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Autore: Ellaa    09/12/2012    4 recensioni
Dopo aver fermato l'Apocalisse, Sam e Dean decidono che è finalmente arrivato il momento di tornare a vivere una vita normale. Dean incontra Lisa, una ragazza conosciuta per caso in un bar e va a vivere con lei. Esattamente un anno dopo però, una ragazza dai capelli biondi bussa alla sua porta. Jo, la stessa ragazza che lui credeva morta, piomba di nuovo nella sua vita stravolgendone il corso.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dean Winchester, Jo
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quinta stagione
Capitoli:
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16.


 
Dean se ne stava immobile, con lo sguardo perso nel vuoto.
Era incredibile quanto fosse strana la mente umana.
 Osservava i dottori correre da una parte all’altra, li fissava mentre gli toglievano Jo dalle braccia per appoggiarla su un lettino e portarla chissà dove, il tutto alla velocità della luce.
Eppure, nella sua testa, tutto sembrava succedere a rallentatore. Quasi come se fosse finito in uno di quegli strambi film, dove le scene melodrammatiche avevano quella stupida musica deprimente in sottofondo.
Lui però, non sentiva niente. Nella sua testa, non c’era spazio per altro se non per un silenzio assordante. Si, perché il niente era peggio delle urla, delle grida, del dolore che in quel momento sentiva di provare. Quel niente, lo stava lentamente logorando.
Sam gli posò una mano sulla spalla.
Lui non reagì.
<< Se la caverà, Dean >> gli disse cercando di suonare il più convincente possibile.
A quelle parole però, lui non ci credeva nemmeno un po’. Aveva visto con i suoi occhi la ferita di Jo comparire dal nulla. La stessa di quel maledetto giorno. La stessa che gli aveva portavo via Jo la prima volta.
Rimase immobile, a fissare quella porta bianca, come se volesse aprirla con la forza del pensiero.
Aveva bisogno di sapere, non riusciva ad aspettare. Aveva bisogno che un fottuto dottore uscisse di li per dirgli che Jo stava bene.
Non poteva credere di essere stato così stupido. Era rimasto con le mani in mano, non aveva nemmeno provato a fare qualcosa per impedire a quei bastardi di riprendersela.
E adesso, Jo sarebbe morta. Ancora una volta, sarebbe morta per colpa sua.
Sam sospirò, intuendo che qualsiasi cosa avesse detto, lui l’avrebbe ignorata. Non aveva bisogno di parole fatte, di stupide rassicurazioni. Non aveva bisogno di niente, perché non meritava niente.
Doveva esserci lui in quella sala operatoria, non Jo.
<< Aspettami qua, vado a prenderti una caffè >> disse Sam, dopo qualche minuto di silenzio.
Lui non rispose. Si limitò a lasciarsi cadere su uno di quei vecchi sedili di plastica della sala d’aspetto.
Altro che caffè. In quel momento, si sarebbe scolato una bottiglia di whisky senza troppi complimenti. Era quello l’unico rimedio che conosceva per mettere a tacere quel dannato senso di colpa, almeno per qualche minuto. Anche se, quella volta, era sicuro che non se ne sarebbe andato così facilmente.
Sam tornò qualche minuto più tardi, ma lui non ci badò.
<< È la dentro da un sacco di tempo >> sbottò. << Quando diavolo si decideranno a dirci qualcosa? >>.
Quell’attesa, lo stava uccidendo. Non sapere era la parte peggiore.
Sam gli diede uno strattone, facendogli cenno di voltarsi.
Lui lo assecondò e spostò lo sguardo nella stessa direzione di quella del fratello.
Un dottore, si stava avvicinando a loro.
Istintivamente, Dean scattò in piedi.
<< Voi siete i famigliari della ragazza? >> chiese l’uomo.
<< Si >> tirò corto Dean. << Come sta? >>.
Il medico sembrò esitare. << Ha riportato delle ferite piuttosto estese e ha perso molto sangue. Alcuni organi interni sono  gravemente danneggiati >>.
Lui deglutì a fatica. << Ma si riprenderà >> disse speranzoso.
Non riusciva ad immaginare un’altra opzione. Jo doveva stare bene. Doveva svegliarsi e tornare a casa insieme a loro.
L’uomo sospirò. << Mi dispiace, ma non crediamo che supererà la notte >>.
Avrebbe voluto replicare, dire che era impossibile che Jo non sopravvivesse, ma non fece niente. Si limitò ad abbassare lo sguardo, mentre il mondo gli cadeva addosso.
Sentì un nodo formarsi intorno allo stomaco. Non poteva essere vero. Non voleva credere che lo fosse.
<< Possiamo vederla? >> chiese Sam.
Il dottore annuì. << Certamente. È nella sua stanza, adesso >>.
Dean si appoggiò contro la parete, sicuro che se non lo avesse fatto si sarebbe ritrovato sul pavimento. Socchiuse gli occhi e imprecò mentalmente.
Il suo cervello, continuava a rifiutare quella verità. Magari, era solamente un brutto sogno. Presto si sarebbe svegliato, accorgendosi che niente di tutto quello era reale.
<< Chiamo Bobby >> disse Sam dopo qualche secondo di silenzio. << Tu, va da lei >>.
Non se lo fece ripetere due volte.
Si incamminò velocemente verso la stanza dove si trovava Jo. Ma, una volta arrivato, si ritrovò ad esitare sulla soglia.
La ragazza era distesa sul lettino, collegata ad un sacco di apparecchiature differenti. Una di quelle, scandiva il lento battito del suo cuore.
Cercò di ricacciare indietro le lacrime che gli premevano contro le palpebre e si decise ad entrare.
Si avvicinò a lei e le prese la mano, stringendola forte.
La visione di lei, priva di sensi e così indifesa, era un qualcosa di straziante.
<< Jo? >> la chiamò, consapevole che non avrebbe ricevuto nessuna risposta.
Una lacrima gli sfuggì, scendendo lungo la guancia.
Rimase a fissarla in silenzio, mentre quel vuoto che aveva dentro cresceva a dismisura.
Con l’altra mano le accarezzò il viso, sistemandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
Era bella Jo. Anche in quel momento, anche in quelle condizioni, riusciva a pensare a quanto fosse bella. Sembrava quasi una principessa addormentata.
<< Mi dispiace, Dean >> disse una voce alle sue spalle.
Lui chiuse gli occhi, improvvisamente ostile. Sperava con tutto il cuore di esserselo immaginato. Non poteva avere il coraggio di presentarsi li. Non in quel momento.
<< Sparisci, razza di idiota >> tirò corto lui.
L’angelo sospirò. << Dean, io.. >>.
Lui però non gli fece finire la frase. Si voltò, incrociando così lo sguardo di Castiel.
Sarebbe stato persino capace di ucciderlo in quel momento.
<< Tu cosa? >> sbottò, strattonandolo. << Cosa pensi che me ne faccia delle tue stupide scuse? >>.
L’altro abbassò lo sguardo, con aria colpevole. << Non sapevo che sarebbe finita in questo modo, devi credermi >>.
<< Non è a me che devi chiedere a scusa >> disse impassibile. << Non sono io quello steso su quel letto a morire per la seconda volta >>.
A lui, spettava solo l’amaro ruolo dello spettatore. Sembrava quasi che il suo destino fosse dire addio a quella ragazza ogni volta che pensava di averla ritrovata.
<< Non pensavo che per te lei fosse così importante >> disse Castiel, sovrappensiero.
Un amaro sorriso gli si dipinse in volto.
Nemmeno lui lo pensava. Aveva preso consapevolezza di quella verità solamente di recente.
Jo era sempre stata importante per lui, ma lui era sempre stato troppo orgoglioso per ammettere a se stesso la verità. Nemmeno in quel momento sarebbe riuscito a dire cosa stesse provando in realtà.
Le lacrime tornarono a rigargli il volto.
Con il dorso della mano se le asciugò velocemente, quasi come se si vergognasse di quell’improvvisa debolezza.
<< Vattene, Cas >> disse duro. << Voglio che tu sparisca e non ti faccia più vedere >>.
Non sarebbe riuscito a restare un secondo di più insieme a quell’angelo. Dopotutto, era colpa sua. Era lui il vero responsabile della morte di Jo.
<< Dean.. >>.
<< Smettila! >> urlò, lasciando che i suoi occhi facessero trapelare tutto l’odio che stava cercando di reprimere. << Possibile che tu non ti renda conto che sei l’ultima persona con la quale parlerei, in questo momento? È colpa tua, Cass! Dannazione, sei stato tu a farle questo! Grazie a te, dovrò guardarla morire per la seconda volta >>.
In quel momento, tutto il dolore accumulatosi dentro di lui, sembrava essersi trasformato in rabbia.
Era così furioso, che tirò un pugno all’armadietto, piegandone l’anta.
Castiel rimase a fissarlo, con gli occhi sbarrati. Solamente qualche secondo più tardi si decise a sparire, proprio come lui gli aveva chiesto.
Dean cercò di regolarizzare il suo respiro, diventato improvvisamente affannoso. La mano gli faceva un male cane, ma non per quello se ne preoccupò.
<< Dean, che è successo qui? >> chiese Sam, entrando improvvisamente nella stanza.
Lui lo guardò in silenzio, scrollando le spalle. << Niente >> si limitò a rispondere.
<< Ti sanguina la mano >> gli fece notare il ragazzo.
Lui abbassò lo sguardo, guardandosi per alcuni istanti la mano.
Quel dolore, era niente se paragonato con quello che stava passando in quel momento. Non se ne sarebbe preoccupato. Non era quello di cui gli importava. Non era quello a fare male.
<< Forse, dovresti uscire a prendere una boccata d’aria >> lo esortò il fratello, guardandolo con sguardo severo.
Lui però scosse la testa. << No, io resto con lei >> rispose avvicinandosi nuovamente alla ragazza.
Non l’avrebbe lasciata. Per nessuna ragione al mondo se ne sarebbe andato da quella stanza.
E se lei si fosse svegliata? Se improvvisamente avesse riaperto gli occhi e si sarebbe ritrovata li da sola? Non poteva farlo. Lui era li per lei.
Sam sospirò. << Bobby sta arrivando >> lo informò. << Sarà qui tra qualche minuto >>.
Lui annuì appena. Spostò la vecchia sedia ai piedi del letto e si sedette accanto a Jo, prendendole la mano. Sarebbe rimasto con lei fino alla fine. Non si sarebbe mosso da li nemmeno se fosse scoppiata un’altra Apocalisse.
<< Se hai bisogno, sono qua fuori >> concluse Sam, rassegnato.
Lui non rispose. Rimase immobile, a fissare la ragazza che giaceva addormentata nel letto accanto a lui.
Odiava sentirsi in quel modo. Così impotente, così inutile. Ma cos’altro avrebbe potuto tentare? Jo lo aveva avvertito, non era un qualcosa da cui avrebbe potuto salvarla. C’era il destino di mezzo, c’erano degli angeli schifosi ostinati a riportarla all’altro mondo.
Per quanto avesse lottato, per quanto avesse desiderato con tutto se stesso che ciò non accadesse, era successo. E adesso, era troppo tardi perché potesse fare qualcosa per cambiare le cose.
In quel momento, la frase che lei gli aveva detto quel giorno in auto, durante il loro primo caso insieme dal suo ritorno, gli ritornò in mente.
Perché ogni volta che sono con te rischio di morire?” aveva innocentemente chiesto.
Lui però, non era stato in grado di risponderle. Nemmeno adesso aveva una vera e propria risposta. O forse si, ce l’aveva. Solo che era davvero dura ammettere quale fosse la verità.
Lui non era in grado di proteggerla. Lui non era capace di tenere Jo al sicuro.
E così, con quella consapevolezza che gli attanagliava lo stomaco, lasciò che le ultime lacrime scorressero libere sul suo volto.
 
 
Silenzio.
Tutto quello che Jo riusciva a sentire in quel momento, era un’ondata di pace che le invadeva ogni singola parte del corpo. Non sentiva dolore, non era stanca, non era niente.
La percezione dello spazio e del tempo se n’erano andate da diversi minuti, ormai. Sarebbe bastato un niente perché la sua tortura finisse del tutto.
Sarebbe stato bello mettere fine a quell’agonia. Spegnere tutto e ricominciare da capo. E poteva farlo, non era difficile. Le sarebbe bastato abbandonarsi a quell’istinto.
Tuttavia, c’era ancora qualcosa che la teneva con i piedi per terra. C’era una parte di lei, che continuava ad urlarle di non andare, di non lasciare che tutto finisse un’altra volta.
Era una continua lotta. Una lotta contro se stessa e la sopravvivenza. Era come se il suo corpo la implorasse di andare, ma lei sapeva di non poterlo fare. Non ancora.
Qualcosa di caldo le sfiorò la guancia, una mano forse.
Con quel minimo di forza che le restava, tentò di aggrapparsi saldamente a quella sensazione. Il buio che aveva intorno era fin troppo duro da abbattere, ma doveva provarci.
Prima di andare, doveva almeno riaprire gli occhi per un’ultima volta.
<< Mi dispiace, Jo >> disse una voce nella sua testa, spezzando così quell’incessante silenzio.
Una voce familiare, che era sicura di conoscere fin troppo bene.
Ancora una volta, tentò di scavalcare disperatamente quel nero che le opprimeva i sensi. Doveva farlo, ne aveva bisogno.
<< Non lasciarmi >> continuò a dire. << Non adesso, per favore >>.
Un pensiero o meglio, un nome, fece breccia nei suoi pensieri.
Dean. Era Dean che le stava parlando. Lui era li con lei. Era li e la stava supplicando di non mollare.
Cercò con tutte le forze di aprire gli occhi, ma fallì miseramente.
Tuttavia, non si arrese. Sentiva di essere vicina, le mancava davvero poco perché potesse tornare da lui. Le sarebbero bastati pochi minuti. Solo il tempo di dirgli addio. Quella volta, per sempre.
Mano a mano che riacquistava lucidità però, il dolore tornava a farsi sentire. Non capiva dove iniziasse e ne dove finisse. Era un susseguirsi di fitte atroci che le facevano venir voglia di tornarsene nella sua bella oasi di pace.
Il rumore del suo respiro affannoso, i bip di una macchina che scandiva il battito del suo cuore mano a mano sempre più debole, furono le prima cose che riuscì a percepire.
Tentò di muovere una mano, ma anche quel tentativo andò a vuoto.
<< Non era così che doveva finire >> disse Dean, con una tristezza tale che le spezzò il cuore.
Era d’accordo con lui. Non era in quel modo che voleva lasciarlo. Non senza prima averlo almeno salutato.
Se avesse potuto, avrebbe pianto.
Lei, la ragazza forte, quella che fingeva di non spaventarsi di fronte a niente, sarebbe scoppiata in lacrime se solo avesse potuto aprire gli occhi e lasciarsi andare ad un pianto liberatorio.
Sentì la mano di Dean accarezzarle dolcemente il braccio. E, per un attimo, tutto il dolore sparì.
Era difficile concentrarsi sul suo stomaco lacerato, sul sangue che sentiva premere contro la fasciatura, sulle gambe che non riusciva a muovere, quando c’era lui che le dava mille ragioni diverse per non andare.
Poi però, Dean interruppe quel contatto.
Avrebbe voluto protestare Jo. Avrebbe voluto implorarlo di toccarla ancora un’ultima volta, ma non poteva. Non poteva fare altro che assistere silenziosamente a quell’ultimo addio fin troppo straziante.
Un rumore assordante la fece quasi sussultare. Il suono di qualcosa di metallico che veniva colpito con violenza, le fece trattenere per un attimo il respiro.
Avrebbe voluto aprire gli occhi, assicurarsi che Dean stesse bene. Anche se, sapeva già che non stava bene. Lo sentiva dal tono della sua voce, dal modo in cui la toccava e da quel silenzio che colmava solo di tanto tanto.
Doveva fare qualcosa. Lei, non poteva lasciarlo in quel modo. Di quello ne era certa.
 
 
Dean poggiò la testa contro la parete fredda.
Era stanco. Stanco di provare tutta quella rabbia, quel dolore. Voleva che tutto finisse, che quella sensazione di vuoto se ne andasse una volta per tutte.
Socchiuse gli occhi, cercando di regolarizzare il respiro. Prima di lasciare quell’ospedale, avrebbe dovuto pagargli i danni se non si fosse deciso a darsi una regolata.
Si sentiva un po’ la brutta copia di Hulk, in quel momento. Ma era quello che si meritavano. Quei dottori da quattro soldi non avevano salvato Jo. Il minimo che poteva fare era distruggergli l’ospedale a suon di pugni.
<< Dean.. >> lo chiamò.
Una voce lontana, stanca, che forse si era persino immaginato.
Chiuse gli occhi, concedendosi qualche secondo prima di voltarsi. Si concesse quel poco che gli sarebbe servito per incassare la delusione, una volta scoperto che era stato tutto frutto della sua immaginazione.
Voltò appena la testa, rimanendo a fissare con gli occhi sbarrati la ragazza che lo guardava un piccolo sorriso sulle labbra.
<< Jo! >> quasi urlò, avvicinandosi nuovamente a lei per prenderle la mano. << Sei sveglia.. >>.
Il suo tono sorpreso non sfuggì a lei, che scrollò le spalle. << Ho la pelle dura, ricordi? >>.
Dean si concesse un sorriso. Perché quando era con lei, quando era con Jo, non poteva non sorridere. Anche in quel momento, in cui l’unica cosa che avrebbe voluto fare sarebbe stata maledire il mondo, con lei non poteva fare altro che sorridere.
Le accarezzò il viso con il dorso della mano. << Si, lo so bene >> rispose quasi in un sussurro.
Jo socchiuse appena gli occhi, come se il contatto con la sua pelle la stordisse un po’.
Dean la guardò in silenzio, per un po’.
Avrebbe voluto dirle tante cose. Dirle tutto quello che forse non era mai riuscito a dire in tutta la sua vita. Eppure, adesso che ce l’aveva davanti, non riusciva a fare altro che guardarla negli occhi.
Guardava quegli occhi marroni smarriti e spaventati, guardava quegli occhi che lo guardavano allo stesso modo. Perché, anche in quel silenzio, era sicuro che lei stesse capendo tutto quello che silenziosamente le stava dicendo.
<< Jo, io.. >> tentò di dire, ma le parole gli morirono in bocca prima che potesse finire la frase.
Cosa poteva dire? Che gli dispiaceva? Che si sentiva colpevole per tutto quello? O forse, avrebbe potuto semplicemente concedersi un momento di sincerità, ammettendo quanto fosse difficile lasciarla andare.
Lei gli strinse la mano, sorridendogli. << Lo so, Dean >> rispose sempre con il sorriso.
Ed era vero. Perché Jo sapeva sempre cosa lui stesse pensando. Lo sapeva perché erano uguali.
La sua voce era stanca, affaticata. Sembrava quasi che tenere gli occhi aperti per lei fosse uno sforzo sovraumano.
Non le restava molto tempo. Presto, lei lo avrebbe lasciato.
<< Non ti ho seguito perché mi sentivo in colpa >> disse senza distogliere lo sguardo dal suo viso. << Ma perché era quello che volevo. Non eri tu ad aver bisogno di me, ero io.. >>.
Gli occhi di lei si riempirono di lacrime, mentre sulle labbra le si formava quel piccolo broncio che preannunciava il pianto di un bambino. Perché Jo infondo era ancora una bambina. Una bambina diventata donna un po’ troppo in fretta.
Dean le catturò una lacrima accarezzandola dolcemente.
Lei socchiuse gli occhi, lasciando che il palmo della sua mano aderisse perfettamente al suo viso.
Si avvicinò, chinandosi appena sopra di lei, per permettere alle loro labbra di incontrarsi per un’ultima volta.
Fu un bacio semplice, dolce, pieno di parole e di promesse mai dette.
Quando allontanò il suo viso da quello di lei, rimase a fissare il volto della ragazza rigato dalle lacrime.
<< Dovresti smetterla di baciarmi ogni volta che sto per morire >> lo canzonò, come solo lei sapeva fare.
Dean accennò una piccola risata, abbassando lo sguardo e soffermandosi sulle loro mani intrecciate.
Aveva ragione Jo. Come sempre, era lei quella ad  averla.
Avrebbe dovuto baciarla molto prima. Forse, dal primo momento in cui l’aveva vista riapparire per la prima volta alla sua porta. Perché averla riavuta indietro, anche se per poco tempo, era stato un vero e proprio miracolo.
E, come sempre, lui aveva lasciato che quell’occasione gli sfuggisse dalle mani.
<< Sono o non sono un’idiota? >> scherzò, alzando nuovamente lo sguardo alla ricerca dei suoi occhi.
Quella volta però, non li trovò.
Jo giaceva addormentata, con la testa appena inclinata di lato. Il suo respiro era tornato ad essere debole e il macchinario a lei collegato, aveva iniziato a rallentare pericolosamente il ritmo.
<< Jo? >> la chiamò, improvvisamente incapace di controllare le lacrime. << Jo, per favore, no >>.
La supplicò, quasi a volerla implorare di tornare ancora una volta da lui.
<< Che succede? >> chiese Bobby, entrando nella stanza seguito da un uomo col camice.
<< Era sveglia! >> urlò, quasi disperato. << Si era svegliata! >>.
Un suono raccapricciante uscì dalla macchina alla sua destra.
Jo, il suo cuore, aveva smesso di battere.
Dean strabuzzò gli occhi, improvvisamente terrorizzato.
Il dottore al suo fianco lo superò immediatamente, avvicinandosi a lei e iniziando velocemente un disperato tentativo di rianimazione.
Altri dottori entrarono improvvisamente nella stanza. Uno dei quali, si voltò verso di lui, spingendolo e allontanandolo da li.
<< Dovete aspettare fuori, mi dispiace >> disse freddamente.
Dean lo lasciò fare, come se ormai non riuscisse nemmeno a pensare.
L’unica cosa che era in grado di fare, era fissare la porta che si era chiusa davanti ai suoi occhi. La stessa porta dietro la quale c’era Jo. La sua Jo.
Bobby gli posò una mano sulla spalla, senza dire niente. Perché in quel momento, non c’era niente da dire.
Jo se ne sarebbe andata. Lo avrebbe lasciato esattamente come avevano fatto tutti gli altri.
Ancora una volta, avrebbe dovuto dire addio.
 
 
Jo aprì gli occhi, ritrovandosi a fissare il soffitto. Si guardò intorno, con aria smarrita.
I ricordi le attraversavano la mente fin troppo velocemente.
Credeva di essere ferita, ricordava di essere quasi morta. Ma lei stava bene. Non sentiva alcun dolore.
Si mise seduta sul letto e perlustrò attentamente ogni angolo della stanza. Era vuota, non c’era nessuno li con lei.
Abbassò lo sguardo, fino a notare l’ago che aveva conficcato nel braccio. Senza pensarci due volte, lo strappò via. Non le erano mai piaciuti.
Scese dal letto, con passo in certo, mentre continuava a studiare attentamente la situazione.
Indossava uno di quegli stupidi camici sterilizzati che le arrivava poco più in giù delle ginocchia e camminava a piedi nudi per la stanza, senza sapere bene cosa fare.
Si sentiva soffocare, rinchiusa in quella specie di stanza, senza nemmeno una finestra. Non era li che sarebbe dovuta essere, quello lo sapeva.
Aprì la porta ed uscì. I corridoi sembravano deserti, come se non ci fosse nessuno in tutto l’edificio.
Un brivido le scese lungo la schiena. Non voleva restare li. Non da sola.
Un infermiere le passò accanto quasi senza accorgersi di lei. Eppure, nelle condizioni in cui era, non doveva di certo passare inosservata.
Ciò nonostante, lei non ci badò. Ancora troppo confusa per rendersi conto di quello che stava succedendo, continuò a camminare.
<< C’è nessuno? >> chiese cercando di nascondere quel velo di paura che si stava impossessando di lei. << Per favore, credo di aver bisogno d’aiuto.. >>.
Nessuno però, rispose alla sua richiesta.
Sospirò e si lasciò cadere sul pavimento, nascondendo il viso tra le ginocchia. Doveva essere un sogno, uno stupido sogno. Presto si sarebbe svegliata e quell’incubo sarebbe finito.
Un gruppo di dottori le passò accanto di corsa, catturando per un istante la sua attenzione.
Jo li guardò pensierosa, ma alla fine decise di seguirli. Forse, stava succedendo qualcosa. Ecco perché nessuno sembrava prestarle attenzione.
Scese velocemente le scale e si ritrovò al piano inferiore, dove sembrava esserci un gran caos.
Ad un certo punto però, un sospiro di sollievo le uscì dal petto.
In fondo al corridoio, a sbirciare da un vetro, c’era Dean.
Nel vederlo, sentì un’improvvisa fitta allo stomaco. Ricordava perfettamente cosa fosse successo poco prima in quella stanza. Di come si erano salutati, di come lui l’aveva baciata.
<< Dean! >> urlò, avvicinandosi a lui.
Il ragazzo però, non la sentì. Forse era troppo lontana perché potesse sentirla da quella distanza.
<< Che sta succedendo? >> gli chiese, non appena fu abbastanza vicino da poterlo quasi sfiorare.
Ancora una volta però, non ottenne risposta. Il ragazzo, sembrava troppo impegnato ad osservare qualcosa per potersi degnare di risponderle.
<< Ehy >> si lamentò lei, colpendolo ad un braccio. << Potresti avere almeno la decenza di rispondermi? Ti hanno mangiato la lingua, per caso? >>.
Ritrovandosi completamente ignorata per l’ennesima volta, alzò gli occhi al cielo e spostò lo sguardo nella stessa direzione di quello di Dean. Quando però si accorse di quello che lui stava guardando, rimase a bocca aperta.
<< No, non è possibile >> fu l’unica cosa che riuscì a dire.
Nella stanza piena di dottori, stesa su un lettino, c’era lei. Jo.
Sbatté più volte le palpebre, nella speranza che quella visione si rivelasse solamente frutto della sua immaginazione. Non poteva essere vero. Lei era li, non stesa su uno stupido letto a morire..
Tornò a fissare Dean, improvvisamente spaventata.
<< Dean, sono qui >> disse cercando di controllare il tremolio della sua voce. << Guardami, per favore. Non sono in quella stanza, sono qui con te! >>.
Lo afferrò per un braccio, cercando di strattonarlo perché potesse voltarsi a guardarla.
Era la sensazione peggiore del mondo, quella di essere li accanto a lui senza potersi farsi vedere.
Perché stava succedendo una cosa simile, perché proprio in quel momento?
<< Dean, devi aiutarmi..per favore >> disse mentre le lacrime le solcavano il viso.
Per qualche istante, si soffermò sull’espressione del ragazzo. Era vuota, completamente svuotata. Non ricordava di aver visto mai Dean in quello stato. Quella luce nei suoi occhi verdi, sembrava essersi improvvisamente spenta. Non c’era niente, se non l’immagine di un ragazzo che stava cadendo a pezzi.
Jo si morse un labbro e gli prese la mano, stringendogliela forte. Forse lui non poteva vederla, non poteva sentirla, ma lei era li. Non lo avrebbe lasciato da solo. Non lo avrebbe abbandonato, non quando sembrava avere un disperato bisogno di aiuto.
<< Starò bene, Dean >> disse cercando di convincersi delle sue stesse parole. << Non andrò da nessuna parte. Non ti libererai di me così facilmente, puoi scommetterci >>.
Credeva davvero in quelle parole. Non le importava cosa sarebbe successo, non se ne sarebbe andata. Non quella volta.
<< Non puoi restare, Jo >> le disse una voce.
Lei si voltò, incrociando lo sguardo di un uomo vestito di nero che la fissava con un’espressione quasi compassionevole.
<< Devi venire con me, lo sai >> continuò.
Lei però, tornò a fissare Dean.
Era già morta una volta. Non aveva bisogno che qualcuno le spiegasse chi fosse quell’uomo venuto per portarla via. Se lo avesse seguito, tutto sarebbe finito.
<< Se la caveranno, non spetta a te preoccuparti di loro >> la rassicurò il mietitore.
Lei accennò un sorriso triste. << Non posso >> fu la sua unica risposta. << Io devo restare >>.
<< No, non più >> fu la risposta dell’uomo.  
Avrebbe voluto dire qualcosa lei, ma non esistevano parole sufficienti per esprimere tutto quello che le stava passando per la testa.
Il ragazzo diede le spalle al vetro, inclinando la testa all’indietro e poggiandola contro la superficie fredda. Aveva gli occhi chiusi, come se anche lui stesse cercando di convincersi che tutto quello era solo un brutto sogno.
Lei si morse il labbro, cercando di trattenere le lacrime. Con una mano gli accarezzò il viso, come a volergli dare un minimo di conforto. Come a volerlo salutare un’ultima volta.
<< Starai bene, Dean >> gli disse, nonostante quella frase servisse più a lei che a lui. << Ce la farai >>.
Lasciò andare lentamente la sua mano e rimase a guardarlo in silenzio, per qualche secondo.
<< È ora, dobbiamo andare >> la esortò il mietitore.
Lei non gli rispose, fu qualcun altro a farlo.
<< Non ancora >> disse una voce alle sue spalle. << Ci penso io, qui >>.
Jo si voltò, riconoscendo al volo i tratti di quell’angelo fin troppo familiari. Era Castiel. L’ultima persona che voleva vedere in quel momento. Ne aveva avuto abbastanza degli angeli.
<< Questo è il mio lavoro >> ribattè il mietitore. << Devo prendere la ragazza >>.
L’angelo gli rivolse un’occhiata severa. << Ho detto che mi serve un momento per parlare con lei >>.  
Jo sbuffò.
Come se lei avesse voglia di parlare. Avrebbe preferito andare col mietitore, piuttosto che sentire le scuse penose che stavano per arrivare.
Tuttavia, qualche secondo più tardi, si ritrovò da sola con Castiel.
<< Non dire che ti dispiace >> lo avvertì. << Non voglio le scuse di nessuno >>.
Ed era vero. Non le avrebbero reso le cose più facili. Niente poteva farlo.
<< Ci hai aiutato molto, Jo >> le disse l’angelo. << Grazie >>.
Lei chiuse gli occhi, cercando di trattenere tutta l’ostilità che improvvisamente era comparsa. << Perché la volevate morta? >> chiese, con un filo di voce.
<< Meg era una seguace di Lucifero >> le spiegò. << Stava diventando un problema. Se fosse riuscita nel suo intento di distruggere Crowley, ci sarebbe stata una nuova Apocalisse >>.
Jo si limitò ad annuire. Ancora una volta, si ritrovava a morire per lo stesso identico motivo. Quella dannata Apocalisse.
Tornò a fissare Dean, ancora appoggiato contro il vetro. Aveva gli occhi aperti adesso, ma sembrava quasi che non stesse guardando niente. La sua mente sembrava lontana, troppo perché potesse accorgersi di quello che gli succedeva intorno.  E la colpa era sua. Stava in quel modo per colpa sua.
Lei sospirò. << Gli cancellerai questi ultimi ricordi, vero? >> chiese speranzosa.
Sapere che non avrebbe ricordato, che quella sofferenza sarebbe sparita nel nulla, era l’unica cosa a darle un po’ di conforto. Non avrebbe sopportato di essere la responsabile di tanto dolore.
<< Mi dispiace, non posso farlo >> rispose l’angelo.
Lei si voltò verso di lui strabuzzando gli occhi, incredula.
<< Lo avevate promesso >> disse con un filo di voce, mentre qualche lacrima sfuggiva al suo controllo. << Avevamo un accordo! >>.
<< Jo.. >> tentò di dire, ma lei lo incenerì con lo sguardo.
<< Chiudi il becco! >> urlò. << Non voglio sentire nemmeno una parola >>.
Tornò a guardare Dean. Se solo fosse stato capace di sentire quella conversazione, era sicura che avrebbe spaccato la faccia al suo amico.
Lui aveva sempre avuto ragione. Quegli angeli l’avevano semplicemente usata. Si erano presi gioco di lei fino all’ultimo minuto.
<< Tu non capisci >> disse in un sussurro, con la vana speranza di riuscire a convincerlo. << Guarda come sta! Dannazione, Castiel, è tuo amico! Non puoi fargli questo.. >>.
<< Proprio perché è mio amico non posso farlo >> rispose lui, con tono pacato, mentre le si avvicinava.
Jo lo guardò, perplessa. Non capiva cosa stesse dicendo. Quelle parole, non avevano alcun senso per lei. Non capiva cosa ci fosse di tanto sbagliato in una semplice richiesta come la sua. Voleva semplicemente che Dean stesse bene. Era chiedere tanto?
<< Io.. non ti seguo >> ammise, sconsolata.
Castiel l’afferrò per un braccio, stringendola un po’ troppo forte. << Questo ti farà male >> le disse serio.
Lei lo guardò, spaventata. << Che vuoi farmi? >>.
<< Ricorderai tutto questa volta, spero solo che il tuo corpo riesca a sopportarlo >> continuò a dire, ignorando la sua domanda. << Potresti essere mentalmente instabile, per un po’ >>.
<< Stai cercando di dirmi che potrei diventare pazza? >> chiese con voce leggermente stridula.
Non ebbe tempo di ricevere risposta, che un dolore lancinante la colpì in pieno. Perse l’equilibrio e si ritrovò piegata in due dal dolore, mentre Castiel continuava a tenerle saldamente il braccio in una morsa di ferro.
Tentò di urlare, ma la voce non le uscì. Sentiva ogni parte del suo corpo bruciare, come se l’angelo l’avesse gettata tra le fiamme ardenti. Cercò di divincolarsi, ma senza alcun risultato. Il suo corpo non le rispondeva più, non sentiva più nemmeno un muscolo. L’unica sensazione presente, era quel bruciore disumano.
<< Mi dispiace, ma è l’unico modo che ho per rimediare, Jo >> le disse Castiel.
Quelle, furono le ultime parole che udì. Poi, tutto divenne nero.
 
 
Dean era immobile davanti alla porta della stanza di Jo da diverse ore, ormai.
Se un cavolo di dottore non sarebbe uscito entro cinque minuti, sarebbe entrato lui buttando giù la porta a suon di calci. Non era possibile che pretendessero che aspettasse così tanto per sapere come stesse Jo. Non potevano pretendere che se ne stesse con le mani in mano mentre loro giocavano con la vita di quella ragazza.
Ma, se ci mettevano così tanto, forse era ancora viva..
Sospirò, cercando di allontanare quel pensiero prima che potesse illudersi. Quella, era davvero l’ultima cosa di cui aveva bisogno in quel momento. Sarebbe stato già abbastanza difficile accettare che lei non ci fosse più, se alimentava un po’ di speranza, sarebbe stato ancora peggio.
Sam e Bobby lo raggiunsero.
Dean era l’unico a non essersi allontanato da li per un solo istante. Era più forte di lui, proprio non ce la faceva a staccarsi da quella parete. Sembrava quasi che il suo campo gravitazionale si fosse spostato, che fosse diventato quella stanza il punto focale che lo teneva con i piedi per terra.
<< Novità? >> gli chiese l’uomo.
Lui si limitò a scuotere la testa.
Lui era già stato all’Inferno, ma quell’attesa rischiava di essere davvero qualcosa di peggio. Non ce la faceva più. Stava per scoppiare.
<< Dovresti farti vedere quella mano, ragazzo >> lo rimproverò Bobby.
Lui sbuffò. << Sto bene >> si limitò a rispondere.
Aveva solamente distrutto un armadietto di ferro a suon di pugni, niente di che. E poi, non era della sua mano che doveva preoccuparsi in quel momento. C’era decisamente qualcosa di più importante alla quale doveva pensare.
Quasi come se qualcuno avesse finalmente risposto alle sue preghiere, un dottore uscì dalla stanza. Si fermò accanto a loro, mentre tutti gli altri si dileguavano.
Dean si morse le labbra e serrò i pugni. Quello non era un buon segno. Non gli piaceva per niente il modo in cui tutti quegli idioti se ne erano andati. Ma non voleva pensare al peggio. Non poteva.
<< Come sta? >> chiese Bobby, anticipandolo.
Il dottore tentò di dire qualcosa, ma si bloccò prima ancora di poter finire la frase.
Dean chiuse gli occhi. Cercando di mandare giù quel boccone amaro che stava per arrivare.
Non era possibile. Jo non poteva essere davvero morta. Non voleva che fosse vero.
<< Io non riesco a capire come.. >> disse l’uomo col camice.
Lui riaprì velocemente gli occhi, attratto da quell’improvvisa esitazione nella voce dell’uomo.
<< Si può sapere cosa diavolo sta cercando di dirci? >> sbottò lui, spazientito.
Aveva aspettato fin troppo per sapere. Ne aveva abbastanza dei giri di parole. Voleva semplicemente che qualcuno gli sputasse in faccia l’amara sentenza.
Il medico sospirò. << Credo che dovreste vederlo con i vostri occhi >> rispose, facendosi da parte per permettere loro di entrare nella stanza.
Dean esitò, incerto. Non era sicuro di cosa avrebbe trovato una volta varcata la soglia. E se non gli fosse piaciuto? Se si fosse ritrovato davanti una di quelle scene raccapriccianti alle quali era abituato ad assistere per via del suo lavoro?
Ne aveva viste di cose strane, cose da voltastomaco, ma sarebbe stato completamente diverso se si fosse trattato di Jo.
Bobby gli posò una mano sulla spalla, spingendolo ad entrare.
Lui sospirò, preparandosi al peggio.
Una volta dentro, si guardò intorno, leggermente spaventato. Non era da lui comportarsi come una femminuccia, ma quelle circostanze non erano di certo le migliori.
Tutto sembrava al suo posto. Niente sangue riverso sulle pareti, niente puzza di zolfo, tutto sembrava nella norma.
Così, si decise a spostare lo sguardo verso il lettino della ragazza.
Non appena la vide, spalancò gli occhi per lo stupore. Non era possibile. Se lo stava sicuramente immaginando..
<< Dean >> lo chiamò lei, con un sorriso.
Sbattè più volte le palpebre, quasi come se cercasse di capire se tutto fosse solo frutto della sua immaginazione. Ma Jo era reale. Era davvero lei e stava bene.
Era quello che voleva, tutto quello che aveva desiderato nelle ultime ore.
Lei si avvicinò, lasciando che un sospiro di sollievo gli uscisse dal petto. Grazie al cielo, era viva.
Le prese la mano e gliela strinse forte. << Stai bene? >> le chiese.
La ragazza annuì. << Sono solo un po’ stanca, ma sto bene >> ammise, scrollando le spalle.
Anche Bobby e Sam lo raggiunsero, guardandola con immenso sollievo. Non era stato l’unico a passare le ultime ore afflitto dal pensiero di lei che se ne andava. Nemmeno per loro era stata una passeggiata.
<< Stava per venirmi un infarto >> le disse Bobby, abbracciandola goffamente.
Jo accennò una risata, stanca. << Mi dispiace >>.
Dean restò in silenzio, osservandola attentamente. La esaminava come se stesse cercando di farle una radiografia. Voleva capire come fosse possibile una cosa simile. Lui l’aveva vista, aveva visto come era ridotta solamente qualche ora prima. Non era possibile che si fosse rimessa così velocemente.
<< Che hai fatto alla mano? >> gli chiese lei, notando il rossore e il gonfiore.
Lui scrollò le spalle. << Quell’armadietto non piaceva, l’ho sistemato >> rispose accennando un sorriso.
Jo scosse la testa, divertita. 
<< Le ferite interne sembrano essere guarite. Nessun organo è più danneggiato. È un miracolo >> disse il dottore, entrando nella stanza e posizionandosi ai piedi del letto. << Deve avere un angelo custode >>.
Dean sbuffò appena, non voleva sentire nominare gli angeli. Ne aveva avuto davvero abbastanza per il momento.
Jo si voltò appena verso di lui, lasciando così che i loro sguardi si incrociassero per un paio di secondi.
<< Nessun angelo custode >> rispose con un piccolo sorriso, senza distogliere lo sguardo da lui. << Sono un angelo in impermeabile >>.
Dean alzò gli occhi al cielo, esasperato. << Quel figlio di puttana >>.
Nella sua voce però, quella volta, non c’era rabbia. Ma solo una sincera gratitudine. Era tipico di Castiel. Lo faceva incazzare, si faceva maledire ed insultare, per poi trasformarsi nel buon samaritano.
La ragazza sorrise, prima di chiudere gli occhi e abbandonarsi al sonno.
Lui rimase li, immobile, a fissarla mentre il suo viso si rilassava con il passare dei minuti. Aveva avuto un altro miracolo. Per una volta, era riuscito ad averne uno tutto per sé.
Ne avevano passate tante negli ultimi mesi. Jo lo aveva fatto tornare a quella vita, avevano affrontato dei mostri da quattro soldi , c’era stato un finto matrimonio a Las Vegas ed erano persino riusciti a sconfiggere quella puttana di Meg. Sembrava impossibile che potesse esserci ancora dell’altro, ma qualcosa, dentro di lui, gli suggeriva che il bello doveva ancora iniziare.


FINE
 
**************
Ebbene si, ho deciso di concludere in questo modo la storia di Jo e Dean. 
Se qualcuno però sperava di vedere qualcosa cambiare nel loro rapporto, non disperate perchè sono lieta di informarmi che ci sarà un seguito. 
C'è ancora tanto da raccontare e tanto altro succederà!
Vi anticipo solo che la prossima storia avrà un raiting arancione..fate voi xD
Detto questo, ringrazio chi ha letto questo mega capitolo e chi ha recensito quelli precendenti! Un grazie va anche a tutti i singoli lettori che sono arrivati fin qui!
  
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