Trecentonovantadue
Un giorno ti dirò
di sì
Basta innamorarsi ancora di te
Io la luna te la
prendo, ma non strappo amore a te
Feri e Natal’ja
Война и Мир
Vojna i Mir
Guerra e Pace
Sette stelle dell'Orsa
Tra i capelli portava
Sette note nel vento
Ogni giorno cantò
Sette bianche colombe
Lui per lei liberò
Sette furono gli anni
Ma poi lei se ne andò
Sette paia di scarpe
Consumò per cercare
Sette lacrime amare
Ogni notte versò
Sette volte il suo nome
Ogni giorno chiamò
Poi l'autunno tornava
Ma lei non ritornò
(Fiaba, Riccardo Cocciante)
-Riferito
a Natal’ja e Feri-
[...]
Metti via un sorriso
Un piccolo sorriso al giorno
“Tienili”, dicevo
“Conservali per quando torno”
(Un lungo addio, Roberto Vecchioni)
Krasnojarsk, 11 Gennaio 1845
Il bambino rincorreva la sua barca di
carta
Che ci vedeva la vita
Ma il tempo non ha tempo
L’orologio s’incarta
La bussola è impazzita
Cammini dentro una nebbia di persone
e di cose
Che ti facevano sognare...
(Non lasciarmi andare via, Roberto
Vecchioni)
[...]
Perché un amico, se lo svegli di
notte
Ѐ capitato già
Esce in pigiama e prende anche le
botte
E poi te le ridà
(Un Nuovo Amico, Riccardo Cocciante)
-Ѐ tornata! Ѐ tornata!-
Isaakij fu il primo a
vederla, il primo a correre ad abbracciarla.
Era cresciuto, il biondino
praghese.
Ormai aveva quasi quindici
anni, era sposato con Slavěna Kaščák e aveva una figlia di poco meno
di un anno, Dáša.
Aveva i capelli più folti
e sotto la luce del mattino pareva perfino più biondi, spettinatissimi, e gli
occhi azzurro cupo ancora più luminosi, ora ch’era completamente guarito dalla
polmonite.
Sembrava già un uomo, e
Natal’ja rimase a guardarlo incredula per una buona manciata di secondi, prima
di stringerlo forte forte a sé.
Il secondo a farsi avanti
fu Lörinc, ormai ventenne ed esaul generale dei Cosacchi di Petropavlovsk.
Infatti aveva ancora la
camicia della divisa e il kindjal cosacco tra i passanti della cintura.
Anche lui aveva uno
sguardo incredibilmente più adulto ed esperto, terribilmente simile a quello di
Feri, solo più chiaro, ma Alja vi riconobbe ancora la scintilla di quando le
regalava le focacce al mercato, e non ebbe paura del suo essere cresciuto.
Se non fosse stato più il
suo Lö non l’avrebbe guardata così, non l’avrebbe abbracciata fino a toglierle
il respiro - e quanto si sentiva,
ch’era diventato un Cosacco...
-Hol van a húgom? Где
моя сестра?-
Gdjé moya sistrá?
Dov’è mia sorella?
Lö sarà stato anche un
Cosacco, ma Jàn per poco non lo mandò a gambe all’aria, nella furia di vedere
Lys.
-E staccati, Csarabàs! Ѐ mia
sorella! Mia!-
Jànos forse non l’avrebbe
mai ammesso, non troppo facilmente, ma stava per scoppiargli il cuore, e di
tutti fu quello che andò più vicino al soffocarla, Natal’ja.
Semplicemente perché erano
passati due anni, e anche se le aveva
scritto quasi ogni singolo giorno, in quei due anni, anche se le aveva raccontato
tutto e sapeva tutto, non era davvero
possibile sopravvivere così lontani.
-Sei...Qui. Здесь.
Моя
Наталетшка...-
Zdjés’.
Qui.
Moya Nataljetshka...
Mia Nataljetshka...
Trattenne a stento le
lacrime nel baciarle i capelli e le guance e nel sollevarla da terra, trovandola
quasi più leggera del solito, ma sempre, sempre, sempre, sempre lei.
Bella come se la
ricordava, bella da morire, come il sole che a Krasnojarsk non c’era mai, e non
c’era stato per due anni, senza di lei.
Bella come solo una
sorella poteva essere, bella come a sei anni, nei ritratti con Feri, appena
fuori di prigione, con il suo quaderno e le sue lacrime, le manine screpolate e
sanguinanti, gelate da scaldare, bella tra le mani e l’odio di Farkas Dragan,
bella come quando le era nata Céline.
Bella come quando era
andata via con lui, il Greco, il rivale di suo fratello, bella come quando
aveva spezzato il cuore a Feri e Jàn non aveva più potuto stare dalla sua
parte, bella come quando aveva pianto, e l’aveva fatta piangere lui.
Bella come quel giorno a
San Pietroburgo, Jàn non se lo poteva dimenticare, quando si era fermata per lui
ch’era stato ferito da uno Zarista, e in ginocchio al suo fianco era stata
colpita anche lei, bella come quando si era presa i quattro colpi per Gee, e
Jàn non la vedeva da allora, bella come sarebbe stata anche la notte del 5
Maggio 1848, quando si sarebbe fatta uccidere al suo posto, quando sarebbe morta per lui, con un
sacrificio che se non lo fa una sorella al mondo non se lo può permettere
nessun altro.
Bella come in fondo solo
adesso, adesso ch’era tornata, e bella come mai.
Tutte quelle carezze lasciate
sul volto, tutto il bene che le voleva giurato con gli occhi, tutta la
nostalgia bruciata ogni volta che aveva nevicato, ogni volta ch’era uscito a
imbucare le sue lettere, ogni volta che aveva nascosto sotto la pelle la paura
di non rivederla mai più.
Ora, tra le sue braccia,
aveva sciolto tutta quella luce, aveva restituito un brivido all’aria, un
anelito al cielo, una preghiera a sua madre perché George non gliela rubasse
per sempre, perché non poteva.
Non aveva mai chiesto
tanto, e non avrebbe mai chiesto di più.
-Grazie...- le sussurrò tra i capelli, e il sorriso di Lys s’infranse di
commozione, come i battiti che gli aveva ricambiato da Sparta e le lettere in
cui avrebbe voluto scrivere di più.
A malincuore, poi, Jànos
la lasciò ad Helga ed Hajnal, ma non smise di guardarla, non smise di
ringraziarla e di ringraziare sua madre di averla fatta tornare, e di essere tornata facendola tornare.
Solo allora si voltò a
cercare Feri con lo sguardo.
Due anni erano tanti,
erano tanti per tutti.
Ma Feri ne aveva aspettati quattordici, per lei.
E sento la sua voce, si riapre la
ferita...
(Il Treno, Riccardo Cocciante)
[...]
Ma ora tutto è passato
Troppo amore ho sprecato
Troppo tempo ho buttato
Io mi fermerò qui
Stringerò la tua mano
Non sarai mai più sola
Ma ora dormi felice
Veglierò su di te
(Fiaba, Riccardo Cocciante)
-Riferito
a Feri e Natal’ja-
Anche quel giorno aveva
aspettato.
Aveva aspettato Isaakij,
Lörinc, Jànos, Hajnalka ed Helga.
Aveva aspettato che tutti
la salutassero e l’abbracciassero per tutti i giorni in cui non l’avevano
fatto.
Aveva aspettato tanto,
solo per farle una domanda.
E per inventare la sua risposta.
Poi, quando finalmente
l’aveva avuta vicina...
L’aveva guardata col fuoco
e col sangue negli occhi, avrebbe voluto avere il coraggio di baciarla.
Una carezza fugace sul
volto, un sorriso quasi incerto, ed un filo di voce.
-Sei tornata... Sei tornata per me?-
Prese tra le dita una
ciocca dei suoi capelli biondissimi, e con gli occhi che gli bruciavano,
abbagliati dallo sconcertante candore del suo viso, la implorò di dirgli di sì.
Natal’ja lo abbracciò con
tutta la forza che aveva in corpo, affondò la testa nel suo petto e sentì il
cuore spezzarsi come quello di Feri ogni giorno e ogni notte di quei
quattordici anni.
-Non posso... Neanche prima potevo... Quando
gli ho fatto così male-
Gli.
A lui.
A Geórgos.
A suo marito.
Solo a lui aveva fatto
male?
Solo a lui?
-Però tu lo sai... Un giorno ti dirò di sì-
Feri non le chiese dov’era
Gee, né quando sarebbe arrivato.
Sapeva che sarebbe tornato
a prenderla, e tanto gli bastava a realizzare che ancora una volta Alja aveva
massacrato i suoi sogni, ma per la prima volta capì anche che la sua unica
colpa era di amare suo marito.
George era rimasto a
Sparta con Aiace, Céline e Nikolaj per sconfiggere l’esercito di Clearco di
Larissa, il Luogotenente di Anassagora Zemekis, per vincere l’ultima guerra
contro i Tessali.
Poi l’avrebbe raggiunta a
Krasnojarsk.
Lys non ce l’aveva fatta
ad aspettarlo, era da due anni che non vedeva casa sua, la sua Siberia, la sua
Forradalom.
Certo, lui le mancava
terribilmente, ma le aveva promesso che sarebbe saltato sull’Iliade con i ragazzi subito dopo
l’ultima battaglia, e le ferite se le sarebbe medicate a bordo, per non perdere
tempo.
Gee sapeva che quella volta
sarebbe stato diverso.
Lei non gli avrebbe mai
più fatto male come nel 1843, e lui non aveva più paura di Feri.
Non gliel’avrebbe mai più portata via.
Feri questo non lo volle
sapere, ma ricambiò l’abbraccio e le baciò i capelli e la fronte, perché non riusciva ancora a lasciarla
andare.
-Я
знаю, моя
любовь, я
знаю...-
Ya znaju, moya lyubov’, ya znaju...
Lo so, amore mio, lo so...
-Almeno sei qui... Almeno
la mia Rivoluzione ha un senso, adesso... Almeno
puoi vederla anche tu-
-Io sono nata per te... E
morirò per te... Ma non posso restare con
te-
Feri sorrise amaramente, e
il male che gli fece quel sorriso non l’avrebbe sentito nemmeno sul patibolo
tre anni dopo.
-Già. Come mia madre-
Le lasciò un lieve bacio
sulle labbra, una carezza del vento.
Non pretendeva più niente,
solo che fosse sempre lei.
Solo che tutto quel sangue
al cuore avesse ancora lo stesso sapore.
Sapore di neve.
A
stone's throw from Jerusalem
I
walked a lonely mile in the moonlight
And
though a million stars were shining
My
heart was lost on a distant planet
That
whirls around the April moon
Whirling
in an arc of sadness
I'm
lost without you, I'm lost without you
Though
all my kingdoms turn to sand and fall into the sea
I'm
mad about you, I'm mad about you
A pochi passi da Gerusalemme
Ho camminato da solo per un miglio al
chiaro di luna
E sebbene un milione di stelle
brillassero
Il mio cuore era perso su un pianeta
lontano
Che gira intorno alla luna di Aprile
Vorticando in un arco di tristezza
Sono perso senza di te, sono perso
senza di te
Anche se il mio regno diventerà
sabbia e cadrà in mare
Sono pazzo di te, sono pazzo di te
(Mad about you, Sting)
Gli occhi grigiazzurri di
Natal'ja erano tristi e confusi.
Quelli nerissimi di Feri
no.
Era incredibilmente
padrone della situazione, lui, e col suo sguardo consumava l'aria e la bellezza
di Lys.
Dopo un po' le sorrise e
le tese una mano.
L'aveva sempre detto, lui.
Sono forte abbastanza.
E così reinventò la sua
allegria.
-Devo ammetterlo, Lys.
Devo ammetterlo. Non sono esattamente
degli sprovveduti-
Per spiegarsi meglio si
sbottonò e tolse la camicia, nonostante i cinquantadue gradi sotto zero, mostrandole
le braccia, il petto e la schiena pieni di cicatrici e ferite anche recenti,
solo di pochi giorni prima, medicate forse senza troppa cognizione di causa e
ancora spaventose alla vista.
Una di queste, profondissima, gli percorreva
tutto l'avambraccio destro, e pulsava ancora come il primo giorno, ovvero il
giovedì della settimana prima.
La più grave di tutte, però,
rimaneva quella alla gamba sinistra del 17 Marzo 1844, il regalo degli Zaristi per il suo venticinquesimo compleanno.
Nonostante fossero passati
ormai quasi dieci mesi, gli dava ancora delle fitte, e spesso faceva fatica a
camminare.
Sperava che Lys non se ne
accorgesse.
Lei non lo doveva sapere e basta.
La piccola fiammiferaia ne
aveva viste tante, di ferite del genere sul corpo di uomini a lei cari, era
cresciuta tra i soldati e un soldato l’aveva anche sposato, ma sgranò
ugualmente gli occhi, perché quelle ferite sulla pelle del suo Capitano avevano
un significato del tutto diverso, erano
le cicatrici della loro Rivoluzione.
Mantenne, però, il suo
solito sangue freddo da perfetta
Сибирячка (Sibirjačka, Siberiana), e non si
scompose più di tanto.
Anche se dentro sì, era sconvolta.
Lui capì tutto, il suo
turbamento e il suo coraggio, e le sorrise dolcemente.
Lei non si sarebbe mai
precipitata da lui dopo una battaglia, non avrebbe mai insistito per medicarlo
o perché lui stesse a riposo.
Lei lo sapeva, che il suo Capitano era forte
abbastanza.
Si fidava di lui.
Lei non avrebbe mai pianto
per lui, non gli avrebbe mai chiesto “ti fa male?”.
Però, forse, qualche volta
l’avrebbe pensato.
E la notte, nel suo letto,
guardandolo dalla finestra dissimulare la sua agonia, forse le sarebbe sfuggita
una lacrima.
Quel giorno Feri rispose a
tutte le domande che Lys, per orgoglio e per comprensione, non gli aveva mai
fatto.
-Non preoccuparti per me.
Non fa male. Non farà mai male. Ѐ
la Rivoluzione-
And
from the dark secluded valleys
I heard the ancient songs of sadness
But
every step I thought of you
Every
footstep only you
Every
star a grain of sand
The
leavings of a dried up ocean
Tell
me, how much longer?
How much longer?
E dal buio di valli nascoste
Ho sentito antiche canzoni di
tristezza
Ma ad ogni passo ho pensato a te
Ad ogni passo solo tu
Per ogni stella un granello di sabbia
Gli avanzi di un oceano asciutto
Dimmi, per quanto tempo ancora?
Per
quanto tempo ancora?
(Mad about you, Sting)
Lei gli lanciò uno sguardo
beffardo, di sfida.
Finché poi, a trattenere
quelle parole che le bruciavano sulle labbra da quand’era arrivata, da quando
l’aveva visto, non ce la fece più.
-Ты
самый лучший,
мой Капитан-
Ty samyy lučšiy, moy Kapitan.
Sei il migliore, mio Capitano.
Feri inarcò un
sopracciglio, scettico.
-Migliore anche di lui?-
Alja si morse le labbra, non
abbassò lo sguardo ma fu come se l’avesse fatto, i suoi occhi erano
dell’azzurro più fragile mai visto, dell’ultimo cielo stremato dalla neve,
morso dagli affronti d’un inverno feroce, un Dicembre come quello dei
Decabristi, ma con il ghiaccio più affilato al posto della Rivoluzione.
E lui si arrese, ma in fondo come poteva chiederle di
rispondere?
-Lascia perdere, va’. Tu sarai
sempre dalla sua parte. Lo so-
-Non è questo. Non è questo, davvero. Ѐ che tu sarai sempre il migliore a prescindere.
Anche se perderai tutto, anche quando perderai tutto. Solo perché
ce l’hai messa tutta.
Solo perché il coraggio
che hai tu... Non ce l’avrà mai, chi ti
sconfiggerà.
Solo perché le tue
ferite... Non sono quelle di un soldato. Sono
il sangue dei nostri sogni.
Il giorno in cui ti dirò di sì... Forse saremo a un passo dalla fine, ma... Allora sarà tutto vero-
And
though you hold the keys to ruin of everything I see
With
every prison blown to dust my enemies walk free
Though
all my kingdoms turn to sand and fall into the sea
I'm
mad about you, I'm mad about you
E anche se tu hai le chiavi per la
rovina di ogni cosa che vedo
Con ogni prigione soffiata nella
polvere lasci liberi i miei nemici
Anche se il mio regno diventerà
sabbia e cadrà in mare
Sono pazzo di te, sono pazzo di te
(Mad about you, Sting)
[...]
Basta innamorarsi ancora di te
Per svegliarsi a primavera
E scoprire che in fondo
Basta addormentarsi ancora con te
Per vestir la notte nera
D'azzurro profondo
Di nuovo noi
Noi due incorreggibili
Con la mano nella mano
Davanti a noi
Gli scogli più ripidi
Ma ogni volta ci tuffiamo
(Basta innamorarsi ancora di te,
Fiorella Mannoia)
Note
Basta innamorarsi ancora
di te, Fiorella Mannoia.
Io la luna te la prendo,
ma non strappo amore a te: Dio, ma quanto è ingiusto il mondo, Notre Dame de
Paris.
Война
и Мир, Vojna i Mir: Guerra e Pace, Lev Nikolaevič
Tolstoj.
In questo caso, riferito a
Lys e Feri ;)
Questo capitolo si
ricollega al 202, “Lo Stratega”, in cui Gee, a Sparta, il 7 Febbraio 1845, è
appunto alle prese con l’Esercito di Clearco Diodikis di Larissa, e Céline
viene rapita dai Tessali...
Lys intanto è tornata a
Krasnojarsk dopo due anni, e ritrova tutti, davvero tutti i suoi Forradalmi,
che se nel ’43 erano partiti in massa adesso ci sono tutti, per la Graždanskaja
Vojna Sibirjačka, per la Rivoluzione.
Is che ha sposato Slavěna
ed è già padre di Dáša -argomento che approfondiremo nei prossimi capitoli del
’45-, Lö che è diventato esaul generale dei Cosacchi di Petropavlovsk, Jàn che
a ventun anni è sempre lo stesso, ma Lys gli è mancata da morire, Hell che
ormai ha quasi ventidue anni ed è, insieme a Feri -quasi ventiseienne-, la più
grande di Forradalom, e avrà un ruolo non troppo simpatico nei prossimi
capitoli su Is e Slávka, Hajnal che ha quasi vent’anni come Lys e aspetta Theo,
e Theo arriverà con Gee a Maggio...
All’incontro tra Feri e
Lys ho pensato davvero tantissimo, e adesso me lo dovete dire voi, se è venuto
bene come spero ;)
Per concludere vi
consiglio di ascoltare Fiaba, di
Riccardo Cocciante, canzone che io adoro e che, neanche a dirlo, è piuccheperfetta per Lys e Feri ;)
Spero che vi sia piaciuto!
A presto ;)
Marty