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Autore: Natalja_Aljona    12/12/2012    1 recensioni
Natal'ja vende fiammiferi e sogna la Rivoluzione.
Siberiana fin nelle ossa e nel sangue, nel cuore e nell'anima, nipote di uno dei capi dei Decabristi ed ultima erede della famiglia russa più temuta dallo zar, è quasi impazzita in prigione ma sa che non è finita.
Geórgos vive per la guerra e per il cielo di Sparta.
Nato durante la Guerra d'Indipendenza Greca e nipote del capo dei Kléftes, i briganti e i partigiani del Peloponneso, ogni notte spara alle stelle perché ha un conto in sospeso con gli Dei.
Feri è uno zingaro ungherese, il terzogenito di Kolnay Desztor, il criminale del secolo, e il più coraggioso dei suoi fratelli.
Legge il destino tra le linee della mano, e tre anni di galera e lavori forzati non sono bastati a fargli smettere di credere nel suo.
Nikolaj, ussaro polacco e pianista mancato, crede di aver perso tutto.
Sa che l'epilessia, i complessi d'inferiorità nei confronti del padre morto, l'ossessione per sua cugina e i suoi sogni infranti lo uccideranno, ma la sua morte vuole deciderla lui, e a ventidue anni s'impicca per disperazione e per vendetta.
Genere: Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
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Trecentonovantaquattro


Trecentonovantaquattro

Гражданская Война Сибирячка

Graždanskaja Vojna Sibirjačka

La guerra civile siberiana

Шестая Часть

Šestaya Čast’

Parte Sesta

Credo solo al tuo sorriso

I nostri passi che contammo di baci mai dati

 

Cancellato come un numero

Dalla lista delle spese

Ma così tanto più grande delle offese

(Shalom, Roberto Vecchioni)

-Riferito a Feri Desztor-

 

[...]

 

Poi ti stringesti forte insieme a me
Quasi a protegger l'eco dentro di te
Delle prime parole d'amore
Io ti amo
Quando la neve di silenzio imbiancò
Tutto quel chiasso al centro della città
E le nostre parole gelò
Io ti amo

 

Quando l'incanto parla ancora di te
Da un quadro un'alba da ciò che non c'è
Sorridendo penso ancora di te
Che ti amo
Tanto lontana non so se sarai
Tanto vicina ascoltarmi potrai
Come me nessuno dirti saprà
Io ti amo

(Il mio rifugio, Riccardo Cocciante)

 

[...]

 

Ripetevo “non ce l'ho con te”
E non darti pena, sai, per me
Mentre il fiato si faceva fumo
Mi sembrava di crollare piano piano
E tu piano piano te ne andavi via
E chissà se prima o poi
Se tu avrai compreso mai
Se ti sei voltata indietro...
E chissà se prima o poi
Se ogni tanto penserai
Che son solo...

(Solo, Claudio Baglioni)

 

Krasnojarsk, 17 Marzo 1844

 

C'è un tempo per combattere e un tempo per sognare
Un tempo per raccogliere, uno per seminare
E un tempo per andarsene
Ora quel tempo è mio

Arrivederci, padre illuminato da Dio
Un dio che sollevava il mare come una punizione

Per distinguere gli altri uomini dalla sua vera nazione
Ma padre, qui c'era un popolo, piantato nella terra
E la terra non può darla Dio, ma la fame, l'amore di averla
Come mi pesa questo canto, padre, tu non sai quanto!
Ma non lo senti che è più forte la vita della morte?

(Shalom, Roberto Vecchioni)

 

-Come sta?-

Feri camminava a fatica, aveva la gamba sinistra massacrata e ogni passo gli costava uno sforzo quasi disumano, ma aveva ugualmente insistito per andare a informarsi sulle condizioni di Jànos e Innokentij.

A Palazzo Dolokov Helga l’aveva accolto con un coltello in mano, sibilandogli che Jàn dormiva e se lui avesse osato avvicinarsi non avrebbe più risposto di sé, con tutto il tempo che ci aveva messo a medicarlo e soprattutto a farlo stare zitto, così il Capitano, costretto a stare alla larga dal capezzale di suo fratello, aveva chiesto in giro notizie del giovane Kovalev e di quella tale Tat’jana Romanovna Karsavina che gli aveva offerto le sue cure.

-Tanya? La ballerina? E quel bel ragazzo ferito? L’ha portato a casa sua. Abita qui vicino, ma voi...

Anche voi siete ferito! Non vi consiglio di...- gli disse una donna, accigliandosi alla vista della sua gamba.

-Спасибо за информацию- Spasibo za informatsiyu, Grazie per l’informazione, la interruppe Feri, liquidando l’ultima raccomandazione con un gesto della mano.

Tanya, la ballerina.

L’ha portato a casa sua.

Abita qui vicino.

Feri rimuginò nella mente quelle informazioni, fermandosi a leggere i nomi accanto ad ogni porta che incontrava.

Karsavin.

Viktor Aleksandrovič Karsavin.  

Doveva essere suo padre, o suo marito.

Suo padre, più probabilmente.

Se avesse avuto un marito, non avrebbe portato Nočen’ka a casa sua.

Eppure...

Tat’jana Romanovna...

No, non poteva essere suo padre.

E Karsavin...

Feri quel cognome l’aveva già sentito.

Tat’jana Romanovna Karsavina, la giovanissima stella del Bol’šoj.

E Viktor Aleksandrovič Karsavin, lo Zarista.

Più gli sovvenivano quei particolari, più Feri si stupiva della generosità dimostrata dalla ragazza nei confronti del suo amico.

Innokentij Savel’evič Kovalev, un Rivoluzionario.

Con quei dubbi bussò alla porta.

 

A furia di tenerci insieme per salvare quel che siamo
Ci mancan, padre, gli altri, gli altri
Quello che noi non siamo
Ci manca, anche se avessimo soltanto noi ragione
L'umiltà di non vincere che fa uguali le persone
E invece li strappiamo via in nome del Signore

Come sterpaglia e funghi d'acqua
Nati qui per errore

Dio come brucia questo canto, brucia più del mio pianto
Padre, perdonami, ma è più forte la vita della morte

(Shalom, Roberto Vecchioni)

 

[...]

 

Un azzurro scalzo in cielo 

Il cielo matto di Marzo e di quel nostro incontro 

Al centro tu poggiata sui ginocchi 

E vento di capelli sui tuoi occhi

 Qui l'ombra cade giù dalla tua mano...

Tu guardi ma non vedi che è finita

E tra le dita non ci sono che fotografie

(Fotografie, Claudio Baglioni)

 

Era una bella ragazza, Tat’jana.

Feri la guardò distrattamente, come guardava tutte le ragazze che non erano la sua Lys, ma capì ugualmente ch’era bella.

Doveva avere i capelli biondi, sì, di una tonalità molto chiara, e lunghi, raccolti sulla nuca proprio come quelli di una ballerina, e gli occhi neri, nerissimi, straordinariamente scintillanti.

Indossava un vestito bianco, a Feri era sembrato bianco, e il bianco non è un colore che si può confondere, neanche se si è innamorati di un’altra.

Un bel vestito, all’apparenza piuttosto leggero, forse di seta, e Feri l’aveva trovato strano, dato che la Karsavina abitava in periferia, in una delle vie più esterne di Forradalom, e la seta era terribilmente cara, ma in fin dei conti non ci aveva fatto poi tanto caso.

Ai piedi aveva...

Oh, sì.

Questo Feri lo ricordava bene.

Scarpette da ballo di raso bianco, che al Capitano avevano strappato un sorriso, perché lui aveva sempre pensato che Lys, con quei capelli lunghissimi e chiari come raggi di sole, il corpicino candido e sottile e quei piedini affusolati proprio da etoile, avrebbe potuto benissimo essere una ballerina del Bol’šoj.

Chissà cos’aveva pensato invece Tanya, di quel ragazzo zoppicante che si reggeva a stento in piedi e sorrideva con sguardo perso e sognante guardando i suoi, di piedi.

-Signore... Signor Desztor, vero? Siete voi, il Signor Desztor?- mormorò timidamente la giovane ballerina, e Feri annuì distrattamente, così distrattamente che inizialmente non si accorse neanche che quella ragazzina l’aveva chiamato Signore, e nessuno, a parte proprio Innokentij, l’aveva mai considerato un Signore, e nessuno, eccetto sempre Innokentij, l’aveva mai chiamato così.

-Feri...- specificò solamente -Ce ne sono tanti, di Desztor-

-E voi siete Feri- sorrise Tanya -Lo so. Vi aspettavo-

-Davvero? Quindi Nočen’ka è qui... Ѐ ancora qui-

-Venite avanti, entrate, Signor Desztor. Nočen’ka... Oh, è delizioso, il vostro amico.

E poi è così bello...-

Feri sorrise, annuendo.

-Ѐ un eroe-

Tanya lo guardò un po’ confusa.

-E allora?-

-Tutti gli eroi sono belli. Anche se non sono davvero belli. Solo per quello che hanno dentro.

Solo per quello che fanno-

-Già... Beh, però Nočen’ka è bello davvero-

-Certo... Ma come sta?-

-Non dovete preoccuparvi per lui, Signor Desztor. Ci penso io... Vi assicuro che guarirà presto.

Ѐ uno dei vostri soldati, vero? Oh, voi siete un grand’uomo, Signor Desztor...

Ma lui è troppo giovane, non avreste dovuto... E poi perché siete venuto a cercarlo?

Ne avete così tanti, di soldati a cui pensare... E non potete certo pensare a tutti... Non potete, no...

Lasciatelo ancora qualche giorno qui con me. Vi giuro che starà bene. Per favore, Signor Desztor...-

-Feri-

-Signor Feri...- ripeté la ballerina, smarrita.

-No, non sono un Signore. Non io. E Innokentij non è solo un mio soldato... Ѐ un amico, uno dei miei migliori amici.

Volevo vederlo... Siate gentile, Tat’jana Romanovna. Fatemelo vedere.

Voglio solo sapere e vedere come sta-

-Tanya. Se volete potete chiamarmi Tanya. Davvero, non è un problema-

-Tanya... Va bene, Tanya. Ma voi... Voi...-

Ecco un’altra cosa che Feri aveva notato di lei.

La fede.

La fede al dito.

La fede all’anulare sinistro, proprio come una donna sposata.

-Quindi non mi sbagliavo...-

-A quale proposito, Signor Desztor?-

-Quanti anni avete?-

-Oh...-

Non era affatto una domanda cortese, e in più Feri non gliel’aveva rivolta in modo particolarmente cortese.

-Двадцать два- rispose infine la ragazza, con un filo di voce.

Dvadtsat’ dva.

Ventidue.

Feri annuì, pensieroso.

-Siete molto giovane. Davvero molto-

Tat’jana Romanovna Karsavina, la giovanissima stella del Bol’šoj.

-Siete voi, la ballerina. Siete sposata, vero? Vostro marito è uno Zarista.

Non posso, non posso lasciarvi Innokentij-

La fanciulla era sbiancata.

Del color del suo vestito le sue gote, immobili e colmi di lacrime i suoi occhioni neri.

Bella e triste, bella e sconvolta.

-Io... Viktor non c’è... Voi non capite... Voi non potete farmi questo... Signor Desztor, vi prego!-

-Se vi siete incapricciata d’Innokentij, Tat’jana Romanovna, non è davvero affar mio.

Portatemi da lui. Deve lasciare questa casa al più presto.

Siete forse impazzita, Tat’jana Romanovna? In casa di uno Zarista! Uno dei miei uomini!-

-Vi chiedo perdono... Vi chiedo perdono, ma...-

-Gli avete offerto le vostre cure, quindi non ho nulla da perdonarvi.

Vi ringrazio per la vostra generosità, ma dovete capire che qui Innokentij è in pericolo.

Quanto a voi... Non vi capisco. Siete una donna a dir poco singolare, e non riesco a capirvi...

Ma non ha importanza. Ora portatemi da lui-

Feri la scostò sgarbatamente e andò a cercare lui stesso Nočen'ka.

Erano troppo complicate, le donne, le altre donne.

A lui ne era bastata una, a portargli via il cuore.

Le uniche donne con cui aveva avuto a che fare erano sua madre, sua sorella, la sua Natal'ja ed Helga, la moglie di suo fratello.

Era strano, non aveva mai avuto niente contro di loro, ma semplicemente non le conosceva. Poteva essere che ne diffidasse, come diffidava della gente in generale, la gente troppo lontana dalla sua Rivoluzione.

Nastas'ja Anatol'evna Ševčenko, per esempio, non l'aveva mai capita.

Era innamorata di lui, e gli aveva fatto tenerezza perché a lei non importava proprio niente di quanto lui fosse terribile.

Era innamorata e basta, e gli aveva perdonato anche troppo, come aveva fatto lui con Lys.

Era masochista ed ingenua, come era stato lui con Lys.

A modo suo gli assomigliava, e aveva avuto pietà di se stesso, avendone di lei.

Per il resto, era sempre stato così: la gran parte delle donne lo temeva, e si guardava bene dall'avvicinarsi.

A dir la verità lo facevano anche gli uomini, ma gli uomini erano più stupidi e più presuntuosi.

Quelli che non pensavano ad evitarlo, pensavano di poterlo fermare.

Feri sapeva così poco delle donne, e in base a così poco non poteva giudicare.

Guardando le prigioniere di Omsk, com’erano trattate dai carcerieri, quello che erano costrette a subire e a sopportare, aveva capito che erano le più sfortunate.

Natal'ja Ilinična Svetličnaja era stata gentile.

Tat'jana Romanovna Karsavina era fin troppo misteriosa e ambigua.

Perché mai voleva trattenere Innokentij, se era sposata e per di più con uno Zarista?

Aveva passato con lui solo poche ore, e lui non era esattamente al massimo del suo splendore, né, immaginava, nelle sue condizioni, doveva essere stato molto di compagnia.

Feri non le capiva, non le capiva, le donne.

Natal'ja gli aveva fatto più male di tutte quelle che avrebbe potuto conoscere, eppure rimaneva l'unica di cui lui si fidasse.

 

Sulla terra, io e lei

Eravamo amanti e stranieri, io e lei

(Sulla terra io e lei, Riccardo Cocciante)

 

[...]

 

Oh, can it be

The voices calling me

They get lost and out of time

I should've seen it glow

But everybody knows

That a broken heart is blind

 

Oh, può essere

Le voci che mi chiamano

Si perdono e fuori dal tempo

Avrei dovuto vedere un bagliore

Ma tutti sanno

Che un cuore infranto è cieco

(Little Back Submarines, The Black Keys)

 

 

 

 

Note

 

Credo solo al tuo sorriso: Ti penso e cambia il mondo, Adriano Celentano & Gianni Morandi.

Riferito a Feri e Lys.

I nostri passi che contammo di baci mai dati: Il mio rifugio, Riccardo Cocciante.

Sempre per Feri e Lys ;)

 

Tat’jana l’avevo nominata di sfuggita nel Capitolo 390, e nelle note non avevo accennato niente riguardo alla sua importanza, ma adesso l’avete conosciuta.

Ci sono due motivi per cui non vuole lasciare Nočen’ka, e li scopriremo molto presto.

Intanto, che impressione vi ha fatto?

Sembra sapere molto poco del Capitano, ma abbastanza d’Innokentij...

Senza contare che è la moglie di uno Zarista.

Qualche ipotesi?

 

A presto ;)

Marty

 

 

 

 

 

  
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