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Autore: Jigoro1991    09/12/2012    1 recensioni
"Dovevo ricominciare a vivere. Dovevo ricominciare da me. Ma come?" Queste i primi pensieri di Stefano quando si ritrovò alla fine della sua storia durata tre anni con Giorgia. Lei era stata la prima ragazza di cui si era innamorato veramente, la prima persona di cui si era preso cura ed ora si ritrovava solo a fare i conti con sè stesso.
Genere: Romantico, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
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“Ragazzi, dovete impegnarvi, dovete dare il meglio di voi stessi in quegli articoli che scrivete. Edoardo, questa settimana dovrai intervistare un grande giocatore di basket. Tu, Stefano, invece dovrai seguire per una settimana, ogni giorno, un pugile durante i suoi allenamenti, scoprire cosa mangia. Insomma tutto, le sue abitudini quotidiane per poi fare un articolo degno di prima pagina.” La settimana era ricominciata e il nostro capo ci aveva già assegnato i nostri compiti. Continuò così almeno ancora per un'oretta abbondate a parlare ad ognuno di noi.

“Ste sai che c'è una nuova stagista nello stabile? Non l'ho ancora vista, ma me l'ha detto prima Marta.” Mi chiese Edoardo.

“No, non lo sapevo. Magari è qua in mezzo a tutte queste persone.” Affermai.

 

Erano le 10.30, l'ora esatta del terzo caffè della giornata. In qualche modo riuscii ad andarmene da lì per potermi rifornire di caffeina, essenziale per il mio corpo che credeva di essere ancora nel letto.

Scesi le scale e raggiunsi la fatidica macchinetta che mi avrebbe permesso di proseguire la giornata, o almeno così speravo. Misi le monetine. “Macchiato e senza zucchero, grazie.” Molte volte parlavo alla macchinetta del caffè come se fosse una cameriera, ovviamente senza ricevere mai risposta. Nel frattempo sentii dei passi provenire dalle scale, sicuramente era qualcuno che come me aveva bisogno di svegliarsi.

Mi voltai per vedere chi stesse per scendere e la vidi. Capelli rossi, mossi, ma non ricci. Occhi blu cielo, quel blu forte, intenso, profondo come l'oceano, quasi da potersi specchiare dentro. Jeans, maglioncino verde, di quelli che cascano da una parte e che lasciano la spalla scoperta ed infine delle semplici scarpe da tennis. Denti bianchi, di un bianco quasi accecante. Un piercing, esattamente sull'angolo della bocca, in basso, a destra. Non molto alta, ma neanche bassa. Corporatura esile. Il giusto insomma. Credo che rimasi a fissarla almeno per un minuto abbondante, poi mi sorrise e si avvicino alla macchinetta per prendere il caffè. Quel piccolissimo sorriso che mi fece provocò al mio cuore un leggero acceleramento dei battiti, le mani mi erano diventate fredde e non riuscivo neanche ad emettere una maledetta parola.

“Buongiorno.” Mi disse. Che voce carina, fine, semplice, risuonò quasi come una musica per me.

“Buongiorno a lei.” Riuscii a risponderle solo così, non aggiunsi altro.

“Che stupida, non mi sono neanche presentata. Piacere Francesca, la nuova stagista.”

Ecco di chi parlava prima Edoardo, di Francesca. Ritornai di nuovo a fissare quel viso che mi aveva colpito tanto.

“Ste... Stefano, piacere Stefano.” Balbettai come un bambino di un anno che non era ancora in grado di pronunciare il suo nome per intero.

“Lavoro qua da 3 anni, non molto. Tu sei nuova di qui?” Le chiesi per evitare che si accorgesse della mia difficoltà a pronunciare il mio nome.

“Si, mi sono appena trasferita. Frequento l'università, ma per potermi mantenere devo anche lavorare.” Mi rispose con tono gentile accompagnato da un piccolo sorriso che fece alzando l'angolo destro della bocca.

Silenzio. Presi il caffè che era appena uscito dalla macchinetta e d'istinto misi altri soldi per offrirle qualcosa. “Caffè?” Le domandai.

“Grazie, non dovevi, ma no, niente caffè, un buon the caldo al limone è proprio quello che mi ci vuole... Senza zuccherò però.” Aggiunse alla fine della frase prima che io potessi premere il pulsante sulla macchinetta. Un the. Mi sembrò strano, ma ognuno di noi ha le suo abitudini d'altronde. Forse beveva anche lei il caffè, ma oggi aveva preferito un bel the caldo al limone.

Beeeeep. Il suono indicò che il the era pronto e lo prese tra le sue mani per riscaldarsi. “Scusa, ma ora devo tornare a lavoro, Stefano. Grazie ancora del the. A presto.” Mi sorrise di nuovo e risalii le scale.

Da quanto tempo non mi sentivo chiamare per nome da una ragazza… E detto da lei era dannatamente bello, era come un dolce suono, piacevole. Il mio cuore aveva ripreso a battere regolarmente, ma lei aveva lasciato un profumo buonissimo nell'aria. Non uno di quei profumi forti che le ragazze si spruzzano almeno per cinque o sei volte sul collo, ma un profumo buono, semplice, dolce, caldo, ma allo stesso tempo sensuale.

Finii di bere il caffè e ritornai al lavoro. Per tutto il tempo pensai a lei. Ma perchè? Dovevo diventare stronzo, non il ragazzo sensibile di sempre. Mi resi conto che però non avevo notato il suo seno o il suo sedere come facevo ultimamente con le ragazze con cui uscivo, ma mi ero semplicemente soffermato su quel viso, soprattutto su quegli occhi blu.

Scossi la testa a destra e sinistra, come per togliermi quegli strani pensieri che mi girovagavano dentro. Perchè? Perchè mi comportavo così? Torna in te, mi ripetevo, ma non ci riuscivo. Pensavo e ripensavo a quei pochi minuti passati con lei davanti a quella macchinetta e al fatto che non volevo che smettesse di preparare quel the caldo per lei. Per la prima volta dopo tre anni che lavoravo lì dentro avevo condiviso con qualcuno la mia terza pausa caffè.

 

“Ciao Miriam, stasera ti andrebbe di andare a mangiare qualcosa fuori e poi........” Uscito da lavoro chiamai subito la prima ragazza che avevo negli ultimi numeri del registro delle chiamate del cellulare per distogliermi da quel pensiero che mi tormentava ormai da tutto il giorno.

“Si, va bene, ti aspetto alle 20.00 da me.” Mi rispose lei senza nemmeno pensarci un attimo. Era quello di cui avevo bisogno.

 

Niente palestra. Tornai a casa per preparami, ma prima portai Zeus a fare un passeggiata.

“Sai, oggi ho incontrato una ragazza bellissima. Aveva un viso fantastico, con dei lineamenti perfetti, fini e degli occhi da togliere il fiato. Non sono riuscito quasi a parlare come uno stupido. La guardavo e basta. Il mio sguardo rimbalzava da una parte all'altra. I suoi occhi, il mezzo sorriso che faceva senza scomporsi troppo, il piercing sull'angolo della bocca. Aaaaaaaaaaaaaaaaaaah.” Zeus si fermò e si voltò verso di me con aria interrogativa, raddrizzando le orecchie per lo spavento dell'urlo che avevo fatto.

Mi trovo spesso a parlare con lui. Da quando è con me lo faccio sempre, anche in casa e lui mi risponde, o abbaiando, o guardandomi oppure correndo da una parte all'altra della casa per raggiungere la stanza in cui sono. Non mi sento più solo da quando lui è con me e credo che lo stesso sia per lui.

 

Pronto. Vestito, pettinato e profumato. Salutai Zeus e uscii di casa per passare un'altra delle mie solite serate che ormai erano diventate d'abitudine.

Aprii la portiera della macchina per andare a prendere Miriam, ma prima di chiuderla mi voltai a sinistra e vidi una folta chioma rossa. Era Francesca? Si voltò, ed ebbi la certezza che non era lei. Ma perchè mi era venuta in mente lei? Così, quasi come se fosse scontato e naturale?

Misi in moto l'auto e accesi la radio per poter coprire con la musica il suono dei miei pensieri.

Dannazione, perchè mi comportavo così tutto d'un tratto? Non dovevo, non potevo e non volevo.

Giunto all'appuntamento tornai ad essere il ragazzo superficiale e senza cuore che ormai ero diventato in queste ultime settimane.

Ma forse quel cuore c'era comunque, solo avevo deciso di metterlo in standby per un po'. Peccato soltanto che Francesca lo aveva riacceso senza chiedermi il permesso.

 

“Ragazzi, dovete impegnarvi, dovete dare il meglio di voi stessi in quegli articoli che scrivete. Edoardo, questa settimana dovrai intervistare un grande giocatore di basket. Tu, Stefano, invece dovrai seguire per una settimana, ogni giorno, un pugile durante i suoi allenamenti, scoprire cosa mangia. Insomma tutto, le sue abitudini quotidiane per poi fare un articolo degno di prima pagina.” La settimana era ricominciata e il nostro capo ci aveva già assegnato i nostri compiti. Continuò così almeno ancora per un'oretta abbondate a parlare ad ognuno di noi.
“Ste sai che c'è una nuova stagista nello stabile? Non l'ho ancora vista, ma me l'ha detto prima Marta.” Mi chiese Edoardo. “No, non lo sapevo. Magari è qua in mezzo a tutte queste persone.” Affermai.

Erano le 10.30, l'ora esatta del terzo caffè della giornata. In qualche modo riuscii ad andarmene da lì per potermi rifornire di caffeina, essenziale per il mio corpo che credeva di essere ancora nel letto.
Scesi le scale e raggiunsi la fatidica macchinetta che mi avrebbe permesso di proseguire la giornata, o almeno così speravo. Misi le monetine. “Macchiato e senza zucchero, grazie.” Molte volte parlavo alla macchinetta del caffè come se fosse una cameriera, ovviamente senza ricevere mai risposta. Nel frattempo sentii dei passi provenire dalle scale, sicuramente era qualcuno che come me aveva bisogno di svegliarsi.
Mi voltai per vedere chi stesse per scendere e la vidi. Capelli rossi, mossi, ma non ricci. Occhi blu cielo, quel blu forte, intenso, profondo come l'oceano, quasi da potersi specchiare dentro. Jeans, maglioncino verde, di quelli che cascano da una parte e che lasciano la spalla scoperta ed infine delle semplici scarpe da tennis. Denti bianchi, di un bianco quasi accecante. Un piercing, esattamente sull'angolo della bocca, in basso, a destra. Non molto alta, ma neanche bassa. Corporatura esile. Il giusto insomma. Credo che rimasi a fissarla almeno per un minuto abbondante, poi mi sorrise e si avvicino alla macchinetta per prendere il caffè. Quel piccolissimo sorriso che mi fece provocò al mio cuore un leggero acceleramento dei battiti, le mani mi erano diventate fredde e non riuscivo neanche ad emettere una maledetta parola.
“Buongiorno.” Mi disse. Che voce carina, fine, semplice, risuonò quasi come una musica per me.
“Buongiorno a lei.” Riuscii a risponderle solo così, non aggiunsi altro.
“Che stupida, non mi sono neanche presentata. Piacere Francesca, la nuova stagista.”
Ecco di chi parlava prima Edoardo, di Francesca. Ritornai di nuovo a fissare quel viso che mi aveva colpito tanto. “Ste... Stefano, piacere Stefano.” Balbettai come un bambino di un anno che non era ancora in grado di pronunciare il suo nome per intero. “Lavoro qua da 3 anni, non molto. Tu sei nuova di qui?” Le chiesi per evitare che si accorgesse della mia difficoltà a pronunciare il mio nome.
“Si, mi sono appena trasferita. Frequento l'università, ma per potermi mantenere devo anche lavorare.” Mi rispose con tono gentile accompagnato da un piccolo sorriso che fece alzando l'angolo destro della bocca.
Silenzio. Presi il caffè che era appena uscito dalla macchinetta e d'istinto misi altri soldi per offrirle qualcosa. “Caffè?” Le domandai.  “Grazie, non dovevi, ma no, niente caffè, un buon the caldo al limone è proprio quello che mi ci vuole... Senza zuccherò però.” Aggiunse alla fine della frase prima che io potessi premere il pulsante sulla macchinetta. Un the. Mi sembrò strano, ma ognuno di noi ha le suo abitudini d'altronde. Forse beveva anche lei il caffè, ma oggi aveva preferito un bel the caldo al limone.
Beeeeep. Il suono indicò che il the era pronto e lo prese tra le sue mani per riscaldarsi. “Scusa, ma ora devo tornare a lavoro, Stefano. Grazie ancora del the. A presto.” Mi sorrise di nuovo e risalii le scale.
Da quanto tempo non mi sentivo chiamare per nome da una ragazza… E detto da lei era dannatamente bello, era come un dolce suono, piacevole. Il mio cuore aveva ripreso a battere regolarmente, ma lei aveva lasciato un profumo buonissimo nell'aria. Non uno di quei profumi forti che le ragazze si spruzzano almeno per cinque o sei volte sul collo, ma un profumo buono, semplice, dolce, caldo, ma allo stesso tempo sensuale.
Finii di bere il caffè e ritornai al lavoro. Per tutto il tempo pensai a lei. Ma perchè? Dovevo diventare stronzo, non il ragazzo sensibile di sempre. Mi resi conto che però non avevo notato il suo seno o il suo sedere come facevo ultimamente con le ragazze con cui uscivo, ma mi ero semplicemente soffermato su quel viso, soprattutto su quegli occhi blu.
Scossi la testa a destra e sinistra, come per togliermi quegli strani pensieri che mi girovagavano dentro. Perchè? Perchè mi comportavo così? Torna in te, mi ripetevo, ma non ci riuscivo. Pensavo e ripensavo a quei pochi minuti passati con lei davanti a quella macchinetta e al fatto che non volevo che smettesse di preparare quel the caldo per lei. Per la prima volta dopo tre anni che lavoravo lì dentro avevo condiviso con qualcuno la mia terza pausa caffè.

“Ciao Miriam, stasera ti andrebbe di andare a mangiare qualcosa fuori e poi........” Uscito da lavoro chiamai subito la prima ragazza che avevo negli ultimi numeri del registro delle chiamate del cellulare per distogliermi da quel pensiero che mi tormentava ormai da tutto il giorno. “Si, va bene, ti aspetto alle 20.00 da me.” Mi rispose lei senza nemmeno pensarci un attimo. Era quello di cui avevo bisogno.

Niente palestra. Tornai a casa per preparami, ma prima portai Zeus a fare un passeggiata. “Sai, oggi ho incontrato una ragazza bellissima. Aveva un viso fantastico, con dei lineamenti perfetti, fini e degli occhi da togliere il fiato. Non sono riuscito quasi a parlare come uno stupido. La guardavo e basta. Il mio sguardo rimbalzava da una parte all'altra. I suoi occhi, il mezzo sorriso che faceva senza scomporsi troppo, il piercing sull'angolo della bocca. Aaaaaaaaaaaaaaaaaaah.” Zeus si fermò e si voltò verso di me con aria interrogativa, raddrizzando le orecchie per lo spavento dell'urlo che avevo fatto.  Mi trovo spesso a parlare con lui. Da quando è con me lo faccio sempre, anche in casa e lui mi risponde, o abbaiando, o guardandomi oppure correndo da una parte all'altra della casa per raggiungere la stanza in cui sono. Non mi sento più solo da quando lui è con me e credo che lo stesso sia per lui.

Pronto. Vestito, pettinato e profumato. Salutai Zeus e uscii di casa per passare un'altra delle mie solite serate che ormai erano diventate d'abitudine. Aprii la portiera della macchina per andare a prendere Miriam, ma prima di chiuderla mi voltai a sinistra e vidi una folta chioma rossa. Era Francesca? Si voltò, ed ebbi la certezza che non era lei. Ma perchè mi era venuta in mente lei? Così, quasi come se fosse scontato e naturale?
Misi in moto l'auto e accesi la radio per poter coprire con la musica il suono dei miei pensieri. Dannazione, perchè mi comportavo così tutto d'un tratto? Non dovevo, non potevo e non volevo.
Giunto all'appuntamento tornai ad essere il ragazzo superficiale e senza cuore che ormai ero diventato in queste ultime settimane.
Ma forse quel cuore c'era comunque, solo avevo deciso di metterlo in standby per un po'. Peccato soltanto che Francesca lo aveva riacceso senza chiedermi il permesso. 





CIAO A TUTTI! E' LA PRIMA VOLTA CHE SCRIVO E VOGLIO RINGRAZIARE CHI HA LETTO FIN QUI :) MI FAREBBE PIACERE SAPERE COSA NE PENSATE, SIA IN POSITIVO CHE IN NEGATIVO! AL PROSSIMO CAPITOLO RAGAZZI ;) BUONA LETTURA. 



 

  
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