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Autore: Lexy    28/06/2007    5 recensioni
Lucius/Severus Draco/Harry Voldemort/Severus. Una storia d'amore che infrange i confini del tempo, giungendo a ridvegliare la curiosità di Morsen Malfoy, nipote diretto di Draco Malfoy, che, diventato anziano, si ritroverà a rivangare il suo passato, la storia sua, ma soprattutto di suo padre, e di Severus Piton, abitanti rispettivamente della Casa della Spada, e della Casa del Mamba Nero. Molti altri personaggi, come Harry Potter in persona, si ritroveranno a ricordare, e raccontare varie parti di questa storia, per la soddisfazione di quella che per Morsen diverrà una vera e propria ossessione... tutta la storia di Severus e Lucius, a cominciare dalla loro promessa di bambini di amarsi per sempre, fino al tradimento di Lucius, col matrimonio con Narcissa, ed alla loro inevitabile morte. O forse non finirà così? Leggete e scopritelo!
Genere: Romantico, Dark, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, Yaoi | Personaggi: Draco Malfoy, Lucius Malfoy, Nuovo personaggio, Severus Piton | Coppie: Lucius/Narcissa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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LA CASA DEL MAMBA NERO:

LA CASA DEL MAMBA NERO:

 

 

LexxyChap 1:

 

 

Il mio nome è Morsen Malfoy. Mio padre si chiama Manil Malfoy, ed il nome di mio nonno, invece, è Draco Malfoy. Ed è proprio nell’estate che io andai a trovarlo che comincia questa storia, la storia di come io sia arrivato ad apprendere un’alra storia: quella di Lucius Malfoy, mio bisnonno, e di un uomo chiamato Severus Piton. Questa è una storia che io non dimenticherò mai, per ovvie ragioni...

 

Tutto cominciò in un magnifico pomeriggio estivo. Tirava una fresca brezza che rendeva più sopportabile la mia camminata lungo il sentiero che porta all’antico maniero dei Malfoy, su in cima ad una collina. Così, trascinando il baule dietro di me, mi arrampicavo piano piano.

 

Avevo promesso da lungo tempo a mio padre di andare a trovare il mio vecchio nonno, e finalmente stavo adempiedo a quella promessa. La mia scusa è quella di voler trascorrere le vacanze estive al maniero, un luogo molto tranquillo, circondato da un bosco ombroso e ben lungi dall’amichevole agli occhi degli avventori come me.

 

La passaporta con cui ero arrivato, mi aveva lasciato nei dintorni dell’edificio, ed ora mi toccava trascinarmi in direzione del luogo dove finalmente avrei potuto riposarmi, una volta effettuate le varie presentazioni di circostanza a mio nonno. Il vecchio mi incute una certa soggezione, lo fa da sempre. Lui combattè la guerra del Signore Oscuro, anche se al fianco di chi ancora non ho ben capito...

 

Quando finalmente arrivai davanti al portone del Maniero, bussai, e fui accolto da un elfo domestico, come in ogni famiglia purosangue che si rispetti. Il servo prese il mio baule e mi indirizzò verso lo studio del nonno, dove lo incontrai. Nonno Draco stava seduto dietro la sua scrivania, e mi guardava benevolo da dietro i suoi occhiali quadrati.

 

“Tu sei Morsen, giusto?”

“Sì, nonno. Mio padre ti manda i suoi saluti.”

 

L’anziano annuì cortesemente, e poi mi sorrise, tentando di apparire rassicurante.

 

“Come sta Manil?”

“Bene, nonno.”

“Sono contento. E la mamma?”

“La mamma è ancora ai Caraibi in attesa del divorzio.”

“Eeh... non ci si sposa più ponderatamente, come una volta.”

“Concordo appieno, nonno.”

“Non c’è bisogno di essere così formali, ragazzo mio! Ora sono occupato, però. Sono sicuro che non ti dispiacerà riposarti un po’, ora.”

“No. È stata una bella passeggiata!”

 

Draco annuì ancora, sorridendomi mentre mi scrutava da capo a piedi come a valutarmi, e poi mi salutò.

 

“Buona sera, Morsen.”

“Buona sera, nonno.”

 

Mi ritirai nelle mie stanze, e mi feci un bellissimo, lungo, bagno ristoratore, pensando all’ambiente romantico e selvaggio del luogo. Sembrava tutto dominato dalle passioni, lì. E mi sentii come in pace. Ora riuscivo a capire il nonno, che aveva deciso di ritirarsi quassù. Decisi che avrei fatto una passeggiata nei paraggi, prima di cena. C’era ancora molto tempo...

 

Camminai molto, finchè, sulla strada del ritorno, incontrai un sentiero che prima non avevo notato, decisi di percorrerlo per un po’, ed arrivai ad un’altra casa, ma al contrario del Maniero, era più piccola, e sembrava disabitata da decenni! Non mi fermai a lungo in quel luogo, mi metteva addosso troppo disagio: da quelle parti sembrava che la natura parlasse, che raccontasse storie. Ma non tutte erano piacevoli da ascoltare.

 

Una volta tornato al Maniero, passai la serata in compagnia del nonno, parlammo a lungo, sciogliendo un po’ il ghiaccio. Non era poi quel vecchio rigido e severo che credevo, anzi. Sembra quasi che abbia visto così tanto nella vita, che ormai nulla riusciva più a stupirlo o scandalizzarlo. Poi, andai a dormire. Il sonno non fu certo dei più tranquilli, anzi. Fu costellato di sogni ed incubi molto strani e realistici. Continuavo quindi a svegliarmi e riaddormentarmi di continuo, finchè, a furia di andare e venire tra il sonno e la veglia, non capii più se stessi ancora sognando oppure no.

 

E fu esattamente in quel momento della notte che accadde ciò che diede il via alla mia curiosità, e che mi ha fatto scoprire la storia che piano piano saprete anche voi. Passo passo, come l’ho appresa io. Mi stavo rigirando tra le coperte nel mio nuovo letto, quand’ecco che un rumore attirò la mia attenzione: dei colpi alla porta-finestra. Mi alzai, e vidi un uomo, o un ragazzo, non riuscivo a capirlo. In certi momenti sembrava addirittura un bambino. Come se cambiasse aspetto di continuo.

 

Era alto più meno come me, ed aveva lunghi capelli neri, ma ancor più neri e profondi erano i suoi occhi. Aveva una carnagione molto pallida, tanto da sembrare malato, o addiritura morto. Non mi mossi subito ad accoglierlo, anche se sembrava stanco. Quando mi riscossi dal mio esame, però corsi subito ad aprirgli. Che ragione poteva mai avere un uomo per uscire in uno stato simile, se non una molto seria? Così gli chiesi

 

“Salve. Sta bene?”

“Sono stanco.”

“Da dove viene?”

“Sono ormai molti anni che vago per il bosco.”

“C-come?”

“Mi chiedevo se potessi lasciarmi entrare, finalmente.”

“Dov’è la sua casa? Dove abita?”

“No lontanto da qui, alla Casa del Mamba Nero. Ma cercavo Lucius.”

“Non abita nessun Lucius qui, mi dispiace.”

“Oh. Capisco.”

 

Mi rispose, ed immediatamente il suo viso si rabbuiò. Sentii un morsa stringermi il petto in quel momento, ed avrei voluto lenire un po’ il suo dolore. Mi avvicinai ancora a quest’uomo, e gli chiesi col tono più calmo e rassicurante che possedessi

 

“Ma... prego, entri un momento per riposarsi.”

“No. No, non c’è bisogno.”

“Qual è il suo nome?”

“Severus.”

“Il mio nome è Morsen. Ma... Severus? Come quel Piton che affrontò l’Oscuro?”

“...”

“Ma dove...?”

 

Non feci neanche in tempo a terminare la mia domanda, che l’uomo era già bell’e sparito, come se si fosse smaterializzato. Ma che motivo avrebbe avuto per farlo? Molti anni nel bosco, aveva detto? Non sembrava così vecchio... o forse sì...? non ricordo con precisione cosa accadde poi, ma mi ritrovai a correre nel bel mezzo del bosco, abbandonando il sentiero. Sapevo solo che non potevo lasciare quell’uomo da solo ancora a lungo. Così continuai a correre, finchè non arrivai a perdermi.

 

Mi guardai intorno, cercando un punto di riferimento, ma non avevo prestato nessuna attenzione alla strada percorsa all’andata. Mi sedetti a terra, sfinito, e decisi che aspettare il giorno sarebbe stata una mossa più saggia dell’aggirarmi lì dentro in piena notte. Avevo paura a stare lì in mezzo, al buio, ed in più senza bacchetta. Chissà se quell’uomo di poco prima provava la stessa sensazione? Avrei voluto trovarlo.

 

Questi miei pensieri furono però interrotti da un altro suono. Sembravano delle risate di bambini, ma erano sommesse, come se stessero cercando di non farsi sentire. Le risate dei bambini sono allegre e trasmettono gioia, ma nel posto in cui mi trovavo, era tutt’altro. Mi guardai intorno agitato, cercando la fonte di quelle risa, ed a quanto pareva, questo sembrò divertirli ancor più.

 

D’un tratto li vidi: due bambini, che ridacchiavano tra di loro, sembravano trovare divertente il fatto che fossi in difficoltà. Il più piccolino aveva i capelli neri e la carnagione chiara, proprio come l’uomo di poco prima. Mentre il più grandicello era biondo e sembrava avere tutti i caratteri tipici della fisionoia dei Malfoy: mento aguzzo, capelli chiarissimi, e occhi color del ferro.

 

“Ehm... vi siete persi?”

 

Biondo: “Noi? Uh uh uh... noi no! Tu ti sei perso!”

Moretto: “Noi non ci perdiamo qui. Lo conosciamo a memoria.”

 

“Capisco. Allora sareste tanto gentile da indicarmi la strada per tornare almeno al sentiero?”

 

Moretto: “Uh uh uh! Sì, perchè no?”

Biondo: “Basta che cammini dritto, prima o poi arriverai da qualche parte! Ih ih ih!”

Moretto: “La foresta non è mica infinita, no? Ah ah ah!”

Biondo: “Basta che stai attento ai piedi... potrebbe esserci il mamba da queste parti!”

 

E sentito questo, il bambino moro, scoppiò a ridere senza più trattenersi. Io trasalii... sembrava quasi una scena di un libro dell’orrore: iniziai a guardare a terra, un mamba era un serprente pericolosissimo, e per quanto sia Serpeverde me medesimo, non avevo molta voglia di trovarmene uno in mezzo ai piedi, col rischio di essere morso nel bel mezzo di una foresta disabitata. I due risero ancora di più. Iniziavano a darmi sui nervi!

 

“Insomma, mocciosi! Devo tornare al Maniero dei Malfoy! Mi indicate la strada giusta?”

 

Stavolta fu il biondino a ridere a crepapelle, come se avessi detto qualcosa di estrememente divertente. Stavolta gli gridai

 

“INSOMMA, SMETTETELA DI RIDERE!”

 

Biondo: “Ci scusi. Ma nessuno la chiama così.”

 

“Chiamare che cosa?”

 

Biondo: “Il maniero. Tutti lo chiamano ‘La Casa delle Spada.”

 

“La casa della Spada? C’è una spada, ma... insomma, non ho voglia di stare qui a chiacchierare! Ditemi dove devo andare, e basta!”

 

Moretto: “Di là. E quando incontri il tronco di un abete tagliato gira tutto a destra.”

Biondo: “Arriverai al sentiero.”

Moretto: “Dovresti farcela ad arrivare entro una mezz’ora.”

Biondo: “Ma non correre! Ricordati del Mamba!”

 

E scoppiarono ancora a ridere, e poi il biondino prese la mano del ragazzino più piccolo, e lo condusse lontano, verso l’interno del bosco. Mi preoccupai ancora, ma datosi che mi ero cacciato in quel pasticcio proprio per seguire un uomo che credevo fosse in pericolo, stavolta decisi di non seguire nessuno. Anche se bambini, quei due sembravano molto più esperti del bosco di me... mi diressi quindi lungo la strada indicatami, e presto arrivai al sentiero.

 

Tornai in camera mia, e poi non ricordo più nulla. So solamente di essermi svegliato la mattina seguente ancor più stanco di quando fossi andato a letto. Mi preparai con calma, ed andai nella sala della colazione, dove il nonno mi aspettava, intento a leggere la “Gazzetta del Profeta”. Presi posto vicino a lui, e lo salutai, dandogli un assonnato

 

“Buongiorno.”

 

Lui allora alzò gli occhi dal suo giornale, e squadrandomi, dalle mie occhiaie alla mia postura scomposta, mi rispose con aria di rimprovero e sufficienza (tuttavia, sapevo che scherzava)

 

“È da un bel po’ che si è fatto giorno.”

“Lo so. Ho riposato male.”

“Capisco. Cambiare letto può essere traumatico.”

“Già. E poi ho fatto un sogno stranissimo.”

“Oh. Interessante! Racconta qualcosa di strano al nonno, allora.”

 

E così mi ritrovai a raccontare al nonno la mia esperienza notturna, dall’uomo che è venuto a bussare alla porta-finestra, ai due bambin nel bosco che continuavano a prendermi in giro e che alla fine mi hanno indicato la strada. Vidi il nonno diventare un po’ più pallido mentre sorrideva e mi chiedeva

 

“E ti hanno detto, questi personaggi, come si chiamavano?”

“Sì. Uno ha detto di chiamarsi Severus.”

“E l’altro? Il bambino biondo?”

“Non so. Ma mi sembra che il moretto lo abbia chiamato Lou, mentre scappavano. Forse Louis...”

“No. Non lo ha chiamato ‘Lou’, ma ‘Lu’, diminuitivo di ‘Lucius’”

“E tu che ne sai? Li hai sognati anche tu?”

 

Chiesi, stupito. Il nonno sorrise in maniera enigmatica. Sorseggiò il suo thè, e poi mi guardò intensamente, come a cercare la parole giuste per rivelarmi un grande segreto, al quale non avrei mai creduto. Aprì bocca un paio di volte, ma ci ripensò. Poi sorrise ancora, e scosse la testa. Infine mi chiese

 

“Immagino avrai studiato, a scuola, la lotta contro il Signore Oscuro?”

“Sì. Ma che c’entra? Forse perchè hanno dei nomi storici, ma non vuol dire che...”

“Invece sì. Erano proprio loro. Severus Piton, e Lucius Malfoy, tuo bisnonno e mio illustre padre...”

“Ma è... inverosimile! E poi... c’era forse qualcosa che li legava? Nessun libro ne parla!”

 

Il nonno si ritrovò ancora una volta a sorridere, non so se della mia ingenuità, o se della mia ignoranza a proposito della storia di famiglia.

 

“Immagino che nella tua passeggiata pomeridiana, ieri, tu sia arrivato fino alla casa disabitata vicino il sentiero?”

“Sì. Ma sono rimasto poco in quei paraggi. Mi sentivo inquieto lì.”

“Ti capisco. Sappi che lì ci abitava proprio Severus Piton, con la sua famiglia.”

“Ed il mio bisnonno abitava qui, dunque?”

“Esatto. E la stanza dove tu dormi, era sua un tempo. Per questo forse, Severus ha bussato proprio a quella porta-finestra. Ma non temere non ti accadrà nulla di male a dormire lì.”

“Severus e Lucius... erano amici?”

“È una lunga storia.”

“Beh, non hai nulla da fare oggi, giusto?”

“Qualcosa. Ma abbiamo tutto il tempo di parlarne stasera. Buongiorno, Morsen.”

“Buongiorno, nonno.”

 

Lo salutai, mentre si alzava, lasciandomi a terminare la mia colazione. La storia di Severus Piton e mio nonno, mi aveva davvero incuriosito! Subito dopo colazione tornai in camera mia e decisi il da farsi: avrei perquisito a turno la mia camera, e poi la casa vicino al sentiero, in cerca del passaggio di quei due personaggi che mi avevano fatto visita la notte precedente. Trovai ciò che cercavo quasi subito, in un punto nascosto nell’armadio. C’era infatti una scatola piena di vecchie foto, e lettere.

 

Con mio estremo disappunto però, notai che c’erano ben pochi di quegli effetti riguardavano Severus Piton ed il mio bisnonno. Vi erano infatti solo un paio di foto di loro due, una di quando erano bambini, e sentii una fitta nel notare che erano proprio i due che avevo visto nel bosco. E nell’altra invece erano adolescenti. In nessuna delle due però ridevano molto...

 

Sorrisi notando che non poteva esistere una coppia più male assortita: il mio bisnonno, aveva, come già detto in precedenza, tutti i nobili caratteri dei Malfoy: capelli ed occhi chiarissimi, un’altezza non indifferente, il fisico atletico ed un modo di vestire ben curato. L’altro invece, seppure alto anch’egli, aveva un corpo molto più sottile, e pareva quasi delicato, le mani avevano le dita lunghe e sottili, probabilmente dovevano facilitarlo molto nelle pozioni, sembravano molto agili! E poi vestiva tutto di nero! L’unica cosa che li accomunava era il sorriso stirato e furbo, quello di Severus, dovevo ammetterlo, molto più bello di quello di Lucius.

 

Le altre foto non mi interessarono molto: c’erano molte altre persone che non conoscevo, altre che conoscevo di nominata, ed altre di cui avevo studiato a scuola. Ma il suo bisnonno non sembrava tranquillo al fianco di nessuno di loro, nonostante, evidentemente si conoscessero tutti molto bene. solo vicino al giovane Piton, sembrava tranquillo e sincero. Ce n’erano anche alcune della sua famiglia: una moglie altrettanto bionda, ed un bambino. Sorrisi divertito capendo che doveva trattarsi del nonno, Draco.

 

Passai dunque agli oggetti, che non erano altro che ciondoli rappresentanti lo Slyth, il simbolo dei Serpeverde.

 

In ultimo lasciai il piatto forte: le lettere. Ma come anche per le foto, fu una delusione scoprire che pochissime di quelle erano da parte di Severus Piton, e nessuna molto amichevole, o più lunga di cinque righe. Dovevano avere litigato ad un certo punto della loro vita. La mattinata insomma, la passai a spulciare tra quelle vecchie cose, ed a cercarne altre in giro per la stanza. Arrivò infine l’ora di pranzo, e scesi a tavola, dove trovai come al solito ad aspettarmi mio nonno.

 

Dopo pranzo, sedemmo nella biblioteca, vicino al fuoco. Il tempo era ancora piuttosto buio e freddo ogni tanto, probabilmente perchè ci trovavamo in collina. Nonno Draco aveva un’espressione calma e sembrava assorto nei suoi pensieri e ricordi di un’altra vita. All’improvviso però ruppe il silenzio e mi disse

 

“Ti racconterò di mio padre e di Severus Piton. Se ancora ti interessa.”

“Ma certo!” Risposi immediatamente, entusiasta.

 

“Bene. allora ti dirò ciò che so di loro. Anche se naturalmente non so molto, e non ricordo neanche più di tanto... molto di ciò che ti dirò, mi fu raccontato. Ma ascolta. Era più o meno settant’anni fa che il tuo bisnonno, Lucius Malfoy aveva sette anni, ed aveva un migliore amico, Severus Piton, che invece ne aveva cinque, e viveva nella casa sul sentiero, che all’epoca chiamavano “La casa del Mamba Nero”. Questa, invece, veniva chiamata...”

 

“La villa della Spada.” Terminai io al posto suo, con l’informazione datami dal piccolo Lucius in persona.

 

“Esattamente –sorrise il nonno, e continuò- all’epoca si usava dare di questi nomi popolari... nessuno tuttavia riusciva ad andare daccordo con i Piton, tranne Lucius, mio padre, che sembrava amare molto la compagnia di Severus, fin da piccolo!”

 

 

 

 

La Casa del Mamba nero, una villeta oscura che riusciva a trasmettere da subito un’impressione selvaggia e misteriosa, con cascate di edera aderente alle pareti grige, ed il camino, che lanciava sbuffi di fumo nella rigida aria autunnale. In questa casa abitavano i Piton, una famiglia che amava definirsi purosangue, ma che nessuno sapeva essere in realtà, tutto l’opposto.

 

Dall’altra parte del sentiero, più in alto lungo la collina invece, si poteva vedere una villa più grande, bianca e circondata da fiori, dove abitavano i Malfoy. Questa casa dava un’impressione ben diversa da quella del Mamba. Era più rassicurante, e sembrava fatta apposta per ospitare  feste e banchetti allegri. Questa era la “Casa della Spada”.

 

Questi due nomi avevano una storia ben precisa: “la casa del Mamba Nero” prende il nome da uno dei serpenti più pericolosi e velenosi che esistano: i Black Mamba. Si dice che una volta morsi da questo rettile, si possano fare solamente sette passi prima di cadere morto. I padroni di casa amavano molto questo animale, e ne allevavano uno, che ogni tanto lasciavano libero in giardino. Inutile dire che quasi nessuno osava avvicinarsi al cancello di questa casa, a cui fu proprio la gente del luogo a dare il nome “casa del Mamba Nero”.

 

La “Casa della Spada”, invece era di gran lunga più antica, ed il nome gli fu dato, sempre dalla gente del luogo, in onore del sepolcro del patriarca Malfoy, in cima al quale, era conficcata la sua spada. Ed era questo monumento a dare lustro alla loro famiglia, insieme alla loro storia, ed alle loro buone maniere. Cosa che non si poteva certo dire dei Piton e del loro Mamba.

 

Nessuno dei Piton aveva veri amici, eccetto, forse, Severus, il più giovane, che sembrava aver sviluppato un grande affetto per l’altrettanto giovane Lucius Malfoy, della Villa della Spada. Ed era proprio il biondino a scendere ogni giorno il sentiero, fino alla Casa del Mamba, per giocare col piccolo Severus, nonostante gli avveritmenti degli adulti.

 

Ma Lucius Malfoy, con quella consapevolezza di saperne sempre di più, tipica dei bambini, non sapeva proprio che farsene di quei brutti consigli.

 

Era quindi un rigido pomeriggio autunnale, quando un bambino biondissimo uscì dal portone della Villa della Spada, con un cipiglio arrabbiato dipinto sul volto. Subito dietro di lui arrivò un elfo domestico, correndo a perdifiato, che gli disse preoccupato

 

“Signorino Malfoy! Signorino, per pietà! Suo padre si è tanto raccomandato di non andare!”

 

Il bambino allora si fermò, e si voltò verso il servo, gli fece la linguaccia, e gli gridò in tono viziato

 

“Dì PURE A QUELLI CHE NON MI FREGA NIENTE! IO VADO A GIOCARE CON SEVERUS!”

 

E senza un’altra parola se ne andò via, correndo lungo il sentiero, indifferente alle suppliche dell’elfo. Pochi minuti dopo si fermò col fiatone, e senza nemmeno aspettare di riprendere fiato, scavalcò silenziosamente il cancello della casa del Mamba, mentre il suddetto animale sibilò rabbiosamente contro il biondino, che era atterrato vicino a lui, svegliandolo dal suo sonno.

 

Lucius allora fece la linguaccia anche a lui e, sempre il più silenziosamente possibile (il che non era molto silenzioso, considerato che si trattava pur sempre di un bambino), si diresse verso il retro della casa.

 

“Che succede, Eileen?”

“Mh? Credo che il piccolo Malfoy stia chiamando di nuovo Sev per andare nel bosco.”

“Che dici, dovremmo dirgli qualcosa?”

“No... in fondo si divertono così. Credono che non ne sappiamo nulla.”

“Ah... beata gioventù.”

“Sono un po’ preoccupata per il Mamba.”

“Credi possa morderlo? Mannò, è addestrato!”

“No, Tobias. ho paura che un giorno di questi lo possa inavvertitamente schiacciare.”

“Va bene, cercherò di tenerlo lontano dal cancello, da oggi in poi.”

 

La tranquillizzò il signor Piton, e tornò a leggere il suo giornale in santa pace, mentre la signora Piton ridacchiava ancora, osservando il piccolo Lucius farsi goffamente strada tra gli attrezzi da giardinaggio sparsi in giro.

 

Arrivato sul retro della casa, Lucius raccolse un sasso, e lo lanciò contro una persiana chiusa al secondo piano. Poco dopo, una figurina piccolissima si affacciò, e quando lo vide, annuì ed in pochi minuti si era già calato dalla finestra con l’aiuto dell’edera rampicante.

 

Quando furono insieme, finalmente, ridacchiarono sommessamente, credendo di averla fatta in barba agli adulti, e si presero per mano, correndo verso l’interno del bosco. Non sembravano per nulla intimoriti dall’aspetto pauroso degli alberi fitti, o dalle ombre oscure che questi proiettavano, rendendo il luogo impenetrabile ai raggi del Sole.

 

Ed alla sera, si trovavano ancora in mezzo agli alti tronchi, correndo e cantando canzoni spettrali, per sfidarsi a chi aveva più paura. Ma nessuno dei due sembrava averne, ed invece ridevano a crepapelle ad ogni sussulto dei rami, o suono strano che udivano. Si sedettero infine sul terreno a gambe incrociate uno davanti all’altro.

 

Riposandosi, Lucius lasciò la sua mente a vagare su un pensiero fisso che gli si era ficcato in mente da moltissimo, ormai, e con l’espressione serissima (per quanto possa essere seria l’espressione di un bambino) disse

 

“Sev...”

“Sì?”

“Sev, fammi una promessa!”

“Ih ih ih! Col dito?”

“Sì, col dito!”

 

Il moretto trasalì, e con gli occhi spalancati osservando l’amico disse

 

“È una cosa così seria?”

“Sì! Giurami che resteremo insieme per sempre!”

 

Esclamò Lucius, tendendogli il mignolo. Il viso di Severus immediatamente si rilassò e sorrise dolcemente.

 

“Ma questo è normale! Chissà che credevo!”

“No, non basta! Devi giurare! Giura!”

 

Intimò il biondino, tendendogli il dito col faccino ancora spaventosamente serio. Anche Severus allora assunse un’espressione seria, e giurò, stringendo il mignolo a quello di Lucius. Dopodichè sorrise ancora all’amico, che immediatamente si tranquillizzò, e sorrise di rimando.

 

“Quando cresceremo ti sposerò!”

“Ma Lu! Tra maschetti è indecoroso! Me lo ha detto la mamma!”

“Allora anche tu te ne sei interessato!”

“Io... ma è indecoroso comunque...”

“Non mi interessa! Ti porto via e ci sposiamo comunque!”

“Via? E dove?”

“Beh... andiamo ad Avalon!”

“Oooh!”

 

Esclamò Severus sorridendo ampiamente, ammirato per le parole di Lucius, senza che nessuno dei due ancora sapesse che Avalon non esisteva se non nella fantasia dei bambini che leggevano libri di storie fantastiche.

 

“Bello! E ci sposeremo là?”

“Sì! E poi andremo in luna di miele!”

 

Severus guardò l’amico con espressione sconcertata e confusa.

 

“Che cos’è una luna di miele?”

“È quando dopo il matrimonio, poi vai in vacanza, e gli sposi fanno l’amore per la prima volta!”

“Oh... e come si fa l’amore?”

 

Lucius si impensierì, e perse la sua aria da saputello. Guardò il bambino seduto di fronte a lui, e poi, grattandosi inconsciamente il naso (cosa che faceva sempre quando non sapeva qualcosa), rispose

 

“Io penso che... la mamma mi ha detto che quando si fa l’amore, poi nascono i bambini.”

“E come nascono?”

“Beh non lo so. Forse ci si bacia con la lingua.”

“Bleah! Che schifo!”

 

Ridacchiò Severus, ed anche Lucius scoppiò a ridere, e tirando fuori la lingua si mise ad imitare gli adulti mentre si baciano. Severus continuò a ridere ed a ripetere

 

“Che schifo! Che schifo!”

 

 

 

 

“Ed è così che, a quanto ne so io, è cominciata questa storia. Quando mio padre e Severus strinsero quella promessa. Fu mio padre stesso a farmelo sapere, seppure involontariamente. In punto di morte, iniziò a straparlare della promessa credendo di avere davanti a sè Severus. Ed io riuscii a capire quel giorno la profondità del loro legame.”

 

Guardai il nonno con attenzione, aspettando che continuasse, ma si era fatto troppo tardi. Il nonno mi guardò dopo molto: raccontando queste cose, si era perso nei suoi pensieri, e sorrise notando la concentrazione che mettevo per capire fino in fondo ogni parola che uscisse dalla sua bocca.

 

“Però! Nessuno ha mai dato tanta attenzione a qualsiasi cosa io avessi da dire! Ah ah ah! Ma ora si è fatto tardi! Andiamo a cenare, e poi andrò a letto. Sono vecchio, ed ho bisogno di molto più riposo di te!”

 

Mi disse, ed io obbedii al suo desiderio, enon insistetti per sapere il seguito di questa storia che già mi stava ossessionando. Non avrei avuto pace finchè non avessi saputo tutto di ciò che accadde a Lucius e Severus dopo la loro promessa!

 

 

Ringrazio tutti coloro che sono arrivati alla fine di questo capitolo! Viringrazio molto e vi prego di usare un minuto della vostra vita per lasciare una recensione! Spero vi sia piaciuta questa storia! Alla prossima!

 

 

XxX.Lexxy.XxX

  
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