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Autore: La neve di aprile    12/12/2012    3 recensioni
(Luca e Laura) Laura stringe le labbra in una smorfia e gonfia le guance. Luca si avvicina cautamente, superando il muro di lenzuola stropicciate che lo separano dal corpo nudo di lei. Stesa su un fianco, può leggere il rilievo delle vertebre e disegnare una ragnatela di baci tra le asperità delle scapole sporgenti.
(Cecilia e Marco) Perché Cecilia è fatta così, emblema di pacatezza il novanta per cento del tempo e vulcano di tutto per il restante dieci: non conosce mezze misure perché nelle cose fatte a metà non ha mai creduto davvero, ma se non è convinta a pieno allora preferisce risparmiarsi per qualcosa che verrà in futuro e che meriterà il dispendio di cuore.
[Fanfiction partecipante all'iniziativa del Collection of Starlight "Addobba l'albero di Natale con il COS!"]
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Due di uno'
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Disclaimers
Cecilia, Marco © La neve di aprile

L’intreccio qui descritto rappresenta copyright dell’autrice (La neve di aprile).


Partecipante all'iniziativa "Addobba l'albero con il Cos!"



IV giorno
Parola: cuscini

Warning: song-fic (ci si può ispirare anche a una singola strofa)

Prompt: "Natale non sarà Natale senza regali.. " - L.M. Alcott.

Fandom: True Blood 12/12.
 


 

DUE DI UNO
Cecilia e Marco

 

A Cee e Marco, quelli veri.
Buon Natale a entrambi, ma soprattutto a te amica mia.


 

I'll be home for Christmas
You can count on me
Please have snow and mistletoe
And presents on the tree!
 
I’ll be home for Christmas —Bing Crosby.

 



“Non ci posso credere!”
 
Cecilia ha una bella voce calda, ma quando si emoziona è capace di abbracciare un registro che farebbe di lei un soprano degno di tale nome.
Le parole s’involano nel picco d’emozione e assieme al rossore del volto e la bocca increspata, il terzo sintomo di quello che Marco chiama troppo sentire sono gli occhi accesi della luce di tante – troppe – stelle.
Perché Cecilia è fatta così, emblema di pacatezza il novanta per cento del tempo e vulcano di tutto per il restante dieci: non conosce mezze misure perché nelle cose fatte a metà non ha mai creduto davvero, ma se non è convinta a pieno allora preferisce risparmiarsi per qualcosa che verrà in futuro e che meriterà il dispendio di cuore.
Marco la guarda rimbalzare sul divano accanto a lui, con precisione magnetica invidiabile, facendo precipitare sul tappeto una pioggia di ridicoli cuscini quadrati e targati Ikea.
Ha i capelli raccolti in una coda alta, e un sorriso che va da un orecchio all’altro come fosse incontenibile.
 
“Non ci posso proprio credere!”
 
Ripete euforica, gettandogli le braccia al collo e sbilanciandolo contro il bracciolo.
 
“Puoi anche dire di no, se non ti va…”
“Dire di no? Tu sei tutto, tutto, tutto pazzo!”
 
La prende in giro perché vederla così animata è un balsamo per l’anima.
La prende in giro perché la ama e non ride di lei, ride con lei che lo conosce e sa riconoscere quando una battuta vuole essere tagliente e quando è solo un gioco per strapparle un sorriso.
È uno scambio equo, un sorriso per un sorriso.
E di sorrisi ne hanno avuto pochi, negli ultimi mesi quando, stretta forte la laurea tra le dita, hanno imparato in fretta del valore inesistente di un numero scritto su un foglio di carta.
Avevano cassetti traboccanti di sogni e speranze, e uno ad uno li hanno dati in pegno per sopravvivere ad una realtà avara e avida.
Cecilia sta ancora cercando, Marco lavora in un call-center che si nutre del suo tempo e delle sue energie. È abituata ad aspettarlo alzata il sabato notte solo per potergli fare compagnia mentre mangia un boccone, ad un’ora così tarda che il mattino già preme ai confini della notte, tutta infagottata in un pigiama di flanella e con le palpebre pesanti di sonno.
È abituata a sfidare il mondo per poter passare un po’ di tempo con lui, e una famiglia che non ha mai veramente cercato di capirla.
Di capirli.
 
“Certo, arriverò un po’ in ritardo ma se non altro staremo assieme.”
"No, davvero, non ci posso ancora credere."
"Dici che tuo padre mi perdonerà se arrivo in ritardo al cenone?"
"Stiamo parlando di un uomo che quando arriva a casa si informa su di te prima di chiedermi come sia andata al giornata, ti ricordo..."
"Sei gelosa?"
"Di te o del mio papà?"
"Hai il permesso di essere gelosa solamente di me."
"Sissignore, sia mai contraddirti!"
"..."
"..."
"Insomma la Vigilia la passiamo assieme."
"Mangeremo panettone assieme, guarderemo un film sul divano tutti assieme e apriremo i regali assieme!”
 
Marco sorride del suo tono sognante, ma sotto sotto condivide lo stesso sollievo.
L’idea di lavorare non solo la sera della ventiquattro, ma anche del venticinque gli andava fastidiosamente stretta.
Così - grazie ad un colpo di fortuna che non sa spiegarsi se non come un vero e proprio miracolo del Natale-, almeno la vigilia potrà rimanersene accoccolato sul divano di casa della sua ragazza, sorridendo ai genitori di lei e immaginando un futuro che ancora non può offrirle.
 
“Pensavo non t’importasse niente dei regali.”
“Natale non è Natale senza regali!”
“Hai capito, furbetta che non sei altro…”
 
Il cuscino lo colpisce in faccia prima che possa aggiungere altro.
È quadrato, morbido; c’è un fiocco di neve scarlatto ricamato sopra e soffoca la protesta indignata di Cecilia nel momento in cui Marco le restituisce la cortesia.
Poi ne viene lanciato un secondo, poi un terzo,  poi i cuscini diventano superflui e sono le sue dita a cercare il fianco scoperto di lei per farle il solletico.
Tapparle la bocca e dissetarsi della sua risata è una naturale conseguenza del gioco, gli ricorda che in fondo hanno davanti tanto tempo nel quale rifarsi delle difficoltà e che quello che riescono a condividere vale qualsiasi fatica.

“Dovresti farti più spesso la coda, sei proprio… proprio.”
 
Glielo sussurra tra le labbra, facendola arrossire.
Cecilia si arrende al bacio, serrando le ciglia e sospirando silenziosamente quando Marco si allontana da lei.
Si guardano in silenzio, nella quiete della casa allagata dai raggi di una mattinata pigra di metà dicembre.
Un istante più tardi a colpirlo è un cuscino che sembra fatto di nuvole tanto è morbido. 
 
“Non penserai mica sia finita qui, vero?

   
 
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