo, non con lei.
“Sono tuo fratello, Astrid”, l'ammonii cercando di farla ragionare una volta per tutte. Non avrebbe mai funzionato, si sapeva, e io non intenzionato a buttare una vita di amicizie per stare con lei un mese e poi farla soffrire. 
 
Bastardo, stronzo, coglione, traditore, imbecille, bugiardo. Una ripetizione che la mia testa mandava al cervello ogni secondo. E più andava avanti più la rabbia mi cresceva dentro, lasciando sparire la tristezza per qualche secondo.
Bastardo, stronzo, coglione, traditore, imbecille, bugiardo. Non potevo credere di essermi fidata così tanto di una persona del genere, di averci passato del tempo e avergli dato tutto ciò a cui tenevo di più. Come avevo fatto ad essere così cieca nei suoi confronti? 
Bastardo, stronzo, coglione, traditore, imbecille, bugiardo. E a causa sua avevo anche buttato nel cesso questi mesi e ora chi ne ripagava le conseguenze ero io. Come sempre. Come ogni santa cosa che mi succedeva nella vita. Perché ero così sfigata?!
Bastardo, stronzo, coglione, traditore, imbecille, bugiardo. Lui che mi aveva promesso tutto il meglio di cui seriamente avevo bisogno, si era fottuto due troie appena io mi sono allontanata. Che fedeltà, ragazzi, sul serio! Mai vista una cosa più squallida di così.
Bastardo, stronzo, coglione, traditore, imbecille, bugiardo. Lui e i suoi fottuti amichetti da quattro soldi di quella stupidissima band campata per aria potevano andare a fanculo. Tante e solo parole. Parole che nascondevano un animo marcio e schifoso. Fanculo! 
“Veronica”, mi chiamò Vicky dal muro della mia camera. “Stare lì sdraiata non aiuterà a stare meglio, fidati”.
“Vorrei solo che il letto mi inglobasse per sempre. Il mondo senza di me sarebbe molto più facile e molto più fico”, dissi senza paura delle sue reazioni riguardo la mia attuale stupidità. Infatti sbuffò, ma non me ne importò molto. 
“Veronica stai vaneggiando, ed è odioso quando lo fai, dai retta a me”, commentò lanciandomi un'occhiataccia. 
”Io credo di no”, commentai non muovendomi di un centimetro.
“Cazzo era solo un fottuto idiota, non cade il mondo, sai?. Vi siete mollati?! Meglio, il mondo sarà di nuovo ai tuoi piedi da single e quando troverai un ragazzo migliore glielo sbatterai in faccia con tutta la tua fantastica vendetta", mi fece l'occhiolino cercando di tirarmi su di morale e gesticolando per farmi capire meglio il messaggio. 
Ma lei non capiva. Come non capiva nessuno, se l’argomento ero io e i  miei problemi. L’unico con cui ero stata davvero e del tutto sincera si era andato a farsi fottere e non avevo intenzione di ripetere l’esperienza.
Non si trattava di avere un ragazzo in sé, non m’interessava niente di quello. Ero solo stufa di venir presa in giro da persone fidate. 
“Non è veramente per Jared, vero?”, mi sussurrò avvicinandosi e sedendosi di fianco a me. Mi tirai su e poggiai la schiena sulla testiera. Come faceva a leggermi la mente? 
“Perché tutti provano piacere a tradirmi o farmi del male?! Ho forse un tatuaggio in fronte che dice sono solo una povera pazza, fammi del male, è divertente da morire?”, chiesi guardandola dura. Non era giusto nei suoi confronti, perché non era colpa sua, ma ormai mi aspettavo che anche lei mi lasciasse sola. 
“Che tatuaggio enorme”, scherzò, ma poi tornò seria, vedendo che non ero molto in vena. “Ronnie, io e Andy ancora non l'abbiamo fatto”, commentò ancora con un piccolo sorriso fiero di sé. 
"No, non l'avete ancora fatto", ripetei senza sottolineare la parola ancora per farle capire che mi fidavo di lei. Sbagliavo, ormai avrei dovuto smettere di fidarmi delle persone, ma con lei non riuscivo ad essere razionale. Come con Andy era troppo affidabile per farmi dei dubbi reali e lasciarla andare. 
“Dovresti dirlo ad Andy”, disse porgendomi il telefono, che aveva suonato con la suoneria della mia migliore amica. E ora? 
“No. A Febbraio”, risposi sicura, trattenendo il suo sguardo truce di chi non accetta le tue decisioni. “Non posso farlo, Vicky… per lei”. 
Già, perché se le avessi detto tutta la verità si sarebbe preoccupata per nulla e non sarebbe andata a New York. Sarebbe andata in panico e avrebbe dimentica tutto il suo duro lavoro. No, non potevo permetterlo. 
Guardai il telefono, lo sbloccai e notai il messaggio che mi aveva mandato.
Salve... Ronnie ;) Come sta la mia sorellina innamorata? I Leto fanno i bravi?
Gli occhi, senza che ci potessi fare niente cominciarono a lacrimare e, tremando come una foglia, scrissi la bugia. 
Certo, bellezza! Mi sto divertendo un sacco come sempre :) ora sono a LA ma torneranno presto, mi chiama sempre. Aggiornami sul musical, voglio sapere ogni cosa!
Inviai lentamente il messaggio e tenni il telefono in mano, mentre Vicky andò a prendermi qualcosa da mangiare, sebbene alla fine riportava ogni cosa in cucina, arrabbiata con la sottoscritta.
 Ma poco dopo il diretto interessato della bugia mi chiamò. In effetti non era del tutto una bugia. Quel ragazzo non solo mi aveva pugnalata alle spalle, ma continuava a rigirare il coltello nella ferita mille e mille volte chiedendomi di parlargli. E il dolore che provavo mentre il mio cervello mi impediva di rispondere era esattamente quello del mio cuore che veniva piagato ogni secondo, da un vecchio coltello che girava e rigirava in esso. Un dolore atroce non bastava come definizione. 
Ma il mio cervello ebbe la meglio sul mio cuore distrutto e dolorante, così attaccai senza rispondere e spensi il telefono, per la milionesima volta. 
Basta, era ora di finirla. Quel giorno avrei chiuso la faccenda: avrei cambiato numero e telefono. Era ora di smetterla sul serio. 
 
Vicky credeva che non l'avessi visto chiamare la sua nuova fiamma dal bancone di quella stupida discoteca dove James faceva la sua festa di ventitré anni. Una scelta peggiore non poteva farla, quello stupido ragazzo, collega della mia amica. 
Lei credeva che, facendolo andare via immediatamente, io non mi sarei accorra di lui, che non mi si fosse fermato un battito e lo stesso coltello di tanti anni prima avesse ricominciato a girare dentro di lui. 
Ma aveva sbagliato, l'avevo visto e anche fin troppo bene. 
Strafottente come al solito, allegro e quasi ubriaco, con i capelli un pò lunghi e gli stessi occhioni azzurri che splendevano anche tra le luci abbaglianti della discoteca. 
Bello come sempre. 
E poi avevo capito chi fosse il mitico Tomo di cui Vicky era andata pazza. Ma come potevo accettare che la mia migliore amica s'innamorasse di un nuovo componente dei Thirty Seconds To Mars?! 
Avrei voluto arrabbiarmi con lei, con lui, con tutti. Avrei voluto darle della traditrice, avrei voluto tornare a New York.
Però non potevo. Perché non potevo dirle come vivere la sua vita, in primo luogo, e poi non l'avevo mai vista così presa e felice da quando si era trasferita.
In più avevo capito che lui, in qualche modo, aveva capito che c'entravo con il cantante, e prontamente l'aveva portato via, raccontando balle su balle. Potevo fidarmi? Sì, potevo fidarmi del croato che aveva affascinato Vicky. 
Lo seguii fuori e notai il nuovo membro della band parlare con lui. Aveva la testa abbassata e si muoveva lentamente, quasi  triste. 
Si voltò e io mi nascosi in fretta dentro il locale scuro. No, non avrei ricominciato a vederlo come un tempo. La mia sanità mentale non l’avrebbe accettato ancora. Portavo ancora evidenti segni fisici di quella rottura. Per non parlare di quelli psichici. 
Così tornai da Vicky e cominciai a ballare con lei. Non avevo bisogno di lui, me la sarei cavata da sola o avrei trovato qualcun altro. Qualcuno migliore di quello stronzo. Con lui non avrei mai più avuto a che fare. 
 
“E poi sono nato io”, scherzai con mia madre mentre preparavamo una torta per zio Shannon con tutta la famiglia. Zio Tomo aveva reclutato tutti in cucina. 
“La vita non va mai come la si programma”, disse lei guardando papà imbambolata con un sorrisone mentre lui imbrattava di farina Tomo. 
Quasi sessant'anni e sono ancora tutti e tre così. Erano assurdamente dei grandi!
Ridacchiai e continuai il mio lavoro. Aveva ragione, niente va mai come si decide. Puoi ribellarti quanto vuoi ma alle perdi sempre. La vita fa quel che le pare e i miei ne erano la prova. 
Mio padre lasciò il lavoro a Tomo e andò a prendere in braccio mia madre per farle il solletico. Risero e con loro scoppiamo tutti in una risata enorme. 
Erano fatti così, ragazzini fino alla fine. 
“Uffa la mia torta!”, si lamentò Tomo alla fine ridendo con tutti.


.....
Note dell'Autrice:
Ed eccoci quaaaaa. Si è triste questo capitolo, scusatemi. Ma in questo periodo sono un pò giù, quindi ci sta. MA.... fuck all world, la vita va avanti e io vi voglio tanto bene. 
Vorrei dire solo GRAZIE a quelle, ormai, poche decine di persone che mi seguono (ma meglio pochi ma buoni) e quelle sante due ragazze che recensiscono (con con che magnifiche recensioni lo fanno!) ogni santa volta.
Siamo al penultimo capitolo prima della fine senza contare l'epilogo, quindi dopo questo ci saranno solo altri 2 aggiornamenti..

ma non pensate che io me ne vada! Tornerò, con una storia completamente diversa e nuova ma  tornerò.
Mi mancheranno tutti questi personaggi, forse è per quello che ritardo ad aggiornare. Non voglio lasciarli.
Bè,... ora mi sto zitta e vado, va!
Grazie a tutte/i di cuore.
Ronnie02
   
 
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