Trecentonovantaquattro
Гражданская Война
Сибирячка
Graždanskaja Vojna
Sibirjačka
La guerra civile
siberiana
Шестая
Часть
Šestaya Čast’
Parte Sesta
Credo solo al tuo
sorriso
I nostri passi che contammo di
baci mai dati
Cancellato come un numero
Dalla lista delle spese
Ma
così tanto più grande delle offese
(Shalom, Roberto Vecchioni)
-Riferito
a Feri Desztor-
[...]
Poi ti stringesti forte insieme a me
Quasi a protegger l'eco dentro di te
Delle prime parole d'amore
Io ti amo
Quando la neve di silenzio imbiancò
Tutto quel chiasso al centro della città
E le nostre parole gelò
Io ti amo
Quando l'incanto parla ancora di te
Da un quadro un'alba da ciò che non c'è
Sorridendo penso ancora di te
Che ti amo
Tanto lontana non so se sarai
Tanto vicina ascoltarmi potrai
Come me nessuno dirti saprà
Io ti amo
(Il mio rifugio, Riccardo Cocciante)
[...]
Ripetevo “non ce l'ho con te”
E non darti pena, sai, per me
Mentre il fiato si faceva fumo
Mi sembrava di crollare piano piano
E tu piano piano te ne andavi via
E chissà se prima o poi
Se tu avrai compreso mai
Se ti sei voltata indietro...
E chissà se prima o poi
Se ogni tanto penserai
Che son solo...
(Solo, Claudio Baglioni)
Krasnojarsk, 17 Marzo 1844
C'è un tempo per combattere e un
tempo per sognare
Un tempo per raccogliere, uno per seminare
E un tempo per andarsene
Ora quel tempo è mio
Arrivederci, padre illuminato da Dio
Un dio che sollevava il mare come una punizione
Per distinguere gli altri uomini
dalla sua vera nazione
Ma padre, qui c'era un popolo, piantato nella terra
E la terra non può darla Dio, ma la fame, l'amore di averla
Come mi pesa questo canto, padre, tu non sai quanto!
Ma non lo senti che è più forte la vita della morte?
(Shalom, Roberto Vecchioni)
-Come sta?-
Feri camminava a fatica,
aveva la gamba sinistra massacrata e ogni passo gli costava uno sforzo quasi
disumano, ma aveva ugualmente insistito per andare a informarsi sulle
condizioni di Jànos e Innokentij.
A Palazzo Dolokov Helga
l’aveva accolto con un coltello in mano, sibilandogli che Jàn dormiva e se lui
avesse osato avvicinarsi non avrebbe più risposto di sé, con tutto il tempo che
ci aveva messo a medicarlo e soprattutto
a farlo stare zitto, così il Capitano, costretto a stare alla larga dal
capezzale di suo fratello, aveva chiesto in giro notizie del giovane Kovalev e
di quella tale Tat’jana Romanovna Karsavina che gli aveva offerto le sue cure.
-Tanya? La ballerina? E
quel bel ragazzo ferito? L’ha portato a casa sua. Abita qui vicino, ma voi...
Anche voi siete ferito! Non
vi consiglio di...- gli disse una donna, accigliandosi alla vista della sua
gamba.
-Спасибо
за
информацию- Spasibo za informatsiyu, Grazie per
l’informazione, la interruppe Feri, liquidando l’ultima raccomandazione con
un gesto della mano.
Tanya, la ballerina.
L’ha portato a casa sua.
Abita qui vicino.
Feri rimuginò nella mente
quelle informazioni, fermandosi a leggere i nomi accanto ad ogni porta che
incontrava.
Karsavin.
Viktor Aleksandrovič Karsavin.
Doveva essere suo padre, o
suo marito.
Suo padre, più
probabilmente.
Se avesse avuto un marito,
non avrebbe portato Nočen’ka a casa sua.
Eppure...
Tat’jana Romanovna...
No, non poteva essere suo padre.
E Karsavin...
Feri quel cognome l’aveva
già sentito.
Tat’jana Romanovna Karsavina, la giovanissima
stella del Bol’šoj.
E Viktor Aleksandrovič Karsavin, lo Zarista.
Più gli sovvenivano quei particolari,
più Feri si stupiva della generosità dimostrata dalla ragazza nei confronti del
suo amico.
Innokentij Savel’evič Kovalev, un
Rivoluzionario.
Con quei dubbi bussò alla
porta.
A furia di tenerci insieme per
salvare quel che siamo
Ci mancan, padre, gli altri, gli altri
Quello che noi non siamo
Ci manca, anche se avessimo soltanto noi ragione
L'umiltà di non vincere che fa uguali le persone
E invece li strappiamo via in nome del Signore
Come sterpaglia e funghi d'acqua
Nati qui per errore
Dio come brucia questo canto, brucia
più del mio pianto
Padre, perdonami, ma è più forte la vita della morte
(Shalom, Roberto Vecchioni)
[...]
Un azzurro scalzo in cielo
Il cielo matto di Marzo e di quel
nostro incontro
Al centro tu poggiata sui
ginocchi
E vento di capelli sui tuoi occhi
Qui l'ombra cade giù dalla tua mano...
Tu guardi ma non vedi che è finita
E tra le dita non ci sono che
fotografie
(Fotografie, Claudio Baglioni)
Era una bella
ragazza, Tat’jana.
Feri la guardò
distrattamente, come guardava tutte le ragazze che non erano la sua Lys, ma capì ugualmente ch’era
bella.
Doveva avere i
capelli biondi, sì, di una tonalità molto chiara, e lunghi, raccolti sulla nuca
proprio come quelli di una ballerina, e gli occhi neri, nerissimi,
straordinariamente scintillanti.
Indossava un
vestito bianco, a Feri era sembrato bianco, e il bianco non è un colore che si
può confondere, neanche se si è innamorati di un’altra.
Un bel
vestito, all’apparenza piuttosto leggero, forse di seta, e Feri l’aveva trovato
strano, dato che la Karsavina abitava in periferia, in una delle vie più
esterne di Forradalom, e la seta era terribilmente cara, ma in fin dei conti
non ci aveva fatto poi tanto caso.
Ai piedi
aveva...
Oh, sì.
Questo Feri lo
ricordava bene.
Scarpette da
ballo di raso bianco, che al Capitano avevano strappato un sorriso, perché lui
aveva sempre pensato che Lys, con quei capelli lunghissimi e chiari come raggi
di sole, il corpicino candido e sottile e quei piedini affusolati proprio da etoile, avrebbe potuto benissimo essere
una ballerina del Bol’šoj.
Chissà
cos’aveva pensato invece Tanya, di quel ragazzo zoppicante che si reggeva a
stento in piedi e sorrideva con sguardo perso e sognante guardando i suoi, di
piedi.
-Signore... Signor Desztor, vero? Siete voi, il Signor Desztor?- mormorò
timidamente la giovane ballerina, e Feri annuì distrattamente, così
distrattamente che inizialmente non si accorse neanche che quella ragazzina
l’aveva chiamato Signore, e nessuno,
a parte proprio Innokentij, l’aveva mai considerato un Signore, e nessuno, eccetto sempre Innokentij, l’aveva mai chiamato
così.
-Feri...-
specificò solamente -Ce ne sono tanti, di Desztor-
-E voi siete
Feri- sorrise Tanya -Lo so. Vi aspettavo-
-Davvero?
Quindi Nočen’ka è qui... Ѐ
ancora qui-
-Venite
avanti, entrate, Signor Desztor. Nočen’ka... Oh, è delizioso, il vostro amico.
E poi è così bello...-
Feri sorrise,
annuendo.
-Ѐ un
eroe-
Tanya lo
guardò un po’ confusa.
-E allora?-
-Tutti gli
eroi sono belli. Anche se non sono davvero
belli. Solo per quello che hanno dentro.
Solo per
quello che fanno-
-Già... Beh,
però Nočen’ka è bello davvero-
-Certo... Ma come sta?-
-Non dovete
preoccuparvi per lui, Signor Desztor. Ci penso io... Vi assicuro che guarirà presto.
Ѐ uno
dei vostri soldati, vero? Oh,
voi siete un grand’uomo, Signor Desztor...
Ma lui è
troppo giovane, non avreste dovuto... E poi perché siete venuto a cercarlo?
Ne avete così tanti,
di soldati a cui pensare... E non potete certo pensare a tutti... Non potete,
no...
Lasciatelo ancora
qualche giorno qui con me. Vi giuro che starà bene. Per favore, Signor Desztor...-
-Feri-
-Signor
Feri...- ripeté la ballerina, smarrita.
-No, non sono
un Signore. Non io. E Innokentij non
è solo un mio soldato... Ѐ un amico, uno dei miei migliori amici.
Volevo vederlo... Siate gentile, Tat’jana Romanovna. Fatemelo vedere.
Voglio solo
sapere e vedere come sta-
-Tanya. Se volete potete chiamarmi Tanya. Davvero, non è un problema-
-Tanya... Va bene, Tanya. Ma voi... Voi...-
Ecco un’altra
cosa che Feri aveva notato di lei.
La fede.
La fede al
dito.
La fede
all’anulare sinistro, proprio come una
donna sposata.
-Quindi non mi sbagliavo...-
-A quale proposito, Signor Desztor?-
-Quanti anni avete?-
-Oh...-
Non era
affatto una domanda cortese, e in più Feri non gliel’aveva rivolta in modo
particolarmente cortese.
-Двадцать
два- rispose infine la ragazza, con un filo di voce.
Dvadtsat’ dva.
Ventidue.
Feri annuì, pensieroso.
-Siete molto giovane. Davvero molto-
Tat’jana Romanovna Karsavina, la
giovanissima stella del Bol’šoj.
-Siete voi, la
ballerina. Siete sposata, vero? Vostro marito è uno Zarista.
Non posso, non posso lasciarvi Innokentij-
La fanciulla
era sbiancata.
Del color del
suo vestito le sue gote, immobili e colmi di lacrime i suoi occhioni neri.
Bella e
triste, bella e sconvolta.
-Io... Viktor
non c’è... Voi non capite... Voi non potete farmi questo... Signor Desztor, vi prego!-
-Se vi siete
incapricciata d’Innokentij, Tat’jana Romanovna, non è davvero affar mio.
Portatemi da lui. Deve
lasciare questa casa al più presto.
Siete forse
impazzita, Tat’jana Romanovna? In casa di
uno Zarista! Uno dei miei
uomini!-
-Vi chiedo
perdono... Vi chiedo perdono, ma...-
-Gli avete
offerto le vostre cure, quindi non ho nulla da perdonarvi.
Vi ringrazio
per la vostra generosità, ma dovete capire che qui Innokentij è in pericolo.
Quanto a voi... Non vi capisco. Siete una donna a dir poco singolare, e non riesco
a capirvi...
Ma non ha
importanza. Ora portatemi da lui-
Feri la scostò
sgarbatamente e andò a cercare lui stesso Nočen'ka.
Erano troppo
complicate, le donne, le altre donne.
A lui ne era
bastata una, a portargli via il cuore.
Le uniche
donne con cui aveva avuto a che fare erano sua madre, sua sorella, la sua
Natal'ja ed Helga, la moglie di suo fratello.
Era strano,
non aveva mai avuto niente contro di loro, ma semplicemente non le conosceva.
Poteva essere che ne diffidasse, come diffidava della gente in generale, la gente troppo lontana dalla sua
Rivoluzione.
Nastas'ja
Anatol'evna Ševčenko, per esempio, non l'aveva mai capita.
Era innamorata
di lui, e gli aveva fatto tenerezza perché a lei non importava proprio niente
di quanto lui fosse terribile.
Era innamorata
e basta, e gli aveva perdonato anche troppo, come aveva fatto lui con Lys.
Era masochista
ed ingenua, come era stato lui con Lys.
A modo suo gli
assomigliava, e aveva avuto pietà di se stesso, avendone di lei.
Per il resto,
era sempre stato così: la gran parte delle donne lo temeva, e si guardava bene
dall'avvicinarsi.
A dir la verità
lo facevano anche gli uomini, ma gli uomini erano più stupidi e più presuntuosi.
Quelli che non pensavano ad evitarlo,
pensavano di poterlo fermare.
Feri sapeva
così poco delle donne, e in base a così poco non poteva giudicare.
Guardando le
prigioniere di Omsk, com’erano trattate dai carcerieri, quello che erano
costrette a subire e a sopportare, aveva capito che erano le più sfortunate.
Natal'ja Ilinična
Svetličnaja era stata gentile.
Tat'jana
Romanovna Karsavina era fin troppo misteriosa e ambigua.
Perché mai
voleva trattenere Innokentij, se era sposata e per di più con uno Zarista?
Aveva passato
con lui solo poche ore, e lui non era esattamente al massimo del suo splendore,
né, immaginava, nelle sue condizioni, doveva essere stato molto di compagnia.
Feri non le
capiva, non le capiva, le donne.
Natal'ja gli aveva fatto più male di
tutte quelle che avrebbe potuto conoscere, eppure rimaneva l'unica di cui lui
si fidasse.
Sulla terra, io e lei
Eravamo amanti e
stranieri, io e lei
(Sulla terra io e lei,
Riccardo Cocciante)
[...]
Oh, can it be
The voices calling me
They get lost and out of time
I
should've seen it glow
But
everybody knows
That
a broken heart is blind
Oh, può essere
Le voci che mi chiamano
Si perdono e fuori dal tempo
Avrei dovuto vedere un bagliore
Ma tutti sanno
Che un cuore infranto è cieco
(Little
Back Submarines, The Black Keys)
Note
Credo solo al tuo sorriso:
Ti penso e cambia il mondo, Adriano Celentano & Gianni Morandi.
Riferito a Feri e Lys.
I nostri passi che contammo
di baci mai dati: Il mio rifugio, Riccardo Cocciante.
Sempre per Feri e Lys ;)
Tat’jana l’avevo nominata
di sfuggita nel Capitolo 390, e nelle note non avevo accennato niente riguardo
alla sua importanza, ma adesso l’avete conosciuta.
Ci sono due motivi per cui
non vuole lasciare Nočen’ka, e li scopriremo molto presto.
Intanto, che impressione
vi ha fatto?
Sembra sapere molto poco
del Capitano, ma abbastanza d’Innokentij...
Senza contare che è la
moglie di uno Zarista.
Qualche ipotesi?
A presto ;)
Marty