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Autore: fumiko    26/06/2007    7 recensioni
Devo premettere una cosa: questa è la prima fanfiction che scrivo, quindi siate clementi. Ho voluto incentrare questa storia sulla fragilità di Hinata e sull'incredibile capacità di Naruto di insegnare agli altri ad aver fiducia in se stessi. Questo è solo l'inizio. Spero che vi piaccia.
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hinata Hyuuga, Naruto Uzumaki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Avanti, indietro, avanti, indietro. Avrei continuato all’infinito a dondolarmi su quella stupida altalena. Mi recavo lì tutti i giorni, in quel parco giochi abbandonato appena fuori Konoha. Era il mio nido, il mio rifugio. Una volta lì, venivo attaccata dai miei nemici più pericolosi: i pensieri tristi. Non ero all’altezza degli altri shinobi! E, per quanto mi allenassi, non avrei mai neanche potuto raggiungere la loro forza. Ero nata debole e debole sarei rimasta fino alla fine dei miei giorni. Inevitabilmente mi ritrovavo a piangere e a dondolarmi su quell’altalena, da me tanto amata quanto odiata.

Era circa un mese che andava avanti questa storia, quando arrivò un angelo ad aiutarmi.

Era il tramonto. Il cielo era tinto di rosso e l’aria era diventata pian piano più fredda, fino a spingermi ad alzarmi, ad asciugarmi le lacrime e a tornare a casa. Ma appena mi voltai vidi Naruto sorpreso ed incuriosito, che mi guardava.
Mi sentii arrossire.

-Hinata! Che ci fai qui?-

Mi mancò d’un tratto la voce e non risposi. Lo guardavo senza riuscire a muovere un passo. Mi succedeva ogni volta che lo incontravo. Mi stavo comportando come una cretina! Avrei voluto abbracciarlo, dirgli quanto lo amassi. Oppure scappare! Ma stavo facendo la cosa peggiore che avessi potuto fare: rimanere ferma e in silenzio a fissarlo!
Mi guardava. Si avvicinò. Dai suoi meravigliosi occhi azzurri trapelava tristezza.

-Ti allenavi?- mi chiese triste. Era evidente che non era quella la domanda che desiderava farmi. Continuava a guardarmi negli occhi.
-Si- risposi e abbassai lo sguardo.

Mi prese il mento con la mano e mi costrinse a fissare i suoi occhi. Era terribilmente imbarazzante. Le sue labbra erano a solo dieci centimetri dalle mie. Avrei solo dovuto porgere il collo in avanti per...

-Perché piangevi?-

Diretto come al solito.
Ecco perché era incuriosito. Dovevo avere gli occhi molto simili a quelli di una rana, per quanto avevo pianto.
Mi aveva scoperto. Lo guardai negli occhi. Era in attesa, ma lui non avrebbe mai potuto capire il mio dolore. Nonostante la sua presenza, io ero sola.
Abbassai lo sguardo. Mi sentivo mancare ( non mangiavo da quella mattina!)e cercai di abbandonarmi alla dolce sensazione dell’incoscienza, che porta via i pensieri, libera la mente dalla sua prigionia, facendola volare più in alto delle nuvole, dove hanno dimora i sogni, ma non caddi come mi aspettavo. Naruto mi sosteneva con le sue braccia. Ero stretta al suo petto. Mi prese in braccio e mi poggiò cautamente per terra.
Non volevo aprire gli occhi. Non vedevo alcun motivo per farlo. Avrei voluto morire, porre fine a quella mia esistenza inutile.
Delle dita accarezzavano leggermente il mio volto.

Aprii gli occhi, curiosa. Era Naruto.

"M’illumino
D’immenso."

Mi scappò un sorriso.
Ero forse in paradiso?

-Hinata…stai meglio?-. Che domanda stupida! Solo lui avrebbe potuto farla in un momento del genere.

Mi misi a sedere - lui mi era accanto - e scoppiai in lacrime.
Strinsi le gambe al petto e fui assalita dai singhiozzi.
Poi successe una cosa che non mi sarei mai aspettata: Naruto mi abbracciò, anche se abbastanza goffamente e mi tenne stretta a lungo, in silenzio.
Passarono diverse ore. La notte era già profonda ed io avevo smesso di piangere da ormai parecchio tempo, ma noi eravamo immobili, legati in quell’abbraccio.
Fui io la prima a muovermi. Alzai la testa fino a guardarlo negli occhi. Era assonnato, povero Naruto! Doveva essere davvero tardi!

-Mi staranno cercando – dissi distogliendo lo sguardo. Con la coda dell’occhio lo vidi annuire. Purtroppo sciolse l’abbraccio, s’alzò e mi aiutò a reggermi sulle gambe, addormentate per essere state ferme nella stessa posizione per molto tempo.

-Ti accompagno – disse prendendomi per mano e trascinandomi. Mi lasciai guidare senza battere ciglio. L’ultima cosa che volevo in quel momento era pensare o tornare a casa. Volevo solo lasciarmi cadere da qualche parte ed addormentarmi.

Furbamente mi portò in camera mia dalla finestra, senza farsi vedere dai miei parenti, che probabilmente mi cercavano per il villaggio. Come avrebbe potuto spiegare il ritardo, il fatto che era stato lui a portarmi a casa e la mia espressine sconvolta? Ci avrei pensato io la mattina seguente. Ora non volevo pensare a niente.

Una volta nella camera mi portò sul letto, dove mi abbandonai, chiudendo gli occhi. Ero già per metà addormentata, quando sentii sulla guancia qualcosa che sembrava un bacio, ma non ci pensai. Ci avrei pensato la mattina seguente.
  
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