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Autore: Melardhoniel    10/12/2012    3 recensioni
Immaginate il 1960.
Un anno cruciale per la storia dei Beatles, un anno di scelte che porteranno i quattro ragazzi di Liverpool a diventare il gruppo che conosciamo. Immaginate Pete Best, Stuart Sutcliffe, le due sorelle di John Lennon e ogni segreto conosciuto solo grazie alle biografie sui Beatles.
Immaginate una ragazza qualunque, Eveline 'Liv' Sparks, che improvvisamente si trova catapultata nel passato con in mano un grande potere: la conoscenza del futuro. Un privilegio che genera un limite, come sa bene chi si interessa di viaggi nel tempo: quanto la sua conoscenza degli eventi influenzerà i destini della Liverpool e della Londra degli anni Sessanta? Quanto sarà cambiata la storia dei Beatles? In meglio o con esiti catastrofici?
[La storia copre gli eventi temporali dal 1960 al 1970]
Dopo 3 anni di assenza sono tornata, per restare. Melardhoniel
Genere: Comico, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: George Harrison, John Lennon, Nuovo personaggio, Paul McCartney, Ringo Starr
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Let it Born, Let it BEatles;'
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capitolo 12
B.U.B. (Bacia Un Beatle)

«Ragazza, che faccia!»
«Buongiorno anche a te, Margareth cara.»
«È un modo carino per dire “vai a quel paese maledetta racchia che si permette di criticare la mia espressione alle otto del mattino”?»
«Togli il racchia ma…sì, è così.»
«Oh-oh! Qualcuno si è alzato con il piede sinistro, oggi!»
«Guarda, Thel, che sono mancina.» brontolo sedendomi su una panchina e dando sfoggio del mio malumore: non ho dormito niente ed il pensiero di Stuart mi stringe lo stomaco.
«Coraggio, Liv! Andrà tutto bene!» Iris si siede vicino a me e mi sfiora la spalla, comprensiva. «Ehi! Ma tu come l’hai saputo?» domando, scoccando un’occhiata velenosa alle ragazze.
«Sono stata io, Liv, scusa.» interviene Dot.
«Ma bene, fatevi tutte gli affari miei tranquillamente! Tanto sono di dominio pubblico, giusto?» sbotto alzandomi e avviandomi a passo svelto verso la scuola.
Rimango in classe imbronciata finchè il suono della campanella non mi costringe a concentrarmi sull’orda barbarica che si affretta a raggiungere le proprie aule in attesa della prima ora.
Sbircio il mio orario: 1° ora, arte. 2° ora, arte. È ufficiale: lassù qualcuno ce l’ha con me.
Avverto Iris sedersi lentamente nel posto al mio fianco, ma non mi importa – sono stufa di non avere libero arbitrio. So anche io di essermi invischiata in una situazione non indifferente, ma cosa credono? Che sia facile disinnamorarsi? Nascondere? Quello forse sì, in fondo l’ho sempre fatto. Di certo parlarne fra di loro come se fosse una novità succulenta non mi è di alcun aiuto.
«Buongiorno ragazzi!» scattiamo in piedi – seppur di malavoglia – all’arrivo del “mitico” professore di arte. Ti prego, ti prego, se esiste una giustizia. Dike, divinità greca, osannata da tutti gli eroi mitologici, fai che Stuart si sia dimenticato della mia esistenza.
«Oggi sono particolarmente felice,» inizia il professore. Strano, mi viene da pensare. E non è neanche quella felicità sadica che prova nell’interrogare.
«perché mi è venuto a trovare il mio orgoglio più grande: uno studente che, due anni fa, ha completato il suo percorso accademico con successo.» dannazione! Beh, magari parla di qualche altra persona. Non deve essere proprio Stu, giusto? Insomma, in 30 anni di carriera il professore avrà insegnato a centinaia di ragazzi, la probabilità è minima, no?
Ah-ah, povera illusa!
Grandioso, ora la mia mente si prende gioco di me.
«Era un ragazzo assai talentuoso però, con mio sommo dispiacere, a causa delle cattive compagnie» arriccia il naso «aveva abbandonato la sua vocazione» o santissimi numi, manco fosse un prete. «Ora ho appreso che è ritornato a dipingere, ciò mi provoca grandissimo sollievo.»
D’accordo, ho capito. Le “cattive compagnie” sono John&co, tuttavia vorrei ribattere con il fatto che i Beatles tra meno di due anni saranno in vetta alle classifiche ed il professore se li ricorderà per sempre. Soprattutto si ricorderà Lennon. Tiè, fai poco lo sbruffone.
«È con immenso piacere che vi presento…»
«Diamine, ma si sbriga? Sembra un reality show! “ed ecco a voi Morecambre and Wise!” dicci chi è e falla finita!» sbotto a mezza voce, irritata, sperando che nessuno mi abbia udito. Iris di sicuro sì, perché ridacchia cercando di darsi un contegno.
«…il signor Stuart Sutcliffe!» alias: la persona che riuscirà a distruggermi una giornata in meno di un’ora. Per non destare troppi sospetti alzo lo sguardo verso la porta e lo vedo entrare in tutto il suo splendore (e vabbè, sarò anche di parte, ma dovete ammettere che è vero!) di un metro e sessanta di altezza – è un enorme soddisfazione sapere che è alto come me, credetemi –, immancabili occhiali inforcati ed un enorme sciarpa di lana che credo sia di Astrid. Nera. Semplice. Efficace. Modaiola. Esistenzialista. Proprio come lei.
Stuart si sfila i Rayban per rivolgermi un occhiolino provocando diversi sguardi gelidi nella mia direzione ad intramezzare i sospiri della popolazione femminile, poi con estremo charme saluta il professore con la sua voce pacata e gentilmente gli domanda come stia.
Lui si sdilinquisce in complimenti affermando che vorrebbe avere più studenti del suo calibro, che non se ne trovano in giro ultimamente, “ma sono i tempi che cambiano!” e che, sì, lo facciamo disperare ma ne esce sempre fuori.
Tsk. Sono troppo educata per rispondergli a tono.
Beh, ormai la visita di Stu dovrebbe essere finita. Ha ricevuto avances a sufficienza, direi, se non leva le tende presto rischia di trovarsi sei o sette licenze di matrimonio nella sciarpa. Oh, e qualche test di paternità – così, per non farsi mancare niente.
«Signor Sutcliffe, ho appena avuto una luminosa idea!» oh, no. Ma perché quell’uomo si ostina a pensare? Non lo sa che danneggia lui e chi gli sta intorno? «Se non ha niente da fare questa mattina…» chi, lui? No, è super impegnato! Vero, Stu? «e se lo ritiene consono alla sua persona,» …sembra di stare ad un meeting con la regina «potrebbe rimanere con noi anche durante la prossima ora ed aiutare gli studenti a dipingere!» NO! No, per carità! Stuart, pensa a cosa direbbe John se ti vedesse qui… ne sarebbe deluso e profondamente disgustato. Pensa a tutelare la vostra amicizia!
«Ne sarei felice!»
…naturalmente…
Il professore inizia a manifestare la sua gioia distribuendo sorrisi a tutti e gesticolando felice. Sbigottita chiamo Stuart sottovoce: «Psst, Sutcliffe! La prossima “A” di arte sarà tutto merito tuo» Stu ride e si avvicina al mio banco, scrutando la tela desolatamente vuota e rivolgendomi uno sguardo di divertito rimprovero.
«Hai qualche idea, Liv, o pensi che si dipinga da sola?»
«Potrebbe essere un’interessante ipotesi.»
«Ne sono più che certo, ma non mi pare il momento di sperimentare. Allora, mettiamoci al lavoro: tra tutti mi sembri la più problematica.» alzo gli occhi al cielo e lo colpisco piano con il mio libro, provocandogli un attacco di risa. «Prova ad attingere dal vero, a disegnare una scena che hai vissuto. John quando era a scuola non dipingeva altro che locali, cameriere mezze nude e terribilmente somiglianti a Brigitte Bardot e musicisti su un palco.» annuisco. Lo ben so, dottor Pivetta. [cit. Aldo, Giovanni e Giacomo, nd.A]
«Ehi, Liv…prima che qualche tua compagna di classe ti linci e che il professore pensi che io stia facendo favoritismi è meglio che vada a controllare anche gli altri lavori.» strabuzzo gli occhi: «ma tu stai facendo favoritismi!» gli faccio una linguaccia. Stu sorride e mi da un buffetto sulla guancia per poi allontanarsi. Abbasso lo sguardo sulla tela e mi ripeto il mio mantra: calma, calma, respira. Non è andata poi così male. Va bene, devo dipingere qualcosa.
Afferro il carboncino e comincio ad abbozzare il mio lavoro.
 
Quando Stu ritorna, circa quaranta minuti dopo, sto aspettando che il colore si asciughi in alcune parti e scruto pensierosa la mia tela brandendo la matita in mano per eventuali ritocchi.
Lo sento sghignazzare e mi volto stizzita. «Hai il colore perfino sulla punta del naso! Se non sapessi che detesti disegnare a comando sembreresti addirittura appassionata…»
«Poco sarcasmo, Sutcliffe.» ribatto, piccata. Non mi è andato giù il tempo che ha impiegato ad aiutare gli altri: mi ha dato un consiglio di due minuti di durata e poi mi ha snobbato per quasi tre quarti d’ora! Ma che diamine! Va bene non fare preferenze, ma evitarmi mi pare troppo.
«Ohi, Liv, che cosa c’è? Sei arrabbiata perché ti ho lasciato indietro? Dai, guarda quanti siete in classe… ho dedicato due minuti ad ognuno. E poi, lo sai che rimarrai sempre la mia preferita…» borbotto qualcosa, troppo offesa per rispondere, ma poi mi raddolcisco e sospiro, cominciando a colorare un nuovo pezzettino di disegno. Dopotutto, Stuart non mi deve niente. Ci fossero stati John o Paul al suo posto mi avrebbero chiamato ‘rompiscatole’ chiedendomi cosa volessi dal loro prezioso tempo; o forse mi avrebbero solo degnato di uno sguardo seccato. Ciò che non capisco è il motivo per cui Stu si comporta così: ci conosciamo da meno di ventiquattro ore e sembriamo amici da sempre! Siamo molto in sintonia, ma ciò mi fa solamente soffrire…
«Bel quadro, Liv.» l’attributo “quadro” mi fa sorridere ed arrossire allo stesso tempo: non meritiamo tanto, né la mia vena artistica né il dipinto.
«Ho semplicemente seguito il tuo consiglio.» ho solamente rappresentato la chiesa di Woolton come l’ho vista ieri sera mentre tornavo a casa: è il migliore dei miei disegni fino ad ora, forse perché è sentito con il cuore. Nell’oratorio di quella parrocchia, quattro anni fa – come suona strano da dire!! – John e Paul si sono conosciuti.
Stu ridacchia, dandomi un buffetto sulla guancia e asserendo che “assomiglio a John”, poi torna a dedicarsi agli altri miei compagni: perfetto, per altri quaranta minuti non si farà vedere…
Alle nove e mezza, puntuale come me (pff, ma chi voglio prendere in giro?) si materializza nuovamente alle mie spalle come il più inquietante dei vampiri.
«Eeehi, ma sei mancina?» domanda, cogliendomi di sorpresa e facendomi squittire dallo spavento. «Perbacco, Dracula Sutcliffe, non le sfugge niente!» essere mancina è da sempre il mio orgoglio: abbasso tutte le credenze che legano la mano sinistra al Diavolo e al Male, abbasso chi cerca di correggere questo dono con le stoccate sulle dita, abbasso tutti gli oggetti creati per i destri! Leonardo da Vinci era mancino, per esempio, diciamo pure allo stato brado: infatti scriveva da destra a sinistra fluentemente e le sue parole apparivano come rovesciate. Anche io da piccola scrivevo naturalmente alla maniera araba; infatti mia mamma impazziva cercando di capire quale dedica le avessi portato a casa dall’asilo – poi ha deciso di riflettere i miei lavori nello specchio e finalmente è riuscita ad arrabattarsi.
Volete un altro esempio più “moderno” di persona mancina? …Paul McCartney. Meglio di così…
«Lo vorrei ben vedere, dottoressa Liv Frankenstein.» replica lui, atteggiandosi a grande conoscitore dei classici. Alzo un sopracciglio scettica e mi limito ad ignorarlo, come a fargli capire che sono superiore a certe cose. Ho quasi finito il disegno, il che vuol dire che tra poco suonerà la campanella della seconda ora e quindi Stu dovrà tornare alle sue occupazioni – sempre che il professore non decida di trascinarselo in tutte le classi esibendolo come un trofeo.
Al termine della lezione il professore si aggira alla maniera del peggiore avvoltoio scrutando le tele per assegnare i voti, misteriosamente molto alti rispetto al solito. Giunto al mio dipinto, scribacchia una “A+” in fondo al disegno, per non rovinarlo: sono sinceramente sbalordita ed euforica, quasi quasi vorrei abbracciarlo, ma ho ancora mantenuto la mia dignità ed il senso del pudore. Quando mi volto verso Stu per ringraziarlo noto che è scomparso: probabilmente è riuscito a sfuggire alle grinfie dell’insegnante.
 
Così credevo, invece all’ora di pranzo l’ho ritrovato in mensa con un’aria decisamente abbacchiata: quando mi sono avvicinata per guidarlo al solito tavolo dove pranzo con le ragazze, guadagnandomi non pochi sguardi omicidi, mi ha raccontato con voce mesta che il preside l’ha fermato nell’atrio, permettendo involontariamente al professore di agguantarlo per la manica della giacca e di portarlo nella classe successiva.
«John non sarà contento…» mi ha bisbigliato.
Infatti non lo è stato: circa mezz’ora dopo ha fatto una vera e propria irruzione nella mensa accompagnato da Pete, George e Paul, causando al preside una crisi isterica e a diversi professori degli svenimenti mentre ripetevano “Lennon, Lennon!” accasciandosi a terra. Si è seduto al nostro tavolo, ha pranzato con noi e poi ha afferrato Stu salutandoci con un inchino e uscendo dall’edificio, non prima di avermi chiamato “Regina Bianca” ed essere rimasto come un pesce lesso quando gli ho risposto per le rime rivolgendomi a lui come “Nikabrik”. Non credo si aspettasse che io conoscessi Le Cronache di Narnia. Le prossime citazioni verranno forse dal Signore degli Anelli? Sono pronta a tutto.
Il risultato di questa giornata è che metà dell’istituto mi invidia, l’altra metà mi odia proprio. Però ho preso “A+” di arte.
 
 
Gennaio è trascorso senza altre complicazioni: ormai è chiaro che per Stu sono come una sorellina minore da proteggere e che non posso aspettarmi nient’altro. Tuttavia questa storia ha dei vantaggi considerevoli: ha promesso di presentarmi Astrid! Tenterà di convincere i miei genitori a farmi salire su ad Amburgo per le vacanze pasquali, visto che lui ha scritto alla sua fidanzata che sarebbe tornato intorno a marzo…speriamo che accettino!
Le ragazze – Cyn, Thel e Mo in testa – sono molto preoccupate, ma possiedo più forza morale di quello che sembra: sì, lo ammetto, non è semplice comportarsi come se fossi solamente un’amica, ma con il tempo ho imparato a maturare in me quella sorta di consapevolezza che mi dice che le cose non cambieranno, una specie di sensazione dolceamara che da un lato mi tranquillizza. Ho affinato, come prima con Paul, la tecnica di seppellire i miei sentimenti per far spazio alla razionalità: se c’è una cosa che ho capito è che più cerchi l’amore più quello pare sfuggirti e che lui apparirà quando, dove e come vorrà in circostanze e luoghi che non ti saresti mai aspettato. Praticamente un governo a senso unico.
In compenso mi preoccupa George, parecchio. In questi ultimi tempi sembra distante, perso tra le nuvole…non vorrei che gli mancasse Ruth.
Oggi è San Valentino (toh, guarda!! Che festa ipocrita) e mi ha invitato a sentire un loro concerto al Litherland Town Hall: ho accettato, anche perché me lo aveva già proposto Stu, solo non capisco cosa avevano da ridere Lennon e McCartney. Quei due insieme sono proprio terribili!




Accompagnata da Maureen, Iris, Thel, Meg e Dot (mi sono riappacificata con loro, che hanno capito di aver esagerato, anche se so che erano state guidate dall’affetto per me) spingo la porta della sala da ballo e mi dirigo a passo sicuro sotto il palco, facendomi largo tra la folla: i ragazzi sono già pronti nelle loro postazioni e stanno accordando gli strumenti davanti ad un pubblico intero.
Cyn mi scorge e mi raggiunge euforica, seguita da Barbara Baker. «Liv…» mi ammonisce scuotendo la testa, mantenendo tuttavia un tono protettivo da mamma. Non è necessario aggiungere altro: è dispiaciuta per me e Stu.
«Beh,» interviene Thel «almeno quel tontolone di Sutcliffe non si è accorto di nulla.» alzo gli occhi al cielo: gran bella consolazione!
I ragazzi alzano la testa verso di noi e si preparano a cominciare. Pete cerca i miei occhi, come sempre: la sua cotta non gli è ancora passata del tutto, ma nel complesso stiamo bene. Rivolgo un sorrisetto di incoraggiamento a Stuart e poi sposto velocemente lo sguardo su Paul, ricordandomi che non siamo in quelli che solitamente si definiscono “ottimi rapporti”. Pete è off limits, quindi mi trovo a guardare George, che, impegnato com’è a strimpellare la sua amata chitarra, non presenta ostacoli. Fiù, anche questa è andata.
John si avvicina al microfono e zittisce la folla con un solo gesto della mano – ridacchio tra me e me: presto non ti basterà, povero illuso.
«Buon San Valentino a tutti!» le ragazze urlano. «Bene, vi promettiamo che sarà una serata speciale, ricca di sorprese! Ma ora lasciamo la parola al nostro caro Smilzo Harrison che ci suonerà una zuccherosa canzone strappacuore, sperando che la tonta ragazza a cui è dedicata si svegli e gliela dia.» il pubblico ride e urla, George manda a fanculo John sottovoce.
 
When I see you
I just don't know what to say
I like to be with you
Every hour of the day

So if you want me
Just like I need you
You know what to do


Le ragazze iniziano a confabulare sottovoce. «Chissà chi sarà!» Thelma non si lascerà mai – e dico mai – sfuggire un’occasione per spettegolare.
Meg osserva truce George, poi borbotta: «Ma non era perdutamente innamorato della sua chitarra?»
«Beh, è ovvio che con Ruth non si trovava più bene» interviene Dot. «Non vedo il motivo per cui non dovrebbe interessarsi a qualcun’altra.»
«Dot ha ragione, ragazze. Magari lui quando ha lasciato Ruth aveva tutte le buone intenzioni di non innamorarsi per un po’, ma lo sapete che al cuore non si comanda!»
«Come ti invidio, Cyn…» sospira Maureen. «Hai sempre una buona parola per tutti.»
«Sono sicura che George ha trovato una persona che, più di Ruth, possa aiutarlo nella scalata verso il successo.» affermo convinta. Barbara annuisce: «Già! Ruth era una specie di “amore giovanile”, ora gli serve un amore più consapevole.»

Just call on me
When you're lonely
I'll keep my love
For you only
I'll call on you
If I'm lonely too

Understand I'll stay
With you every day
Make you love me more
In every way
So if you want me
Just like I want you
You know what to do


Terminata You Know What to Do avverto brividi lungo tutta la schiena: è un caso, o George sta guardando proprio me? Che imbarazzo, a me piace Stuart! E anche un po’ Paul. Mi sento inadeguata sotto il giudizio di quegli occhi scuri. Abbasso lo sguardo a terra. Per fortuna John torna al microfono per annunciare la sorpresa della serata: spinge in avanti Paul facendolo quasi scivolare dal palco e ridacchia divertito.
«Dopo una canzone cantata dal nostro McCharmly, una di voi avrà il privilegio di baciare questo dolce faccino!»
Spalanco la bocca: non. ci. posso. credere. Sono sospesa tra la voglia di scoppiare a ridere in faccia ai ragazzi e il delirare istericamente. Scelgo la prima, solo perché a delirare ci hanno già pensato le altre ragazze.
Dot compresa, che esce furibonda dal locale, seguita  da Meg. Io rimango qui, mi spiace… questa scena non me la voglio perdere.
Paul, baldanzoso, alza verso la folla un piccolo cuore di legno ricoperto di raso rosso, prima appuntato sulla sua giacca. «Dopo la canzone verrà scelta a caso una ragazza tra il pubblico, alla quale verrà regalato il cuore e un bacio da me.» Merchandising. Fuuuurbo l’amico Paul. Cosa non si fa per avere successo…
Le prime note risuonano nell’aria: Wooden Heart, Elvis Presley. Un classico.
 
Can't you see
I love you
Please don't break my heart in two
That's not hard to do
Cause I don't have a wooden heart
And if you say goodbye
Then I know that I would cry
Maybe I would die
Cause I don't have a wooden heart
There's no strings upon this love of mine
It was always you from the start
Treat me nice
Treat me good
Treat me like you really should
Cause I'm not made of wood
And I don't have a wooden heart

There's no strings upon this love of mine

 
Paul accompagna la sua performance con lo sguardo più dolce che gli riesce, in linea con la sua mente calcolatrice: più consensi, più fan. Paul è il Beatle Bello? Lo è forse Stuart? O magari Pete? Alcune fan lo ritengono affascinante, per quanto a me sembri il meno attraente dei cinque. Non parlo solo di bellezza esteriore, ma di carisma, di modo di proporsi, di parlare, di muoversi, di sorridere.
Terminata la canzone i ragazzi posano a terra gli strumenti ed iniziano a confabulare fra di loro, mentre la sala impazza di applausi e gridolini isterici. Grande Giove! E pensare che è solo l’inizio di qualcosa di molto più grande. Tempo qualche secondo e sono di nuovo rivolti verso il pubblico, con un grande sorriso sornione.
«Io dico numero 7!» urla George, seguito dal “13” di Paul ed il “9” di John. Nove. Nove. Nove. NON COMINCIAMO, EH?!
«La ragazza seduta nella parte dei numeri dispari, fila 9 posto 13!» Annuncia Stu. Si sente un pigolio – forse un tentativo di urletto – ed una ragazzina di circa 16 anni si alza in piedi: è piuttosto bassa, con i capelli neri, il viso paffuto e gli occhiali. Non sarà bellissima, ma mi ispira simpatia. La fortunata si dirige tremando verso il palco, mentre in sala è calato un silenzio di tomba – stanno tramando qualcosa. Sembra di stare in un film di Kubrik. Non appena Pete le porge la mano per aiutarla a salire sul palco una molla scatta all’interno di ogni ragazza: come un solo uomo (o donna, che dir si voglia) tutto il pubblico corre verso il palco, tentando di salire, travolgendo John ed inseguendo gli altri quattro. È scoppiato il putiferio più immane: la ragazza estratta a sorte piange seduta sul bordo del palco, mentre il resto delle fan si spintona anche piuttosto pesantemente.
«Fuori, fuori, fuori!» Thel mi afferra per un braccio e io trascino dietro di me Cyn: poco prima di uscire fuori dalla sala da ballo posso udire un uomo che urla di sospendere il concerto.
Sulla strada, all’aria aperta, mi accorgo di aver formato una vera e propria catena: Thel, io, Cyn, Maureen, Barbara, Iris e Phyllis McKenzie, la migliore amica di Cynthia. Non so proprio quando sia arrivata, io nemmeno dovrei conoscerla, quindi mi limito a sorriderle.
Con un rumore sordo Thel si scontra con Meg, che domanda allarmata cosa sia successo. «Le fan hanno dato di matto e hanno travolto i ragazzi come un fiume in piena!»
Dot sta per tornare nella sala, ma Iris la ferma bruscamente: «hanno sospeso il concerto, ma il pubblico è ancora dentro, ti faresti del male.»
Cyn, tremando come una foglia, la abbraccia: sono preoccupate per John e Paul. Beh, io sono in pensiero per Pete, Stu e George, ma so perfettamente che staranno bene – mi piace vincere facile! Conosco tutte le loro mosse future!! – e cerco di non fasciarmi la testa prima di essermela rotta.
«Ehi, buon San Valentino, ragazze!» esclamo allegra, guadagnandomi un’occhiataccia più o meno da tutte quante.
«Bah,» sbotta Thelma. «Me ne vado a casa. Ci si vede!»
 
 
 
Dopo il San Valentino di fuoco la tranquillità è tornata a regnare su Liverpool, ovviamente escludendo a priori il gruppo musicale dei Beatles, che troverà la pace interiore solo quando i trifogli fioriranno nei vulcani.
John gira per la città con l’aria soddisfatta da duro, esibendo il suo occhio nero come se fosse un trofeo. A chi gli domanda come sia capitato risponde che le fan lo amano troppo per lasciarlo andare a casa finito il concerto e chiama a testimoniare anche Paul e Stu, piuttosto malconci. “Quelle maledette hanno sfigurato anche lo Smilzo! Le avrà conquistate con il suo monociglio…” George non se la prende mai quando sente John ripetere la stessa frase all’infinito, si limita a sorridere e a mostrare i suoi lividi alle ragazze adoranti intorno: sa bene che, quando è irritato per qualcosa, John diventa molto acido. E John è irritato. Parecchio irritato.
In questi ultimi giorni Pete mi ha raccontato che quando si trovano soli con la band per provare lui perde tutta la sua spavalderia e comincia ad inveire contro le ragazze impazzite, ringraziando la madre che ha permesso alle sue sorelline di crescere in modo piuttosto equilibrato.
È la prima volta che sento parlare delle sorelle di John in quasi cinque mesi che sono qui… spero di conoscerle, un giorno.
Tutto il gruppo è in fermento perché si sta avvicinando il 25 febbraio, il giorno del 18 compleanno di George che segnerà la definitiva fine dei problemi giudiziari dei Beatles, ma  nessuno ha la più pallida idea di cosa regalargli e quindi mi hanno spedito in missione per capirlo.  
Secondo loro “con me si aprirà meglio”, solo che trovo parecchio snervante le risatine che accompagnano questa frase.
Come ogni giorno, mi apposto vicino alla sua casa per agguantarlo quando esce – ignaro di tutto – per recarsi alle prove.
«Georgie!» esclamo cercando di convincerlo che sono (per la terza volta in una settimana) passata di lì per caso e l’ho visto uscire. «Liv! Ancora tu!» sebbene possa apparire scocciato, il suo tono è molto allegro. I misteri di casa Harrison…
«Fammi indovinare, devi andare a cercare un oggetto di cui non puoi parlarmi in una zona imprecisata della città che, putacaso, si trova nella stessa via del locale dove proviamo?» sorride.
Inventa una scusa, sparane una delle tue e lascialo di sale. Così (forse) non capirà il tuo intento.
Le rotelline del mio cervello girano così veloci che secondo me George riesce a sentirne il rumore.
«A… a dire il vero no. Cercavo tua sorella Louise. O anche tua madre va più che bene.» come previsto spalanca la bocca e cerca di darsi un contegno per non farmi risultare vincitrice.
«Sono entrambe in casa, guarda, puoi scegliere. Di cosa hai bisogno?»
Inventa una scusa. Inventa una scusa.
«Mi serve la ricetta dei famosi biscotti al cioccolato!» grande!
«Hai intenzione di darti alla cucina, Sparks? Per la tua salute e quella altrui preferirei che ti interessassi all’ippica.»
«Ma come siamo spiritosi Harrison! Bene, grazie per avermi detto ciò di cui avevo bisogno. Adesso sciò, aria, sparisci! Via, via. Eclissati!» lo spingo verso la strada e continuo a fissarlo con un’espressione di finto odio finchè non scompare dalla mia vista.
Sospiro di sollievo e di rassegnazione, girandomi verso casa di George: chissà, forse non è una brutta idea…
 
Busso alla porta, che si apre sotto il mio tocco: «è permesso?» non sono mai entrata qui, mi sento un po’ a disagio, soprattutto perché non mi conoscono.
«Entra pure, cara! Chi sei?» la disarmante cortesia e sincerità della signora Harrison mi lascia sbigottita.
«Mi chiamo Liv Sparks, signora, sono un’amica di George!» lei ride gioviale. «Oh, oh, cara! Ma sì, certo! Liv! George mi ha parlato di te, naturalmente. Louise, tesoro, scendi giù!» neanche mezzo minuto dopo una ragazza bionda robusta affianca la madre e mi rivolge un grande sorriso.
«Ciao! Tu devi essere la famosa Liv di cui parla quel tontolone di mio fratello. Louise, piacere.» si chiama come la madre. D’altronde il secondogenito, Harry, ha lo stesso nome del padre. Noto che ha una vera al dito: la cosa non mi sorprende, ha appena compiuto 30 anni – tra l’altro è sposata con un uomo che di cognome fa Caldwell, come Iris e Alan. Non è forse strana la vita?
«Dimmi, Liv cara. Siediti, coraggio. Hai bisogno di qualcosa?»
«Allora…» rivolgo loro uno sguardo complice: sento di potermi fidare. «La versione dei fatti che ho dato a George è un po’ diversa dalla realtà: mi hanno mandato “in missione” gli altri per scoprire cosa regalargli per il suo compleanno, ma lui è ermetico come un lucchetto, è impossibile cavargli fuori qualcosa! L’ho tartassato per tre giorni senza risultati ed il suo compleanno è domani!»
Louise e la madre ridacchiano: Zeus, che vizi.
«Se può esserti d’aiuto noi gli regaliamo una chitarra, quindi puoi escluderla dalla lista» sorride la signora Harrison. «So che per voi è una spesa un po’ troppo alta da sostenere.» depenno mentalmente “chitarra”.
«Tuttavia,» prosegue Louise «il freddo non se ne andrà prima di fine marzo e George ha solamente un cappotto, che nemmeno gli piace.»
Colgo uno sguardo d’intesa: «capito! Una bella giacca con la felpa interna, elegante, alla moda, nera, calda e molto da teddy boy. Ah, e un paio di guanti. Senza dita, così riuscirà a suonare la sua nuova chitarra.» dall’emozione per aver risolto il dubbio che mi tartassava da settimane parlo velocemente e senza tirare il fiato.
Salto in piedi di scatto: «grazie, grazie davvero! Mi conviene andare prima che i negozi chiudano.» stringo la mano alle due donne. «È stato un vero piacere.»
Sulla soglia di casa la signora Harrison compare alle mie spalle con un’espressione divertita. «Ah, cara…la ricetta dei biscotti al cioccolato è sempre qui ad aspettarti, non dare ascolto a mio figlio.»
Arrossendo violentemente proseguo fino al centro di Liverpool senza staccare gli occhi da terra.
 
 
Quando il giorno dopo George scarta i regali è così felice che sembra aver vinto alla lotteria: stipati attorno al migliore tavolo del Casbah io, Thelma, Meg, Dot, Cynthia, Phyllis, Iris, Maureen, Pete, Alan, Stuart, John, Paul e (con somma gioia di Mo’) Ringo osserviamo il festeggiato provarsi la nuova giacca senza mollare per un istante la chitarra. Operazione alquanto difficile per ogni comune mortale, ma non per un quasi - Beatle.
«Chi è la fatina della giacca di pelle foderata?» domanda John con palese invidia. George si rivolge verso di me sorridendo: «scommetto che è Liv! Non ha fatto altro che pedinarmi per capire cosa regalarmi.»
«Come se ti fosse dispiaciuto…» sbuffa Paul. I rapporti tra me e lui non sono migliorati per niente, anzi! Ormai il non sopportare la reciproca presenza sembra essere diventata una routine.
Con John invece mi trovo molto meglio, anche se lui, orgoglioso com’è, non lo ammetterà mai. Credo sia tutto merito di Cynthia, comunque… ci adoriamo a vicenda e la sua influenza è benefica.
Con Pete da evitare (anche se entrambi lo neghiamo non siamo ancora tornati amici per la pelle come prima) e Stu irraggiungibile l’unica mia spalla si è rivelata, stranamente, proprio George. Il tenero amicone Geo, sempre pronto a scherzare con me e consolarmi dopo uno scivolone nella media scolastica. Anche Stuart spesso prova a socializzare di più, prestandomi i suoi libri d’arte e passandomi a prendere a scuola, ma è come se il mio corpo avesse iniziato a creare intorno a me una barriera invisibile per reagire alla situazione.
Rido coprendomi il viso con i guanti: «dalla disperazione sono arrivata ad invadergli casa per chiedere consiglio a sua madre e sua sorella!»
«Ma…ma…allora non volevi la ricetta dei biscotti al cioccolato, traditrice!» ho sconvolto George, che si sta infilando i guanti senza dita tenendo con una mano la chitarra e con l’altra la manica cadente della giacca.
«Uuuh, si è già arrivati alla presentazione della famiglia!» tiro uno scappellotto a Pete senza tanti complimenti.
Mentre Thelma impreca sonoramente per poi alzarsi ad aiutare George, ripetendogli che “è uno spettacolo vietato ai minori”, il mio sguardo cerca involontariamente Stu, che mi strizza l’occhio incoraggiante.
Caro mio, sei proprio cieco.
Mi rassegno all’evidenza e cerco di conversare con Iris, Alan, Ringo e Maureen.
«Sei tu l’autrice dei regali, quindi.» Ringo mi rivolge il migliore tentativo d’amicizia. «Già, alla fine credo di aver combinato qualcosa di buono.»
«Non dire così, George sembra molto felice. Non ci siamo ancora presentati ufficialmente, comunque.» mi tende una mano e poco dopo scoppia a ridere, probabilmente per la mia espressione da “ma ci vediamo un giorno sì e l’altro pure!”
«Sono Richard Starkey, qui a Liverpool ormai noto come Ringo Starr.» alza gli occhi al cielo. «Piacere, Eveline Marilyn Claudette Patricia Sparks, nota come Liv altrimenti ti uccido. Comunque trovo che Ringo sia un soprannome buffo ma azzeccato.»
«…a me non piace per niente. Trovo che sia più bello “Richie”» interviene Maureen.
«Già, lei non approva. Ogni volta che la incontro me lo ripete.»
Scocco uno sguardo accusatorio alla mia amica. «E, giusto per sapere, ogni quanto la incontri?» Maureen mi tira un calcio sotto il tavolo facendomi accasciare muta sulla panca, ma Ringo non sembra dispiaciuto del mio intervento mirato.
Il tintinnio del bicchiere di John ci richiama all’attenzione: lui, Stuart, Pete e Paul si sono solennemente alzati in piedi e attendono il silenzio, evidentemente per qualche annuncio di vitale importanza. Paul osserva esasperato George, impigliato per l’ennesima volta nella giacca di pelle – le maniche formano un nodo piuttosto fantasioso.
«Gentilcosi e gentilcose, vi abbiamo riunito qui oggi, oltre che per il compleanno di Harrison, per annunciare in mondovisione la nostra dipartita per il paese degli hamburger!» Mona Best abbraccia in silenzio Pete, gli occhi colmi di fierezza.
«E…quando tornerete su?» domanda Cynthia, con la voce tremante.
«Tra poco, bellissima Cyn, ma ti scriverò ogni settimana, ogni giorno, ogni secondo!»
Dot scruta Paul, quasi a volergli chiedere se anche lui si comporterà cavallerescamente come il suo compare e lui annuisce senza proferire parola, zittendola. Lei dovrebbe sapere che per il loro futuro questo ingaggio è vitale e dovrebbe pertanto accettarlo senza pressare Paul. O almeno, questo è ciò che pensa lui.
Mi mordo le labbra per non esternare i miei pensieri ed abbasso gli occhi per evitare che dicano di più di quanto mi sia concesso, Stuart mi passa un braccio intorno alle spalle e sussurra una promessa: «ci manterremo in contatto, vedrai! Astrid ti scriverà, diventerete amiche!»
«Quando ripartirete?» è la mia unica risposta, uscita a fatica. «Il 27 marzo.» sospira Pete.
Un mese, poi il nulla fino a chissà quando. Proprio quando avevamo cominciato a sopportarci di più, quando io e Pete eravamo tornati amici e avevo appena iniziato a ricucire la ferita causatami involontariamente da Stu. Nel momento in cui avevo accettato l’amicizia con Astrid e avevo imparato ad imporre la ragione sui sentimenti, in cui mi pareva di aver trovato un altro amico prezioso in George, ecco che mi, ci, sono portati di nuovo via.
Sorrido, li abbraccio, esco nel freddo pungente circondata dalla neve. Passi, una cabina telefonica, il numero, il silenzio, una voce.
 
«Sì?»
«Ciao Ruth, sono Liv!»
«Liv, cara! Come te la passi?»
«Male, grazie.»
«Oh oh…fammi indovinare… il tuo belloccio è ripartito per Amburgo guidato dal desiderio irrefrenabile per la sua algida musa?»
«Peggio: George ha compiuto diciotto anni. Tutti i Beatles ripartiranno per la Germania il 27 marzo.»
«Accidenti, Liv, sarà meglio che ti compri una miriade di gettoni o spenderai una cifra astronomica per chiamarmi tutti i giorni!»
«Ma che spiritosa…»

 
It’s getting better!
 
Ah - aaaah!!! Ve l’avevo detto che Ruth sarebbe riapparsa sulle scene, mi stava troppo simpatica :D
Che capitolo denso, gentilcosi e gentilcose (copyright by John Lennon), lo analizziamo tutti insieme?
È inutile che fuggite, tanto vi tocca, lo sapete:
* Stuart è passato a trovare Liv ed il suo tremendo professore. Sarà anche un grande artista ma è un poco pirla, il nostro caro Sutcliffe – cioè, sono io a farlo apparire pirla, in realtà. Credo però che, nell’eventualità in cui si fosse presentata una ragazzina innamorata, lui non se ne sarebbe neanche accorto. Mica per altro, ma voi, con quel rapporto splendido con Astrid Kirchherr (non pizza e fichi, eh!) vi sareste accorti di una come Liv?!?
* poooi, John si è presentato in tutto il suo splendore a LCOA (Liverpool College of Arts, d’ora in poi lo abbrevierò così perché si fa prima :D). Non so se sia mai successo, ma mi sono troppo divertita ad immaginarlo entrare scortato dal gruppo e portare via per le orecchie il suo “venduto” amico!
* tataaaan, ecco svelato il motivo del titolo. Tutto ciò che è stato scritto riguardo alla sera di San Valentino 1961, seppur romanzato, è accaduto veramente: ebbene sì, tuttavia c’è ancora qualcuno che si ostina a dire che la Beatlemania è cominciata solo nel 1963 :/
La canzone “You Know What To Do” sarà importante ai fini della trama; ricordatevi soprattutto le parole di John: «ora lasciamo la parola al nostro caro Smilzo Harrison che ci suonerà una zuccherosa canzone strappacuore, sperando che la tonta ragazza a cui è dedicata si svegli e gliela dia.» aaaah, sto spoilerando D: basta, cambiamo punto!
* ho impiegato un’eternità per decidere cosa regalare a George. Lo so, sono impazzita, però sono piuttosto soddisfatta del risultato, voi?
* i Beatles, secondo la storia, ripartiranno per Amburgo il 27 marzo. Liv lo sapeva, ovviamente, ma non se lo è ricordata. Povera gioia *pat pat*
 
Orbene (?), nei prossimi capitoli (che arriveranno in concomitanza con i Mondiali, probabilmente xD) ci saranno grandi sorprese! Spero mi perdonerete per la mia lentezza nell’aggiornare, è solo che mi trovo in un anno molto impegnativo – non tanto per l’anno scolastico in sé, quanto per il fatto che, appunto, tutto ciò che non potrò più fare me lo hanno affibbiato ora (leggi FIRST, volontariato e quant’altro) – quindi sono molto a tappo. Poi non è una storia facile da assemblare, me tapina :’(
Spero di risentirvi presto, comunque ;)
Bacioni e grazie a tutti quelli che mi leggono, recensiscono o mi hanno aggiunto tra i preferiti! (tanto ammmore <3)
 
Pace, Amore & Rock’n’Roll
 
Martina
  
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