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Autore: EleonoraRosi    09/12/2012    2 recensioni
La notte è buia, ma cosa importa? I suoi occhi come fari, illuminano di speranza questa fredda sera di inverno.
Ho paura...Paura di scoprire quella verità che mi spaventa tanto.
Fremo dalla voglia di dirgli quello che penso,sempre che io possa pensare,cosa di cui non sono sicura,chi pensa ragiona, e se io ragionassi ora non sarei qui con lui.
Sento la sua mano che sfiora dolcemente il mio collo,ho un fremito.Il fatto di essere in qualche modo emozionata è l'unica certezza che ho un questo momento.
Qualcosa..Un qualche sentimento strano sta crescendo dentro di me,non so se sia paura,o peggio,quella strana emozione, che tutti chiamano amore...
Non so bene cosa sia,Ma so con certezza che questa "cosa" si sta espandendo,partendo da quel punto, sul mio collo da lui sfiorato...
Facendosi spazio, e finendo per occupare ogni parte del mio corpo...Ogni parte del mio cuore.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Pensai ad Angelo.
O forse più a me: rivivevo in Angelo quello che avevo passato in parte io, nei miei primi giorni in quella scuola, e che continuavo a passare.
Pensai tanto, perché ne avevo passate tante, ed arrivai alla conclusione che quel ragazzo non si meritava tutto quello che avevo passato io, e che dovevo parlargli, farglielo capire in un modo o nell'altro.
La mattina mi alzai fresca e piena di buoni propositi. Mi lavai con calma e mi misi la felpa più larga possibile, che mi potesse nascondere al meglio, con un paio di jeanz, diedi una bella scompigliata ai capelli e con un paio d'orecchini mi affrettai ad uscire.
Il mio entusiasmo fu rovinato, dalla pioggia, scrosiante, continua, fredda e bagnata pioggia. Rifeci quattro piani di scale per prendere l'ombrello e notai che la luce della camera dei miei genitori era ancora spenta, chissà che ore avevano fatto il giorno prima per arrivare alle sette di mattina ed ancora non svegliarsi.
Tornai in fretta e furia fuori dal palazzo e mi avviai alla fermata dell'autobus, ed ad ogni passo il mio entusiasmo si smontava, e cominciavo a riconsiderare l'idea di parlare con Angelo, come se fosse colpa sua che quella mattina stesse piovendo.
Il bus arrivò puntualmente in ritardo, come sempre d'altronde e quando vidi il cancello scolastico mancavano cinque minuti alle otto, così feci di corsa la strada che mi separava da esso, e quasi scivolai in una pozza d'acqua.
Entrai in classe accompagnata dal suono della campanella, e con la testa bassa e bagnata raggiunsi il mio posto.
La professoressa sarebbe mancata, una spiacevole conseguenza, saremmo stati un ora da soli, c'avvertì la bidella, i miei compagni di classe avrebbero riso, urlato, e si sarebbero sdrusciati volgarmente gli uni agli altri per un ora. La situazione si presentava come squallida. Ed io che avevo anche corso per arrivare a scuola in tempo!
Poi pensai ad Angelo, mi ero quasi scordata di lui, quello sarebbe stato il momento giusto per parlargli.
Alzai la testa e lo cercai con lo sguardo: delusione. Lui non c'era. Aveva già rinunciato alla scuola, solo per qualche simpaticone? Oppure erano già andati oltre e gli avevano fatto del male? Bhe, se aveva rinunciato alla scuola, aveva fatto solo che bene. Quella non era una scuola, ma un inferno.
In ogni caso lui non c'era così presi il libro "Acciaio" e mi misi seduta sul solito banco accanto alla finestra a leggere.
  
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