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Autore: Vulcania    28/06/2007    4 recensioni

[Prima Classificata Al Concorso Su Writers Arena]
Quando si tratterà di salvare la nave che sta rapidamente affondando,
chi prenderà l’unica decisione sensata?
Ron, con il suo egoismo e la sua sconsideratezza, o…
Hermione, con la sua maschera d’angoscia
ed il suo confine superato ormai da tempo?
Potrà rinsavire la nave,
o sarà meglio spezzare le sue vele
e lasciarla affondare nell’oblio?
Genere: Romantico, Triste, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Nuovo personaggio | Coppie: Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note dell’autrice: Questa storia è per gli amanti della coppia Ron/Hermione

 

Note dell’autrice: Questa storia è per gli amanti della coppia Ron/Hermione. L’ho scritta per un concorso del forum writers arena( I risultati devono ancora uscire). È una one- shot, ma l’ho divisa in due capitoli perché un po’ lunga. Spero vi piaccia perché io ci ho messo davvero l’anima. Un baciotto e vi avverto, preparate i fazzoletti XD

 

Green Is The Colour

 

 

No hope, no life, just pain and fear

No food, no love, no seed, childhood’s end.

 

Childhood’s end, Iron Maiden

 

 Tesoro, non mettere le mani lì, ti bruci! Ingrid si volse verso di me, sorpresa. Mi affrettai ad allontanarla dalla fiamma che ardeva dal fornello basso in un gorgoglio sommesso, rinfrancando lambiente con un flebile tepore. Leffluvio del latte che ribolliva nel pentolino si distribuiva con candida mollezza a destra ed a sinistra, imparziale, stordendomi piacevolmente. Ecco, quella era una delle poche leggerezze che avevano ancora qualche potere su di me, potevano ancora farmi sentire il sapore della vita.

E così la mia bimba. Era una pallina, Ingrid. Una dolce, tenera, soffice pallina. Mi guardava con quegli occhioni a mandorla, senza comprendere a fondo il mio tono di rimprovero, la mia ansia, e come per sostituire quella mancanza, mi sorrideva amorevolmente. Ed io non potevo fare a meno di sorridere a mia volta, con difficoltà, quasi mi fossi dimenticata come si faceva.

Spensi il fornello e versai il latte fumante nel biberon di Ingrid, mentre mettevo sul fuoco la macchinetta del caffé. Per mille ippogrifi, quello sì che era il colmo. Ron Weasley, mio marito, col suo nuovo lavoro aveva così tanti soldi e ricchezze che alla Gringott aveva dovuto prendere non una, ma due casseforti, e aveva così poco tempo e cura per la sua famiglia che io ed Ingrid eravamo costrette a vivere con un solo fornello che quasi toccava terra. Per non parlare del divano che dimorava melanconico di tempi sicuramente migliori su una parete del salotto, inutilizzabile tanto le molle erano stanche dei pesi loro inflitti ed il cigolio provocato ogni qualvolta insopportabile. O del tavolo spiluccato qua e là dalle tarme, che io prontamente cercavo di celare in tutti i modi possibili agli occhi altrui quando ricevevo visite. O, se si voleva essere proprio puntigliosi, delle pareti quasi del tutto sgretolate e piene di macchioline fumose.

E la mia anima, insieme a tutto il mio buonsenso, si stava inevitabilmente sgretolando, come quelle pareti.

Era successo tutto irrimediabilmente in fretta. Sette anni di scuola assieme, poi nemmeno due anni dopo i M.A.G.O. ed eravamo sposati. Allora mi sembrava la scelta più giusta e la sola che avrei potuto fare senza pentirmene. Dopo il matrimonio, avevo compreso che in realtà era lunica cosa di cui mi ero pentita realmente.

Ventitrè anni e già mi sentivo vecchia. Vecchia nellanimo; potevo quasi percepire le rughe che solcavano i miei pensieri orribili, le piaghe dellinfelicità che affondavano sempre più graffiando la mia essenza, adagio la distruggevano. Un processo lento, non troppo però perché io non me ne potessi accorgere. Era come se per tutto quel tempo avessi offerto a Ron un calice in modo che lo riempisse, e lui a tradimento vi avesse versato del veleno. Ecco, avevo il sangue avvelenato. Solo così si poteva spiegare quel desiderio occulto che mi offuscava lanimo e mi portava persino a ricercare loblio della morte.

Ingrid mi ridestò per un poco dalle mie riflessioni, rovesciando il contenuto di una scatola di costruzioni per il pavimento rugoso. Mi faceva sentire così viva… era lultimo filo sottile a cui mi aggrappavo per non crollare nella disperazione; sottile eppure di una forza immane. Vederla sorridere, sentire le sue piccole mani sulla pelle, avvertire lodore di borotalco e di pulito. Era la mia bimba, e ancora non riuscivo a capacitarmene.

No, non riuscivo proprio a capacitarmi di come io, che sono una persona pessima, isterica e pignola, competitiva e terribilmente ambiziosa, avevo dato alla luce una bambina così splendida e pura. Non vi era alcuna dannata logica, in tutto ciò. Ma se pensavo che quel gioiello, quel dono meraviglioso ed immeritato, era lunica cosa che ormai mi univa a Ron, beh… era triste.

E arrovellandomi in questi pensieri, che mi distoglievano completamente dal mondo reale, la mia espressione tornò ad essere una maschera dangoscia.

Ehi, io esco. Ron fece il suo ingresso nel cucinino, distorcendo il naso per il forte odore del latte. Era già vestito di tutto punto, o per meglio dire pareva essersi messo le prime cose che aveva trovato giusto per uscire il prima possibile da casa.

Cosa vuoi, il permesso? biascicai sardonica con una sterile speranza che quel tono acido, magari quel giorno, magari un altro, lo avesse prima o poi svegliato e gli avesse ricordato che aveva una famiglia e dei doveri.

No, non voglio il permesso. Ron si decise a proferir parola con un record di ben due minuti di silenzio.Era per avvertirti, casomai ti venisse in mente che sono tuo marito.

Ron Weasley, quando mai. Che me lo diceva a fare, poi? Come se fosse stata una novità il fatto che infilasse quella maledetta porta ai primi albori e non ne facesse ritorno se non allora di cena. Ormai ero la sua cameriera. Andavo bene solo finché sistemavo la casa, facevo le faccende domestiche, cucinavo e badavo ad Ingrid. Si scocciava persino a fare il padre, quellidiota.

Oh, lo ricordo già troppo spesso quello. Preferisco far finta di essere ancora zitella, se non ti dispiace.

Se mi sentivo in quel modo, una personaccia, era soprattutto per colpa sua; così pensavo allora. Riusciva solo a scatenare la mia parte peggiore.

Non ti va bene mai nulla di quello che faccio, vero? rispose con impeto, desiderando forse di colpirmi in qualche modo. Tu mi credi un fallito! Ma lunica fallita qui sei tu, Hermione, sei tu!

Era così che andava tutte le volte.

Per lo più ci affaccendavamo a farci del male a vicenda, a scoccare frecce avvelenate accecati dalla furia. Diedi unocchiata ad Ingrid, non volevo che assorbisse quellaria pesante. Tre anni. Quello era il periodo in cui, normalmente, si cominciava a formare il carattere di una persona, e non avevo alcun desiderio di trasformare mia figlia in una ragazza piena di rancore verso i genitori. Non volevo che lei mi odiasse, almeno lei.

Per fortuna, pensai, sembrava ignara delle frasi pungenti che ci tiravamo addosso io e Ron. Stava giocherellando con le costruzioni immersa completamente, a quanto pareva, nella realizzazione di un castello o qualcosa del genere.

La bambina. Lo avvertii, mordendomi le labbra per non rispondere alla sua aperta provocazione. Vai dove ti pare e restaci quanto vuoi, ma esci di qui!

Se avesse risposto ancora, probabilmente, gli avrei lanciato contro una fattura di quelle potenti, che nemmeno il San Mungo glielavrebbe saputa curare.

Stranamente, invece, prese una decisione sensata ed imboccò luscio.

Silenzio.

Odiavo quel silenzio, quasi più delle malignità che ci gettavamo addosso. Non era la risposta che volevo, non la consolazione, la comprensione che mi attendevo ogni volta.

Guardai Ingrid- i ricciuti capelli color caffé scarmigliati sul capo, le paffute guance tinte di rosa, la minuscola bocca socchiusa quel tanto che bastava perché cinfilasse il pollice- e scoppiai a piangere.

 

 

 

Non mi venite a dire che sono stato uno stronzo. Semplicemente io non posso esserlo. Forse a volte idiota, insensibile, egoista… ma non stronzo, no. Io amavo Hermione, ed amavo il frutto della nostra unione, Ingrid. Le amavo con tutto me stesso, ma non ci crederà nessuno in fondo.

Il punto, il vero punto della situazione, è che Hermione mi ha ucciso. Dimenticate coltelli, sussurri di Avada Kedavra, pozioni mortali e quantaltro. Esistono modi molto più sottili per uccidere una persona, molto più taglienti, ed il peggio è che sono del tutto involontari. Io lho capito a mie spese.

Non ho mai avuto un carattere particolarmente forte; impormi con le mie idee quando sapevo che quasi certamente mi avrebbero stracciato era una cosa che avevo imparato a contenere. Avere sei fratelli, tutti sicuri delle proprie carte, popolari e divertenti… beh, Percy proprio no, ma ci sono sempre le eccezioni, non vi pare? 

Fatto sta che la mia figura ne risultava completamente oscurata: Fred e George che mi oscuravano con la loro simpatia e la loro faccia da culo, Bill che mi oscurava con quelle sue fattezze che attraevano tanto le donne, Charlie che mi oscurava con il suo indiscutibile coraggio, e Ginny, anche Ginny mi oscurava, per quella forza di carattere che solo una donna è in grado di possedere.

Insomma, io contavo in quella famiglia come una mou al sapore di caccola. Fate un po voi i conti.

Per non parlare di quelli che sono sempre stati i miei amici. Harry Potter ed Hermione Granger.

Potrete dirmi che sono uno che si fa mettere i piedi in testa da tutti, ma vorrei vedere uno qualunque di voi che al mio posto non si sarebbe sentito un cretino. Cioè, Harry Potter, scherziamo? È sempre al centro dellattenzione, pieno di gente che gli ronza intorno e che gli lecca i suoi preziosi piedini. Ci manca solo che fra poco lo idolatrino e lo imitino nel suo modo di andare al cesso. Alzi la mano chi accanto ad una tale presenza non si sentirebbe a disagio specie se, come nel mio caso, si viene completamente ignorati e messi da parte.

Ma aspettate, non ho finito. Dimenticate Hermione Granger, una delle mie migliori amiche nonché mia moglie. Vi ricorda qualcosa il nomignolo So- Tutto- Io? Cominciate a capire… non è vero?

Vi sfiderei a farle una qualunque domanda, una sola, anche la domanda più assurda a cui nessuno al mondo si è mai nemmeno degnato di dare una misera risposta. Bene. Hermione vi risponderà. Quella non ha un normale cervello con delle normalissime celluline grigie e dei neuroni che si fanno un giro panoramico dentro per passare il tempo. No. Hermione ha un cervello che una qualsiasi persona pagherebbe oro per rubarglielo. Contiene più informazioni del Pensatoio di Silente, e ho detto tutto.

Sapete esattamente cosa significa vivere ogni santo giorno accanto ad una persona così? No, non lo sapete. Perché solo un idiota come me poteva anche solo pensare di starci insieme.

Vi alzate la mattina. Volete fare unenergica colazione con bacon, uova, salsicce… no! Perché Hermione Granger dice che questo cibo è veleno, e visto che è veleno per lei, allora lo deve essere pure per voi. Morale della favola: quella mattina mangerete latte coi cereali, che a voi fanno venire il voltastomaco, per poi buttarvi un panino stracolmo di roba appena arriverete allufficio.

Altro esempio? Usciamo assieme. Dove andiamo? mi chiede lei ogni volta con fare innocente. Questa, per chi non lo sapesse, è una domanda retorica. E sì, perché Hermione ha già le idee chiare su dove vuole andare e su cosa vuole fare.

Morale della favola: annuite e sorridete, baldi giovani. Guai a voi se proponete qualcosa, è sicuramente meglio andare dai genitori di Hermione che vi riempiranno la bocca di cibo insipido ed orientale, che fa molto trendy, che vi accoglieranno con una sparatoria di domande assurde, e passeranno la serata a guardare stupidi programmi su di uno stupido melevisore, o come si chiama.

Immaginate di sopportare cose come queste per amore. Immaginate di sopportarle tutti i giorni, nessuno escluso. Immaginate di aver dimenticato come si fa ad esprimere una propria opinione, accordando tutto quello che dice vostra moglie, perché così è più semplice, così è facile andare daccordo.

Allora permettete che io, Ronald Bilius Weasley, mi sia finalmente rotto le scatole di essere un fantoccio nelle mani della moglie? 

E così ho iniziato a sentirmi oppresso a casa, oppresso dovunque ci fosse Hermione nei paraggi. Volevo respirare, signori, soltanto questo. Non ero capace di dirglielo a parole, perché qualcosa dentro di me mi suggeriva crudelmente che non cerano parole che potessero esprimere ciò che stavo provando. E soprattutto non cerano parole per dirlo a lei; non avrebbe capito.

Era come sentirsi in una gabbia troppo stretta, le sbarre che stringevano le mie membra e le deformavano, mi procuravano un dolore acuto ed insostenibile. E lunica cosa da fare era fuggire da quella gabbia.

Mi allontanai, è vero. Iniziai a passare meno tempo possibile a casa, per non sentire la sua voce insistente e petulante.

Mi vedevo i fatti miei, è vero anche questo, le poche parole che ormai ci scambiavamo le gettavo nel dimenticatoio per poi fare qualcosa di più piacevole.

Ed è vero, purtroppo, il fatto che punendo la sua arroganza, punii anche Ingrid. La punii con la mia assenza, con la mia assidua indifferenza, il mio egoismo imperdonabile.

Pensai a tutto questo, mentre camminavo come un automa recandomi al Ministero. Perché non mi fossi semplicemente smaterializzato proprio non lo sapevo; forse volevo solo fare due passi per rimuginare sulla mia vita. Non poteva continuare così.

Dovevo fare qualcosa. Le mie mani fremevano dallangoscia, il mio viso grondante sudore; non dovevo avere affatto una bella cera. Mi asciugai quelle stille affannose, mi fermai nel mezzo della strada.

Forse una decisione sensata la potevo ancora prendere.

 

 

 

Shade my eyes and I can see you  

white is the light that shines

trough the dress that you wore[…]

 

Green is the colour, Pink Floyd

 

 

Avevo accompagnato Ingrid allasilo nido.

Ero stata io a prendere questa decisione. Ron non sembrava molto daccordo in proposito, ma non aveva detto nulla, così lavevo iscritta. Trovavo fosse un ottimo modo perché iniziasse a socializzare con i suoi coetanei. Lunico rischio era che facesse qualche magia accidentale, ma fino a quel momento non aveva dimostrato alcuna capacità magica, così non mi preoccupavo. 

Harry mi aveva tenuto compagnia, come al solito. Ultimamente passavamo molto tempo insieme. Lui aveva messo fine alla sua ultima storia, con una certa Goneril Lovelace, e probabilmente si era accorto che cera qualcosa che non andava, qualcosa che mi turbava.

Non mi aveva chiesto nulla, ed io non gli avevo detto niente, ma lui comprendeva guardando nei miei occhi, e io comprendevo guardando nei suoi.

Entrammo a casa.

La sua espressione si addolcì quando lodore del latte arrivò alle sue narici. Lui adorava il latte, e diceva spesso che quella casa sapeva di buono.

Ti offro qualcosa?

Il solito, Herm. Sorrise. Quanto mi piaceva vedere quel sorriso! Ti metteva qualcosa come unimprovvisa pace addosso, e ti ci saresti cullata per ore, fissandolo.

Andai in cucina, e mentre versavo del latte freddo in un bicchiere, avvertii uno stridore prolungato ed insopportabile. Il divano, pensai.

Lo trovai infatti seduto su quel pezzo dantiquariato, con unespressione assorta, indecifrabile.

Bevve un sorso di latte, poi poggiò il bicchiere sul tavolino di fronte con estrema delicatezza. Era una cosa che mi stupiva molto, la sua consueta attenzione al particolare, il maneggiare le cose con cura, che si trattasse di un bicchiere o di una penna. Mi chiesi con una parte della mente, ed in seguito non fui nemmeno sicura di averlo pensato realmente, se quelle mani così precise, dal tocco fermo e gentile, fossero state altrettanto attente, altrettanto dolci quando sfioravano un corpo femminile. Mi chiesi, il sangue che fluiva con sorprendente rapidità alle mie gote, come sarebbe stato il tocco di quelle mani sul mio corpo.

Harry mi guardò con una calma che, ne ero sicura, celava unincessante irrequietezza, un dimenarsi continuo di pensieri, e dubbi, e confusione. Come stai?

Come stavo. Uno schifo, ecco come stavo. E tu? Come stai? chiesi invece, voltando il coltello e rivolgendo a lui la lama tagliente. Rise.

Che fai, fuggi alle mie domande? sempre con quel suo sorriso dolce, capace di trasmettere una pace assoluta, fece sbucare dalle sue spalle una bustina che non avevo notato prima. Ho trovato questo. Ho pensato potesse interessarti.

Lo guardai curiosa, poi guardai la busta; la presi. Appena vi diedi una rapida occhiata, sentii un guizzo gioioso riscaldarmi dentro. Ne trassi un libricino. Aveva la copertina celeste, il mio colore preferito, i bordi decorati a ghirigori, il titolo color delloro.

Oh, Harry!

Era un libro che desideravo da secoli e che non riuscivo a reperire da nessuna parte. Ma dove lhai trovato?

Segreto professionale. E anche se te lo dicessi, non mi crederesti.

Lo abbracciai. O meglio, lo stritolai. Ehi, vacci piano ragazza, con queste dimostrazioni daffetto!

Allentai un po la presa, ed Harry mi diede dei bacetti sulla testa. Poi successe una cosa strana.

Cioè, non fu una cosa strana. Era piuttosto una cosa che non credevo possibile lavesse fatta davvero Harry, il mio migliore amico. Tra i vari baci sul capo, scese a posare le sue labbra sul mio collo. Mi venne un brivido di piacere. Poi mi vergognai da morire. Diamine, un bacio sul collo. Non era quello il tipo di bacio che ci si scambia tra amici, no? Per questo parlo di una cosa strana.

Lui sembrò non rendersi subito conto del suo gesto, ma dopo un po si scostò di colpo, un po brusco. Uno scambio di sguardi, e la vidi.

Vidi lirrequietezza che giocava nei suoi occhi, quegli occhi limpidi come un lago dinverno che adesso venivano mossi da unonda, agitati e… cosera quella? Paura?

Hermione, io non…

Harry, non c’è niente di male! mi affrettai a dire, a mentire.

Ma lui minterruppe con un gesto rapido della mano. Io non dovevo venire qui. E non dovevo portarti quel libro, perché sapevo che ti avrebbe reso felice.

Lo fissai interrogativa. Ma è una cosa bella, Harry… non capisco…

Non capisci? domandò, e la sua voce tradì una nota dolente. Mi sto facendo del male da solo. E ne sto facendo a te. Queste attenzioni, questi momenti… cosa pensi che siano, Hermione?

Cose tra amici. Risposi insicura, o forse ostentando una sicurezza che non provavo in quellistante. Non lo sono, Harry? Non sono cose tra amici, queste?

Cose tra amici… ripeté a se stesso, tenendosi la testa tra le mani, come se fosse divenuta allimprovviso troppo pesante da poter sostenere. Poi si fermò, e pareva che per un attimo avesse ripreso la sua consueta maschera di calma. Ma non cera calma nella sua voce quando mi prese il volto tra le sue mani e mi disse: Guarda la realtà in faccia. Io vengo qui tutti i santi giorni, e tutti i santi giorni io non sono felice e tu non sei felice, e lo sappiamo entrambi ma mentiamo a noi stessi, e io che ti porto regali per… per farti felice… anzi no! Basta mentire… io ti porto regali sperando che tu capisca che non sono cose tra amici, queste!

Finì al limite dellisterismo. Ma non tolse le mani; continuò a guardarmi negli occhi, incapace di fare qualsiasi altra cosa.

Ed io sentii quelle mani sulla mia pelle; allora capii cosa si provava a sentire il tocco delle mani di Harry su di una donna, su di me. Bruciavano come se fossero fatte di fuoco, quelle mani, bruciavano come se invece di una morbida carezza mi avesse tirato uno schiaffo. E bruciavano i suoi occhi, che avevo sempre pensato avessero lessenza dellacqua, e invece mi rendevo conto solo allora di come ero stata stupida. Perché quelle iridi erano fiamme, ardevano di una passione tutta rivolta a me, ora lo sapevo.

E il senso di colpa aleggiava impassibile, una presenza immobile ed impalpabile nellombra di quel salotto, di quella casa.

E noi lo mettemmo a tacere. Oh sì, lo mettemmo proprio a tacere, il senso di colpa.

Forse ci osservava guardingo da un angolo, forse ci rimproverava in silenzio, chissà. Ma non lo ascoltammo di certo, perché io lo baciai, e lui baciò me, e prima che uno di noi due potesse prendere una decisione sensata, avevamo entrambi intrapreso la decisione più insensata e seducente di tutte.

Dieci minuti dopo eravamo lì, accasciati su quel sofà, che ci aveva accompagnato per tutto il tempo col suo sordo rumore di cianfrusaglie e di cose passate.

E noi eravamo abbracciati, felici ed infelici.

 

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