Film > The Avengers
Segui la storia  |       
Autore: Jo_The Ripper    09/12/2012    10 recensioni
[Terza classificata al contest: "Chi è il mostro?" Indetto da MisticSword]
La sua vita era sfumata, andando alla deriva ogni giorno di più.
La vita del bambino minuto e gracile nato nell’odio della guerra, che portava sulle spalle il peso dei torti della sua gente. Essere malvagio era ciò che tutti si aspettavano da lui. Doveva interpretare il ruolo del mostro dal quale i genitori mettevano in guardia i propri figli prima di andare a dormire...
Ma nell’arazzo del destino tessuto dalle Nornir, può un dio rinnegato, subdolo, falso doppiogiochista senza possibilità di redenzione, la cui mente è ottenebrata dalla ricerca di vendetta e riscatto, diventare vittima del suo stesso inganno?
“Skuld, non vorrai mica rivelargli il futuro?”
“Il futuro… certo che no! Ho guardato il suo, ed è proprio quello che mi aspettavo.”
“E allora cosa hai intenzione di fare?” chiese Urðr.
“Vedrete. Stavolta il nato Jötunn imparerà una grande lezione, e compirà il suo destino.”
Skuld sorrise. Lei aveva visto il futuro che attendeva il giovane principe di Asgard.
Genere: Avventura, Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

And I don't want the world to see me
'Cause I don't think that they'd understand
When everything's made to be broken
I just want you to know who I am

Goo Goo Dolls – Iris
 
[E non voglio che il mondo mi veda /perché non penso che capirebbero / quando tutto è stato fatto per essere distrutto/ voglio solo che tu sappia chi sono]

 
Sono rinchiuso in questa prigione da due mesi.
I giorni si susseguono sempre uguali, ripetitivi, indistinti e monotoni.
Quella farsa che chiamano processo continua e le uniche volte in cui mi fanno uscire dalla cella sono quelle in cui vengo trascinato, in catene, dinanzi alla corte che mi subissa di domande, guardandomi con disapprovazione e sdegno. Ma io non replico mai alle accuse che mi muovono. Perché dovrei? L’elenco delle nefandezze che ho commesso è talmente lungo che non vale veramente la pena cercare di difendermi, non quando il quadro della mia colpevolezza è così nitido. Mi limito quindi a far vagare lo sguardo nella sala, riconoscendo più o meno coloro che si pronunciano contro di me, osservando gli uccelli che con le loro ali piumate, volano liberi fendendo il cielo e di tanto in tanto mio fratello, l’unico a rivolgermi occhiate di comprensione e preoccupazione per il mio destino.
Odino invece tace, fiero e altero mentre ascolta i capi d’accusa che pendono sul mio capo, o le testimonianze degli Avengers che ad uno ad uno sfilano al banco dei testimoni esprimendo il loro disgusto nei miei confronti con toni più o meno pacati.
So già quale destino mi aspetta, Skuld mi aveva avvisato. La verità è che ormai non mi interessa più di vivere o morire, non dopo aver fallito l’unica missione che mi ero ripromesso di condurre a buon fine.
Ho ridotto Gillian ad un vegetale, tenuta in vita solo da un insieme di tubi e macchinari.  
Sono arrivato tardi, non sono riuscito a salvarla.
I fiumi di parole vomitati sui miei misfatti non vengono minimamente uditi dal sottoscritto.
Voglio solo tornare in prigione e perdermi nell’oblio.
 
Un mattino dei primi giorni di settembre, al mio terzo mese di reclusione, una delle guardie entra nella mia cella, strattonandomi e costringendomi ad alzarmi. Per quanto sia un prigioniero docile e mansueto non esitano ad utilizzare maniere più forti del necessario.
“In piedi, feccia! Oggi ci sarà la tua sentenza definitiva. Spero di vederti con una bella corda intorno al collo” mi dice sadicamente.
“Grazie per l’incoraggiamento” rispondo posato.
 
La sala del trono è gremita di sudditi e cortigiani, tutti venuti ad assistere al verdetto finale. Quando entro ammanettato e trascinato come una bestia pronta per il macello, si leva un forte brusio. Tutti mi indicano, parlottano, scuotono il capo, fissano le mie vesti sdrucite ridotte a cenci che mi pendono larghi sul corpo. Se incontrano il mio sguardo distolgono il loro di scatto, come se il solo guardarmi li rendesse colpevoli quanto me.
I carcerieri mi spingono dietro un bancone di legno intarsiato.
Odino, in piedi di fronte al popolo di Asgard, sta per pronunciare la sentenza. Per quanto possa ostentare fierezza, vedo che ha un viso molto stanco e provato, forse credeva di non dover essere lui a fare l’annuncio. Alla sua destra c’è Thor con un’espressione dura dipinta sul viso. Frigga invece non è presente.
Il Padre degli dèi si schiarisce la voce e tutti ammutoliscono.
“Loki, dio degli inganni, per i delitti di cui ti sei macchiato nel corso degli anni, la corte di Asgard ti condanna a morte per decapitazione”
Ottimo, sarà qualcosa di rapido, almeno ho ottenuto di non soffrire eccessivamente. Nel grande salone si sentono echi di approvazione che il sovrano zittisce immediatamente.
“La sentenza sarà applicata tra un mese a partire da oggi, al calare del sole”
Un mese, ancora così a lungo. Sospiro scoraggiato.
“L’imputato non ha niente da dire?” chiede mio padre lanciandomi un’occhiata penetrante.
Imputato…ormai non sono altro che quello, non più un figlio o un fratello.
No, l’imputato non ha niente da dire, lascio che il silenzio parli per me in una risposta più che eloquente.
Le guardie mi afferrano e costringono a camminare, facendo strusciare le catene di metallo al suolo. Fingo di non vedere i ghigni compiaciuti del popolo, ignoro i loro commenti soddisfatti su come sia stata finalmente fatta giustizia, me li faccio scivolare addosso come pioggia estiva. Persino i miei carcerieri sembrano più gioiosi del solito, contendendosi tra di loro il piacere di brandire la scure che separerà la mia testa dal resto del corpo.
Quando mi gettano di peso nella cella facendo scattare la pesante porta metallica, schiamazzano allegramente decidendo di andarsene a bere.
Mi alzo e mi costringo a sistemarmi sulla branda dal materasso consunto e la rete cigolante. Guardo fuori, dalle inferriate filtra un debole bagliore aranciato di sole. Cosa è rimasto di Loki, il dio astuto e scaltro che non avrebbe smesso di cercare una soluzione per uscire da queste mura di pietra? Non è rimasto altro che un guscio vuoto, una massa informe che tra un mese vagherà nelle profondità oscure degli inferi.
Il suono di passi pesanti mi fa voltare in direzione delle sbarre.
Thor è di fronte a me, rigido, i pugni chiusi e lo sguardo abbattuto.
Da quando mi sono svegliato la prima volta non abbiamo più parlato, adesso sembra aver vissuto cent’anni di dolore.
“Ciao, fratello. A cosa devo l’onore di questa visita? Sei venuto a salutare il neo condannato?”
La mia voce grondante sarcasmo lo irrita.
“No Loki, sono venuto a chiederti perché. Perché non hai spiegato niente al tuo processo di come sono veramente andate le cose? Perché non ti sei difeso in alcun modo? Io ho provato ad aiutarti, ma non ho ottenuto risultati” abbassa lo sguardo, mentre la mia bocca si tira in un sorriso sghembo.
“Sarebbe stato inutile tentare di convincere quelle persone del contrario, non quando sono tutti così ottusamente convinti della mia colpevolezza. Non avrebbe fatto alcuna differenza, mi avrebbero condotto ugualmente dove volevano, ossia, al patibolo” il mio ragionamento veritiero e logico gli fa contrarre i muscoli del viso.
“Avresti potuto evitare la condanna a morte, avresti potuto ottenere una prigionia a vita”
“Thor, ne sei davvero così convinto? Tenermi in vita con la remota possibilità che potessi scappare? Andiamo, ti facevo più furbo” replico con una punta di esasperazione nella voce.
“È solo che…io non riesco a rassegnarmi, non dopo Midgard, quando ho capito che eri davvero cambiato” sospira.
“Non ha davvero peso tutto questo. Dicono che basti una buona azione a cancellarne cento cattive, ma per me questa regola non deve valere. E poi non ho fatto niente di buono per meritare un minimo di indulgenza. Questa, Thor, non è altro che una classica favola dove i buoni vincono ed il cattivo perde. Semplice e lineare”
Thor si accascia al muro, evidentemente il fatto che io mi sia arreso deve averlo sfiduciato ulteriormente.
“Io e Padre siamo riusciti ad ottenere per te un ultimo desiderio”
Questo mi sorprende, non credevo che fossero disposti a concedere ad un condannato del mio calibro un...contentino.
“Capisco. Allora fammi tornare su Midgard. Ho un’ultima cosa da fare prima di andarmene”
“Midgard? Non credo proprio che sarà possibile, dovrai ridimensionare la tua richiesta” scuote il capo.
“Fammi tornare sotto la sorveglianza tua e degli Avengers. Sono ancora senza poteri cosa credi che potrei fare?”
“Non lo so Loki, potresti sempre decidere di scappare”
“Parla con Odino, digli che il mio desiderio è questo. Tu sai perché devo tornare”
“Non ti prometto niente, ma ci proverò”
Gli faccio un cenno con il capo a mo’ di ringraziamento.
Thor si allontana, sulle sue spalle adesso grava il peso di realizzare l’ultima preghiera di suo fratello.

 

***
 


I giorni sono passati più veloci di quanto mi aspettassi, ormai manca solo una settimana al giorno dell’esecuzione. Dalla mia piccola finestra entra una foglia, la vedo danzare nell’aria fino a posarsi leggera sul pavimento. La raccolgo rigirandola tra le dita: è secca, di una tonalità di rosso intenso quasi come il sangue.
Thor non si è più fatto vedere da allora, se ne è andato portando con sé un sottile filo di speranza. L’ultima occasione che avevo per spiegare il mio punto di vista all’unica persona alla quale sarebbe importato davvero. Una persona che però non potrà rispondermi.
Sento un vociare provenire dal corridoio, quando vedo la sagoma di Thor stazionare dinanzi alla mia cella, seguito dalle guardie.
“Aprite immediatamente se non volete contravvenire agli ordini del re!” comanda risoluto.
“Ma Maestà, ci è stato ordinato di non far uscire il prigioniero fino al giorno dell’esecuzione…” balbetta uno di loro intimorito.
“Vi sto ordinando di aprire per ordine del consiglio e mio. Osate mettervi contro di me? Aprite. Subito” ringhia minaccioso.
Aprono e mio fratello si precipita all’interno.
“Alzati, andiamo su Midgard”
 
Vengo condotto al Bifröst, scortato dalle guardie e da Thor. L’espressione sul viso di Heimdallr è impassibile, fa solo un cenno al dio del tuono scostandosi per permetterci il passaggio. Non so come abbia fatto mio fratello a convincere tutti a riportarmi su Midgard, mi riserverò le domande per quando saremo arrivati.
 
La sgradevole sensazione di risucchio sancisce la nostra partenza; il corpo si disintegra in minuscoli frammenti di luce, pronti a ricomporsi poi nel luogo di destinazione finale. E il luogo designato altro non è che la Stark Tower dove trovo gli Avengers al gran completo. Li vedo irrigidirsi e stringere di più le armi quando io e mio fratello facciamo la nostra comparsa: anche se condannato a morte, credono che sfrutterò quest’occasione per tentare una fuga, è palese.
“Siediti Loki” Thor mi indica il divano di fronte ed io mi ci siedo composto.
“Sembra che sia diventato davvero ubbidiente” fischia Barton beccandosi un’occhiataccia dalla collega, ma viene ignorato da tutti.
“Come avrai ben capito, sono riuscito a convincere Padre e gli altri a lasciarti venire qui prima dell’esecuzione. Sarai sorvegliato da noi tutti, così potrai sistemare la tua…faccenda in sospeso”
“Capisco”
“Bene, allora possiamo andare”

 
***

 


Stark mette a disposizione le sue auto con le quali ci dirigiamo all’ospedale dove Gillian lavorava.
L’odore pungente di disinfettante mi investe mentre mi fanno strada verso la stanza dove si trova la dottoressa. Le porte scorrevoli dell’ascensore si aprono permettendoci di salire e Thor preme il pulsante per il settimo piano.
Nessuno mi rivolge la parola, nessuno parla, sono tutti fermi in una strana calma carica di tensione inespressa.
Il corridoio tinteggiato di pallido beige è privo di visitatori esterni, ci sono solo le infermiere insieme al dottore di turno. Pare che la mia visita sia stata predisposta in precedenza, poiché basta un solo cenno dell’uomo di metallo per poter proseguire.
Man mano che camminiamo per il corridoio i battiti del mio cuore aumentano. Quando Thor posa la mano sulla maniglia della porta e la abbassa, sento un crampo allo stomaco.
Con lo sguardo mi invita ad entrare.
“Tu non vieni?” gli chiedo esitante.
“Questa è una cosa che devi fare da solo, no?”
“Ma sicuramente mi sorveglierete in qualche modo, devi assicurarti che io non fugga”
“La stanza è dotata di telecamere interne. Sapremo cosa starai facendo e se tenterai la fuga te lo impediremo” sottolinea Stark.
“Potrete ascoltare cosa dirò?” all’improvviso il pensiero che loro possano sapere cosa io stia per dire mi innervosisce.
“No, vedremo solo le immagini” risponde la Vedova e Thor conferma.
“Ci vediamo quando hai finito” mi dice facendosi da parte e lasciandomi entrare.
Ho bisogno di prendere un bel respiro per affrontare questa prova.
 
Lo spettacolo che si presenta dinanzi ai miei occhi mi causa una sofferenza reale e intensa.
Gil è distesa sul letto coperta fino alla cintola, avvolta in un camice dell’ospedale. Da sotto quest’ultimo vedo spuntare una serie di cavi che si connettono ai macchinari di cui è circondata: uno che le controlla le pulsazioni cardiache, uno per l’attività cerebrale, una flebo che le serve per i liquidi. Il suo volto sembra una maschera innaturale, una strana statua cerea con gli occhi chiusi.
Prendo una sedia e la accosto al letto, sedendomi accanto a lei. Resto in silenzio, tutti i discorsi che avevo preparato sembrano solo patetiche scuse, parole al vento e senza valore. Mi blocco con lo sguardo fisso sulla punta delle scarpe, mentre il profumo dei fiori freschi comincia a permeare l’aria.
Quando presto maggiore attenzione alla stanza noto che è piena di fiori, biglietti, qualche foto di lei con un paziente guarito che è riuscita a salvare. L’espressione gioiosa del suo sguardo in quelle immagini, la bocca aperta in un sorriso luminoso, la vitalità che esprimeva…sono ormai un ricordo confuso, non appartenente alla figura che giace inerte in questa sterile stanza d’ospedale.
Se fosse sveglia adesso cosa mi direbbe? Mi saluterebbe, credo. Quindi dovrei fare la stessa cosa, se non altro per cominciare a rompere il ghiaccio.
“Ciao Gil” il silenzio è interrotto solo dal fruscio del vento tra le foglie degli alberi di fronte alla finestra.
“Non era così che doveva finire” dico tutto d’un fiato. “Non avrei dovuto permetterlo” sospiro a lungo guardando il suo viso.
“Tu una volta mi avevi chiesto di raccontarti la verità quando sarei stato pronto, ed io ti avevo chiesto di aspettarmi. Il punto è che ormai non c’è più tempo ed io voglio che tu sappia come è andata davvero. Voglio che tu sappia chi sono, voglio raccontarlo a te perché sei l’unica che abbia visto e non mi abbia giudicato. Voglio raccontartelo perché te lo devo”
 
Il tempo delle incertezze è finito, adesso è giunto il tempo per la verità.
 
“Il mio vero nome è Loki. So cosa starai pensando: che sia strano, ma nella mia famiglia d’altra parte non siamo rinomati per essere propriamente normali anzi, eravamo considerati da voi umani degli déi. Mio padre altri non è che Odino mentre mio fratello, che tu conosci sotto il falso nome di Donald, è in realtà Thor, il dio del tuono. Il Logan che tu hai conosciuto non era altro che una maschera, uno dei mille volti che il mio essere camaleontico ha costruito. Io sono noto come il dio della grande astuzia e del caos, ingegnoso inventore di tecniche e diabolico ingannatore. La storia che ti ho raccontato sul fatto di essere stato adottato non era propriamente una bugia: sono il figlio di Laufey, il sovrano di Jötunheimr, il mondo abitato dai giganti di ghiaccio. Devi sapere che Laufey mi aveva rifiutato fin dalla nascita poiché troppo piccolo, gracile e minuto per gli standard della sua specie. Abbandonato a morire, nascosto a tutti, ancora in fasce, fui salvato da Odino, il quale mi trovò e decise di adottarmi. Crebbi così tra gli asgardiani, che però erano nemici da sempre dei giganti di ghiaccio e mi vedevano come un nemico; mi detestavano e pregiudicavano solo perché ero diverso da loro, dicendo che da me non sarebbe derivato altro che male. Ma tutto questo non potevo immaginarlo, visto che Odino aveva ben deciso di celarmi la verità sulle mie origini. Nonostante vivessi in una condizione di privilegiato, non riuscivo a capire davvero quale fosse la fonte di quell’odio gratuito nei miei confronti che mi faceva sentire solo inferiore e fuori luogo. Casa mia non era nient’altro che una gabbia dorata e soffocante, il tutto accentuato dal fatto che, a differenza mia, Thor aveva ereditato la forza e il portamento nobili della sua stirpe, perciò eccelleva in ogni cosa ed era amato da tutti. Ed io così crebbi invidiandolo e odiandolo ogni giorno che passava, solo perché bramavo di avvicinarmi a lui, volevo ottenere quel minimo di considerazione che mi era negata, provare ad essere accettato da quella società che continuava a rifiutarmi. Allo scopo di eguagliarlo, cominciai ad apprendere la magia, della quale sono poi diventato un oscuro maestro. Odino mi diceva sempre che sia io che Thor eravamo destinati ad essere re. Ed io lo volevo, volevo quel ruolo con tutte le mie forze, aspettando il giorno in cui avrei avuto la mia occasione. Ero così pieno di speranze verso il futuro che alla fine, il mio bel sogno si ruppe in affilati cocci che mi si conficcarono all’interno dell’anima, facendomi scontrare con la dura e fredda realtà delle cose. Come sempre accadeva, Odino preferì mio fratello, ed io mi dovetti accontentare di essere solo il secondo. Credo che sia stato anche per queste nostre vicende passate che, quando ho visto te e Thor diventare più affiatati, la cosa mi ha dato veramente fastidio. Avevo il timore che potesse portarti via, che potesse intromettersi nel nostro strano ma piacevole rapporto, che mi spodestasse da quel posto che avevo guadagnato per primo tra le tue amicizie. Che mi sottraesse l’unica persona dalla quale non ero stato rifiutato, odiato, disprezzato o guardato con scherno. E soprattutto l’avevo ritenuto capace di rivelarti la verità sulle mie azioni in passato. Ricordi quando mi parlasti dei disordini che c’erano stati qui l’anno scorso? Sono stati causati da me, che per perpetuare i miei stupidi scopi di vendetta avevo scelto di vendermi di nuovo alle tenebre. Ora ti fidi di me quando dico che Logan era solo una facciata? Io sono questo, un pluriomicida con l’ambizione di conquistare un pianeta. Sono sinceramente colpito dal fatto che il mio male non ti abbia contagiata”
 
Faccio una pausa, cercando di scorgere sul suo volto un qualche segno di cambiamento, ma è una vana speranza. Riprendo quindi il mio racconto.

“Ma lascia che ti racconti della mia ultima permanenza su Midgard, questo tempo che ho trascorso con te e che ha visto l’evolversi del mio ultimo inganno. La notte che ci siamo incontrati ero appena fuggito da Asgard, ed avevo giurato a me stesso che stavolta mi sarei vendicato di tutti quelli che mi avevano imprigionato nella maniera più completa. Cominciai così a darmi da fare eliminando i miei nemici uno ad uno. Ma c’è anche un’altra cosa importante che devi sapere: io intendevo usare te come tramite per incanalare i poteri di Thor nel tuo corpo e farli passare nel mio alleato. Avevo deciso di scegliere te proprio perché ritenevo che il nostro non fosse stato un incontro casuale. Ma per poter aumentare il processo di passaggio della magia, l’officiante del rito ed il tramite dovevano avere un legame tra di loro. Per questo all’inizio mi sono mostrato così incline a fare la tua conoscenza; era solo un modo per poterti avere sotto controllo, sapendo che se fossimo diventati amici non mi avresti rifiutato nulla. Volevo solo ottenere il mio scopo. Almeno era così all’inizio, perché le cose in seguito sono davvero cambiate. Sono cominciate a mutare la notte che vinsi la mia indifferenza e ti portai in salvo da quegli uomini che volevano abusare di te. Non capii perché sentissi il bisogno di soccorrerti, avrei potuto trovare altri cento tramiti come te, ma agii inconsciamente, mosso da un istinto protettivo e possessivo che non sapevo di avere. Non nei confronti di un altro essere vivente oltre me stesso. Quella notte fu la prima volta che sentii qualcosa di diverso dal bisogno di rivincita”
 
Allungo una mano stringendo la sua inerte. La lascio lì, come un unico appiglio alla sanità mentale.
 
“Ti trovavo strana e affascinante, c’era qualcosa in te di sfuggente, qualcosa che mi spingeva a mettere da parte i miei propositi per poterti davvero conoscere meglio. Enigmatica, sincera e leale, onesta, disposta a tutto pur di salvare qualcun altro, cresciuta tra persone che ti avevano sempre sostenuto e incoraggiato, tu eri il mio completo opposto. Ed era questo quel fattore che mi spingeva a continuare a vederti, ad ascoltarti quando avevi qualcosa da dire, anche se molte volte hai messo a dura prova la mia pazienza. Volevo studiarti, osservare fin dove ti saresti spinta con me, visto che eri l’unica a credere che in questo ammasso di carne e sangue ci fosse qualcosa di buono. Seguii il tuo consiglio e decisi di riavvicinarmi a mio fratello, cosa che prima o poi avrei ugualmente fatto. Lo invitai sulla Terra rivelandogli di sapere una cosa sulla nostra famiglia: stavolta non mi serviva mentire, Odino aveva davvero ingannato anche lui. Per quanto fossi animato dalla volontà di regolare i conti, sentivo che Thor meritava di venire a conoscenza della verità, ed il fatto che mi preoccupassi di questo era un altro segnale che le mie precedenti convinzioni stavano crollando. Nonostante ciò  andai avanti ostinatamente inseguendo il mio obiettivo, ed anche se ero quasi giunto al compimento del mio piano, non mi sentivo soddisfatto. Ogni volta che compivo qualche azione studiata rimettendo sul viso la mia maschera impassibile e cinica sentivo le budella torcersi. Anche stare con te, non era più un dovere finalizzato al successo della missione…era diventato piacevole. Aspettavo di poter trascorrere del tempo in compagnia, nonostante le battute sarcastiche e pungenti che riuscivamo a scambiarci, nonostante non ti cercassi in realtà bramavo la tua presenza, ma ero troppo orgoglioso per ammetterlo. Mi ero accorto di non essere poi così incline a volere che quella nuova situazione che avevo creato svanisse. Con Thor ero riuscito a chiarirmi, in qualche modo mi sentivo persino più vicino a lui, anche se avrai notato che per uno come me, cresciuto in una bolla di odio, ammettere i propri pensieri e sentimenti non sia affatto facile. Ho trascorso così tanto tempo ad evitare ogni contatto umano, a chiudermi in me stesso coltivando i miei propositi di vendetta, da essermi reso conto di essermi trasformato in un automa, una macchina fredda e senza sentimenti. Ma la consapevolezza che qualcosa era cambiato è sopraggiunta quando ho cominciato ad avere dei ripensamenti sul fatto di dover usare te come tramite. Non volevo che corressi quel rischio, non volevo metterti in pericolo. Quando sono venuto a prenderti al locale, a casa tua…avrei voluto davvero deporre le armi, sollevare bandiera bianca e arrendermi raccontandoti tutto, ma non potevo, troppo vigliacco per darti una possibilità di scegliere di conoscere la verità ti ho chiesto di aspettare. Non volevo guardare la delusione farsi strada nei tuoi occhi nel momento stesso in cui la storia della mia vita fosse saltata fuori. E poi l’infinito attimo in cui ci siamo scambiati quel bacio…ho realmente desiderato essere Logan, non più Loki. Volevo essere la persona che tu credevi davvero che fossi, volevo trasformarmi in quella maschera che avevo creato. Avevi il sapore della salvezza ed il profumo della libertà. Non mi sono sentito più una persona spezzata, ma integra e consapevole finalmente della strada da percorrere. Purtroppo avevo ancora un accordo di alleanza e così ho dovuto portare avanti la sceneggiata, con un piccolo cambiamento: se fossi riuscito nel mio intento avrei potuto liberarmi del vero nemico e tenere te fuori dai guai. E così, per la prima volta nella mia lunga vita, ho deciso di agire per il bene di qualcun altro e non di me stesso, ed ho cercato di rivoltare il piano inziale contro di te a tuo favore. Sapevo che gli agenti che avevo cercato di eliminare non potevano essere morti nella frana perché ero a conoscenza di quella via di fuga costituita dalla botola dalla quale sono stato tagliato fuori durante il crollo. Almeno uno dei due sarebbe riuscito a salvarsi e ci avrebbe messo poco poi a fare due più due. Un’altra cosa sulla quale potevo contare era l’infedeltà di Gylfi, l’elfo oscuro del quale mi ero servito: sapevo che se avesse avuto l’occasione di liberarsi definitivamente di me l’avrebbe sfruttata senza battere ciglio, anche perché lo stare su Midgard stava avendo effetti devastanti sul suo fisico e non avrebbe retto torture psicologiche. E la mia previsione si è avverata: dopo aver rivelato tutto ai due agenti, questi sono andati a recuperare i loro compagni. Avevo anche immaginato che l’uomo di metallo avesse fabbricato qualche diavoleria delle sue, una qualche specie di localizzatore, quindi il rintracciare me o mio fratello non gli sarebbe stato difficile. Così è stato, ma il mio piano non è filato liscio: sarei dovuto venire a liberarti prima, dovevo saperlo che il tuo corpo non avrebbe tollerato tutta quella magia” ingoio quelle parole amare che creano un nodo soffocante alla gola.
“Ho fatto prima che potevo, ma ho ugualmente fallito. Tu ora sei qui, non puoi parlarmi, non puoi guardarmi, non puoi stringermi la mano” guardo la sua che giace ferma sulle lenzuola e mi sento avvolto da un alone di tristezza.
“Ci ho messo troppo tempo a capire che avevo sbagliato, se potessi tornare indietro a quel giorno probabilmente non scapperei da Asgard. Tu non mi avresti mai incontrato e avresti continuato a vivere circondata da tutte le persone che ti amano. Ma sono venuto anche a dirti che se la cosa può in qualche modo pareggiare i conti, tra una settimana verrò giustiziato. Ho chiesto come ultimo desiderio quello di vederti per poterti spiegare tutto, per metterti al corrente di ogni particolare della mia vita, per raccontarti di come, da ingannatore, io sia diventato vittima del mio inganno, scegliendo liberamente di esserlo, per salvarti. Molte persone durante il processo hanno chiesto perché io abbia fatto quello che ho fatto. Quello che non si sono mai presi la briga di indagare è che c’è una storia dietro ogni persona, c’è una ragione per cui sono quel che sono, una ragione che ho scelto di raccontare a te. Non sono diventato così solo perché lo volevo. L’ho fatto per dimostrare a mio padre che anche io valevo qualcosa, non ero solo un fantoccio nelle sue mani. Ma a quanto pare sono maledetto; questo incubo del gigante di ghiaccio che riemerge dal passato prepotente mi ha resto forse più incline alla malvagità, e magari  è vero che per quelli come me è impossibile cambiare. Non meritavi di incontrarmi, io sono davvero marcio come dicevano ad Asgard. Evidentemente è nella mia natura distruggere, fare del male deve essere l’unica cosa che in realtà so fare bene, mentre tu sei una ragazza troppo buona e pura, innamorata di un mondo così sbagliato” affermo.
“Ora sei intrappolata a causa mia in questo stato di sogno, ed io mi sento così maledettamente impotente… non sono un principe su un cavallo bianco, nessun bacio o parola gentile potrebbe destarti da questo sonno, eppure io spero che tu possa guardarmi negli occhi anche solo per un momento e rispondere ad un’unica domanda”
Traggo un profondo respiro, alzandomi dalla sedia e portando la mano libera sui suoi capelli, accarezzandoli. Mi abbasso sfiorandole il naso con la punta del mio e poggiando poi la fronte sulla sua.
“Puoi perdonarmi?” domando in un sussurro appena udibile.
 
Le sue palpebre tremano e la sua mano stringe la mia. Apre gli occhi e il solo vedere quell’azzurro ghiaccio così intenso mi provoca un brivido lungo tutta la schiena.
“Ti sei svegliata” la mia voce è flebile, mi sembra ancora tutto così irreale.
“Lo…ki” dice con voce roca.
Ha sentito tutto, ha appena pronunciato il mio nome. Una sensazione di sollievo si irradia in tutto il mio corpo.
“Sì, ora aspetta, chiamo qualcuno per visitarti” faccio per andarmene ma le sue dita si serrano con forza attorno al mio polso.
“Lo…ki…io…ti…”
“Me lo dirai dopo, lasciami andare” le dico gentilmente.
“Io…ti…”
 
Accade tutto in un attimo: rovescia gli occhi indietro, la presa su di me si allenta. Uno dei macchinari comincia a suonare con fischi acuti e ripetuti, mentre lo schermo lampeggia con una sinistra spia rossa.
Non capisco cosa sta succedendo fino a quando non vedo la linea delle pulsazioni cardiache completamente piatta.
Lo staff medico irrompe nella stanza con il carrello per le emergenze.
“Si faccia indietro, signore” un’infermiera tenta di spingermi via, ma sono paralizzato, i piedi di piombo, congelato sul posto. Ogni singolo muscolo si rifiuta di eseguire un semplice comando, mentre vedo il medico che comincia ad armeggiare con le siringhe iniettandole una qualche sostanza. Prende poi le piastre del defibrillatore, cospargendole di gel e posandole sul torace di Gil.
“Carica a 200. Libera!” vedo il suo torso sollevarsi ma il macchinario continua a suonare.
“Voi dovete salvarla, salvatela vi prego” cerco di avvicinarmi a lei ma me l’impediscono trattenendomi. Sento che sta scivolando via da me e non posso fare niente per trattenerla. Tutto ciò che posso fare è assistere mentre il medico cerca di rianimarla, di riportare in lei quella vita che sembra si stia spegnendo.
“Maledizione! Carica a 300, libera!”
Nulla.
Il medico mette da parte l’apparecchio cominciando a comprimerle il cuore manualmente.
Continua, continua, ma l’apparecchio non smette di suonare. La speranza si sgretola in tanti pezzi affilati come vetro, che si conficcano nella mia anima deturpandola ancora di più.
Il suo cuore non riprende a battere.
Il dottore si solleva dal corpo di Gil e spegne la macchina.
Nella stanza cala un silenzio assordante.
Solleva la testa in direzione dell’orologio, con voce incrinata di pianto.
“Ora del decesso 21:07”
Si volta verso di lei, le posa una gentile carezza sulla guancia “Addio Gil, grazie per avermi permesso di conoscerti. Perdonami se non sono riuscito a salvarti” una lacrima gli solca il viso mentre esce fuori dalla stanza.
Vedo tutti affannarsi attorno a lei staccandola dalle macchine. Le infermiere piangono, cercano di confortarsi a vicenda. Tutti la conoscevano, tutti le volevano bene.
E la colpa è solo mia se adesso lei non c’è più.
Ma non può essere così, il suo corpo è ancora caldo, mi ha parlato, si è svegliata, l’ho vista.
Non può essere. Perché è tutto finito? Perché è andata via? Credeva che sarei stato io ad abbandonarla, ma alla fine è stata lei a lasciare me.
Resto lì fermo ad una certa distanza dal corpo, incapace di fare un altro passo. Troppo vigliacco per avvicinarmi e scoprire che lei è davvero morta.
Sento una mano che si posa sulla mia spalla, è Thor. Il suo viso è una maschera di dolore.
Gillian Russell, un’altra vittima innocente di Loki, il furente e pazzo dio degli inganni, il cui cuore freddo  gli aveva precluso ogni speranza di redenzione. Il dio che fuggiva da se stesso, da quello che non poteva più essere cancellato, abbandonandosi alla marea del lato oscuro che l’aveva inghiottito tra i suoi flutti.
Gli Avengers entrano nella stanza, vedo le loro espressioni dure, il disprezzo verso di me, verso quello che sono: nient’altro che un mostro. Un mostro ancora troppo incredulo, sconvolto, esausto persino per versare una lacrima.
“Adesso dobbiamo andare”
Thor mi conduce quasi di peso verso la porta mentre con il capo girato tento ancora di cogliere un dettaglio del volto di Gillian. Nel corridoio incrociamo Jane che sta correndo allarmata verso la stanza. Devono averla avvisata di ciò che è accaduto. Quando mi vede i suoi passi si fanno più decisi, accorcia lo spazio tra di noi finché, a pochi centimetri dal mio viso, mi colpisce con uno schiaffo sulla guancia.
“Sei stato tu a ucciderla! Sei uno schifoso, maledetto assassino!”
L’agente Romanoff si fa avanti prendendola per le spalle, cercando di calmarla.
“Te l’avevo detto che quelli come lui non potevano cambiare, ma ti sei voluto fidare lo stesso e guarda che risultato! L’ha uccisa, ha ucciso Gil! Lei non tornerà più!” grida contro Thor accasciandosi poi al suolo scossa dai singhiozzi.
Il mio volto non lascia trapelare il dolore quando mi volto verso mio fratello ponendogli la mia richiesta.
“Riportami ad Asgard”

 

 ***
 


Durante l’ultima settimana di prigionia ho vissuto in un limbo indefinito di suoni, colori, ombre che dal passato si rincorrevano incatenandosi le une alle altre. Dal giorno della morte di Gil, la vita è stata solo una vaga impressione, come se appartenesse a qualcun altro. Nulla ha avuto più importanza se non arrivare alla fine del viaggio.
Ed infine il tempo è giunto.
Mi servono un ultimo pasto che rifiuto, Odino, Frigga e Thor vengono a darmi il loro addio al quale non rispondo.
 
La guardia apre la cella trascinandomi al patibolo. Fischia allegramente come se quella fosse una passeggiata di piacere.
Quando esco all’aperto devo stringere gli occhi, poiché la luce del sole calante mi risulta tanto intensa da farli lacrimare. Nella mia cella ero ormai abituato ad un’oscurità quasi perenne, un buio che viaggia di pari passo con me dal giorno della mia maledetta venuta al mondo.
Sul patibolo inspiro l’aria ormai fredda di ottobre. Penetra gelida nei miei polmoni facendomi rendere conto di essere ancora vivo.
Ma avere un cuore che batte non significa esserlo per forza. Dentro sono arido come un deserto, la mia anima è come il suolo reso arso dalla calura, cosparso di crepe e rocce che si sgretolano sotto il passo di un uomo.
Inginocchiato, con la testa in asse sul blocco di pietra che accoglierà la scure che porrà fine alla mia vita, aspetto con gratitudine l’inevitabile. Guarda, popolo di Asgard, come muore Loki, l’uomo che voleva essere re ed ha perso tutto per inseguire questo suo scellerato desiderio.
 
Si dice che quando stai per morire la vita ti scorra veloce davanti agli occhi.
Non è vero.
Quando stai per morire, l’unica cosa che vedi è il buio di una vita che non vale più la pena di essere vissuta.
Smetti di ribellarti al destino infausto, smetti di sperare in un miracolo. E ti lasci andare.
 
Ed il mondo diventa tenebra.

 

 
***
Ok, diciamo pure che ho attrezzato casa mia per l’assedio che mi aspetta dopo questo capitolo. Ma era cominciata così, con Loki al patibolo, quindi era improbabile che riuscisse a salvarsi…è stato però divertente analizzare come ci fosse arrivato e perché.
Spero che il suo discorso non sia stato troppo noioso, ma la tanto agognata verità doveva arrivare, specie sull’ultima parte del suo piano. Mi auguro anche di non essere andata eccessivamente troppo OOC con Loki, ho provato a mantenerlo il più fedele possibile all’originale J
Bene, allora ci vediamo la settimana prossima con il nostro ultimo –sigh- appuntamento!
Perché c’è ancora qualcosa da dire, nonostante tutto ;-)
Bacio e buona domenica!

 

 

  
Leggi le 10 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > The Avengers / Vai alla pagina dell'autore: Jo_The Ripper