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Autore: nevertrustaduck    10/12/2012    8 recensioni
"...Guardando i suoi occhi per una volta mi sentii a casa. Per una volta credetti veramente di essere importante per qualcuno, sentii di essere nel posto giusto. Pensai che non sarei mai più stata sola..."
Jessica vive in un orfanotrofio da quando ha cinque anni. E' cresciuta sotto l'occhio severo e premuroso di Tess, la sua migliore amica, con la quale ha intenzione di scappare non appena compiuti i diciotto anni. Nessuno si è mai curato di lei, a scuola è una continua derisione per quello che non ha, ma un incontro sul lavoro le cambierà radicalmente la vita. Tutto è innescato da delle coincidenze.
E' proprio vero: la vita è quell'entità che si pone tre te e i tuoi piani per il futuro.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nick Jonas, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Switcherson si può sapere cosa ti prende? Hai recitato la tua parte da cani»
L’ennesimo rimprovero del professor Brooke non aiutò di certo il mio umore di quella giornata.
Sbuffai, appoggiandomi stancamente sui gomiti.
Non era colpa mia. Proprio non riuscivo a dirle quelle cose a Nicholas.
Potevo pensare che fosse Romeo, chiunque altro, ma era sempre lui a starmi davanti. Lui al quale non avevo più rivolto la parola da quella sera incriminata.
Ero stata un’incosciente, perché avevo agito in quella maniera? Io non avrei mai dovuto baciarlo! Dovevo fermarmi allo schiaffo post-bacio punto e stop.
Certo, pensare che quando era inavvertitamente arrivata una chiamata di Joe ad interromperci la metà dei bottoni della camicia di Nick era slacciata, non facilitava le cose.
Ma chi volevo prendere in giro, se ogni volta che mi guardava dovevo pregare me stessa in ginocchio per non saltargli addosso?
Dovrei aggiungere il “complicarmi la vita” tra i miei talenti speciali.
«Possiamo riprovarla più tardi?» chiese Nicholas al professore.
«Penso che sia la cosa migliore per te e per la tua compagna» disse sbuffando.
«Dewey, Skins tocca a voi» disse poi invitandoci a scendere dal palco.
«Va tutto bene?» mi chiese Nick una volta sistemati di nuovo tra il pubblico.
Mi chiedeva se andava tutto bene?
Avrei potuto ridere amaramente di gusto per tutta risposta.
La mia migliore amica non mi voleva più vedere né parlare, a scuola mi consideravano comunque una povera rabbiosa da evitare e, fatta eccezione per Chelsea, nessuno faceva a gare per essermi amico.
In più se a questo aggiungiamo il fatto che, ciliegina sulla torta, mi stavo innamorando del figlio della famiglia che mi aveva adottata, completiamo un quadro a dir poco disastroso in maniera fantastica.
Datemi una pietra, un ponte e abbandonatemi al fiume.
«Jessica?» mi chiamò scuotendomi per una spalla.
«Sì, va tutto bene. Sono solo un po’ stanca»
La bugia del secolo. Un classico.
«Lo sappiamo tutti e due che è una bugia bella e buona. Mi eviti da tre giorni» disse a bassa voce, mentre i nostri compagni iniziavano a recitare.
«Ma non è una bugia, e io non ti sto evitando» dissi senza guardarlo negli occhi.
No. Che stupida.
Avevo fatto di nuovo spallucce. E probabilmente gli era bastato solo uno sguardo per scoprirmi.
«Sicura?» tornò infatti ad insistere poco dopo.
«Se ti dico che non ho niente, è perché non ho niente» risposi fingendo di prestare attenzione ai miei compagni sul palco.
«Era solo una domanda, non c’è bisogno di scaldarsi» replicò tranquillamente chiudendomi una mano tra le sue.
Un piccolo tremito. Ne avevo bisogno. Di scaldarmi, intendo.
Ero sempre così costantemente fredda… purtroppo non solo come temperatura.
Lui arrivava a scaldarmi, a farmi sapere che mi era vicino, inaspettatamente premuroso, e io? Io ero solo capace di rovinare tutto con quello che stavo per fare, un po’ come l’iceberg del Titanic.
Sottrassi la mano alla sua debole carezza per riportarla in grembo.
“Non farlo” mi ammonì la solita vocina rompiscatole.
Intanto se non le avessi dato ascolto non sarei in questa situazione.
Quindi decisi di ignorarla, almeno per una volta, e proseguire nel mio intento.
«Nick… » cominciai insicura.
Si voltò a guardarmi, inclinando la testa da un lato, sorridendomi leggermente.
Jessica non lo guardare, non lo guardare, non lo guardare. Altrimenti è la fine”
Inspirai profondamente, concentrandomi sulle pieghe della gonna e su quello che dovevo dire.
«Converrai con me che quello dell’altra sera è stato…  »
Alzai la testa, incrociando il suo sguardo. “Bello” dissero i nostri occhi all’unisono.
No, così non ce la potevo fare.
Presi un altro respiro profondo prima di continuare.
«Un incidente» dissi abbassando lo sguardo. «Solo un incidente» confermai giocando nervosamente con l’orlo della gonna.
Sentii un peso posarsi al livello dello sterno, accompagnato dalla consapevolezza che potevo solo aggravarlo portando avanti quel discorso.
«Un incidente?» mi chiese.
Annuii debolmente, non riuscendo a distogliere lo sguardo dalle mie ginocchia.
«Un incidente… » sbuffò tra sé con un sorriso amaro.
«Professore, noi andiamo un momento fuori per ripassare la scena. Sa, non vorremmo disturbare… » disse da premuroso studente modello che non era mai stato fino a quel momento.
Brooke ci rivolse un segno d’assenso e Nick si alzò, invitandomi a fare lo stesso. Cercò di nuovo la mia mano e mi trascinò, quasi correndo, fuori dal teatro.
Mi bloccò contro la porta, mi prese il viso tra le mani e mi baciò, incurante del fatto che qualcuno potesse vederci.
Di nuovo quel respiro a stuzzicarmi la pelle, di nuovo quelle labbra perfette che premevano sulle mie, con più foga stavolta.
Nel mio stomaco nel frattempo gli ippopotami in tutù rosa di Fantasia avevano dato il via alle danze, altro che farfalle.
Lo allontanai, spingendo debolmente una mano sul suo petto.
«Anche questo era un – come l’hai chiamato? – incidente?» mi domandò con una smorfia.
Sbuffai, arrendendomi alla realtà.
«No, però è… sbagliato, capisci?» dissi congiungendo le mani, come a pregarlo di seguire il filo del mio ragionamento.
«Non per forza»disse avvicinandosi nuovamente, cercando di farmi una carezza.
Scostai il viso, fingendo di trovare interessante il nulla a passeggio sul pavimento.
«Non capisco come possa essere sbagliato qualcosa di bello che fa stare così bene»
Eh no, qui si sbagliava.
«È questo il punto! Io non sto bene… » mi interruppi per lasciar andare un sospiro. «Penso che… essere solo amici mi farebbe stare meglio» conclusi scuotendo leggermente la testa.
Mi scostai i capelli dal viso, non volevo nascondermi dopo aver generato quella pesantezza che ora gravava come una cappa sopra di noi, volevo essere responsabile.
«Noi non siamo mai stati amici» mi fece notare Nicholas.
«Allora torniamo semplicemente ad essere quello che eravamo» dissi accennando un sorriso.
Certo Jessica, i pesci son morti ma possiamo tenere l’acquario. Mi accorgevo da sola che non poteva essere possibile.
«Vuoi dire due quasi fratelli che si fanno il favore di sopportarsi per il quieto vivere?» chiese, richiamando alla memoria la nostra situazione.
«S – sì»  balbettai strozzando le parole in gola.
«Non odiarmi, ti prego» dissi guardandolo negli occhi un’ultima volta, prima di correre via.
Trascorsi l’ora successiva chiusa in bagno a fare i conti con le lacrime e con la mia coscienza. Non riuscivo a calmarmi, ogni volta che ripensavo a quello che avevo mandato alle ortiche un nuovo sussulto mi scuoteva da capo a piedi. La verità era solo una: avevo una terribile p…
Driiin!
La campanella mi riscosse dai pensieri. Mi asciugai per l’ennesima volta le guance con il dorso della mano e uscii dal bagno per andare a lezione di chimica, non ebbi neanche il coraggio di guardare allo specchio in che condizioni andavo in giro.
Occupai il posto vuoto al fianco di Chelsea e mi limitai ad emettere un debole suono quando chiamarono il mio nome durante l’appello, per rappresentare la mia presenza.
«Beh?» mi chiese Chelsea dopo un po’.
« “Beh” cosa?» domandai a mia volta.
«Andiamo Jess! È da sabato che non ti fai vedere e adesso ti presenti con una faccia da funerale e due occhiaie da far invidia alle Fosse delle Marianne! Che cosa è successo?» mi chiese apprensiva.
Portai istintivamente le mani al bordo degli occhi, come a voler controllare con mano la situazione, poi mi lasciai cadere sullo sgabello.
«Che è un affare di cuore ci arrivo da sola, dimmi almeno chi è! L’hai conosciuto alla mia festa?» domandò entusiasta all’idea di rivestire i panni di ipotetico cupido.
«No no, che affare di cuore! Io? Ma figuriamoci!» risposi troppo velocemente per risultare credibile. Mi morsi la lingua, storcendo il naso.
«Fuori il nome» disse in tono perentorio.
Ecco, prendiamoci un momento per farci una bella risata.
“Sai Chelsea, hai presente Nicholas? Quello che dovrei considerare come un fratello? Bene, credo di essermi innamorata di lui.” Sì, una cosuccia da niente in effetti.
«Mah, sì l’ho conosciuto bene alla tua festa… » dissi girando intorno alla questione.
«Dimmi almeno com’è» disse inarcando le sopracciglia.
«È un ragazzo Chels! Che vuoi che ti dica? Due braccia, due gambe, due occhi in mezzo alla faccia… » dissi in preda al panico più totale.
«Menomale! Se ce li aveva ai lati era un cavallo» commentò sarcastica.
«Però è sbagliato» continuai ignorando il suo appunto.
«Sbagliato?» mi chiese tornando seria.
Annuii tristemente.
«Oh piccola, cosa è successo?» chiese abbracciandomi.
Venni catapultata nella sua soffice chioma ramata, che rese ovattato tutto il mio discorso.
Profumava di albicocca, avvelenata con un po’ di ginger. Avrei potuto scommettere che uno dei tanti tè di sua mamma aveva la stessa fragranza.
«C’era un problema con la nostra situazione, e io ho troncato la cosa» spiegai sintetica.
Si lasciò scappare un sospiro, battendomi due colpetti sulla schiena.
«E tu i problemi li tagli? Non cerchi una soluzione?» mi chiese dolcemente.
«Io i problemi cerco di evitarli» borbottai sottovoce.
«Beh, se evitarli ti fa stare così ti conviene scegliere un’altra soluzione!» disse poggiandomi le mani sulle spalle, rivolgendomi di nuovo il migliore dei suoi sguardi apprensivi.
«Allora che devo fare?» le domandai abbassando la testa.
«Risolvi il problema che ti sei creata da sola: ovvero parlagli e “incolla” di nuovo tutto» disse ammiccando.
«Ma la situazione rimarrà sempre sbagliata… » mi lagnai.
«Jess, tu sei innamorata di lui?»
La guardai per un attimo stringendo le sopracciglia, poi abbassai lo sguardo annuendo con un piccolo sorriso.
«E allora non esistono ma, però, cose giuste o cose sbagliate. Va da lui e rimedia al tuo errore!» disse alzando di poco il tono.
Sorrisi, più o meno rincuorata.
La campanella suonò e noi riuscimmo a prendere un B- per il rotto della cuffia. Due secchioni al banco affianco al nostro ci avevano aiutato a portare a termine l’esperimento prima che la Hatkinson potesse accorgersi del nostro piccolo salotto e mandarci di filato in presidenza con due note attaccate in fronte con il sangue.
Ora dovevo solo trovare Nicholas e fare un passo indietro, cercando di rimediare alle mie idiozie.
Lo trovai nel parcheggio, con una sciarpa rossa avvolta attorno al collo, il motore già avviato e un paio di Ray-Ban sul naso. Mi affrettai a raggiungerlo: non volevo che se ne andasse senza aver prima ascoltato cosa avevo da dirgli.
Gli bussai al finestrino, stringendomi nel cappotto.
«Ehi» lo salutai con un sorriso quando ebbe tirato giù il vetro.
Non rispose. Il mio “non odiarmi” non aveva avuto molti esiti positivi, a quanto pareva.
«Senti, mi dispiace, non so cosa mi abbia preso prima, ma non penso che dobbiamo tornare ad essere quello che eravamo. Voglio provarci e… non voglio stare peggio» dissi a bassa voce, aggrappandomi di tanto in tanto al bordo del finestrino.
Mi guardò quasi con compassione da sopra gli occhiali.
«Sai Jess, non sempre si ha a disposizione una gomma per cancellare i nostri errori, dobbiamo stare attenti. E adesso è tardi» disse accompagnandosi con un sorriso amaro, mentre ripartiva, lasciandomi nel parcheggio ad urlare appresso alla sua macchina, pregandolo di ascoltare un altro po’.
L’avevo ferito, e il mio discorso da oscar non aveva migliorato le cose.
Strinsi la mano in un pugno e la portai alla bocca, fingendo di addentarla.
«Se quando l’hai finita hai ancora fame, ti posso prestare una delle mie» una voce familiare mi fece voltare di scatto.
Kevin.
Gli sorrisi andandogli incontro, salutandolo calorosamente.
Era arrivato il mio consulente, tutti i problemi avrebbero avuto vita breve.
Questo almeno era quello che speravo.

Saaalve c:
Siate pazienti esco da una settimana meeeeravigliosa, ma oggi sono stata a casa e mi sono dedicata a voi, contente? :)
NON UCCIDETEMI. Per il capitolo, intendo. Ho cambiato idea su come strutturarlo 5616984 volte e ognuna mi lasciava sempre un pò così... fatemi sapere voi se ho combinato disastri o cose varie :P
Questo è un periodo un po così (sì, anche lui, come il capitolo) menomale che ci siete voi c: siete fantastiche, dico sul serio. Con le vostre visite e i vostri commenti mi fate sentire speciale e capace di fare qualcosa :')
A proposito record recensioni al capitolo scorso :') let me commuov myself :P
Viii saluto che mi fanno male tutte le mani (magari fossero solo quelle!). Ieri sono andata a pattinare sul ghiaccio per la prima volta e sono caduta solo 16 volte c': in sostanza per come sto messa, mia nonna di 83 anni ballerebbe Gangam Style meglio di me uu
Sciao meraviglie♥
Miki


P.s: a quanto mi avete detto avere come guest star nel capitolo Edward Cullen fa ridere a crepapelle :') lo contatterò per farlo tenere disponibile in seguito!
Un beso!



 
   
 
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