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Autore: Hikari93    10/12/2012    4 recensioni
La sua domanda cadde al vento, e il capo aprì la porta. Honda – suo amico – e un altro suo collega, fiancheggiavano un ragazzo che doveva avere più o meno la sua stessa età. Aveva un’espressione tranquilla sul volto, come se sapesse di poter fuggire quando voleva, e le manette non lo infastidivano. E poi… soprattutto c’erano quegli occhi blu che parevano volerli sfidare, come se si trattasse solo di un giochetto per trascorrere il tempo. Jonouchi aveva già visto quella sfumatura – ma dove? –, ma non quella strana scintilla dentro.
«E lui, Jonouchi, è Seto Kaiba» lo informò il capo.
Ah, un’altra cosa… non era poi così magretto come aveva immaginato.
[Puppyshipping, finalmente. ♥]
Genere: Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Joey Wheeler/Jounouchi Kazuya, Seto Kaiba
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Ti dichiaro in arresto ~ Quando è il colpevole che ammanetta il poliziotto
 
Prologo

 


 

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Basta, stop, nada de nada. Niente. Solo e soltanto l’assoluto riposo e la pace dei sensi.
La sacrosanta pace dei sensi.
Desiderava rincasare, spaparanzarsi sul divano con tanto di telecomando alla mano e guardare noiosi programmi televisivi al solo scopo di conciliare il sonno. Poi si sarebbe svegliato – il mal di schiena non glielo avrebbe tolto nessuno, ma andava bene così – e, sbadigliando a ogni tre passi, avrebbe raggiunto la sua camera da letto lasciando la televisione accesa. Se ne sarebbe accorto il giorno dopo, tanto.
E avrebbe dormito, arrovellandosi tra le coperte morbide e affondando la testa sul cuscino fino a sentire il respiro mancargli.
In pace, assumendo ora dopo ora una posizione diversa; prendendo a calci il vuoto, sognando e pronunciando frasi assurde nel sonno. Avrebbe potuto reclamare panini, avanzare di grado – almeno lì –, avrebbe potuto fare qualuuuunque cosa.
«Jonouchi?»
Alzò il viso, l’espressione più felice che avesse mai avuto nelle ultime ventiquattrore. La scena si ripeteva periodicamente, ogni volta che il suo capo lo chiamava per ricordargli che era giunta – finalmente – l’ora di ritornarsene da dov’era venuto.  Quant’era soave il suo nome quando lo pronunciava lui, a quell’ora?
Semplicemente delizioso.
«Va bene, capo. Allora ci vediamo domani. E sì sì, non si preoccupi troppo, che sarò puntuale come sempre» gli disse, alzandosi di scatto e facendo per sgranchirsi le ossa. Beh, la schiena cominciava pure a far male quando non si doveva far nulla oltre che aspettare. E dire che il suo era un lavoro d’azione. O almeno nei film così lo dipingevano: corse mozzafiato contro il tempo per disinnescare bombe, sparatorie senza fine, ferite mortali portate, una volta guariti e scampati dal pericolo, come sane e fiere cicatrici di guerra, da mostrare ai posteri. Ma tanta azione e tanto pericolo.
Peccato che la sua vita fosse tutt’altro che simile.
Probabilmente perché aveva cominciato da poco, o forse per il suo carattere suscettibile e incline all’ira se messo a dura prova, Jonouchi costituiva l’ultima ruota del carro, anzi, veniva immediatamente dopo la ruota di scorta. Lo spedivano a sedare risse tra bulli o a pattugliare in zone vicine. Ogni volta che varcava la soglia della centrale di polizia, gli ripetevano di non fare danni, di non cacciarsi nei guai e di dover risolvere e placare eventuali diverbi e non di doverne far parte.
Non che fosse molto gratificante…
Bah, preferiva non pensarci.
«Aspetta, non hai ancora finito. Devo parlarti.»
Guai in vista? Jonouchi provò a domandare. «Mi dica, capo.»
Magari una promozione, era da tempo che l’attendeva! In fondo aveva riscaldato per bene la sedia, e su dieci risse sedate, aveva spaccato il naso soltanto a un solo bulletto grassoccio e antipatico. Gli sembrava di aver svolto bene i suoi impieghi, tutto sommato. Magari, invece che una semplice sedia, avrebbe potuto disporre di una poltrona d’ora in avanti. Sarebbe stato pur sempre un avanzo di grado, eh! Da sediaiolo incallito a poltronatore esperto – frutto di anni e anni di pratica sul divanetto mezzo distrutto di casa sua. A qualcosa erano serviti i pomeriggi domenicali passati a ronfare, si disse tra sé con un mezzo sorrisetto.
«Da domani non dovrai più venire in centrale.»
Jonouchi si illuminò come una lampadina nuova. Ma quale promozione! Ma no no… gli era capitata una fortuna diecimila volte maggiore. Non andare in centrale equivaleva a una sola cosa: ferie. E anticipate, anche!
Seppur fosse terribile pensarci – ma Jonouchi, troppo agitato, non considerò l’idea più di tanto –, magari c’erano talmente tanti agenti più… non bravi, ma molto fortunati di lui, che la sua presenza era di troppo. L’unica questione di cui appurarsi riguardava la paga; se fossero state ferie pagate, allora avrebbe testato il divanetto sopra citato altri milioni di volte. In caso contrario – ovvero di licenziamento – sarebbe ritornato alla consegna dei giornali. Però non aveva combinato chissà quale guaio da dover necessariamente armarsi di bagagli e scivolare nel baratro della disoccupazione. A meno che non gli fosse sfuggito qualcosa.
Comunque, prima che potesse aprir bocca e domandare spiegazioni sulla percezione o meno di denaro, il capo gli parlò nuovamente: «Lavorerai a casa. E’ anche un modo per testare le tue capacità.»
«Guardi che sono pronto all’incarico di poltronatore esperto» si lasciò sfuggire, avendo continuato mentalmente il discorso di prima su una possibile promozione di posto a sedere. Rettificò il tutto, scusandosi con una risatina idiota, quando l’uomo lo guardò storto, non ancora del tutto abituato a un comportamento del genere.
Sospirò. «Una volta alla polizia c’era molta più serietà di oggi. Ai miei tempi…» sospirò di nuovo. «Avresti dovuto viverli per capire.»
Jonouchi liquidò la faccenda con un gesto svelto della mano. «Ma sì sì, i tempi cambiano, si evolvono. Non possono esserci solo musi lunghi come lei… cioè, no! Musi lunghi e basta» ridacchiò nervosamente. Al che, il capo sospirò di nuovo.
«E allora che devo fare?» gli disse il ragazzo, per non farlo pensare troppo – poteva sempre decidere di spedirlo a casa come un pacco regalo, se rifletteva eccessivamente.
«Dovrai tenere sott’occhio una persona ventiquattrore su ventiquattro.»
«Wow!» Da vero poliziotto! «Mi dica, questo tizio è un criminale professionista, magari il più ricercato tra i ricercati?» chiese entusiasta. «Ed è stato messo sotto la mia custodia perché, finalmente, in centrale si è riconosciuto il mio valore sempre negato, eh, eh? Lo sapevo che un giorno ve ne sareste accorti, ehehe
Jonouchi era troppo impegnato a vantarsi per accorgersi dell’espressione del suo capo, un misto tra lo sbalordito e il “ma perché questo tizio idiota è capitato proprio a me?”.
«In realtà è un ladro e fortunatamente non ci risulta che abbia ucciso qualcuno. E, sempre in realtà, è stato affidato a te perché, si spera, che la tua chiacchiera… bizzarra riuscirà a tenerlo buono e a togliergli tutto le forze necessarie a scappare, visto che ci è già sfuggito due volte. Ovviamente» aggiunse subito, «riconosco anche un tuo certo valore ben nascosto. Sì, è naturale.»
«E sia» gli concesse infine Jonouchi, intenzionato al cento per cento a farli ricredere tutti. Ma tutti quanti. «Chi è questo soggetto tanto poco importante?» chiese.
«Seguimi.»
L’uomo s’incamminò per il corridoio, seguito a ruota da un riluttante Jonouchi.
Pure la mezza calzetta mi è toccata! Ma siamo sicuri che non mi affidano un bamboccio col moccio ancora al naso? Pensandoci, sarebbe terribile. I bambini sono capaci di qualunque cosa…bah, sarà un magrolino a cui andranno larghe persino le manette.
«Ma mi scusi. Dovrei portarmelo a casa già stasera?» domandò all’improvviso.
«Possibilmente.»
«Ma…che gli do da mangiare? Ho il frigo semivuoto» confessò. Ci mancava solo che il magrolino gli morisse di fame. «Un solo letto, un solo panino – per me – e soprattutto la casa in disordine.» Beh, era vero che doveva ospitare un mezzo criminale e che casa sua non era certo un hotel a cinque stelle, però non poteva mica permettersi una figuraccia simile? «Non possiamo fare domani?»
La sua domanda cadde al vento, e il capo aprì la porta. Honda – suo amico – e un altro suo collega, fiancheggiavano un ragazzo che doveva avere più o meno la sua stessa età. Aveva un’espressione tranquilla sul volto, come se sapesse di poter fuggire quando voleva, e le manette non lo infastidivano. E poi… soprattutto c’erano quegli occhi blu che parevano volerli sfidare, come se si trattasse solo di un giochetto per trascorrere il tempo. Jonouchi aveva già visto quella sfumatura – ma dove? –, ma non quella strana scintilla dentro.   
«E lui, Jonouchi, è Seto Kaiba» lo informò il capo.
Ah, un’altra cosa… non era poi così magretto come aveva immaginato.

 
 








 





 






 
 
 
 
E Hikari ritorna all’attacco con una puppy, finalmente. *ççççççç*
Tutta tutta tutta puppy, dall’inizio alla fine – vedrò di metterci anche qualche altra coppia, dentro. Vedremo… =çççç=
Per ora partiamo col rating verde, ma capirete bene che, data la presenza di manette a go go in questo contesto, non potremo limitarci a questo, no? =ççççç=
Ma è presto per parlane. ♥
Per ora, beccatevi il prologo; spero in un aggiornamento ancora invernale (ovvero nei prossimi mesi XD) e non tipo estivo o, peggio, invernale dell’anno prossimo. XD
Un ringraziamento sempre a Tayr-sensei, che mi invia immagini puppy e mi stimola la fantasia. =ççççç=
 
P.S. Per il titolo non sapevo che metterci, mamma mia. =.=”

   
 
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