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Autore: TheBestWriter    09/12/2012    2 recensioni
La trama della storia narra di un uomo affetto dal morbo di Parkinson che trascorre tra monotonia e quotidianità una vita basata sull'essenziale.
E' un romanzo che fa riflettere molto sul significato della parola vita.
Cerco di dar vita ad un romanzo originale che possa appassionare tutti i lettori. Gli argomenti narrati sono un po' forti, sconsiglio perciò di farlo leggere a minori di 13 anni.
Grazie a tutti! Spero che vi piaccia!
Genere: Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Appena sentì il bruciore provocato da un lieve raggio di sole che filtrava attraverso la finestra irregolare della sua camera in soffitta, sradicò le coperte dal materasso e si rizzò in piedi. La pelle della sua gamba nuda si era appena arrossita, ma già, ai suoi occhi, il dolore era insopportabile. Questo era anche un motivo per il quale la moglie l'aveva abbandonato; un giorno lei si era svegliata, aveva preparato le valigie, aveva rubato qualche centinaia di monete e era scappata, senza più, poi, lasciar traccia. L'unica cosa che la rievocava nella solitudine quotidiana della casa era quella tazza di porcellana verde, da una parte piuttosto scheggiata, che lei gli aveva regalato per il suo cinquantunesimo compleanno. Lui aveva avuto molto su cui riflettere, ma la sua condizione glielo impediva. Si sforzava non poco per avere ricordi positivi della moglie, ma era certo che non era stata tutta colpa sua circa la loro separazione, anche lei, a suo parere non aveva dimostrato un comportamento ideale per quello che la sua malattia richiedeva. Si nascondeva sempre in soffitta, dove poi ha fatto progettare una camera da letto. Era il suo posto preferito per riflettere sui percorsi giornalieri della sua vita. Spesso questi ricordi si tramutavano in lacrime, che versava sul pavimento di travi di legno di noce, molto consumate e ancora segnate dai numerosi graffi e solchi che provocava con il suo coltellino regalatogli dal nonno quando i suoi pianti si trasformavano in qualcosa di meno controllabile. Si svegliò non poco stordito, da tutto quell'alcool assunto la notte prima. Passava proprio così il suo tempo: rintanato in casa ad ubriacarsi ed a vedere filmati pornografici che aveva ricevuto dal fratello maggiore, una trentina di anni prima. Accusava un forte mal di testa quel giorno, andò perciò subito in bagno e prese le tre quattro pasticche che nascondeva sotto un ''secondo fondo'' della sua mensola, questo perché aveva la paranoia che qualcuno sarebbe potuto entrare nella sua casa e gli avrebbe potuto portare via la cosa a cui più teneva: le sue medicine. Quindi oltre all'alcool ed ai film pornografici si può aggiungere la morbosa passione per le pasticche per il mal di testa, che lo aiutavano a sentirsi più in forma ed a riprendere le forze. Quando si sentiva giù invece elaborava un composto, insegnatogli dalla madre a base di avocado e cetriolo. Solo che a causa della mancanza di frutti e ortaggi del suo orto, fare questo miscuglio era un'occasione più che rara. Abitava totalmente isolato, in un'insenatura di un'ampia pianura che si estendeva nell'entroterra, nei pressi del Canada, senza contatti con l'oceano. Il centro cittadino era lontano una quarantina di chilometri; si vedeva di rado il suo jeepone malandato percorrere la stradina che portava al paese. Andava lì solo due volte all'anno, per fare un grande rifornimento di cibo e per godersi una brezza un po' diversa da quella che respirava solitamente nel suo solito ambiente stantio. Scese le scale molto lentamente aiutandosi con il suo fedele bastone che lo accompagnava in qualunque luogo egli andasse. Faceva moltissima fatica a camminare senza il suo buon amico. Era ancora in pigiama a scacchi blu e bianchi quando si precipitò fuori dalla porta per prendere il giornale che amava tanto e con cui trascorreva il tempo il sabato mattina. Stranamente il giornalaio era arrivato prima del solito, sotto la sua proprietà, dato che era molto presto: l'orologio a pendolo, posizionato accanto alla porta, segnava le sette e tre minuti precisi; da poco aveva sentito il rintocco che rimbombava poderoso attraverso tutta l'abitazione, ma specialmente in soffitta, dove era solito dormire. Si svegliava molto spesso a quell'ora, tranne le domeniche. Faceva questo perché oramai ci era abituato; aveva ancora impresso nella mente quando si alzava alle sei la domenica perché la moglie lo implorava di andare a comprare il latte ed un po' di pane al supermercato più vicino, che comunque distava molti miglia. I malati di parkinson hanno una senso della memoria pari a quello di una testuggine; avrà pur perso la sua fluida e morbida camminata che da giovane sfoggiava come fosse un qualcosa di unico e raro, ma vantava di possedere grandi e piccoli ricordi giornalieri che non lo facevano apparire come uno stolto, vecchio e stupido ma lo aiutavano nel svolgere mansioni sempre accuratamente e di non dimenticarsi mai nulla di estremamente importante. La sua vita, perciò non era niente di speciale, la comune, banale, insulsa vita che tutti i vecchietti pensionati e soli svolgono solitamente, rintanandosi in sé stessi e sviluppando interiormente e progressivamente un senso di indifferenza e di incomprensione verso la vita altrui. Tutta la gente sola come lui, difficilmente è gente paziente e gentile, bensì scorbutica e rude. E lui non poteva minimamente trovarsi nelle eccezioni, infatti il suo nome si può incidere come primo sulla tavoletta di argilla dei ''vecchietti strani''. Era oramai solito sentirselo dire dai figli e dai parenti, che bonariamente sviluppavano liste come quella per spronarlo a condurre un tenore di vita che avrebbe sicuramente giovato non solo a lui, ma anche alla gente che gli stava intorno e lo ascoltava. Si infuriava spesso se la gente lo invogliava a fare qualcosa; ribadiva dicendo che lui ha la sua età e quelli con la sua età sono fatti così e non ci sono altre spiegazioni. Finiva sempre così le sue frasi piene di innocenza, con un ''non ci sono altre spiegazioni'', dove per fare divertire i nipotini prolungava la ''s'' di spiegazioni così da sembrare un balbuziente, ma con lo scopo principale di prendere scherzosamente in giro il cognato che aveva problemi di respirazione e che appunto balbettava, così quest'ultimo si sentiva preso in causa ed esercitava facce buffe che rivolgeva verso i bambini. Su questo anche lui si divertiva, e forse quegli anni che introdussero la vera e propria malattia erano stati i più belli per lui! Lì si sentiva veramente amato da un nucleo familiare che non si limitava a pregiudizi bensì lo accettava per come era fatto e grazie a loro, giorno dopo giorno, la voglia di vivere era sempre più forte, anche se già sapeva di cosa l'avrebbe aspettato...non sarebbe mai caduto con l'aiuto dei suoi cari, mai. Purtroppo l'anno che seguì fu un anno di incertezze e di nostalgie per lui. Senza l'appoggio della famiglia era difficile per lui proseguire e affrontare quello che lo stava portando alla pazzia. Erano i momenti felici che allietavano la sua esistenza, ma in quell'anno così doloroso per lui ci fu ben poco su cui sorridere. Tutti i familiari si erano allontanati, ma non volontariamente, come invece credette. Si allontanarono proprio quell'anno poiché la banca di famiglia situata a New York improvvisamente fallì, portando un'atmosfera di incertezza e di indecisione su tutto l'ambiente circostante. Questo è il motivo della loro involontario separazione, che lui reputò come organizzata. Si aggravò tutto quando la moglie decise di abbandonarlo anch'essa,come tutti gli altri. L'unica differenza sta nella volontà d'animo. Lui già molto tempo prima aveva capito che la moglie si era allontanata molto da lui e da tutti, ipotizzava un amante, ma con le sue condizioni non poteva certo iniziare ad indagare. Quando finalmente scoprì la verità la moglie lo accusò inventando pretesti e scuse poco pattuite, che davano la sempre più netta sensazione che la moglie fosse una poco di buono! Così lei, oramai indifferente alle condizioni di quello che prima era stato suo marito, scappò poco tempo dopo. Con quest'ultima notizia perse ogni speranza di poter continuare. Ma non era tanto la speranza che faceva la differenza bensì il volere continuare o no una vita inutile e insulsa senza senso. Preso il giornale, andò in cucina, mise la sua piccola caffettiera sul fornello, aspettò qualche minuto e poi versò tutto il caffè dentro la tazza della moglie. Aggiunse un po' per volta lo zucchero dietetico, l'unico che non gli provocava dolori alla pancia, e poi, con una mano che portava il giornale, l'altra la tazza verde si diresse verso il divano sgangherato e ci si accasciò sopra, come da non poterci resistere. Stranamente dal solito, stavolta non accese la televisione, si limitò ad ascoltare quella che lui reputava ''buona musica'', quella del suo periodo, quella che oggi ad un orecchio di un adolescente pare come musica per ''vecchi''. Possedeva un grande giradischi, di cui ne andava molto orgoglioso, infatti tutte le sere lo lucidava minuziosamente con una pezzuola di raso, così da non graffiarlo in nessun modo. Era dello zio, che come lui, ne era molto attaccato. Lo accendeva raramente, come da voler rispettare l'integrità che l'oggetto in sé rappresentava. Socchiuse gli occhi e sorrise. Restò così fino al termine di tutto il disco in vinile. Era un vero appassionato di musica, non aveva preferenze, qualsiasi cosa andava bene; non si azzardava mai di chiedere di cambiare disco perché quel genere di musica non era di suo gradimento. Non si sarebbe mai permesso. Questo perché ha ricevuto un'educazione della ''vecchia scuola'', molto rigida e pulita. Quest'educazione gli è servita molto nella vita che tuttora svolge. La madre era veramente una bravissima donna, sempre indaffarata per sfamare i propri figli e regalar loro un cencio di futuro. Non ritrovo queste qualità nel padre, che invece passava tutto il tempo a bere ed a scommettere nel piccolo bar cittadino, dimora preferita di vecchi scansafatiche. Il padre inoltre non amava molto parlare, o meglio dire, era la gente che non amava sentire il tono burbero della sua voce. La madre era troppo buona per separarsi dal marito, desiderava un futuro migliore anche per lui, che avrebbe dovuto però provvedere nell'elaborare un qualcosa di più intelligente per un tenore di vita migliore. Si può dire che lui ereditò dalla madre la laboriosità che tuttora lo contraddistingue e dal padre la difficoltà nell'esprimersi e nell'esporre concetti essenziali. La sua capacità nell'esporre derivava anche da uno sconforto infantile che gli aveva provocato un trauma apparentemente interiore, che quindi l'aveva fatto soffrire molto e aveva causato la sua difficoltà, ma la gente che lo amava passava sopra a questo difettuccio... La musica si affievolì sempre più per finire poi in un'ondata di imperturbabilità, che rilassava il suo orecchio fine e sottile e che lo portava a sorridere e a intraprendere sogni tranquilli e calmi. Finiva sempre per addormentarsi sul divano alla fine della musica prodotta dai dischi in vinile. Quindi si accovacciò lentamente, lasciò cadere il suo fedele amico sul suo tappeto di moquette e si addormentò rapidamente come un neonato al termine di una poppata. Abitava in quella vecchia casetta fin da quando stava ancora in grembo della madre; non si era mai spostato, ma aveva fatto viaggi lunghissimi, mai era andato per qualche tempo a dormire altrove. Ci fa capire che ci era ancora molto affezionato. Amava quella cassetta delle lettere sgangherata e arrugginita che stava sul punto di cadere e frantumarsi, adorava quella staccionata basso e cadente in cui alcune aste ancora mantenevano la pittura giallo paglierino ed altre no. Amava quelle disuguaglianze d'erba che si creavano nel cortile posteriore, ma soprattutto amava quella fantastica scritta ancora incisa sulla porta quando si varca l'uscio. Era la cosa a cui più teneva dopo la soffitta, che va be', era il suo rifugio segreto, perché era la prima cosa che notava quando rientrava in casa. Essa diceva '' Amerai il prossimo tuo come te stesso. (Mt. 22, 39). Infatti lui era molto cattolico, sin dall'infanzia andava con suo fratello e i suoi genitori nella parrocchia cristiana più vicina dalla loro abitazione. Era un posto accogliente che ora è stato rimpiazzato con un centro commerciale che a parer suo non ha nessun valore, perché misero e sulle vie della bancarotta. Era talmente ben costruita, solida e pulita nei lineamenti che ne fece fare un quadro che tutt'ora riposa il soffitta da un suo vecchio amico pittore che non ha più rincontrato. Differentemente dagli altri bambini, andare in chiesa era un sollievo per lui, una soddisfazione che sfociava da indifferenza per gli altri giorni della settimana. Questo era anche il motivo per il quale i compagni di dottrina lo prendevano in giro, poiché nemmeno loro andavano a pregar dio di propria spontanea volontà. Era anche quello che per gli altri ''non sapeva vestirsi adeguatamente'', solo perché si faceva comprare i vestiti dalla madre, che, povera donna, li sceglieva in base al proprio gusto personale, senza fare troppa attenzione al colore o al modello. E' da dire che era anche una famiglia modesta, non di quelle che facevano edificare ville su ville per poi alloggiare solamente in una. Però erano dei grandi risparmiatori; la madre, oramai il comandante della casa, nascondeva un sacchetto di iuta con i vari spiccioli che avanzavano da spese, e così giorno dopo giorno, dando da mangiare al sacco, esso si ingrandiva sempre più, così da avere risparmi segreti che avrebbero aiutato in futuro i figli. Sfortunatamente, il padre, quell'ubriacone, spendeva tutto quel denaro tanto penato per rifornirsi di birre e alcolici, che oltre a causare la perdita di soldi utili per tutti, danneggiavano molto l'uomo, che poco tempo dopo, morì. Fu stata un sollievo per tutti la morte di lui; poco pianta dalla moglie e dai figli...che necessitavano comunque un padre, ma la madre era disposta a far loro da tutt'e due.
  
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