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Autore: neme_    12/12/2012    5 recensioni
« Nessuno chiederà informazioni su di te, a meno che la tua natura non lo voglia.
Tutto ciò che accade nel giardino resta nel giardino. »

Lavi è uno scrittore di successo, Rukia un'attrice. I due, come molti altri personaggi, usano rifugiarsi in un atipico giardino chiamato Hortum Septentriones. I destini di Lavi e Rukia e degli altri personaggi si incroceranno in questo viale. Perché sono tutti cercatori.
[Crossover][LaviRuki][Altri crack pairing][Het][Yaoi][Lime][AU][Introspettivo][Possibile OOC][Slice of life]
Genere: Erotico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Crack Pairing | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, Cross-over, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Angolino: ed eccoci qua. Stavolta non ho molto da dire, cioè, è più facile leggerlo che commentarlo(?). Però posso fare qualche anticipazione! D'ora in poi la mia (in)sanità mentale peggiorerà, perché tra i provini per il film, e il minestrone GrimmIchiHimeLinaKandaPincoPancoPancoPinco riserverà parecchie sorprese. Specie Grimmjow, che mica può stare all'angolo ad osservare. E quando Kanda si smuove, le cose diventano così facili di colpo! Ah, già, farò del mio meglio per concedere qualche parola in più al boss. In fondo, cambiano l'orologio, mica roba da poco. Mi scuso, a proposito, per le continue ripetizioni sul verbo incepparsi, e su altri eventuali errori. Cercherò di rimediare.
Ringrazio, per le splendide recensioni,
Haily, HaChiElriC, Sidan, Angy_Valentine, KayeJ, zombiecch, Ookami san, Kumiko_Walker, M e g a m i, matechan! Grazie di cuore per riuscire a dedicare parte del vostro tempo per un commento!
Ringrazio di cuore
Angy_Valentine, AriCastle66, jeanny991, M e g a m i, matechan, Ookami san e Haily per aver inserito la storia nelle preferite!
Ringrazio moltissimo
JeannyMatt e zombiecch per averla messa nelle ricordate e Arsenico, HaChiElriC, KayeJ, Kumiko_Walker, M e g a m i, matechan, S h a i l a, Sidan, Tiamath e zombiecch per averla messa nelle seguite! Grazie di cuore a tutti coloro che leggono e apprezzano, e buona lettura! Aspetto i vostri commenti!





Hortum Septentriones






Dieci






Quando l'orologio si inceppa






« Questo è un giardino, di come se ne trovano in qualunque viale.
Ogni giorno uomini e donne organizzano un mercato, di come se ne trovano in qualunque viale.
Ogni giorno uomini e donne passeggiano in questo giardino, di come se ne incontrano in qualunque viale.
Ogni giorno qualcuno si perde e arriva qui, oppure ci viene di sua spontanea volontà.
Questo giardino è una casa. Per chi? Voi che venite lo sapete.
Per chiunque è alla ricerca. Di cosa? Voi che venite lo sapete.
Per chiunque.


Hortum septentriones »





« Nessuno chiederà informazioni su di te, a meno che la tua natura non lo voglia.
Tutto ciò che accade nel giardino resta nel giardino.


Nessuno è obbligato a rivelare il proprio nome.
Non è necessario sapere esattamente cosa si sta cercando.
Qualunque cosa sia, qui la si troverà.
Sicuramente.


I brividi che sentite non sono dettati dalla paura.
La vostra natura lo sa perfettamente.


È possibile organizzare particolari eventi quali concerti o feste.
Qualora lo si desideri, è possibile alloggiare per una o più notti nelle locande.
Non vi è alcun obbligo di rilasciare i veri dati personali o documenti.
Il pagamento varia a seconda delle locande.
O, per meglio dire, a seconda della natura dei rispettivi gestori.


Qualunque cosa succeda, mai chiedersi se sia giusta o sbagliata.
Il giardino non conosce queste sottigliezze.


Il giardino esiste per voi cercatori.
Qualsiasi modifica venga apportata, viene fatta per il vostro benessere.
Siamo certi che le vostre nature rimarranno soddisfatte.
Loro sanno cosa vogliono.


È presente un registro su cui è possibile rilasciare i propri recapiti.
Potete scrivere il vostro vero nome o uno pseudonimo, a libera scelta.
Il giardino si assume ogni responsabilità sulle conseguenze di ciò che lascerete trascritto.
Solo all'interno di esso, però.
Dopotutto non si smette mai di girare.


Non c'è niente di male nel voler sapere.
L'importante è essere coscienti che a volte la troppa conoscenza uccide.
A vostro rischio e pericolo.


I precedenti dei visitatori non hanno alcuna importanza.
Non nel giardino.
Quelli appartengono al mondo che lasciate fuori.


Si invitano i visitatori a non fare totale affidamento al giardino,
e alla sua stella. Può capitare che si inceppi.
Ma possono sempre aiutarlo a ripartire.
Un aiuto, uno sprono, prima o poi, ne hanno bisogno tutti. »






Lavi ferma il passo deciso appena oltrepassa i cancelli e si trova al cospetto dell'imponente orologio dell'Hortum Septentriones. Soffia forte sulle mani, tira il colletto del cappotto nero, a doppio petto, per proteggere il collo, per una volta scoperto dalla sciarpa lunghissima che è solito portare. Non sentiva particolarmente freddo, prima di uscire, ma gennaio non tarda a farsi riconoscere. La neve cade con dolcezza sulle sue spalle, sulla ghiaia, sull'orologio, su ogni cosa, in piccolissimi fiocchi che si sciolgono all'istante. Nonostante tutto, è un inverno gentile, quello che sente.

Rivolge lo sguardo all'orologio e avverte una strana sensazione, può definirlo un presentimento vago, come quando senti i brividi e ti dici “sta per succedere qualcosa”, ma non sai cosa sia, e poi, che importanza può avere? Succede sempre qualcosa, ogni giorno, in ogni parte del mondo, che tu te ne accorga o meno, non fa differenza.

Si chiede se le persone attorno a lui provino la stessa cosa quando vengono assalite da quei brividi. È un tremore che quasi spaventa, perché improvvisamente qualcosa si blocca e la prima spinta non basta a far ripartire il tutto. Nota che l'orologio gira con più scatti, come se avesse milioni di sassolini sul cammino. Sono fatti così, i brividi dell'essere umano, anche quando sono dettati dal freddo. Ogni cosa si fa assalire da un qualcosa di sconosciuto che impedisce di andare avanti, e si prova quasi vergogna a chiedere aiuto. Tutti vivono su un equilibrio precario, anche quell'enorme macchinario che risente del tempo, proprio come un bambino che nasce, cresce, invecchia. Troppo riduttivo classificare gli oggetti come “inanimati”. Risentono del tempo come tutti, hanno i brividi anche loro e si inceppano. Lavi soffre per questa insofferenza.

Torna sui suoi passi, e si dirige a passo veloce verso il bar dove è solito incontrarsi con Grimmjow. Lo vede in lontananza, mani insaccate nel giubbotto nero, e un cappuccio blu tirato sui capelli. Si vede rivolgere un veloce cenno del capo, quando viene visto, e si scambiano un veloce sorriso. Poi viene invitato ad entrare, per prendere qualcosa di caldo.

C'è molta gente, quella mattina, con lo scopo comune di bere qualcosa in un posto che non sia casa propria, ma ugualmente caldo e accogliente, sperando di colmare il vuoto interiore che ognuno sente. La clientela del giardino è aumentata, notano entrambi. Ormai ben pochi riescono a sopravvivere ignorando quella trottola forsennata. Anche se capita che si inceppi anche lei. L'accoglienza che ricevono è la solita, fatta di discrezione e movimenti leggeri, per accompagnarli ad un tavolino per due persone, a ridosso da un muro laccato di vernice verde foresta e foto incorniciate che ritraggono persone comuni intente nell'altrettanto comune azione di prendere un tè, un caffè, un dolce, o di passeggiare. Il vociare dei clienti attorno a loro appare subito lontano, mentre ordinano un caffè e un tè.

Mentre Lavi si toglie il cappotto e lo adagia sulla sedia, Grimmjow rimane con le mani in tasca, e schiocca la lingua rumorosamente. Non è giornata per lui, intuisce lo scrittore.

«Oggi non lavori?» gli chiede, con un sorriso incoraggiante. Di solito funziona, lo contagia.

Sul viso dell'altro si dipinge un sorriso sghembo e autoironico. «Mi sono dato malato.»

«Come mai?»

«Tanto non avrei fatto molto comunque. L'officina campa lo stesso se manco un giorno. Tanto, per quello che mi pagano...»

«Potresti sempre licenziarti e trovarti qualcos'altro.»

«Forse mi sono espresso male. Mi piace stare in officina, non mi pagano moltissimo, ma almeno riesco a campare. Solo che oggi non mi va. Mi sono svegliato e... bè, prendere un caffè da solo oggi non era il massimo.»

Lavi nota subito la piccola differenza nel tono di voce. «E Ichigo?»

«Ha detto che andava a scuola, ma si è dimenticato fin troppi libri per i miei gusti. Ultimamente è strano. È contento.»

«T'infastidisce pensare che sia contento per una cosa che non hai fatto tu?»

«M'infastidisce pensare che lui non mi dica perché è contento, tutto qua. Sono presuntuoso a volerlo sapere?»

Il discorso viene interrotto brevemente nel momento in cui si vedono servire caffè e tè. Nessuno dei due perde tempo, mentre Grimmjow si avvicina la tazzina al naso per pregustarsi la caffeina, Lavi riempie la propria tazza d'acqua calda e ci butta dentro la bustina di té, riemergendola ad intervalli di pochi secondi. Anche lui si pregusta la colazione e guarda con innocente desiderio i biscottini serviti sul piattino, insieme a due fette di limone.

«Mettila così. A volte è bello vivere col dubbio.»

«Per quelli come te, forse. Voi artisti ci campate con questi misteri.»

«Definirmi artista è un po' esagerato. Tra i due, il vero artista sei tu.»

«Oh, andiamo.» accenna una risatina e sorseggia il caffè, bevendolo tutto d'un fiato. Chiude per pochissimi secondi gli occhi, cercando di immaginare un piacere più ammaliante di una tazza di caffè in compagnia di una persona interessante che non si limita a sentire quello che dici, ma fa tesoro di ogni frase che pronunci, anche se non rientra nel suo punto di vista. Ma dopotutto Lavi è uno scrittore; per lui è importante ascoltare. Lo lusinga notare che abbia scelto di ascoltare lui, invece dei tanti suoi colleghi.

«Dico sul serio. Tu vivi nella maniera più autentica. Chiunque può svegliarsi la mattina, andare al lavoro e preoccuparsi del proprio coinquilino, perdendo il conto dei giorni che passano. Tu, al contrario, ti svegli la mattina, contento di essere ancora vivo, trovi due minuti per apprezzare del vero caffè, vai al lavoro non perché ci devi andare e basta, ma perché la tua natura non concepisce lo stare a girarsi i pollici o fare quei lavori che portano guadagno ma che non lasciano niente, e nemmeno quelli nei quali puoi dare il massimo, ma senza avere la possibilità di essere gratificato. Non rinunci alla tua dignità e cogli le vere cose belle della vita, che solo la tua natura sa capire a colpo d'occhio, tu l'assecondi e basta. Questo è un agire da artista.»

«E tu che cosa sei? Non sei come me?»

Lo scrittore fa cadere un paio di gocce di limone, affoga un cucchiaino di zucchero e mescola con calma. Sorride, per lui, al contrario dell'amico, è una buona giornata, anche se si sente incepparsi a causa di quei brividi, ma da tempo si è ormai rassegnato al fatto che anche quelli fanno parte del gioco, e che bisogna assecondarli.

«È innegabile che ti senta un po' simile a me. Però il fatto che io sia uno scrittore non mi include automaticamente nella lista degli artisti. Io scrivo libri e basta.»

«Libri e basta? Un “libro e basta” è quello che quando l'hai finito dici “ah, sì, bella lettura”, lo rimetti sullo scaffale e non lo ripeschi più, nemmeno per ingannare la noia di aver letto tutto. Lo sai come sono fatto, non sono il tipo che si ferma in libreria per più di cinque minuti e al cinema non sta a cercare di capire un film che tutti riempiono di fronzoli. Sono uno di quelli che si fa colpire a pelle e si fa scavare a fondo in un istante. Forse è perché tu sei riuscito a far questo che vado tanto d'accordo con te, che ti senta simile a me e che ti faccia considerare artista.»

«Allora posso cullarmi in questa certezza? Io sono come te, dunque sono un artista?» nasconde il sorriso lusingato nella tazza di tè fumante, poi ci inzuppa mezzo biscotto al cioccolato.

«Non c'è niente di male. Piuttosto, anche tu mi sembri parecchio contento.» prende anche lui un biscotto senza chiedergli il permesso, sa che con lui non serve. Aspetta con calma che Lavi mandi giù tutto e si pulisca le dita leccandosele.

«Faranno un film su “Harriet”.»

Grimmjow spalanca gli occhi, e subito gli rivolge un sorriso estasiato. Come se non fosse mai stato di malumore per un ragazzo sfortunato che tutto ad un tratto lo sta tenendo fuori dalla sua vita. «Scherzi?»

«Domani assisterò ai provini per la parte della protagonista.» gli rivolge un occhiolino.

«Porca puttana! Complimenti! Spero solo che non lo stravolgano. Capita con fin troppi film.»

«Penso che li farò dannare un bel po'.»

«Andrò a vederlo comunque, poco ma sicuro. Mi porto pure Ichigo.»

«Ma lui odia i miei libri.» addenta un altro biscotto.

«Non si è mai sforzato di leggerlo veramente. Magari con il film va meglio. Ho scoperto che è più interessato alle pellicole, che ai libri. E a qualcos'altro che io non riesco a sapere cos'è.»

«Dagli tempo, è in una situazione particolare.»

«Pensavo che nutrisse più fiducia in me.» Lavi lo guarda con un misto di stupore e malinconia. Solo lui sa quanto Grimmjow si sia impegnato per non far mancare niente a Ichigo, che vive in un mondo tutto suo, controvoglia. Sicuramente quel ragazzo sogna una vita senza allucinazioni che lui scambia per fantasmi e senza aver paura di sentirsi male, di soffrire troppo i raggi del sole, di non farsi dire continuamente “come sei pallido, ma mangi come si deve?”. Se Ichigo si tiene distante, avrà sicuramente le sue ragioni, ma è proprio questo che Grimmjow non sopporta, perché in realtà lui, che sembra un re, uno che non deve chiedere mai, teme la solitudine. Che razza di re è, uno che governa da solo, uno che non ha nessuno da guidare? Grimmjow capisce bene, come un artista che vive con naturalezza farebbe, che è Ichigo che gli riempie un po' quel buco allo stomaco. Grimmjow odia incepparsi, perché comprende che le prime spinte che dà non sono sufficienti a ripartire. Lavi vorrebbe aiutarlo, davvero, ma sa che non può prendere il posto di Ichigo. Spera per lui che il giardino riesca ad aiutarlo a ripartire. Tanto anche l'orologio comincia ad incepparsi. Due anime inceppate si aiutano meglio di chiunque altro.

Linalee passeggia da sola lungo i viali ciottolati del giardino. Le scarpe col tacco, che solitamente indossa sempre con orgoglio e disinvoltura, questa volta le procurano un po' di male. Mentre vede le bancarelle, le persone, stagliarsi accanto e davanti a lei, riepiloga tutta la sua vita precedente. Vorrebbe dimenticarla, ma è obbligata ad affrontarla, di tanto in tanto, e convincersi che quella non era lei, che la vera Linalee sia nata nel momento in cui ha messo piede nel giardino. Ripensa ai suo primi anni di vita, a parecchi chilometri di distanza, chiusa in un villino con altre tre persone; sua madre, suo padre e suo fratello maggiore, Komui. I loro genitori non erano mai a casa, per lavoro, ma era sicura che ci fossero anche altri motivi legati ad un'evasione che entrambi volevano vivere per poche ore, non sopportando l'abitudine di una famiglia. Quando le cose si fanno troppo facili, l'uomo raramente è contento.

Cercavano di farsi perdonare le rispettive mancanze alla figlia con regali. I più gettonati erano le scarpe, graziose come dovevano essere quelle di una signorina, mentre suo fratello preparava la cena, le raccontava una favola per addormentarsi e le teneva la mano finché non si addormentava. Tuttavia Komui, troppo giovane all'epoca per potersi improvvisare genitore, combinava sempre qualche pasticcio casalingo. Più volte i pasti si rovinavano o si bruciavano e dovevano adattarsi con cibi precotti, ma accanto a lui avevano comunque un buon sapore. Un documentario non era affatto noioso se c'era suo fratello a commentare o a spiegarle ciò che non capiva. Un vestito diventato magicamente di un altro colore a causa di un miscuglio disattento nella lavatrice diventava per lei un accessorio con cui ricordare quei momenti e ravvivare il proprio guardaroba senza spendere. Tutto questo i suoi genitori non potevano saperlo, e come tutti gli adulti, vedono nei bambini esseri talmente innocui e fantasiosi da non poter trovare la solitudine un nemico rimpiazzato da un compagno immaginario, e di rallegrarli viziandoli. Linalee ha sempre nutrito un disprezzo di fondo per suo padre e sua madre, che invece di colmarle un vuoto le hanno instillato un'ossessione, quella per le scarpe.

I suoi primi tacchi li aveva indossati a tredici anni, dopo l'improvvisa morte di suo fratello. Le aveva insegnato alla buona come cucinare, lavare, stirare e occupare il tempo da sola, ma lei non riusciva ad abituarsi. Cucina decisamente meglio di lui, ma allora i suoi piatti rimanevano sempre insipidi. Non aveva più guardato un programma in televisione e i vestiti preferiva affidarli ad una lavanderia, così poteva andare indisturbata nei negozi a spendere tutto nelle scarpe. Per un'adolescente i regali non bastano più di tanto, darle dei soldi le dà l'illusione di essere indipendente e libera da un'ombra, che cammina sotto i propri piedi e ci si accorge della sua presenza solo grazie a strani giochi di luce che la rendono mostruosamente più grande, o la fanno trovare accanto, e spaventano con il loro constatare che ci sono sempre. Comprare delle scarpe con il tacco aveva dato a Linalee l'illusione di essersi tolta il loro peso, si sentiva più leggera e i piedi davvero contenti. Era stata lei ad accontentarli comprando quello che preferiva. Ebbe la sensazione che suo fratello la stesse accarezzando.

Ormai di paia di scarpe ne aveva a dozzine, quasi tutte con il tacco. Non trovava altro modo per sfogarsi e colmare un desiderio dettato da uno sconosciuto che albergava dentro di lei, e che non era l'ombra dei genitori. Ormai le scarpe che acquistava erano dotate di vita propria. L'avevano spinta a staccarsi dai genitori e di trasferirsi per frequentare una città nuova, una scuola differente, un dormitorio con persone, credeva, simili a lei. L'avevano spinta verso il giardino. Loro sapevano già cosa cercava Linalee e adesso continuano ad accompagnarla nella sua ricerca, e il riepilogo sulla propria vita non è più così pesante, grazie ai piedi coccolati da insani acquisti, ad un giardino pieno di anime come lei, ad Orihime, una ragazza come lei in tutto e per tutto, che tenta di riempirsi di una vita che a loro è mancata. Chissà chi era stata Linalee, in quella vita precedente.

Incrocia il banco delle statuette di vetro, il ragazzo che le realizza è intento a impacchettare qualcosa per una coppia, mano nella mano, felice e innamorata. La sua espressione però non presenta nessun segno di tenerezza nei confronti di amori tanto semplici, e dice un “grazie” stentato. Orihime parla sempre di lui, ne è rimasta affascinata come pochi, e Linalee non può che essere d'accordo con lei, almeno dal punto di vista fisico. È un ragazzo, ma dotato di lineamenti tanto delicati, e di capelli così lunghi, curati e ordinati, che alla lontana è facile scambiarlo per una donna. Veste in maniera così formale e anche monotona che è difficile dire cosa gli piaccia e se gli piaccia davvero. Sembra che la sua unica ragione di vita sia realizzare statuette. Sono davvero belle, ne ha già acquistata una. Ma si chiede da cosa esattamente la sua amica sia affascinata. Forse parlando con lui lo capirà, pensa. Così gli si avvicina, lui la osserva di rimando ma non si scompone, se ne frega, o almeno così lei interpreta il suo repentino abbassamento di sguardo.

Per vari momenti ci sono silenzi. Al contrario della sua amica, Linalee non fa finta di guardare le statuette e di dedicarsi allo shopping. Fissa lui e cerca di incrociare i suoi occhi blu oltremare per carpire quel qualcosa che Orihime ha notato. Lui però non si lascia guardare, e lo fa con una naturalezza tale da spaventare e indietreggiare al suo cospetto.

Capita che Kanda sorprenda, quando è di buonumore. Quel giorno è decisamente di buonumore, perché ha completato l'orologio finalmente, e funziona che è una meraviglia. Nulla paragonato ad Alma, pensa, perché con Alma non può esserci confronto alcuno. Quella statua è praticamente lui, il pezzo mancante, bellissimo e fragile, ma immortale. L'orologio, invece, l'ha realizzato secondo la natura del fondatore, per quanto ha potuto conoscere di lui. In questo caso, si è limitato ad estrapolare la natura di quell'uomo che nessuno, eccezion fatta per lui e Shinji, conoscono. Potrebbe rivelarsi un errore, perché le domande sul fondatore sono tabù e un'esposizione sì indiretta ma al contempo palese potrebbe svelare molte cose. Però Shinji, vedendo l'opera completata, si è detto più che soddisfatto, ed è sicuro che il boss apprezzerà. Invece di abbondare coi complimenti ironici, come di consuetudine, è rimasto zitto ad ammirare e a farsi cogliere da brividi che non aveva mai avuto in vita sua. Avrebbe anche pianto, forse, poiché lui conosce davvero intimamente il fondatore e ha dunque capito a fondo quel ritratto tanto atipico che gli è stato fatto. In ogni caso, il lavoro è piaciuto e si è concluso nel migliore dei modi, Kanda non può che esserne contento. E quando è felice, sorprende.

«Non c'è la tua amica oggi?»

Linalee alza la testa di scatto, sorpresa dalla domanda. Non ha lo sguardo di chi si preoccupa per qualcuno. Ad ogni modo, felice che le abbia rivolto la parola, risponde. «Ci vediamo stasera, qui, per vedere gli artisti di strada.»

«Ah.»

«Tu non ci vieni?»

«Non mi interessa.»

«Sei sempre inchiodato qua? È un peccato. Il giardino bisogna viverlo.»

«Guarda che già ci vivo.»

La ragazza inarca un sopracciglio. Lui le indica un piccolo appartamento poco distante, modesto, e la guarda come se la stesse prendendo in giro. «Io vivo là.»

«Oh. Ehm...» arrossisce, spera non troppo, si porta una mano sulla bocca in segno di profonda vergogna. «Scusa... non sapevo che...»

«È così strano?»

«Bè, sì... perché vivi qui? Non hai un posto dove stare?»

«È questo il mio posto.»

«... anche per me.» accenna un sorriso, rincuorata dal fatto che anche lui viva appieno quel posto e che lo percepisca come una necessità primordiale. «E per Orihime.»

«La tua amica?»

«Sì. Io sono Linalee.»

«Kanda.»

Il ragazzo si vede allungare la mano, un gesto spontaneo che sul momento lo spiazza, come il sorriso che accompagna lei. La mano è tesa come se una bambina si aspettasse una caramella per premio. Resta lì, sorridente, e non si muove di un millimetro. Si trova costretto a rispondere al saluto, e afferra lentamente la mano. La stretta diventa subito salda, e anche la sua, per non avere nulla da invidiargli.

Il sorriso si allarga e Linalee, poco prima di tornare a passeggiare per far contenti i propri piedi, adornati con quelle belle scarpe col tacco, riformula l'invito in una forma più cortese. «Stasera vieni comunque. Non ci sono solo gli artisti di strada e casa tua, sai? Orihime sarà contenta di vederti, e, bè, anch'io. Se poi non vuoi, non importa, ma facci un pensierino. Questo è il posto di un sacco di gente.»


~ Ore 22.00 ~


Ichigo è felice e al tempo stesso no. La felicità è dettata dalla corrispondenza con Orihime che si è prolungata per alcuni giorni, fino a giungere ad una svolta decisiva, importante, fondamentale per uno come lui che sogna di essere normale. Non sa ancora da dove abbia tirato fuori il coraggio, se ci ripensa, ma è riuscito a combinare un incontro con lei, utilizzando una banale scusa, come farebbero i ragazzi della sua età. Finalmente respira la normalità.

«Stasera ci sono gli artisti di strada al giardino.»

«Già, me l'ha detto Linalee. Io vado a vederli con lei.»

«Ah, capisco. Peccato.»

«Perché, non ti piacciono?»

«No, mi piacciono, è questo il punto. Sono stato battuto sul tempo. Avrei voluto... invitarti ad andare a vederli.»

«Oh... che pensiero carino, Kurosaki! >V<
Bè, ma puoi venire lo stesso, no? Così parliamo senza cellulari in mezzo.»

Più che un invito, è stato un salvataggio in extremis, ma gli è andata di lusso comunque. Per ore è stato ore davanti allo specchio per scegliere cosa indossare, se Grimmjow lo avesse visto, gli avrebbe riso in faccia. Ma vuole fare bella figura con lei, così ha deciso di rinunciare a cappelli e cappucci, di scoprire un po' di pelle chiara, di sorridere senza vergognarsi di mostrare i canini, e se quegli spiriti fastidiosi attorno a lui chiacchierano, li ignorerà senza tanti complimenti. Ne varrà la pena, senza dubbio.

Ma ecco, dunque, la nota dolente: Grimmjow. C'è anche lui, interessato allo spettacolo, e sa che allontanarsi da lui sarà difficoltoso. Il guaio è che, proprio ora che si avvicina il momento decisivo, non sa cosa fare, se rinunciare alle cure di chi c'è sempre stato e ci sarà, o buttarsi a capofitto nelle braccia di una donna che non lo conosce appieno, sebbene abbia espresso il desiderio di farlo. Proprio come un parassita, si tira indietro fino all'ultimo. Si sente di peso per Grimmjow ma senza di lui si sente completamente indifeso, poiché lui lo completa. Non può dimenticare di punto in bianco ciò che li ha legati e gli sforzi per andare avanti. Una figura con la sua stessa faccia, molto più pallida però e con un sorriso malizioso, gli intima di darsi una mossa a decidere. Tra i tanti fantasmi che vede, è certamente il più fastidioso. Gli dà continuamente dell'incompetente, del debole, che si atteggia a re quando nel suo destino è scritto che sarà sempre il destriero che lo porta in groppa.

Ichigo non ci sta. Lui esiste, ora se ne rende conto, perché nel proprio essere sente una cosa che si muove, gira senza sosta ed è animato da desideri innocui, normali, umani. Non è un fantasma, merita di vivere, farsi coccolare quando serve e farsi trascinare dal girotondo quando non riesce a resistere. Fa un respiro profondo grazie al quale il fantasma si arrende, sempre sorridente, fiducioso di altre occasioni future, e si fa da parte. Poi tira la manica del giacchetto di Grimmjow.

«Vado a prendere da bere.»

Non gli dà il tempo di ribattere che sguscia subito nella folla, passa davanti a Renji e Allen, intenti a lavorare con il sottofondo dei soldi buttati nel cappello -un suono che all'albino piace molto- si avvicina di sfuggita ad un bar ma resta davanti all'entrata. Si guarda attorno nervoso, si porta le mani tra i capelli, controlla che non ci sia niente di spiegazzato.

La vede spuntare fuori all'improvviso. È bellissima, nel suo giubbotto bianco, con un cappotto in finta pelliccia, nei suoi blue jeans racchiusi in stivaletti bassi con altra finta pelliccia, dai toni pastello. Lo saluta con un cenno della mano, un sorriso, sembra così felice di vederlo. Si scosta dalla fronte alcuni ciuffi di capelli, lunghissimi e di un colore brillante, soprattutto al buio. In sua compagnia c'è un'altra ragazza, Ichigo la riconosce. L'ha incontrata di fronte alla bancarella di Kanda, avvicinandola per capire qualcosa di Orihime. Si era comportato da vile quella volta, se ne vergogna ancora, e sa una parte gli dispiace non riuscire a stare solo con quella persona, dall'altra è contento, perché ha modo di riscattarsi e scusarsi nei confronti dell'altra.

Linalee ha un sussulto non appena lo vede. Si ricorda benissimo di lui. Un ragazzo dai lineamenti rudi, ma belli a suo dire, anche troppo, e con uno sguardo gentile. Le rivolge un sorriso tenue e un po' timido. Spera di non arrossire.

«Kurosaki, lei è la mia amica...»

«Linalee Lee. Mi ricordo di lei.» un altro sorriso, e la ragazza è pronta a giurare di avere il cuore prossimo all'esplosione. È come se non capisse più nulla all'improvviso. Il viso di quel ragazzo le ricorda qualcosa di lontano, affetti dimenticati che avrebbe voluto, le attenzioni di suo fratello, le prime scarpe acquistate per conto proprio. Trova incredibile come le sia bastato vedere che si ricorda tanto bene di lei per farla tornare innocente, spensierata, allegra.

«Vi conoscete?» Orihime è piacevolmente sorpresa. Si rivolge alla sua amica senza nemmeno immaginare il groviglio che la sua natura affronta in quel preciso istante.

«Sì...» dice sbrigativa lei. Gesticola troppo per i suoi gusti, ed evita di far intendere che è imbarazzata. «Da Kanda, cioè, davanti al suo banco, io ero là e per caso c'era anche lui, ehm...»

«Ichigo Kurosaki.» conclude lui. In realtà lei il nome lo ricordava benissimo, ma l'emozione l'ha beffata e l'ha fatta passare per una smemorata.

«Ichigo, sì, certo, ecco... Ichigo.»

«Che bello!» Orihime batte le mani e prende sottobraccio i compagni. Il ragazzo viene colto alla sprovvista di fronte a quei gesti che solitamente espone solo a Grimmjow, ma nel momento esatto in cui inspira l'odore della ragazza, si dimentica volentieri del resto. Anche Linalee ha un buon profumo, pensa. Si preannuncia una serata felice, finalmente.

«Andiamo a bere qualcosa tutti insieme?»

Entrambi accettano l'invito. Entrano nel bar subito davanti, semi deserto dal momento che sono tutti fuori ad assistere allo spettacolo. Si erano visti con l'intenzione di vederlo, ma tutti e tre, ne sono consapevoli, hanno deciso di assecondare qualcos'altro. Ci sono pochissimi clienti seduti attorno a tavolini e divanetti, e due di loro, appostati accanto all'entrata, rivolgendo lo sguardo di tanto in tanto sulla finestra, cattura l'attenzione di Orihime, che con discrezione li indica.

«Quella è Mai Shirafune! L'ho vista diverse volte qui! È bellissima, vero?»

«Dici l'attrice?» l'amica presta più attenzione e qualche momento dopo le dà ragione. «Oddio, è proprio lei!»

«Quanto vorrei chiederle un autografo, ma mi vergogno da morire...»

«Posso chiederlo io, se vuoi.»

Non si accorgono di Rukia che li ha notati, ha visto come l'hanno guardata, e sorride divertita a Lavi, il quale assiste alla scena addirittura intenerito. È curioso vedere come le persone possano idealizzare tanto una persona da vergognarsi di rivolgerle la parola. Lui, essendo scrittore, vive la situazione in maniera leggermente diversa. Le persone che ricordano un viso ritratto nel retro della copertina di un libro sono inferiori rispetto a chi ricorda la protagonista di un film, ma quelle volte in cui viene riconosciuto, o si presenta come l'autore di un proprio titolo, assiste a rossori e balbuzie davvero buffi. Fosse per lui, risparmierebbe a quei ragazzi l'imbarazzo e le figuracce e andrebbe personalmente a porgere un autografo di Rukia. Ma lei non si muove di un passo, dedicando la propria attenzione alle sue mani, e capisce che non è il momento adatto, forse più tardi. E guardandola, non può che dar loro ragione; la trova incantevole, e la bellezza attira ma ha anche qualcosa che incute timore, in un'altalena devastante di sensazioni. È come innamorarsi e dire rassegnati “è troppo bello per me”.

Linalee ha avuto la sensazione di cadere, una vertigine spaventosa, ma non per lo stesso motivo di Lavi. Se un tacco si rompe e si inciampa su di esso, dev'essere questo che si prova. Il modo con cui Ichigo si è esposto per Orihime in qualche modo la inceppa e non sa come ripartire. Lo guarda e si domanda se non sia di troppo, in quel quadretto. Però vuole conversare con lui e conoscerlo comunque, è questo che le detta la natura, e se le scarpe si rovinano, basta riacquistarne di nuove. E poi non vuole essere tanto sciocca da provare invidia per una cortesia. Dopotutto, lui si è ricordato di lei. Qualcosa deve avergli lasciato.

«Non ci pensare, Kurosaki. Grazie del pensiero, ma sai che imbarazzo! Piuttosto, il ragazzo che è con lei... sono sicura di averlo già visto da qualche parte...»

«Aspetta, ora che ci penso, ho visto una sua foto sul giornale stamattina, ed era anche in TV... ah, ma certo, Deak! Lo hanno intervistato perché fanno un film tratto dal suo libro.»

«L'autore di Harriet?» domanda Ichigo, stavolta guardando Linalee. Subito ha la sensazione di aver ripreso l'equilibrio, e ciò la sprona per esporsi.

«Sì, proprio quello! Ti piace?»

«Grimmjow...» si corregge subito, per non dare l'idea di essere un parassita. «Un mio amico ha tutti i suoi libri, ma io non riesco a leggere più di due pagine. Non so dire se mi annoia o se lo trovo troppo difficile. Forse la seconda, perché una cosa difficile annoia presto.»

«Ah... capisco.»

«A me piace, l'ho letto appena uscito in libreria. Sono così contenta che ne facciano anche il film! Sarà senz'altro bellissimo! Andiamo a vederlo tutti insieme, Kurosaki?»

Ci sono momenti in cui l'orologio sembra rotto e bisogna cambiarlo, quando si è solamente inceppato ed ha bisogno di più tempo per ripartire. Grimmjow si sente un tale groppo alla gola, all'orgoglio, che stenta a riconoscersi. Orologio, orgoglio, suoni troppo simili per non farci paragoni. Non si era sentito minimamente in colpa nel ritrovarsi a seguire Ichigo, per controllare che non facesse pazzie, ovviamente. Oggi la sua natura si è inceppata troppe volte, e proprio quando stava per rassegnarsi ad essere contento per quel ragazzo, compare la causa di tutti i problemi. Quella lì non si è fatta gli affari propri e ha trascinato Ichigo in un mondo che non gli appartiene, che non può vivere con colori normali, ha bisogno che lui gli dia la tavolozza giusta per disegnare. E non solo lo trascina dove vuole, lo invita al cinema per vedere un film a cui tiene. Ichigo non ha mai letto con impegno i libri di Lavi e aveva pensato che il cinema fosse l'occasione migliore per sentirselo più vicino ed indispensabile, fargli capire che in Deak, come lo conosceva lui, non c'era niente di terribile e al momento opportuno farglielo conoscere, e poi chissà, avrebbero passato le giornate insieme a bere qualcosa. Ed invece quella lì stava cercando di soffiargli il posto, la sua natura di re, colui che guida gli altri, non lo tollera. E quell'altra che accidenti vuole, per guardare il ragazzo in quella maniera attenta?

Sente di dover fare qualcosa, ma l'inceppo dura più a lungo del previsto. Ha bisogno di una spinta, ma quella di solito gliela dà proprio Ichigo con il suo cercare aiuto da lui. Si accorge di Lavi, in dolce compagnia, ma non lo saluta, non ha tempo e modo di badare a lui e l'altro fa lo stesso. Entrambi sanno rispettare i propri tempi e spazi, tra loro funziona così. Però si aiutano, quando le circostanze lo permettono, anche indirettamente.

«Rukia, può dirmi che ore sono?»

«Uhm? Le dieci e venticinque.»

A Grimmjow basta sentirlo per riprendersi; è tardi. Deve muoversi. Muove il primo passo e in quel momento qualcuno lo supera. Un viso noto a molti, che si mostrano sorpresi nel vederlo in un luogo diverso dalla solita bancarella sulla quale espone i propri pezzi. È diretto verso i il trio di Orihime, gli sta dando le spalle e non può accorgersi di lui. Linalee invece lo nota e fa per salutarlo, non viene ricambiata però. Kanda si dirige dritto al bancone del bar e fa l'ordine. Adesso l'angolazione è giusta, sembra fatta apposta. Lei lo vede e si inceppa nel farlo. Ha in mente molte cose da dirgli ma non riesce a dar loro voce. Allora si avvicina, con la scusa di ordinare.

Non sa che in questo modo blocca Ichigo, che in questo modo si sente sostituito e tradito. Poi pensa che invece di correre a lamentarsi da Grimmjow sarebbe meglio agire e riprendersela, ma non riesce a fare alcunché, non vedendo il capo della ragazza che si volta a destra, e i loro sguardi si incrociano. Lui ostenta un'espressione di superiorità e questo gli fa sperare che lei scappi via intimorita. Ma non avviene niente di tutto questo.

«Che ci fai qui?» gli viene chiesto.

Lui sorride. Quando è di buonumore, Kanda sa anche sorridere, ed oggi è decisamente una giornata buona.

«Ciao, Orihime.»

«C-ciao...»

Al ragazzo viene porto un cocktail e, dopo aver pagato, si volta, guardando con noncuranza la marmaglia che vede attorno. Lei esplora con lo sguardo a sua volta, in cerca d'aiuto. Aveva tante cose da dirgli, ma ora, non sa neanche spiegarsi perché, non riesce a dire alcunché. Ichigo guarda la scena come disorientato. Quasi si spaventa quando sente la mano di Linalee posarsi sul suo braccio. Anche lei non riesce a nascondere l'improvviso vuoto che sente. Gli rivolge un sorriso amaro, solo lui può comprenderlo.

«Andiamo da loro.» ha capito, evidentemente, che lui tiene alla presenza della sua amica. Un po' la ferisce, questo, perché sperava in un interesse reciproco, ma è chiaro che non è lei la persona che cerca. Il manifesto del giardino avverte distintamente su questo punto. Non sempre si raggiunge la meta al primo colpo. Ma è possibile cogliere il fallimento per ripartire, cosa che fanno i due. Quando non si è da soli, è più facile far ripartire un oggetto difettoso.

In quel momento Kanda si stacca dal bancone, e alla domanda su dove stia andando, con un malcelato perché, non risponde. Si limita a dare un'occhiata parzialmente nascosta dalla frangia, Orihime lo interpreta come un “ci vediamo”. Sicuramente si sbaglia, ma per una volta vuole cullarsi nelle illusioni di qualsiasi sedicenne.

Oramai non può sentire le parole del ragazzo, stavolta rivolte alla sua amica. Nemmeno Ichigo ci fa caso, ha riacquistato quel poco di sicurezza che ha per sorridere e dedicarsi alla birra che hanno ordinato per lui. È bello farsi guidare dall'istinto ogni tanto, si dice.

Linalee decide di distrarsi focalizzandosi su Kanda. «Mi fa davvero piacere vedere che hai deciso di venire. Perché non ti fermi con noi? Sono persone per bene.»

«Ho da fare.» le risponde, poi si sporge di poco su di lui con fare indagatore. «Sei proprio strana, tu.»

«Come?»

«Perché non ti metti delle scarpe da ginnastica o delle ballerine, di tanto in tanto? Se vai avanti così, perdi l'equilibrio e cadi.»

La ragazza rimane come pietrificata, o forse, in questo caso, è meglio dire che è diventata di vetro. Perché ha avuto la sensazione di essere una di quelle statuette bellissime che realizza lui, e di essere stata scrutata dentro. Lui ha visto benissimo quanto precario sia il suo equilibrio, dal momento che dentro ha un turbinio di cose che rischiano di farla sbandare. Lui l'ha capito al primo sguardo. Vorrebbe piangere per la felicità.

«Sto bene così.» gli dice, seppur non ne sia pienamente convinta sul momento.

«Non è poi così male avere i piedi per terra.»

Riesce a leggerle dentro con una facilità inquietante. Le viene da piangere per quanto sta vivendo, era da tanto tempo che non si sentiva compresa a tal punto. Qualche lacrima effettivamente le scappa, e se ne rende conto, lui è sbalordito, si calma subito, certo, ma è evidente che non sa come comportarsi di fronte alle lacrime di una donna. Vorrebbe suggerirle di lasciare un po' a riposo quei piedi piccoli e all'apparenza fragili, ma ha l'impressione che così peggiorerebbe la situazione e non sa cos'altro dire. Per qualche secondo, non si parlano, e a volte è proprio di questo che ha bisogno l'essere umano, del totale silenzio, per poter respirare come si deve.

«Ci vediamo.» così chiude il discorso. Non sa se seguirà il suo consiglio e, onestamente, nemmeno lo dovrebbe riguardare. Tuttavia, vivendo in un posto come l'Hortum Septentriones, si è reso conto di essere anche lui soggetto ad una strana forza dominante, che ha molti nomi quali istinto, natura, ego, inconscio. In fondo, è un essere umano anche lui, e non è totalmente indifferente a questa dolce padrona. C'è anche da dire che più di chiunque altro, non sopporta le persone che restano indietro per piccolezze, non sono che un peso, e lui delle persone che non riescono ad avanzare non se ne fa niente.

Linalee si sente più tranquilla ora, purificata. Sorseggia gli alcolici che le passano senza preoccupazioni, ride, scherza, abbraccia Orihime, parla con Ichigo, si diverte in loro compagnia. Si sente ancora funambola, ma riesce a viverla meglio, cogliendo il brivido come un'occasione e non come un ostacolo che le impedisce di avanzare. Quanto vorrebbe che le persone incontrassero un uomo come Kanda, il quale è riuscito a guardarla dentro con tanta semplicità. Si domanda come ci possa essere riuscito. Non può sapere che quel ragazzo ha creato un orologio da un materiale delicato, ma che non si inceppa mai, di fronte a niente.

   
 
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