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Autore: Midori_chan    12/12/2012    2 recensioni
[Venezia, 1600] *Partecipante al contest "Tra le calli di Venezia"
Si era sempre considerato intelligente, tanto che se fosse nato in una famiglia ricca avrebbe azzardato la professione medica, ma non c’era futuro per lui, figlio del Canal Grande. Un vecchio uomo lo aveva preso a lavorare, quando era più piccolo, inconsapevolmente si era tuffato in un lavoro vergognoso, ma che gli permetteva di mangiare e dormire al caldo.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Epoca moderna (1492/1789)
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Autore: Midori_chan
Titolo: Per dodici denari. Uno dei tanti, uno dei troppi.
Genere: Introspettivo/Drammatico/Storico (lieve)
Avvertimenti: Violenza (lieve)
Sezione scelta: Introspettivo/Drammatico
Riassunto: Si era sempre considerato intelligente, tanto che se fosse nato in una famiglia
ricca avrebbe azzardato la professione medica, ma non c’era futuro per lui, figlio del Canal Grande.
Un vecchio uomo lo aveva preso a lavorare, quando era più piccolo,
inconsapevolmente si era tuffato in un lavoro vergognoso, ma che gli permetteva di mangiare e dormire al caldo. 
Note: Scritto di getto dopo una bella ricerca storica, frutto di tre/quattro ore di scrittura.
La cosa che più mi dispiace di questa storia, ma che forse mi piace di più, è di non sapere nulla o ben poco del protagonista.
Neanche il nome, come se fosse uno dei tanti, uno dei troppi.
 

 
 



Per dodici denari…
Uno dei tanti, uno dei troppi.

 
 

-Allora, bastardo, che ci facevi in casa di quell’uomo?-
-Sarei un bastardo?-, sorrise l’uomo, un eccesso di tosse lo costrinse a piegarsi in due.
-Ah, non fare il finto tonto, so riconoscere i ladruncoli come te-, la guardia gli parlava dritto in faccia, goccioline di saliva venivano schizzate fuori dalla bocca ad ogni parola.
-Mi ha invitato lui-
Il cazzotto allo stomaco lo colse di sorpresa, la sua visuale era limitata al faccione grasso ed unto della guardia e non poté vedere l’uomo caricare il colpo.
Tossì e contò mentalmente il ventitreesimo cazzotto allo stomaco, se fossero andati avanti così sarebbe morto.
-E’ stato l’uomo ad invitarmi-, respirò affannosamente.
-Tu volevi rubare in casa di quella brava persona, per questo ora sei in prigione. Ripetilo! -, il grasso indietreggiò, con le mani si rialzò la cintura delle braghe.
-Quell’uomo mi ha invitato a casa sua-, un altro cazzotto.
Ventiquattro.
-Non potete trattarmi così-, tossì sangue.
-Ahah, possiamo eccome-, l’omaccione afferrò i capelli chiari del ragazzo e lì tirò indietro in modo da esporre il collo.
-Ora ripeti-, una lama lo punse.
-…-
Una gocciolina di sangue disegnò una linea sottile sulla pelle pallida.
-…volevo rubare-
-Benissimo-, soddisfatto della confessione, il vecchio gendarme lasciò la stanza, abbandonando il giovane con i suoi dolori.
Aveva i muscoli addominali tesi per via della scomoda posizione in cui era stato legato, la leggera sedia in legno scricchiolava e se non stava attento si sarebbe potuta rompere; così doveva pesare maggiormente su i piedi, come se fosse eretto sulle gambe.
Era uno sforzo fisico enorme, visto che si trovava in quella posizione da due ore.
Con tutti gli squilibri sociali, le lotte contro la chiesa e la mancanza del Doge1,  un poveraccio come lui non avrebbe avuto giustizia, le guardie spadroneggiavano in quel momento di tumulti.
 
Si era sempre considerato intelligente, tanto che se fosse nato in una famiglia ricca avrebbe azzardato la professione medica, ma non c’era futuro per lui, figlio del Canal Grande. Un vecchio uomo lo aveva preso a lavorare, quando era più piccolo, inconsapevolmente si era tuffato in un lavoro vergognoso, ma che gli permetteva di mangiare e dormire al caldo.
 
-Quanto ti devo, mio angelo?-
-Dodici denari2-, si stava rivestendo con calma, la maglia di lana pizzicava leggermente, ma il freddo pungente della stagione la rendeva necessaria.
Era voltato di schiena al letto, aspettava il suono tintinnante del denaro, gli sembrava sempre opportuno lasciare gli uomini con i loro borsellini in mano in privato, senza starli a guardare come un’aquila con la sua preda.
-Dodici denari?-, il suono della domanda lo incupì, era sicuramente arrabbiato.
Non fece in tempo a voltarsi che l’uomo lo afferrò alla vita, buttandolo sul letto di malo modo; gli fu sopra, sopraffacendolo con il suo peso e lo colpì con un pugno tanto forte  in viso da farlo svenire.
 
Così che si era ritrovato in quella squallida stanza del Palazzo Ducale per essere giudicato, ma sapeva che non ci sarebbe stato un vero e proprio processo.
Aveva confessato, anche se costretto e nessuno aveva voglia di perdere tempo a cercare l’innocenza di un uomo qualsiasi, di un uomo che si vendeva per denaro.
La guardia tornò dopo una decida di minuti con altri due al seguito, vestiti di tutto punto, come se stessero accompagnando un personaggio importante, solo per dimostrare il loro potere.
Venne trascinato fuori e portato direttamente verso le prigioni.
Il pesante cancello che separava Palazzo Ducale al Ponte dei Sospiri3 era davanti al ragazzo.
Dall’altro lato sarebbe stato un uomo finito, dentro per chissà quanto tempo, visto che la sua pratica non esisteva e non c’era una vera condanna su di lui.
Dentro finché il palazzo stesso non fosse crollato, probabilmente, ma quanto sano di mente per tornare alla vita?
-Non ruberò più, Signore, lo giuro. Lasciatemi libero, vi pagherò con tutto ciò che volete-, si era ridotto a pregare, a supplicare davanti i ciccioni e arricchiti gendarmi.
-Non mi interessa la merce che vendi, l’uomo che ha chiesto di buttarti in prigione ci ha già pagato bene-
Il giovane vedeva inevitabile l’avvicinarsi del cancello e della sua fine.
Chiuse gli occhi, mentre continuavano a spintonarlo verso il Ponte.
Lo faceva impazzire l’idea che l’ultima cosa che avrebbe visto della sua amata Venezia fosse un ritaglio del rio sotto al Ponte, magari una gondola con una signora elegante e nulla più. La stessa sorte, la stessa vista di un qualsiasi criminale.
-Vi prego, vi prego, vi scongiuro-, si dimenò.
-Ora basta, ladruncolo che non sei altro, la giustizia sta operando!-, il gendarme gli puntò contro la pistola, il sorriso sul viso grasso, deformato dal potere che presto gli sarebbe stato tolto, ma che per ora gli apparteneva illecitamente.
-Finisce qui-, e forse era meglio così che perdersi nella propria mente per il resto della sua inutile vita.
Fu nero e non poté neppure vedere l’ultimo tocco della sua Venezia marcia, sporca, predatrice.
 

 
 
 
 
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[1] La storia ha un’ambientazione appena accennata del 1600, quando Venezia si trova a scontrarsi con il papato nella cosiddetta “Guerra delle penne”.  Alla morte del Doge Marino Grimani succede Leonardo Donà, ma la scelta va per le lunghe e solo l’anno dopo (1606) riceve l’investitura.
[2] Una lira di Venezia era divisa in 20 soldi, suddivisi a loro volta in dodici denari. Non so il loro valore reale; cosa ci si comprava con dodici denari? Nella storia è un prezzo alto, ma comunque appropriato alla merce venduta.
[3] Il Palazzo Ducale è collegato alle prigioni dal Ponte dei Sospiri, ci sono molte leggende sul nome, una delle più diffuse è questa: il sospiro che ogni criminale lasciava nel vedere, dallo spioncino, per l’ultima volta Venezia.

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54/65 

Aspetto stilistico: 9 

Indubbiamente scritta bene e, seppur molto breve, intensa. Diciamo è una narrazione incentrata sui dialoghi, fluidi e realistici, ammetto avrei apprezzato vedere qualche sprazzo introspettivo più marcato qua e là, ma credo sia stata una tua scelta: hai voluto raccontare questo episodio quasi a mo’ di cronaca senza tanti giri di parole, ritraendo con crudezza un’ingiustizia con uno stile che sembra impersonale, ma solo all’apparenza; dico così perché si riesce a sentire questa ingiustizia, soprattutto alla fine col serrarsi del ritmo e dei dialoghi. Forse una narrazione più introspettiva, più descrittiva, uno stile meno sintetico, non avrebbe funzionato. Insomma per dire: se volevi questa lettura fosse una doccia fredda ci sei riuscita benissimo. 
Il lessico è ridotto all’osso: sono poche le frasi che emergono, i termini che usi sono i più semplici possibili, aderendo al punto di vista di chi stai narrando, un popolano, uno dei tanti, “uno dei troppi”. Ho molto apprezzato la genuinità del punto di vista. Nonostante il linguaggio molto semplice non si può parlare di semplicismo, l’ultima frase con i tre aggettivi che descrivono Venezia chiosa il tutto in maniera vivida senza tanti giri di parole. 

Aspetto grammaticale, ortografico e sintassi: 9,5 

Niente da dire dal punto di vista grammaticale e ortografico: non ci sono errori, anche se l’hai scritta di getto, quindi complimenti. Mi permetto di darti solo un consiglio: nella seconda pagina c’è questa frase: “un poveraccio come lui non avrebbe avuto giustizia, le guardie spadroneggiavano in quel momento di tumulti” al posto della virgola dopo “giustizia” io metterei un punto e virgola giusto per dare un’idea un po’ più forte, ma lievemente, di rottura rispetto alla frase precedente. 
Sintassi secca che rende il testo scorrevole e agile senza però farlo apparire povero. 

Originalità: 8 

Non sarà originalissima, ma mi è piaciuto come hai trattato una vicenda che poteva sembrare piuttosto banale. Voto buono pure qui. 

Caratterizzazione personaggi: 8 

Come ti ho detto forse qualche sprazzo introspettivo in più o comunque il soffermarsi maggiormente sul protagonista non sarebbe stato male, però ripeto che credo di aver capito il tuo intento (e dimmi se sbaglio): non era tanto la storia di un particolare uomo che volevi raccontare, ma quella di tanti che hanno subito una condanna ingiusta come lui in una città che non ci andava tanto leggera coi processi sommari ai poveracci (a Venezia una pratica diffusa era l’ordalia, c’erano i Pozzi ecc…). Il tuo protagonista non ha un nome apposta, ti ricito: “è uno dei tanti, è uno dei troppi”, questo non è un breve racconto di una vita, ma la cristallizzazione di tante vite e mi è piaciuto, seriamente, però inevitabilmente abbasso un po’ il punteggio della caratterizzazione facendo il confronto con altre storie. 

Aderenza alla sezione scelta: 8 

Come ho detto mi sa più di cronaca storica che racconto introspettivo. È certamente drammatico. Ho visto che come sezione hai scritto: “introspettivo/drammatico/storico” e ho supposto la scelta fosse ricaduta su “introspettivo-drammatico”. Mi sono sbagliata? Dimmelo nel caso. Per me, comunque, ti converrebbe pubblicarla in Storico, non so: mi sembra più adatto  

Uso Venezia: 8,5 

Venezia fa un po’ da sfondo in quanto città fisica, ma i modi e i costumi, la sua parte “marcia”, sono più che preponderanti in questo breve racconto di poche righe, quindi il punteggio è alto, soprattutto per la frase finale che come ti ho detto chiosa in maniera eccellente. Se non ho messo un po’ di più è perché ho fatto il confronto con altre storie in cui Venezia è sviscerata maggiormente. 

Giudizio personale: 4/5 

Mi è piaciuta molto, rinnovo il mio consiglio di metterla in Storico piuttosto che in Introspettivo o Drammatico, ma decidi tu. Una lettura certamente gradevole, cruda e intensa, complimenti per essere riuscita a scrivere parecchie cose in poco, una qualità che apprezzo sempre tantissimo.
   
 
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