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Autore: JeffMG    09/12/2012    0 recensioni
Ecco un nuovo modo di vedere le rockstar del ventunesimo millennio.
Genere: Satirico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mike rocking you!

Capitolo 3.

Uscii da quel maledetto locale con la nausea. 
Mi ero fatto tre birre e tre whisky, giuso per chiudere in numero pari.
Ci vedevo doppio talmente ero ubriaco.
Nonostante questo le parole di Mary mi risuonavano in testa

"Mike rocking you non parla mai"

Come diavolo avreti fatto ad intervistarlo se quel bastardo non parlava?
Cos'era muto oppure gli piaceva fare la grande rock star con la caratteristica
lo rende quelllo originale? 

 
Dovevo smetterla di imprecare, anche solo mentalmene.
Stavo esagerando,ecco tutto. 
Me l'aveva sempre detto mia madre di non imprecare

"O ti capiteranno brutte cose"

Quelle come Mike rocking you, quelle disgrazie che ti urlano dietro e ti saltano alle spalle.
Sentivo che la mia laura valeva quanto un pezzo di cartaigienica
per uno con un attacco di diarrea. 

Tornai a casa alle tre di notte, sotto i fumi dell'alcool. 
Il vento mi accarezzava il volto e certe macchine sfrecciavano in strada
con il volume alto e passeggeri urlanti.
Luci alle finestre si spegnevano e altre si accendevano,
forse qualcuno aveva avuto un incubo o un ripensamento. 
Una volta anche io mi svegliai di soprassalto in una lontana nottata di cinque anni fa. 
Dovevo decidere di accettare un pidocchioso lavoro da giornalista in un altrettanto pidocchioso giornale di provincia,  oppure affrontare un viaggio per arrivare nella grande mela e tentar fortuna insieme ad altri allocchi come me. 
La preoccupazione dei miei genitori, le parole vaghe su di un futuro incerto e già con la mia
indole da ribelle mi vedevo alla soia della porta con lo zaino in spalle. 
Mia madre troppo debole per dirmi che non ce l'avrei fatta e mio padre troppo orgoglioso per dirmi che non voleva che me ne andassi. 
 
Quella volta mi addormentai con i crampi allo stomaco e una decisione da prendere:
restare a Seattle o partire per New York in cerca di ciò che nella vita avevo sempre avuto bisogno; delle sane botte di culo. 
In quella lontana nottata di dieci anni fa, mi svegliai alle tre di notte sudato e con in mente solo la risposta che avrei dovuto dare l'indomani al mio capo. 
Afferrai il cellulare e schiacciai il tasto invio, di lì a poco il mio futuro sarebbe andato a puttane, 
per la mia decisione inutile e uno spirito adolescienziale rimasto in saldo per troppo tempo. 
 
"Pronto? Chi parla?" 
 
Ero paralizzato. Insomma, stavo per decidere la mia sorte. 
 
"Allora, sono le 3 di notte, è uno scherzo? Se non ti decidi a parlare chiamo la polizia" 
 
Bene, anche una denuncia.
Magari per lo stalkin, avrei mandato al ricovero mia madre e già vedevo mio padre additarmi. 
"Sei un codardo, figliolo" e avrebbe avuto ragione. 
 
"Pronto? Ora chiamo la polizia!" 
 
Presi un profondo respiro e mi convinsi a parlare. 
 
"Sono Trouman..."
"Ma come diavolo ti viene in mente di chiamare a quest'ora di notte,ragazzo?" 
"Mi dispiace... Le volevo dire che non accetto il lavoro" 
 
Chiusi la chiamata e tutto svanì in una coltre di fumo,
un' azione così futile che cambiò la mia esistenza. 
Per quella chiamata ora cammino in una piccola via di New York,
per raggiungere il mio squallido appartamento. 
La fortuna l'ho tentata ma la sfortuna mi ha bruciato le mosse prima ancora
che potessi gettare i dadi. 
Così conosco l'agitazione notturna e quello che comporta,
forse una grande decisione oppure un urgente bisogno di andare al bagno. 

Il paninaro sotto casa è ancora aperto. 
Il proprietario si chiama Fred, viene dalla Scozia e non ha capito
che l'unica cosa che non sa fare
nella vita sono i panini.
Per la disperazione che comporta la vita di uno scapolo, devo aggrapparmi alle sue mani 
da scozzese all'ingrasso e concedermi un panino unto di salsiccia e salse non ancora scoperte. 
Almeno ingrasso di cinque chili quando gli faccio visita
e evito di finire all'ospedale a farmi imbottire di flebo. 
Prima di uscire di casa devo chiudere le finestre o l'odore di fritto rischia di invadermi casa.
Perché non inventano i foodbusters? 
Dovrebbero o le persone come me saranno presto inghiottite dai fumi oleosi dei paninari sotto casa, rischiando un embolo. 
Verebbero con le loro tutine bianche e le aspirapolveri per disseminari panico nel vicinato e strapparmi 800 dollari per avermi pulito casa da fumi di origine paninara. 
 
Ho bisogno di un caffè, questo è il quarto. 
Apro la porta, un barbone sta dormendo all'entrata del condominio. 
Decido di non fare la spia e di lasciarlo dormire per almeno una notte in un posto caldo. 
Mi soffermo a guardarlo.
Che espressione prende un volto quando si è consci del proprio fallimento? 
Quando si vede la propria vita cadere e infrangersi come le torri gemelle? 
Quando probabilmente la testa galleggia verso un suicidio o un modo per ricominciare,
se sei un ottimista nato. 
Nel volto di questo sconosciuto ci rivedevo il mio. 
In fondo stavo fallendo, ero diventato un ozioso giornalista che aspettava il colpo della vita, 
quando il solo colpo che gli era arrivato era quello nel posto dove non batte il sole. 
Salii svogliatamente le scale e mi accorsi di avere nella tasca del cappotto
una birra e un biglietto di  Mary:

 
"Passa da me domani"

Forse non sarei andato oppure avrei trovato il coraggio di andarci,
era una donna molto
triste fuori dal locale ma non potevo dire di no ad un suo invito,
aveva bisogno di me. 
Il mio appartamento vuoto mi diede il Benvenuto, c'era puzza di sigarette e alchool. 
Sarei potuto essere un poeta, avrei affiancato dei grandi quali Boudlaire e Poe
e poi magari mi sarei potuto 
far fuori fingendo di essere pazzo. 
Ma la verità è che scrivo solo cazzate e non credo di essere abbastanza
sensibile per comporre una poesia. 

 
Mi spettinai i capelli e decisi di affrontare lo specchio. 
Accessi la luce del bagno che mi tradì, illuminando un volto magro e pallido. 
I capelli lisci e neri creavano delle vivaci onde sopra la testa, sposandosi con il mio naso acquilino e le occhiaia. 
Mancava la firma di qualche strampalato artista francese e sarei stato un quadro perfetto per esprimere la decadenza dell'essere. 
 
"Ce l'hai fatta Josh, sei un poveraccio" 
 
Avrei potuto seguire gli insegnamenti di Socrate:
conoscere se stessi, ma ero troppo stanco per conoscere 
quel babbeo che dallo specchio cercava di sorridere ignorando il letto. 
  
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