Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Natalja_Aljona    08/12/2012    1 recensioni
Natal'ja vende fiammiferi e sogna la Rivoluzione.
Siberiana fin nelle ossa e nel sangue, nel cuore e nell'anima, nipote di uno dei capi dei Decabristi ed ultima erede della famiglia russa più temuta dallo zar, è quasi impazzita in prigione ma sa che non è finita.
Geórgos vive per la guerra e per il cielo di Sparta.
Nato durante la Guerra d'Indipendenza Greca e nipote del capo dei Kléftes, i briganti e i partigiani del Peloponneso, ogni notte spara alle stelle perché ha un conto in sospeso con gli Dei.
Feri è uno zingaro ungherese, il terzogenito di Kolnay Desztor, il criminale del secolo, e il più coraggioso dei suoi fratelli.
Legge il destino tra le linee della mano, e tre anni di galera e lavori forzati non sono bastati a fargli smettere di credere nel suo.
Nikolaj, ussaro polacco e pianista mancato, crede di aver perso tutto.
Sa che l'epilessia, i complessi d'inferiorità nei confronti del padre morto, l'ossessione per sua cugina e i suoi sogni infranti lo uccideranno, ma la sua morte vuole deciderla lui, e a ventidue anni s'impicca per disperazione e per vendetta.
Genere: Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Trecentonovantadue


Trecentonovantadue

Un giorno ti dirò di sì

Basta innamorarsi ancora di te

Io la luna te la prendo, ma non strappo amore a te

Feri e Natal’ja

Война и Мир

Vojna i Mir

Guerra e Pace

 

Sette stelle dell'Orsa
Tra i capelli portava
Sette note nel vento
Ogni giorno cantò
Sette bianche colombe
Lui per lei liberò
Sette furono gli anni
Ma poi lei se ne andò
Sette paia di scarpe
Consumò per cercare
Sette lacrime amare
Ogni notte versò
Sette volte il suo nome
Ogni giorno chiamò
Poi l'autunno tornava
Ma lei non ritornò

(Fiaba, Riccardo Cocciante)

-Riferito a Natal’ja e Feri-

 

[...]

 

Metti via un sorriso

Un piccolo sorriso al giorno

“Tienili”, dicevo

“Conservali per quando torno”

(Un lungo addio, Roberto Vecchioni)

 

Krasnojarsk, 11 Gennaio 1845

 

Il bambino rincorreva la sua barca di carta

Che ci vedeva la vita

Ma il tempo non ha tempo

L’orologio s’incarta

La bussola è impazzita

Cammini dentro una nebbia di persone e di cose

Che ti facevano sognare...

(Non lasciarmi andare via, Roberto Vecchioni)

 

[...]

 

Perché un amico, se lo svegli di notte

Ѐ capitato già

Esce in pigiama e prende anche le botte

E poi te le ridà

(Un Nuovo Amico, Riccardo Cocciante)

 

-Ѐ tornata! Ѐ tornata!-

Isaakij fu il primo a vederla, il primo a correre ad abbracciarla.

Era cresciuto, il biondino praghese.

Ormai aveva quasi quindici anni, era sposato con Slavěna Kaščák e aveva una figlia di poco meno di un anno, Dáša.

Aveva i capelli più folti e sotto la luce del mattino pareva perfino più biondi, spettinatissimi, e gli occhi azzurro cupo ancora più luminosi, ora ch’era completamente guarito dalla polmonite.

Sembrava già un uomo, e Natal’ja rimase a guardarlo incredula per una buona manciata di secondi, prima di stringerlo forte forte a sé.

Il secondo a farsi avanti fu Lörinc, ormai ventenne ed esaul generale dei Cosacchi di Petropavlovsk.

Infatti aveva ancora la camicia della divisa e il kindjal cosacco tra i passanti della cintura.

Anche lui aveva uno sguardo incredibilmente più adulto ed esperto, terribilmente simile a quello di Feri, solo più chiaro, ma Alja vi riconobbe ancora la scintilla di quando le regalava le focacce al mercato, e non ebbe paura del suo essere cresciuto.

Se non fosse stato più il suo Lö non l’avrebbe guardata così, non l’avrebbe abbracciata fino a toglierle il respiro - e quanto si sentiva, ch’era diventato un Cosacco...

-Hol van a húgom? Где моя сестра?-

Gdjé moya sistrá?

Dov’è mia sorella?

Lö sarà stato anche un Cosacco, ma Jàn per poco non lo mandò a gambe all’aria, nella furia di vedere Lys.

-E staccati, Csarabàs! Ѐ mia sorella! Mia!-

Jànos forse non l’avrebbe mai ammesso, non troppo facilmente, ma stava per scoppiargli il cuore, e di tutti fu quello che andò più vicino al soffocarla, Natal’ja.

Semplicemente perché erano passati due anni, e anche se le aveva scritto quasi ogni singolo giorno, in quei due anni, anche se le aveva raccontato tutto e sapeva tutto, non era davvero possibile sopravvivere così lontani.

-Sei...Qui. Здесь. Моя Наталетшка...-

Zdjés’.

Qui.

Moya Nataljetshka...

Mia Nataljetshka...

Trattenne a stento le lacrime nel baciarle i capelli e le guance e nel sollevarla da terra, trovandola quasi più leggera del solito, ma sempre, sempre, sempre, sempre lei.

Bella come se la ricordava, bella da morire, come il sole che a Krasnojarsk non c’era mai, e non c’era stato per due anni, senza di lei.

Bella come solo una sorella poteva essere, bella come a sei anni, nei ritratti con Feri, appena fuori di prigione, con il suo quaderno e le sue lacrime, le manine screpolate e sanguinanti, gelate da scaldare, bella tra le mani e l’odio di Farkas Dragan, bella come quando le era nata Céline.

Bella come quando era andata via con lui, il Greco, il rivale di suo fratello, bella come quando aveva spezzato il cuore a Feri e Jàn non aveva più potuto stare dalla sua parte, bella come quando aveva pianto, e l’aveva fatta piangere lui.

Bella come quel giorno a San Pietroburgo, Jàn non se lo poteva dimenticare, quando si era fermata per lui ch’era stato ferito da uno Zarista, e in ginocchio al suo fianco era stata colpita anche lei, bella come quando si era presa i quattro colpi per Gee, e Jàn non la vedeva da allora, bella come sarebbe stata anche la notte del 5 Maggio 1848, quando si sarebbe fatta uccidere al suo posto, quando sarebbe morta per lui, con un sacrificio che se non lo fa una sorella al mondo non se lo può permettere nessun altro.

Bella come in fondo solo adesso, adesso ch’era tornata, e bella come mai.

Tutte quelle carezze lasciate sul volto, tutto il bene che le voleva giurato con gli occhi, tutta la nostalgia bruciata ogni volta che aveva nevicato, ogni volta ch’era uscito a imbucare le sue lettere, ogni volta che aveva nascosto sotto la pelle la paura di non rivederla mai più.

Ora, tra le sue braccia, aveva sciolto tutta quella luce, aveva restituito un brivido all’aria, un anelito al cielo, una preghiera a sua madre perché George non gliela rubasse per sempre, perché non poteva.

Non aveva mai chiesto tanto, e non avrebbe mai chiesto di più.

-Grazie...- le sussurrò tra i capelli, e il sorriso di Lys s’infranse di commozione, come i battiti che gli aveva ricambiato da Sparta e le lettere in cui avrebbe voluto scrivere di più.

A malincuore, poi, Jànos la lasciò ad Helga ed Hajnal, ma non smise di guardarla, non smise di ringraziarla e di ringraziare sua madre di averla fatta tornare, e di essere tornata facendola tornare.

Solo allora si voltò a cercare Feri con lo sguardo.

Due anni erano tanti, erano tanti per tutti.

Ma Feri ne aveva aspettati quattordici, per lei.

 

E sento la sua voce, si riapre la ferita...

(Il Treno, Riccardo Cocciante)

 

[...]

 

Ma ora tutto è passato
Troppo amore ho sprecato
Troppo tempo ho buttato
Io mi fermerò qui
Stringerò la tua mano
Non sarai mai più sola
Ma ora dormi felice
Veglierò su di te

(Fiaba, Riccardo Cocciante)

-Riferito a Feri e Natal’ja-

 

Anche quel giorno aveva aspettato.

Aveva aspettato Isaakij, Lörinc, Jànos, Hajnalka ed Helga.

Aveva aspettato che tutti la salutassero e l’abbracciassero per tutti i giorni in cui non l’avevano fatto.

Aveva aspettato tanto, solo per farle una domanda.

E per inventare la sua risposta.

Poi, quando finalmente l’aveva avuta vicina...

L’aveva guardata col fuoco e col sangue negli occhi, avrebbe voluto avere il coraggio di baciarla.

Una carezza fugace sul volto, un sorriso quasi incerto, ed un filo di voce.

-Sei tornata... Sei tornata per me?-

Prese tra le dita una ciocca dei suoi capelli biondissimi, e con gli occhi che gli bruciavano, abbagliati dallo sconcertante candore del suo viso, la implorò di dirgli di sì.

Natal’ja lo abbracciò con tutta la forza che aveva in corpo, affondò la testa nel suo petto e sentì il cuore spezzarsi come quello di Feri ogni giorno e ogni notte di quei quattordici anni.

-Non posso... Neanche prima potevo... Quando gli ho fatto così male-

Gli.

A lui.

A Geórgos.

A suo marito.

Solo a lui aveva fatto male?

Solo a lui?

-Però tu lo sai... Un giorno ti dirò di sì-

Feri non le chiese dov’era Gee, né quando sarebbe arrivato.

Sapeva che sarebbe tornato a prenderla, e tanto gli bastava a realizzare che ancora una volta Alja aveva massacrato i suoi sogni, ma per la prima volta capì anche che la sua unica colpa era di amare suo marito.

George era rimasto a Sparta con Aiace, Céline e Nikolaj per sconfiggere l’esercito di Clearco di Larissa, il Luogotenente di Anassagora Zemekis, per vincere l’ultima guerra contro i Tessali.

Poi l’avrebbe raggiunta a Krasnojarsk.

Lys non ce l’aveva fatta ad aspettarlo, era da due anni che non vedeva casa sua, la sua Siberia, la sua Forradalom.

Certo, lui le mancava terribilmente, ma le aveva promesso che sarebbe saltato sull’Iliade con i ragazzi subito dopo l’ultima battaglia, e le ferite se le sarebbe medicate a bordo, per non perdere tempo.

Gee sapeva che quella volta sarebbe stato diverso.

Lei non gli avrebbe mai più fatto male come nel 1843, e lui non aveva più paura di Feri.

Non gliel’avrebbe mai più portata via.

Feri questo non lo volle sapere, ma ricambiò l’abbraccio e le baciò i capelli e la fronte, perché non riusciva ancora a lasciarla andare.

-Я знаю, моя любовь, я знаю...-

Ya znaju, moya lyubov’, ya znaju...

Lo so, amore mio, lo so...

-Almeno sei qui... Almeno la mia Rivoluzione ha un senso, adesso... Almeno puoi vederla anche tu-

-Io sono nata per te... E morirò per te... Ma non posso restare con te-

Feri sorrise amaramente, e il male che gli fece quel sorriso non l’avrebbe sentito nemmeno sul patibolo tre anni dopo.

-Già. Come mia madre-

Le lasciò un lieve bacio sulle labbra, una carezza del vento.

Non pretendeva più niente, solo che fosse sempre lei.

Solo che tutto quel sangue al cuore avesse ancora lo stesso sapore.

Sapore di neve.

 

A stone's throw from Jerusalem 

I walked a lonely mile in the moonlight 

And though a million stars were shining 

My heart was lost on a distant planet 

That whirls around the April moon 

Whirling in an arc of sadness 

I'm lost without you, I'm lost without you 

Though all my kingdoms turn to sand and fall into the sea 

I'm mad about you, I'm mad about you

 

A pochi passi da Gerusalemme

Ho camminato da solo per un miglio al chiaro di luna

E sebbene un milione di stelle brillassero

Il mio cuore era perso su un pianeta lontano

Che gira intorno alla luna di Aprile

Vorticando in un arco di tristezza

Sono perso senza di te, sono perso senza di te

Anche se il mio regno diventerà sabbia e cadrà in mare

Sono pazzo di te, sono pazzo di te

(Mad about you, Sting)

 

Gli occhi grigiazzurri di Natal'ja erano tristi e confusi.

Quelli nerissimi di Feri no.

Era incredibilmente padrone della situazione, lui, e col suo sguardo consumava l'aria e la bellezza di Lys.

Dopo un po' le sorrise e le tese una mano.

L'aveva sempre detto, lui.

Sono forte abbastanza.

E così reinventò la sua allegria.

-Devo ammetterlo, Lys. Devo ammetterlo. Non sono esattamente degli sprovveduti-

Per spiegarsi meglio si sbottonò e tolse la camicia, nonostante i cinquantadue gradi sotto zero, mostrandole le braccia, il petto e la schiena pieni di cicatrici e ferite anche recenti, solo di pochi giorni prima, medicate forse senza troppa cognizione di causa e ancora spaventose alla vista.
Una di queste, profondissima, gli percorreva tutto l'avambraccio destro, e pulsava ancora come il primo giorno, ovvero il giovedì della settimana prima.

La più grave di tutte, però, rimaneva quella alla gamba sinistra del 17 Marzo 1844, il regalo degli Zaristi per il suo venticinquesimo compleanno.

Nonostante fossero passati ormai quasi dieci mesi, gli dava ancora delle fitte, e spesso faceva fatica a camminare.

Sperava che Lys non se ne accorgesse.

Lei non lo doveva sapere e basta.

La piccola fiammiferaia ne aveva viste tante, di ferite del genere sul corpo di uomini a lei cari, era cresciuta tra i soldati e un soldato l’aveva anche sposato, ma sgranò ugualmente gli occhi, perché quelle ferite sulla pelle del suo Capitano avevano un significato del tutto diverso, erano le cicatrici della loro Rivoluzione.

Mantenne, però, il suo solito sangue freddo da perfetta Сибирячка (Sibirjačka, Siberiana), e non si scompose più di tanto.

Anche se dentro sì, era sconvolta.

Lui capì tutto, il suo turbamento e il suo coraggio, e le sorrise dolcemente.

Lei non si sarebbe mai precipitata da lui dopo una battaglia, non avrebbe mai insistito per medicarlo o perché lui stesse a riposo.

Lei lo sapeva, che il suo Capitano era forte abbastanza.

Si fidava di lui.

Lei non avrebbe mai pianto per lui, non gli avrebbe mai chiesto “ti fa male?”.

Però, forse, qualche volta l’avrebbe pensato.

E la notte, nel suo letto, guardandolo dalla finestra dissimulare la sua agonia, forse le sarebbe sfuggita una lacrima.

Quel giorno Feri rispose a tutte le domande che Lys, per orgoglio e per comprensione, non gli aveva mai fatto.

-Non preoccuparti per me. Non fa male. Non farà mai male. Ѐ la Rivoluzione-

 

And from the dark secluded valleys

 I heard the ancient songs of sadness

But every step I thought of you

Every footstep only you

Every star a grain of sand

The leavings of a dried up ocean

Tell me, how much longer?

 How much longer? 

 

E dal buio di valli nascoste

Ho sentito antiche canzoni di tristezza

Ma ad ogni passo ho pensato a te

Ad ogni passo solo tu

Per ogni stella un granello di sabbia

Gli avanzi di un oceano asciutto

Dimmi, per quanto tempo ancora?

Per quanto tempo ancora?

(Mad about you, Sting)

 

Lei gli lanciò uno sguardo beffardo, di sfida.

Finché poi, a trattenere quelle parole che le bruciavano sulle labbra da quand’era arrivata, da quando l’aveva visto, non ce la fece più.

-Ты самый лучший, мой Капитан-

Ty samyy lučšiy, moy Kapitan.

Sei il migliore, mio Capitano.

Feri inarcò un sopracciglio, scettico.

-Migliore anche di lui?-

Alja si morse le labbra, non abbassò lo sguardo ma fu come se l’avesse fatto, i suoi occhi erano dell’azzurro più fragile mai visto, dell’ultimo cielo stremato dalla neve, morso dagli affronti d’un inverno feroce, un Dicembre come quello dei Decabristi, ma con il ghiaccio più affilato al posto della Rivoluzione.

E lui si arrese, ma in fondo come poteva chiederle di rispondere?

-Lascia perdere, va’. Tu sarai sempre dalla sua parte. Lo so-

-Non è questo. Non è questo, davvero. Ѐ che tu sarai sempre il migliore a prescindere.

Anche se perderai tutto, anche quando perderai tutto. Solo perché ce l’hai messa tutta.

Solo perché il coraggio che hai tu... Non ce l’avrà mai, chi ti sconfiggerà.

Solo perché le tue ferite... Non sono quelle di un soldato. Sono il sangue dei nostri sogni.

Il giorno in cui ti dirò di sì... Forse saremo a un passo dalla fine, ma... Allora sarà tutto vero-

 

And though you hold the keys to ruin of everything I see

With every prison blown to dust my enemies walk free

Though all my kingdoms turn to sand and fall into the sea

I'm mad about you, I'm mad about you

 

E anche se tu hai le chiavi per la rovina di ogni cosa che vedo

Con ogni prigione soffiata nella polvere lasci liberi i miei nemici

Anche se il mio regno diventerà sabbia e cadrà in mare

Sono pazzo di te, sono pazzo di te

(Mad about you, Sting)

 

[...]

 

Basta innamorarsi ancora di te
Per svegliarsi a primavera
E scoprire che in fondo
Basta addormentarsi ancora con te
Per vestir la notte nera
D'azzurro profondo
Di nuovo noi
Noi due incorreggibili
Con la mano nella mano
Davanti a noi
Gli scogli più ripidi
Ma ogni volta ci tuffiamo

(Basta innamorarsi ancora di te, Fiorella Mannoia)

 

 

 

Note

 

Basta innamorarsi ancora di te, Fiorella Mannoia.

Io la luna te la prendo, ma non strappo amore a te: Dio, ma quanto è ingiusto il mondo, Notre Dame de Paris.

Война и Мир, Vojna i Mir: Guerra e Pace, Lev Nikolaevič Tolstoj.

In questo caso, riferito a Lys e Feri ;)

 

Questo capitolo si ricollega al 202, “Lo Stratega”, in cui Gee, a Sparta, il 7 Febbraio 1845, è appunto alle prese con l’Esercito di Clearco Diodikis di Larissa, e Céline viene rapita dai Tessali...

Lys intanto è tornata a Krasnojarsk dopo due anni, e ritrova tutti, davvero tutti i suoi Forradalmi, che se nel ’43 erano partiti in massa adesso ci sono tutti, per la Graždanskaja Vojna Sibirjačka, per la Rivoluzione.

Is che ha sposato Slavěna ed è già padre di Dáša -argomento che approfondiremo nei prossimi capitoli del ’45-, Lö che è diventato esaul generale dei Cosacchi di Petropavlovsk, Jàn che a ventun anni è sempre lo stesso, ma Lys gli è mancata da morire, Hell che ormai ha quasi ventidue anni ed è, insieme a Feri -quasi ventiseienne-, la più grande di Forradalom, e avrà un ruolo non troppo simpatico nei prossimi capitoli su Is e Slávka, Hajnal che ha quasi vent’anni come Lys e aspetta Theo, e Theo arriverà con Gee a Maggio...

All’incontro tra Feri e Lys ho pensato davvero tantissimo, e adesso me lo dovete dire voi, se è venuto bene come spero ;)

Per concludere vi consiglio di ascoltare Fiaba, di Riccardo Cocciante, canzone che io adoro e che, neanche a dirlo, è piuccheperfetta per Lys e Feri ;)

Spero che vi sia piaciuto!

 

A presto ;)

Marty

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Natalja_Aljona