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Autore: Charme    10/12/2012    8 recensioni
Un'inconsueta - ma non troppo - minaccia si staglia contro i Vendicatori. Qualcosa di talmente tremendo da far loro rimpiangere Loki, i suoi complessi d'inferiorità e i suoi capricci sul dominio del mondo.
"Io sono Niagara Jenhowepha Blackdeath."
Genere: Comico, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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  Salve! Magari speravate di no, e invece ho aggiornato. Teoricamente vorrei/dovrei aggiornare un lunedì sì e un lunedì no, magari v'interessa saperlo.
  In questo capitolo facciamo conoscenza con i temibili genitori di Niagara (che si pronuncia 'NAIAGARA'. Leggetelo come se fosse sempre maiuscolo, onde aggiungere enfasi e pathos inutili. E l'accento cade sulla seconda 'a'. Non v'interessa, ma a me piace dirlo) e possiamo dare un'occhiatina all'integrazione della Mary Sue con i Vendicatori. Che fortunelli, oh!, come li invidio.
  Non ho altro da aggiungere, se non che spero che apprezziate il capitolo. Io mi sono divertita a scriverlo, ma non faccio testo.






  Ai confini dell’universo, Thanos, colui il cui solo nome bastava a far vacillare perfino i cuori degli eroi più coraggiosi della Terra era impegnato nel più classico eppure più difficile degli intenti: tenere nascosto qualcosa alla moglie.
  “Thanos!” tuonò Madama Morte, l’agghiacciante consorte del temibile Thanos.
  “Sì, mio funereo bagliore?” rispose con aria disinvolta Thanos, ma lo sguardo esperto e implacabile di Morte aveva colto un’intrigante sfumatura lilla nella carnagione solitamente grigiastra dello sposo, e per lei che sapeva ben decifrare le rare emozioni di Thanos, quella equivaleva a un vago imbarazzo.
  “Niente smancerie. Perché non hai ancora mobilitato le truppe per la ricerca di Niagara?”
  “Sono impegnate ad allestire un efficace piano d’attacco. – inventò Thanos, che poche ore prima aveva concesso un giorno di libertà a tutti i suoi sottoposti per festeggiare la lieta notizia della scomparsa della figlia – Non possiamo certo rischiare un lavoro malfatto, non se è in gioco il benessere della nostra… ehm… amata figlia.”
  “Ho visto tre dei Generali Supremi oziare dietro ad altrettanti Gotti Esplosivi Pangalattici*. È forse questo ciò che intendi con ‘allestire un efficace piano d’attacco’?”
  L’unica speranza era negare e affibbiare la colpa a terzi. Tanto, probabilmente, se Mistress Death li aveva colti a oziare, i tre Supremi erano già belli che morti.
  “È sempre più difficile trovare dei buoni sottoposti, oggigiorno…” bofonchiò Thanos.
  “Anche mariti incapaci di mentire si stanno facendo più ardui da reperire, a quanto sembra”.
  Lo spaventevole Thanos si fissò i piedi con aria interessata, fingendo indifferenza e sperando che la sfuriata della moglie terminasse rapidamente.
  “Dobbiamo assolutamente recuperare Niagara. Non possiamo permettere che vaghi liberamente per un mondo che non è il suo. Dobbiamo riportarla qui al più presto possibile.”
  Quelle parole risuonarono nella mente di Thanos come bastonate.
  “Non potremmo lasciarla sulla Terra per un po’?” disse Thanos, parlando rapidamente e gesticolando forsennatamente.
  “Quindi sei già a conoscenza del luogo ove si trova. Molto bene. La Terra, eh? Quel pianetucolo sperduto nella Via Lattea. Bene, sarà un lavoro rapido.”
  “Solo qualche giorno - un giorno venereo, diciamo* - possiamo considerarla una breve vacanza… per lei, naturalmente. Ha il diritto di svagarsi, dopotutto.”
  Morte rimase fedele a se stessa; non si lasciò impietosire e fu irremovibile. “Bene, ci hai provato. La spedizione partirà al più presto.”
  Il potente Thanos uggiolò un poco convinto “Sì, cara”.
 
 

  Quando Steve, da bravo gentiluomo, si era diretto verso l'ingresso per aiutare la nuova arrivata a portare dentro il suo bagaglio, aveva immaginato di trovarla intenta a trascinare un borsone consunto e bitorzoluto, segno della frettolosa preparazione che aveva preceduto la partenza, e invece si era trovato innanzi a quello che a prima vista sembrava un muro color fucsia, e solo dopo uno sguardo più attento si rivelò essere un completo coordinato di valigie recanti l'effigie stilizzata di un gatto privo di bocca cui si doveva apparentemente rivolgere un ecumenico saluto.
  "Ho le valigie di Hello Kitty!" trillò in quel momento Niagara, aggrappandosi a Steve in un modo che lui considerò sconveniente. Poi, però, pensò ai drammi che quella povera bambina doveva aver vissuto, per indurla a fuggire di casa, e realizzò che evidentemente aveva solo bisogno di esternare affetto, per cui si liberò gentilmente dalla sua stretta e iniziò a impilare l'una sull'altra le valigie onde poterle trasportare più agevolmente. L'essere fissato da un gattino inquietantemente inespressivo lo metteva a disagio, per cui ebbe la cura di girare il trolley in modo da non vederne l'immagine.
  In tutto questo, Niagara seguiva il Capitano, levitando a qualche centimetro d'altezza: non poteva rischiare di non far sfoggio di ogni suo potere sovrannaturale, e non importava che Steve non potesse vederla. Voleva dire che avrebbe avuto un'altra occasione per svolazzargli attorno, o magari di mostrargli la sua bravura nel cambiare il colore dei suoi capelli, prodezza che sicuramente l'avrebbe colpito e affascinato.
  "Molto bene, signorina Blackdeath, questa sarà la sua stanza per il tempo in cui resterà con noi. Le lascio un po' di tempo per ambientarsi, ma se ha bisogno di qualcosa, non esiti a chiamarci. La magione è amministrata da JARVIS, un'entità elettronica, pertanto può contattare noi tramite lui."
  Niagara entrò nella stanza, e dopo aver commentato che l’arredamento era un po’ povero, ma che fortunatamente aveva con sé tutto l’occorrente per renderlo più confortevole, si buttò sul letto, stravaccandosi e assumendo una posa costruita e artefatta, ravviandosi la chioma in modo che le ricadesse principalmente sul lato destro del volto e tenendo un braccio incuneato sotto i seni, in modo da sospingerli verso l’alto e accentuare così la loro procacità.
  “E invece la tua stanza dove si trova, Capitano? La notte potrei sentirmi sola…” miagolò Niagara, sbattendo le ciglia e umettandosi le labbra.
  Steve perse tutto il proprio contegno, ma riuscì a ricomporsi parzialmente dopo pochi istanti, anche se dovette fare appello a tutto il proprio militare sangue freddo. Avrebbe preferito saltare su cento granate e rotolarsi su un tappeto di filo spinato, piuttosto che trovarsi lì. Si mise sull’attenti, fissando il soffitto con disperazione.
  “Si trova al quarto piano, ma raramente mi trovo lì. Faccia pure affidamento totale su JARVIS, signorina Blackdeath. Spero che gradirà la permanenza. Arrivederci.” Dopo aver parlato a velocità doppia, il Capitano Rogers si diede alla fuga, ripetendo tra sé e sé che un buono stratega militare sapeva quando battere in ritirata.
  Stava per imboccare le scale quando gli giunse all’orecchio la voce di Niagara che urlava: “Ma lo sai che hai proprio un bel culo?”. Steve s’immobilizzò, poi, per buona misura, si mise con le spalle al muro, osservando il vuoto davanti a sé con aria sbigottita, indeciso se fare dietrofront e andare dalla ragazzina per lavarle la bocca col sapone oppure riunirsi con i Vendicatori e discutere sul da farsi.
  D’altro canto, il sapone di marsiglia con cui Steve si faceva il bucato era al suo posto, in lavanderia, al piano sotterraneo, per cui sarebbe comunque dovuto ripassare dalla sala da pranzo. Avrebbe conciliato le due cose.
  Nonostante i suoi ottimi propositi – organizzare la propria tabella di marcia riusciva sempre a calmarlo e metterlo di buonumore – quando Steve si ripresentò agli altri, loro dovettero intuire il suo turbamento interiore.
  “Compagno, cos’è accaduto? Sembri vittima di un profondo sconvolgimento!” tuonò Thor, la cui voce risuonava sempre come se stesse cercando di parlare nel bel mezzo di una tempesta.
  “Niente di cui preoccuparsi, ho solo accompagnato la nostra ospite nella sua stanza.” Rispose Steve, che improvvisamente si rese conto che confessare di essere stato intimorito dalla profferta di un’adolescente era ancora peggio della profferta in sé.
  “Ed è stato lì che hai contratto la pellagra?” domandò Tony, accennando al pallore del Capitano.
  “Ho avuto modo di rendermi conto che la signorina Blackdeath ha un carattere… intraprendente e spiccio che in taluni casi si potrebbe considerare perfino sconveniente.” Riprese Steve, ignorando le illazioni di Stark e curandosi di perifrasare il resoconto dell’accaduto.
  “Perché ti ha detto che hai un bel culo? Adolescente in pieno delirio ormonale – e di onnipotenza, aggiungerei – che t’aspettavi?” replicò Stark, godendosi la rinnovata espressione di sbalordimento dell’altro.
  “Cosa… come…?” incespicò il Capitano.
  “Sgrana gli occhioni, lui – lo sfotté il perfido Tony – Ho sentito tutto grazie all’auricolare.”
  L’auricolare che tutti loro avevano in dotazione, onde essere in grado di comunicare in caso di emergenza.   L’unico a non possederne uno, oltre naturalmente all’incontrollabile Hulk, era Thor, perché Mjolnir – o il testone di Thor, a seconda dei pareri – emetteva delle interferenze in grado di incidere sul funzionamento della trasmittente. All’idea che tutti avessero potuto udire le parole di Niagara, Steve avvampò.
  “Mi raccomando, non siate maligni – si raccomandò Tony, sfoggiando lo stesso sorriso di uno squalo che sia stato informato dello svolgersi di una gara di surf nel suo territorio – ricordate che il Capitano Rogers ha appena subito una molestia da parte di una diciassettenne che spesso viene scambiata per una quindicenne per via del suo fisico minuto. Comprendiamo tutti benissimo che l’attentato alla tua preziosa virtù debba averti segnato.”
  Il dottor Banner soleva tenere il conto dei giorni trascorsi senza trasformarsi nel suo incontenibile alterego. Il Capitano Rogers tendeva invece a prendere nota degli intervalli di tempo che trascorrevano tra un’arrabbiatura e l’altra. Aveva rilevato l’elemento statisticamente curioso secondo il quale tutte gli erano arrecate da Stark. Quell’uomo così irritante sarebbe stato in grado di trasformare il Mahatma Gandhi in un feroce serial killer privo di scrupoli. Steve si preparò a rispondere a quell'arrogante – più o meno – per le rime, ma venne interrotto da un sinistro e inatteso tintinnio, che saturò l'aria come il gioioso squillo di mille campanellini.
  “Dottor Banner, le chiedo una rapida consulenza medica: è possibile contrarre il diabete per via uditiva?” domandò la Vedova Nera, mentre fissava con espressione accigliata la cima delle scale. Gli altri Vendicatori seguirono lo sguardo della compagna, e i loro occhi increduli furono rinfrescati dall’idilliaca visione di Niagara, che si era materializzata in cima alla scalinata, pronta a fare la sua gloriosa e regale discesa e a mostrarsi in tutta la propria divina beltà.
  Si era cambiata d’abito, e apparentemente era suo preciso desiderio che tutti lo sapessero. Tutti. Soprattutto coloro a cui non importava.
  Indossava un paio di shorts di jeans molto shorts e con poco jeans il cui risvolto era decorato con un motivo a cuoricini con tanto di strass rossi al centro. Le tasche anteriori, che spuntavano dall’orlo di perlomeno quindici centimetri, nell’insieme la coprivano più dei pantaloncini. La parte superiore del corpo non era stata trattata con maggior riguardo: l’abbigliamento costituiva esclusivamente in un corpetto rigido il cui pizzo nero era a malapena percepibile al di sotto delle decine e decine di fiocchi di raso color fucsia che parevano voler invadere ogni millimetro di stoffa disponibile.
  “Ma si riproducono per mitosi?” domandò Bruce, aggiustandosi gli occhialetti e fissando i minacciosissimi fiocchetti con aria preoccupata.
  Niagara non apprezzò l’interruzione, e manifestò il proprio disappunto facendo schioccare con astio il tacco a spillo dei suoi stivali di stoffa di jeans, elemento che completava fieramente il suo outfit.
  Al momento di scendere l’ultimo scalino, però, la ragazza aveva già recuperato il proprio scintillante e affettato sorriso, e quando posò l’angelico piedino sul pavimento, completando la sfilata, i presenti poterono udire distintamente un arpeggio.
  “Magnifico. Ha pure una colonna sonora personale. Rischio di commuovermi.” Commentò Tony, parlando con voce monocorde.
  Niagara lo ignorò totalmente, preferendo avanzare con un aggraziato passetto e svolazzare accanto a Steve, che, dal canto suo, stava facendo guizzare lo sguardo da una parte all’altra, in cerca di una via di fuga come un animale in trappola.
  La patriottica creatura fu salvata da un deus ex machina. In senso letterale, perché a intervenire fu il Dio del Tuono e della Tempesta; senza frapporre indugi, il gigantesco asgardiano si infatti era tolto il mantello e l’aveva drappeggiato alquanto vigorosamente attorno a Niagara per un totale di otto volte.
  Ignorando le proteste soffocate dell’informe e bitorzoluto gomitolo purpureo che poco prima era stato una diciassettenne dagli occhi color ametista, Thor parlò con tono grave e accigliato.
  “Che stolto sono stato, a non rendermi conto tempestivamente delle difficoltà di questa povera donzella, la cui indigenza è tale da costringerla a vestirsi di questi pochi stracci sì miseramente rappezzati. Il mio cuore sanguina per te e per le tue disgrazie, o mia bisognosa fanciulla.”
  Niagara divenne livida di rabbia, e i suoi occhi color ametista parvero per un attimo più simili a due caramelle alla prugna mezze masticate.






Note del capitolo:


*Il Gotto Esplosivo Pangalattico è una "saggia" citazione da quel capolavoro dell'umorismo che è Guida Galattica per gli autostoppisti, di D. Adams. Vi consiglio vivamente di documentarvi al riguardo. E niente panico.
 
*Il tempo di rotazione di Venere equivale a circa 243 giorni, per cui 'qualche giorno venereo' equivarrebbe a svariati anni terrestri. Chiamatelo scemo.
  
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