Io sono la puttana, la donna di tutti e quella di nessuno. O meglio, lo sono diventata. Ciò che ho passato, quello che io ho subito, nessuno di quelli che portano
in bocca questa frase come un bastoncino di zucchero lo ha mai saputo. La 'puttana', una volta, ha sentito il cuore prendere la rincorsa verso quello di
qualcun'altro, ne ha assaporato, con un'emozione pura e semplice, il sapore delle labbra carnose. Ed è questo sapore che, in ogni notte di lavoro, per quanto
esso possa esser definito tale, ricerco sulle labbra dei giovani uomini che si danno il cambio nelle mie stanze. Povera la mia bambina! Delicata, come il suo
nome, ogni sera si rinchiude lontana da me, per non vedere quello stesso seno che l'ha allattata deturpato dalle bocche affamate di uomini insoddisfatti, per
non sentire quei sospiri fin troppo umani che uniscono due anime tormentate. Ma tutto ha un prezzo, figlia mia, e noi stiamo pagando da troppo tempo; prima
o poi la vita sarà clemente con te, io ne ho subito tutti i mali. L'ultimo cliente è andato via, lasciandosi alle spalle una nube di fumo grigio. Mi alzo dal letto
disfatto, prima o poi cambierò quel materasso puzzolente e bagnato, ma ora non posso. Apro la finestra; indosso solo la biancheria, che a stento contiene il
mio corpo maturo, ma non mi importa. Inspiro ed espiro, più volte, con forza; faccio fuggir via quella nube di fumo, offuscato simbolo dei miei peccati. Si dice in
giro che la vita sia stata clemente con me, forse per via di questa chioma bionda, forse per il mio seno ancora prosperoso, contenuto a stento nel reggiseno;
ma io so che non è vero, che la vita è una puttana, ancor più di me. Esco dalle mie camere, vado in bagno a ripulirmi da umori che non mi appartengono.
Un'ombra riflessa sul muro. Giglione. In braccio un corpicino martoriato. Margherita. La mia bambina. Sbianco, la casa dei fiori scompare ai miei occhi.