Capitolo 17
Uscita
dall’ospedale, Aima si incamminò rapidamente verso l’alloggio delle
sacerdotesse. Doveva restare sola e rendersi conto seriamente della situazione.
La mancanza di Nym si era fatta sentire fin dal suo risveglio: se fosse stata
ancora al Santuario, sarebbe rimasta a vegliarla per i due giorni in cui aveva
dormito. Nel tragitto i primi tremiti percorsero il suo corpo e alcune lacrime
fastidiose furono ricacciate indietro a forza. Successivamente intravide Kanon allontanarsi
dai dodici templi, ma lo evitò correndo verso l’alloggio:
odiava mostrarsi debole davanti a lui. Sì, perché aver vissuto un’intera
esistenza nascosta dietro a resistenti maschere e, all’improvviso, vedere tutto
lo scenario crollare, mostrare le proprie carte, e, infine, lasciare che
qualcuno vedesse la sua anima, spaventava Scarlet a morte. Tutto perché sapeva
di essere al sicuro dietro a quei travestimenti, tutto perché nessuno sapeva
niente di lei e lei non sapeva niente di nessuno. Si chiuse lentamente la porta
d’ingresso alle spalle e filò di sopra, evitando più sacerdotesse possibili. Le
poche che incontrò si sincerarono delle sue condizioni, per poi defilarsi al
piano di sotto. Arrivata nella propria camera, Aima si sedette sul tappeto al
centro della stanza, fissando le maschere appese al muro. Si ripassò le
espressioni di ognuna di esse almeno cinque volte, prima di accorgersi della
lettera che sporgeva dalla bocca aperta di una di loro. Il suo cuore sembrò
fermarsi all’improvviso. La paura si impossessò di lei mozzandole il respiro e
impedendole i movimenti: era decisamente, pericolosamente sull’orlo del
baratro. Avanti Aima, hai sopportato la
morte di Sonja per anni; se Nym è morta sopporterai anche questo. Te ne farai una
ragione. Si disse, afferrando la busta scarlatta e scoprendola più pesante
del solito. La aprì e ne fuoriuscì un pesante pugnale oro e argento, decorato
finemente sulla lama e con due zaffiri incastonati nel manico. La rossa fissò
l’oggetto incredula e istintivamente, con un dito, percorse la cicatrice che dal
cuore arrivava al fianco destro. Come dimenticare, era proprio quel pugnale ad
avergliela lasciata. Spinse l’arma da parte e tirò fuori la lettera,
cominciando a leggerla.
A quanto vedo siamo arrivati ad un
punto di non ritorno. Ti ho dato tutto e ora questo è il pagamento: un’ostinata
resistenza contro il mio volere. Ebbene, visto che siamo arrivati a questo
punto, ti lascio scritto ciò affinché tu capisca cosa è inevitabile che succeda
e, forse, cosa è successo veramente.
La morte ha un colore:
il colore di Sonja
il colore di Nym
il tuo.
Il rosso.
Il sangue.
Loki
No.
No. No. La sequenza era molto chiara. Prima Sonja, poi Nym, poi lei. Tutte e
tre morte per mano sua. Non di nuovo. Non l’avrebbe fatta crollare una seconda
volta. Finalmente capì: capì perché Kanon volesse vendicare Lemuri, dal momento
che Limniade aveva intenzione di uccidere Sonja, ma Loki l’aveva preceduto in
qualche modo, e suo padre a dar la colpa ad altri era molto bravo. Prima di
Athena, il Ragno voleva distruggere lei. Avrebbe colpito tutto ciò che aveva di
caro sulla Terra.
Il
sole caldo di Atene lo disturbava particolarmente e più volte dovette
schermarsi gli occhi con il braccio o farsi aria con la mano. Stava
letteralmente asfissiando. Avanzò per il bosco tentando di restare più
all’ombra possibile, finchè poteva. Infatti, appena sarebbe uscito da quell’insieme
di alberi, avrebbe avuto a che fare con i raggi violenti di un sole poco
clemente. Hades, dopo ore di indecisione, gli aveva concesso di recarsi al
Santuario per la sua missione. Puoi
rimanere al Santuario una settimana, non di più. Ho fiducia nelle tue capacità,
non farmi pentire di averti dato questo permesso. I patti con Athena dovrebbero
impedirmelo, ma dal momento che è prevista anche la non belligeranza non
dovresti avere molti problemi. Gli aveva riferito. Era strano tornare a
vedere con i propri occhi il vero significato della vita, sentirla nell’aria e
avvertirla con tutti i sensi, dopo aver passato anni immerso nella morte. Dopo
qualche altro minuto di camminata, una bellissima sensazione di fresco lo
avvolse, ma non come si sarebbe immaginato. I piedi, infatti, erano bloccati in
spesse lastre di ghiaccio e la temperatura andava calando ulteriormente. Minos
alzò lo sguardo rapace e incontrò due occhi freddi come il ghiaccio che lo
bloccava. L’armatura d’oro brillava di luce propria, calda e chiara come quella
del sole; tutto il contrario della sua Surplice che, al contrario, brillava di
luce oscura.
«Mi
sembrava che la tregua stipulata parlasse chiaro.», cominciò freddamente Camus.
«Non
sono qui per nuocere, Cavaliere d’oro. Bensì per aiutare.»
L’Acquario
inarcò un sopracciglio e lo osservò alcuni secondi, ma la situazione non cambiò
nemmeno quando il Giudice alzò le mani in segno di pace.
«Siete
addirittura venuti a sapere della guerra contro Loki? Un po’ tardi, direi.»
«Ho
delle informazioni che non dovreste ignorare, visto che ne va della vita di
tutti gli dei dell’Olimpo. Inoltre, visto che Aima è la vostra “arma segreta”,
se mi presentaste a lei sarebbe un’ulteriore conferma delle mie intenzioni.»
Lo
Spettro continuò a tenere le mani alzate in segno di resa, anche se avrebbe
volentieri trasformato quel cavaliere d’oro in una marionetta di ghiaccio
piegata al suo volere. Tuttavia, doveva mantenere inalterato il suo buon
proposito di pace.
«Puoi
scordartelo. Però, visto che a quanto sembra»
il custode dell’undicesima casa sottolineò bene quella parola «stai onorando il
patto di non belligeranza, mi limiterò a impedirti qualche movimento e a
portarti dal Grande Sacerdote. Detto sinceramente: non mi fido di voi Spectres.»
Questa
volta fu Minos ad inarcare un sopracciglio, prima di ritrovarsi con un
movimento secco le mani congelate dietro la schiena e i piedi di nuovo liberi.
Senza scomporsi troppo, il Grifone fissò il Gold Saint con aria fiera,
ricevendo in cambio un minimo movimento della testa che lo intimava a
precederlo. Uno dietro l’altro avanzarono verso il Santuario e, una volta
esposto totalmente al sole, Minos dovette ringraziare il ghiaccio che gli
immobilizzava le mani, anche se gliele stava congelando completamente. Arrivati
dinnanzi alla casa dell’Ariete sotto innumerevoli sguardi curiosi che avevano
infastidito non poco lo Spettro, Mu li accolse piuttosto sbigottito.
«Non
dire niente, Mu. Ti spiegherò appena avrò risolto la faccenda con il nostro sgradito ospite.»
Sentenziò
Camus, proseguendo impassibile verso il tredicesimo tempio.
Eclissato
nella sua dimensione, Kanon viaggiava nuovamente per i suoi ricordi e, come
sempre, finiva con l’incontrare Aima. Fenrir, lei che lo supplicava, lei che
cadeva per la parete scoscesa. E tutto ogni volta, in circolo. Poi, ad
intervalli più o meno regolari, lei nel letto d’ospedale. Era andato a trovarla
il primo giorno, ma oltre a chiedere all’infermiera le condizioni di Scarlet
non aveva fatto. Ioria, al contrario della rossa, si trovava ancora all’interno
dell’ospedale. Il colpo ricevuto da Loki gli aveva procurato una grave ferita
al fegato e alcuni tessuti erano bruciati. La sua dimensione poteva risultare
come una tortura a qualcuno non abbastanza forte da sopportare immagini
dolorose, violente e crudeli di una guerra; i momenti felici che mai
ritorneranno e i ricordi di una vita passata in un’arena, fra la polvere e le ferite.
La sua dimensione funzionava così, un complesso insieme mnemonico che lo
aiutava a maturare giorno per giorno, a capire, a riflettere, a resistere. Appena vi entrava sceglieva un pianeta in cui andare, solitamente guidato
dal proprio Cosmo ed i Giganti – così chiamava i pianeti – percepivano ogni suo
stato d’animo o sentimento, selezionando i ricordi da mostrargli e la frequenza
o l’intensità con cui mostrarglieli. Ultimamente, Aima era piuttosto frequente
fra le immagini – a volte persino modificate. Un’altra cosa lo attirò in quel
momento, rendendolo estraneo ai suoi ricordi e quindi rimandandolo nello spazio
buio: Minos del Grifone era al Santuario e si stava dirigendo al tredicesimo
tempio scortato da Camus. Con una velocità impressionante uscì dalla sua
dimensione e si diresse verso le stanze del Sacerdote. Arrivò appena prima che l’Acquario
si chiudesse il portone dorato alle spalle.
«I
patti parlavano chiaro: niente Spettri al Santuario.», cominciò Saga,
piuttosto infastidito dalla presenza del Giudice Infernale.
«Lo
so benissimo, ma, ripeto, sono qui per aiutarvi.», ripeté esasperato Minos.
«Nessuno
ha chiesto il vostro aiuto.», commentò il gemello del pontefice.
Dai
tendaggi dietro il trono Athena fece il suo ingresso e automaticamente Camus e
Kanon si inginocchiarono.
«Milady!»,
esclamò il Sacerdote, «Le avevo pregato di restare nelle sue stanze per
sicurezza!» dal tono di voce quelle parole erano chiaramente un rimprovero.
«Mio
sacerdote, non preoccuparti per me. Con tre miei valorosi cavalieri d’oro
vicino non dovrei temere per la mia incolumità, o sbaglio?» replicò la dea,
serafica.
«Mia
Signora, rimane comunque uno dei Tre Giudici Infernali, potremmo aspettarci di
tutto da lui, inoltre..» la donna lo bloccò con un gesto della mano.
«Sono
sicura che rimarrà fedele ai patti, nonostante ne abbia violato uno.» gli occhi
azzurri di Isabel incontrarono quelli dorati di Minos, il quale era immobile
davanti al trono con le labbra serrate.
«Dunque,
cosa sei venuto a riferirci?»
«Notizie
di Loki, nobile Athena. Non buone, ovviamente.»
«Ha
attaccato anche voi, quindi?»
«Milady,
non sappiamo se fidarci. Chi ve lo dice che non stia usando la scusa della non
belligeranza per altri sco..»
«Basta,
Saga. Lascialo parlare, poi userai il metodo giusto per capire se mente o meno,
se lo ritieni necessario. Continua, Minos del Grifone.», lo fermò nuovamente
Athena, invitando lo Spectre a proseguire.
Il
Giudice, seppur titubante, riferì tutto ciò che Loki gli aveva rivelato durante
la loro conversazione alla Tolomea, ma, soprattutto, espresse dettagliatamente
la sua intenzione di lavorare sui poteri di Aima per aumentarne le possibilità
di vittoria. Il viso di Saga si deformò in una smorfia di disprezzo e
disappunto.
«No.»
sentenziò secco, ignorando lo sguardo di rimprovero della sua dea «Quella
ragazza è già pericolosa di suo, migliorarla probabilmente aumenterebbe la
possibilità che ci sfugga di mano.», concluse, lanciando uno sguardo al
gemello, che lo fissava con aria di disappunto.
«Come
suo ex maestro conosco a memoria ogni sua tattica e ogni sua capacità e alcune
non dovrebbero essere ignorate poiché potrebbero essere utilissime. Controllatemi
ventiquattro ore al giorno o fatemi dormire lontano dal Santuario. L’Olimpo è
in grave pericolo e, anch’io come voi, voglio proteggere il mio Signore.
Abbiamo una potente arma dalla nostra parte, perché non usufruirne? Chi meglio
di lei conosce Loki?»
Nella
Sala del Trono cadde il silenzio. Saga, seppur non si fidasse dello Spettro,
sembrò rimuginare più e più volte sulle parole fredde e taglienti appena
pronunciate, aggrottando le sopracciglia come se stesse risolvendo un rebus e
poi distendendole, come se tutti i nodi della faccenda fossero stati sciolti. Camus
rimase impassibile, lanciando qualche sguardo freddo a Saga per trarre qualche
informazione dalle sue espressioni. Il Sacerdote, però, sembrava confuso quanto
lui.
«Va
bene.», intervenne Athena «Puoi allenare Aima, ma solo ad alcune condizioni che
detterà il Sacerdote.» concluse, e si alzò dal trono.
«Milady,
la vostra decisione è stata troppo affrettata! Non siamo nemmeno sicuri che
dica la verità!» esclamò il pontefice.
«Va
bene così, Saga. Non avrai intenzione di discutere sulle mie decisioni, vero?
Sono più che certa che ciò che dice sia la verità. Sta rispettando i patti. Camus,
tu lo sorveglierai per la maggior parte del tempo dando il cambio con chi ti
dirà il Sacerdote. Ora portalo da Aima.» e detto ciò, la dea sparì nelle sue
stanze.
«Grazie,
Athena.»
Sussurrò
il Giudice, per poi precedere come poco prima il Gold Saint dell’Acquario
camminando fianco a fianco con Kanon. Aima,
tra poco ci rivedremo. Pensò, quando Saga li bloccò all’uscita.
«Le
condizioni di permanenza sono molto semplici: primo, sarai sorvegliato per
ventiquattro ore da Camus e da mio fratello; secondo, dormirai nel bosco;
terzo, non puoi allontanarti da qui. siete congedati.»
E,
con un moto di stizza, il Sacerdote rientrò nelle sue stanze.