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Autore: Natalja_Aljona    11/12/2012    1 recensioni
Natal'ja vende fiammiferi e sogna la Rivoluzione.
Siberiana fin nelle ossa e nel sangue, nel cuore e nell'anima, nipote di uno dei capi dei Decabristi ed ultima erede della famiglia russa più temuta dallo zar, è quasi impazzita in prigione ma sa che non è finita.
Geórgos vive per la guerra e per il cielo di Sparta.
Nato durante la Guerra d'Indipendenza Greca e nipote del capo dei Kléftes, i briganti e i partigiani del Peloponneso, ogni notte spara alle stelle perché ha un conto in sospeso con gli Dei.
Feri è uno zingaro ungherese, il terzogenito di Kolnay Desztor, il criminale del secolo, e il più coraggioso dei suoi fratelli.
Legge il destino tra le linee della mano, e tre anni di galera e lavori forzati non sono bastati a fargli smettere di credere nel suo.
Nikolaj, ussaro polacco e pianista mancato, crede di aver perso tutto.
Sa che l'epilessia, i complessi d'inferiorità nei confronti del padre morto, l'ossessione per sua cugina e i suoi sogni infranti lo uccideranno, ma la sua morte vuole deciderla lui, e a ventidue anni s'impicca per disperazione e per vendetta.
Genere: Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
Capitoli:
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Trecentonovantatré


Trecentonovantatré

You hate, you scream, you swear

And still you never reach him

Tu odi, tu gridi, tu giuri

E non riesci ancora a raggiungere lui

Ma tu dentro di me non muori più

 

Sparta, 9 Aprile 1844

 

-Amore... Amore mio? Stai ancora dormendo?-

Erano le undici e quaranta del 9 Aprile 1844 e Natal'ja stava accarezzando e coprendo di baci il bel volto ancora assonnato di suo marito, che aveva aperto giusto in quel momento un occhio, con il quale la stava fulminando.

-Nikolaj... Senofonte... Le Elleniche...- furono le uniche parole, sconnesse e strascicate, che riuscì a mormorare come esigua risposta.

Lys aggrottò le sopracciglia dorate.

-Да?-

-Tutta la notte... A leggere... Quel delinquente... Nostro figlio...-

-Niko ha passato tutta la notte a leggere? Dio quanto ti somiglia...-

-Oh, no... Io ho passato la notte a leggere per lui! Tutte le Elleniche... E adesso...-

-Oh, il mio povero Georgij... Mi aiuti a pettinarmi?-

-Eh?-

-Pettinarmi...-

-Ma sparati!-

-Sei nervoso stamattina, Georgij?-

-Sì!-

-Beh, allora vado a chiederlo a Theo...-

-Ma tu credi di poter monopolizzare tutto l'Esercito Spartano?-

Lys lo guardò sorpresa.

-Non è così?-

Gee riaffondò la testa nel cuscino, esasperato.

-Καληνύχτα-

Natal'ja gli lasciò un ultimo bacio a fior di labbra e poi, sorridendo con aria trasognata, si avviò fuori dalla camera.

 

Era più allegra e irriverente che mai, Natal’ja, di prima mattina, anche quando i programmi della giornata erano un autentico strappo al cuore.

E Alja agli strappi al cuore a modo suo c’era abituata, si era dovuta abituare, ma aveva qualcosa dentro e qualcuno fuori che glieli faceva sentire di meno, un coraggio e un amore che glieli cicatrizzava in tempo, un marito da svegliare che non aveva nessuna intenzione di essere svegliato e un sorriso che proprio non riusciva a trattenere.

Si era fatta e sciolta la treccia almeno una decina di volte, prima di uscire, e aveva risolto raccogliendo e intrecciando solo alcune ciocche di capelli che aveva poi adagiato su quelli sciolti, soluzione che l’aveva lasciata discretamente soddisfatta.

Sulla porta di casa l’aveva colta un brivido, fatto inspiegabile pensando ai quarantasette gradi che incombevano in città, ma quando i brividi venivano da dentro potevano far male seriamente, lo sapeva bene, Lys.

Era il luogo, il luogo in cui era diretta, a farla rabbrividire.

Il Cimitero di Sparta, la tomba di Lisandro.

Perché posare gli occhi sulla lapide di un figlio faceva male anche a una che gli occhi li aveva belli come i suoi e a prima vista si pensava che neanche ce l’avesse un figlio, né un figlio né un motivo per piangerlo.

Lisandro Fëdor Gibson, Sparta, 27 Gennaio 1844 - Sparta, 27 Febbraio 1844.

Un mese.

E quel mese era finito col suo compleanno.

Ma in realtà non avrebbe dovuto finire mai.

Aveva paura, Natal’ja, perché davanti a quella tomba quel giorno ci doveva andare da sola.

Perché Gee dormiva, e a Line, Niko e Aiace non se la sentiva di togliere il sorriso.

Non era obbligata ad andarci tutti i giorni, ma lei doveva farlo.

Lei... Lei poteva anche sembrare una frivola ragazzina con più capelli biondi che sale in zucca, una sciocca sciacquetta siberiana da niente, ma era molto meno spensierata di quanto sembrasse, Natalys.

Non lo dava a vedere quasi mai, perché la infastidiva il vittimismo isterico e molte altre cose di chi aveva troppa paura di soffrire.

Lei di paura ne aveva avuta tanta, a suo tempo, ma non c’era mai stata via di scampo e la forza se l’era dovuta inventare.

Non era una cosa poi così straordinaria.

Lo facevano in tanti, e molti anche meglio di lei.

Natal’ja però, più di ogni altra cosa, avrebbe voluto capire.

Perché con una come lei, che di errori ne aveva fatti, ce la si poteva prendere, ma con Lisandro no.

Perché un solo mese di vita non bastava per sbagliare.

Ed era quasi certa che suo figlio fosse stato ucciso per i suoi errori o per quelli di Gee, o forse per quelli di entrambi, ma continuava a non sopportare l’idea che fosse stato spinto giù dal burrone al posto di uno di loro, che avesse dovuto pagare per uno di loro, che non avesse vissuto per colpa di uno di loro.

La pietà Lys l’aveva persa presto, ma il figlio di un nemico no, lei non l’avrebbe mai toccato, e neanche Gee.

Non perché fossero migliori dei loro nemici.

Forse erano solo più illusi, più ingenui.

Forse perché la guerra non la sapevano davvero combattere.

Forse perché non avevano ancora capito niente.

E lei, soprattutto, non aveva ancora capito che i torti fatti si dovevano pagare.

 

You come, you stay, you go

It really doesn't matter

You've done it all before

By now they'll know the pattern

 

Tu vieni, tu resti, tu vai

Davvero non importa

Tu hai già fatto tutto questo prima

Ormai loro sapranno come regolarsi

(Elaine, Abba)

 

Inginocchiata davanti alla tomba di Lisandro, Natal'ja sfiorava le lettere in rilievo del nome di suo figlio incise sulla lapide, trattenendo il respiro.

Non c'era nessun ritratto, non avevano fatto in tempo a farglielo, un ritratto.

Accanto a quella di Lisandro, c'erano altre tre tombe terribilmente care ai Kléftes.

Eris Dounas, Sparta, 1 Maggio 1814 - Sparta, 13 Novembre 1814, la primogenita dei Dounas e la figlia prediletta di Eiréne, quella bambina bionda annegata nell'Eurota dalla sua stessa madre.
Meletis Dounas, Sparta, 13 Novembre 1801 - Sparta, 9 Giugno 1841.

Ferito a morte in duello da Geórgos, ma ucciso l'ultimo giorno di agonia da suo figlio, Theodorakis.

L'unico che l'aveva sempre creduto un eroe, un uomo da ammirare e da imitare, e per questo aveva sbagliato tutto.

Ucciso a trentanove anni dal figlio ventiseienne, per aver tradito la sua fiducia.

Nel ritratto, datato 1840, era esattamente come Lys se lo ricordava.

Con gli stessi capelli biondi e gli stessi occhi verdi di Theo, ma uno sguardo del tutto diverso, nonostante tutto.

E infine, l'ultima tomba della serie.

Dekapolites Calie, Sparta, 13 Agosto 1786 - Mar Egeo, 29 Dicembre 1841. 

Il migliore amico di Leonida, il padre di Eiréne, il nonno di Theo e il maestro di Gee.
Perdutamente innamorato di una donna che lo disprezzava, che non lo considerava all'altezza, mai abbastanza, e che aveva ucciso a coltellate per tradimento.

Sua moglie, Adrasteia, bella quanto crudele.

Un uomo che non era mai spiccato per gentilezza, ma che a Lys era sempre stato simpatico.
Strappato via dalla tempesta, dalla furia del mare e del cielo a cinquantacinque anni, nelle vicinanze di Cipro, ma non dai cuori dei Kléftes.

Questo mai.

Nel ritratto sulla lapide era ancora giovane, i suoi capelli ricci erano neri come quelli di Leonida e Gee e non grigi e i suoi occhi grigiazzurri, incredibilmente simili a quelli di Lys, più luminosi che mai.

Era del 1823, quando Dekapolites aveva trentasette anni.

L'aveva scelto Theo, quel ritratto.
Theo che nel '23 aveva otto anni, e il Dekapolites giovane e relativamente spensierato l'aveva conosciuto.

Alja lo riconobbe ugualmente, anche se lì, effettivamente, aveva tutta un'altra luce.

Una luce invidiabile.

Il 1823 era l'anno dell'Assedio di Missolungi da parte dei Turchi Ottomani, nel pieno della Guerra d'Indipendenza Greca.

Dekapolites sorrideva così perché sapeva che, anche se a Missolungi  nel 1827 avrebbero perso, alla fine avrebbero vinto loro.

Avrebbero conquistato la Libertà.

Poi i Greci la guerra l'avevano vinta, nel 1829, ma Dekapolites aveva perso il sorriso.

Aveva capito che non bastava la libertà di un Paese, per liberare un uomo.

Aveva capito che non bastava la gloria di Sparta, per guarire il suo amore per una donna che apparentemente aveva già tra le braccia, ma non aveva lui nel suo cuore.

E una figlia data in sposa all'uomo sbagliato, una figlia che non l'avrebbe mai perdonato davvero.

Una vita che non era come aveva immaginato.

Eppure, Dekapolites non avrebbe mai voluto morire.

E non meritava di morire.

L'unico che lo meritava tra di loro era Meletis.

Con un sospiro, Alja tornò a guardare la tomba di Lisandro.

Il suo Lisandro.

Forse non avrebbe mai capito...

Cos'era successo e perché, chi...

Ma lei ce l'aveva ancora dentro come prima che nascesse, quel bambino.

Natal'ja accennò un lieve, debole sorriso e fece per alzarsi, ma di colpo si sentì afferrare per i capelli, tirati fortissimo.

-Vuoi sapere perché? Vuoi sapere perché ho ucciso tuo figlio, piccola Natal'ja?-

Lys non vide i suoi occhi azzurri né i suoi capelli rossi, ma riconobbe la sua voce, una voce gelida come una lama di ghiaccio, e quelle parole, ho ucciso tuo figlio, le diedero la più tremenda della fitte al cuore.

-Anasthàsja...-

-Dovrei essere io, la madre dei suoi figli. Non tu, Natal'ja di Krasnojarsk.

Adesso sai cosa significa perdere un figlio. Adesso lo sai anche tu.

Lui non ti ama davvero... Tu non capisci che io ho solo lui!

Sei venuta dalla Siberia a portarmelo via... Tu non hai cuore, Natal'ja!

Tu non meritavi quel bambino... Come non meritavi il mio Geórgos!-

-Позвольте мне идти...-
Pozvol’te mne idti...
Lasciami andare...

Avrebbe potuto finire lì.

Davvero, sarebbe bastato.

Lacrime che bruciavano come gocce di sangue scorrevano sul volto di Natal'ja, su quei bei lineamenti slavi che Anasthàsja vedeva negli incubi, e la disperata madre greca credette che la piccola sgualdrina russa fosse finalmente pentita di quello che le aveva fatto.

Non aveva mai conosciuto una donna più indegna di rubare la sua felicità.

Per questo, per farle pagare quell'affronto, perché lei era impazzita per quell'amore impossibile con suo figlio, era impazzita davvero, non esitò ad affondare lo xiphos nel corpicino esile e candido della sua indegna rivale, indegna di aver sposato un ragazzo meraviglioso come suo figlio, indegna di aver avuto tre figli da lui, indegna di essere amata da lui.

Era accecata dalla follia, Anasthàsja, non vedeva bene dove colpiva, non poteva essere certa di averla uccisa.

Erano queste, però, le sue intenzioni.

Le intenzioni con cui la lasciò svenuta e quasi esangue sulla tomba di Lisandro.

 

George dormiva.

Aiace e Nikolaj erano all’Αθάνατος con Theo e Celine guardava i loro allenamenti seduta sui gradini della palestra.

Anasthàsja guardò il sangue della fiammiferaia siberiana sulle sue mani, turbata.

Le girava la testa, non era pienamente cosciente della sue azioni.

Lei una volta non era così.

Era sempre stata una ragazzina viziata ed egoista, ma non era così.

Non era mai stata veramente cattiva.

Natal'ja, però, l'aveva costretta...

Perché Natal'ja aveva infranto i suoi sogni.

Anche se erano i sogni di una pazza.

Perché ormai era pazza, lei.

Ma non lo voleva sapere.

Natal'ja era sola al Cimitero, suo marito e i suoi figli non sarebbero venuti a cercarla, non subito. Era tutta una questione di tempo.

Forse ce l'aveva fatta, ad ucciderla.

 

 

 

Note

 

You hate, you scream, you swear, and still you never reach him -Tu odi, tu gridi, tu giuri, e non riesci ancora a raggiungere lui: Elaine, Abba.

Riferito sia a Natal’ja e Lisandro sia ad Anasthàsja e Geórgos.

Ma tu dentro di me non muori più: Celeste Nostalgia, Riccardo Cocciante.

Riferito a Natal’ja e Lisandro ;)

 

Allora...

Oggi sono stata a casa con la febbre, ed è uscito questo capitolo anch’esso febbricitante, ma che stranamente è venuto esattamente come speravo ;)

Non è stato un capitolo facile, assolutamente, è il capitolo in cui è stato svelato l’assassino, l’assassina di Lisandro, e il finale non è proprio rassicurante, però...

Io ce l’ho messa tutta, e spero davvero che vi sia piaciuto ;)

Sui contenuti non faccio altri commenti, lascio tutto a voi ;)

 

A presto!

Marty

  
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