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Autore: titania76    13/12/2012    3 recensioni
[La nuova versione, più ampia e meglio strutturata è già in fase di pubblicazione su fanworld.it col medesimo titolo e rating alzato]
Come si sarebbe svolta la guerra se non fosse mai stato vissuto l’evento che ha fatto da caposaldo all’intera storia? E se prima di Hades, altre divinità fossero venute a sfidare Atena?
La notte degli inganni non è mai avvenuta, Shion continua a guidare il Santuario con saggezza e benevolenza; tutti i Santi d’oro sono pronti a fare il loro dovere; Saori è stata fatta crescere ugualmente nel mondo civilizzato per farle assaporare una vita normale prima del suo risveglio. Nessuna lotta intestina è mai sorta.
Questa è la mia versione della storia, di come l’avrei voluta. Forse un po’ di parte, sicuramente meno epica, forse un po’ ingenua.
Quella che presento è la conclusione delle due precedenti one-shot, “Speranza” e “Nuova vita, speranza infranta”. Non è Saint Seiya, non quello classico, non lui come protagonista, anzi, neanche compare praticamente. Una visione adulterata, cinica, forse immatura… forse è solo il sogno di una fan. (ma non è forse così per tutte le fanfiction?)
[conclusione di "Speranza" e "Nuova vita, speranza infranta"]
N.B.
Vecchia versione, sospesa.
Genere: Angst, Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aries Shion, Gemini Kanon, Gemini Saga, Nuovo Personaggio
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'L'amaro prezzo della devozione'
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L'amaro prezzo della devozione_capitolo 13

Nuovo capitolo e nuova formattazione del testo! (Nonché ritardo mostruoso rispetto a quanto preventivato, visto che questo capitolo era pronto al 90% da quasi due mesi :S)
Lo so, non avrei dovuto farlo e mi dispiace per il disagio che potrei creare in voi lettori per questo cambio così repentino, ma più vado avanti a scrivere (sia questa che le altre, chissà se avete notato che anche Legacy ha subito una leggera modifica in come si presenta il testo) e meno mi trovo a mio agio con la vecchia impostazione. All'inizio della mia avventura non sapevo come integrare i dialoghi all'interno della storia e adottai una soluzione che mi sembrava abbastanza buona. Via via che andavo avanti con altri progetti e con l'esperienza che acquisivo, ho sperimentato per cercare di fare un qualcosa di fluido e omogeneo. Volevo mantenere uno stile unico in questa che è la storia più vecchia, ma credo che sia proprio ora di cambiare. 
Questo nuovo “modo” mi permetterà di essere maggiormente descrittiva (forse anche più complessa, andando così nella direzione contraria a quanto avevo affermato nell'introduzione di qualche capitolo fa) e da a voi lettori la possibilità di una lettura più scorrevole e continua.
Quando la storia sarà conclusa, ma non escludo che possa trovare il tempo di farlo anche prima, proverò a uniformare il testo anche dei capitoli precedenti, adattandoli al meglio. 
Nella versione riveduta e corretta che sto già scrivendo (che prevede all'interno di un'unica storia anche la fusione delle due one-shot a questa collegate) e che sto pubblicando altrove, con aggiunte e sviluppi più ampi, già sto usando questo nuovo stile.
Bene, con le comunicazioni di servizio è tutto. Ora non mi resta che augurarvi...


... Buona lettura!


*****






- Piano, non ti ingozzare in questo modo! Mi stai facendo vergognare. – Kanon si era passato una mano sul volto, frustrato da quel comportamento così poco consono.
Lei di certo non era mai stata la quint’essenza del bon ton, ma ora stava davvero esagerando. Ancor più quel disagio aumentava in lui nel sentire in lontananza delle risatine e qualche frammento di frasi poco riguardose al loro indirizzo.
Sembri un maiale da quanta foga ci metti a divorare tutto – l'aveva rimproverata, esasperato. Kanon era incredulo nel vedersi passare da sotto il naso quella quantità di cibo.
Era ormai pieno pomeriggio, l’orario del pranzo – alla mensa del Santuario – era terminato da diverso tempo e per i preparativi della cena era ancora troppo presto; ma in quel luogo continuava un eccezionale fermento. Uno dei tavoli presenti, quello più in disparte, era stato occupato da poco da tre persone. Ogni più piccolo angolo della superficie di legno era stata riempita di piatti, scodelle, ciotole grandi e piccole che contenevano ogni sorta di cibo disponibile. Due grosse brocche d’acqua venivano sostituite, o riempite in continuazione – e subito dopo svuotate del loro contenuto in un batter d’occhio – da una o più ancelle che arrivavano quasi di soppiatto al tavolo, svolgevano il loro compito con l’imbarazzo sul volto e si allontanavano di corsa per raggiungere le altre. Dietro alcune colonne infatti, o fermi appena fuori dalla porta che dava sulle cucine, altre ancelle e giovanissimi apprendisti si erano nascosti per sbirciare incuriositi quello che avveniva a quell’unico tavolo apparecchiato, ridacchiando e spettegolando. Non era cosa da tutti i giorni trovarsi di fronte ai gemelli, seppur a debita e deferente distanza. Per quasi tutti loro era proprio la prima volta che li potevano vedere entrambi in una situazione di tale informalità.
- Basta, ti prego. – Aveva ora assunto un tono quasi lamentoso Kanon, mentre strappava l’ennesimo piatto, questa volta di patate lessate, dalle mani di Kira. – Da Saga è del tutto comprensibile questo comportamento. – Si era fermato un secondo ed aveva guardato il gemello, che in quel momento si era appena portato una grossa forchettata di cibo alla bocca sgranando gli occhi per quell’improvvisa attenzione nei suoi confronti. Saga lo aveva però subito ricambiato torvo per l'insinuazione fatta ed era pronto a ribattere appena fosse riuscito a mandare giù il boccone che quasi lo stava strozzando.
Sono giorni che lui non mette nulla di solido nello stomaco ed essere stato alimentato con la flebo, nei primi tre giorni di cure, non è mangiare. Ma tu… testona, tu deliberatamente hai rifiutato il cibo mentre eri… - Aveva fatto nuovamente una pausa, Kanon, controllando con la coda dell’occhio la presenza di qualche indiscreto - … mentre voi due eravate in detenzione – aveva poi terminato a voce più bassa.
- Spero almeno che la lezione ti sia servita, che sia servita ad entrambi – aveva poi commentato, guardando anche Saga.
Ancora non era riuscito a scoprire cosa fosse realmente successo quel giorno, per arrivare ad un epilogo tanto grave; e la spiegazione che Kira aveva fornito dopo aver ripreso i sensi, ovvero che si era trattato solamente di un allenamento sfuggito di mano, non era stato per nulla convincente. Saga era un guerriero troppo esperto per commettere un simile errore, anche se pesantemente provocato avrebbe trovato la soluzione più adatta, o quantomeno avrebbe dato una lezione al malcapitato ma limitando i danni. Ad alimentare i dubbi era stato anche e soprattutto l’atteggiamento di Kira che era rimasta molto sulla difensiva quando il Sommo Pontefice, irato per l’accaduto, le aveva ordinato di dire la verità. Il caparbio rifiuto di non ritrattare la versione già data, era valso anche per lei, dopo che erano state curate le ferite di entrambi, la stessa punizione inflitta a Saga.

- Perché non te le sei mangiate tu quelle schifezze che mi portavano!? – Kira aveva sbattuto di malagrazia il manico della forchetta sul tavolo, rispondendogli irritata e con la bocca piena. – Ero al buio e non mi fidavo di quelle guardie. Chissà che cosa ci avevano aggiunto per… - aveva preso un grosso sorso d’acqua per mandar giù il cibo e si era poi passata il dorso della mano per pulirsi la bocca. – Sai che vuol dire “trattamento speciale”? E sghignazzavano pure!
- Hai guardato troppa televisione in questi anni. Troppi film strani. Nella vita reale queste cose non avvengono; e soprattutto non all’interno del Santuario! – Aveva fatto uno scatto all’indietro, Kanon, muovendosi poi nervosamente sulla panca.
- Non ne sarei così sicura se fossi in te. Ne ho avuto già esperienza diretta e non ci tenevo a replicare! – Si era soffermata a guardare dubbiosa una pietanza che era stata portata poco prima. Complice il discorso appena fatto, aveva afferrato una forchetta pulita e presa una piccola porzione, aveva imboccato il compagno di fronte a sé.
- Ah sì? Allora illuminami: dove e quando. – l’aveva sfidata, non appena inghiottito il boccone, appoggiando un gomito sul tavolo e reggendosi poi la testa al palmo della mano, mangiucchiando un pezzo di pane che aveva preso in seguito. Anche Saga, pur continuando indifferente a mangiare, aveva acuito la sua attenzione sui discorsi degli altri due. Kira si era presa qualche momento per pensare, per richiamare lontani ricordi, indecisa se condividerli o meno; ma non era disposta a tirarsi indietro.
- 1878 – Aveva detto in tono secco. Il suo sguardo si era fatto all’improvviso duro e una punta d’ira avvampava nella sua mente nel ricordare quel periodo della sua vita nel quale nuovamente le era stato portato via tutto ciò che aveva di più caro. – Era una specie sanatorio alle porte di Berna. Lo chiamavano eufemisticamente “ospedale” ma non era altro che un lercio lazzaretto, quello che un tempo si poteva definire una discarica per gli uomini non più recuperabili. Un orrendo buco senza speranza che serviva più a placare la moralità bigotta della gente piuttosto che curare e salvare i malati. Era un luogo dove rinchiudevano indiscriminatamente i malati terminali in attesa della morte, i pazzi incurabili, gli stranieri e i poveri che non potevano permettersi un vero ospedale e, in generale, le persone sgradite delle quali ci si voleva sbarazzare senza troppo clamore. – Man mano che andava avanti nel racconto, si era fatta più incerta la sua voce. – Ero molto giovane a quel tempo. Giovane e testarda; e se non avessi dovuto lottare per mio… - si era interrotta per un momento, abbassando lo sguardo sul suo piatto e stringendo con forza il coltello che aveva nella mano.
Quel ricordo le aveva risvegliato non solo tristezza e amarezza nel cuore, ma anche un’insana sete di vendetta, tenuta a freno solo dalla consapevolezza che ora, a distanza di più di cento anni, non avrebbe mai potuto consumarla.

- E poi c’è stato il 1919. – Di nuovo, Kira aveva avuto un cambio repentino nel suo umore, ritrovando vigore e soprattutto combattività. – Un anno di grandi affari per i becchini! – aveva esclamato con fervore. – C’erano così tanti malati che in ogni città e in ogni paese che avevo visitato avevano dovuto costruire immensi ospedali da campo per sopperire al gran numero di pazienti, ma soprattutto per limitare il contagio. O forse per dare un colpo netto e risolvere rapidamente la situazione – si era lasciata andare a un po’ di ironia.
Mi ricordo che all’epoca mi trovavo in America per cercare una persona che aveva fatto perdere le sue tracce. La spagnola in quel periodo mieteva più vittime di Hades in persona nella sua giornata più brutta! Le prigioni, perché era in una di esse che mi trovavo, erano affollate all’inverosimile e abbandonate a loro stesse. Le guardie per paura del contagio neanche si avvicinavano e anzi, ci tenevano a distanza con i fucili spianati, ma non per questo rinunciavano a umiliare in ogni modo possibile i detenuti. I pasti, perché di mense neanche a parlarne, ci venivano gentilmente serviti lasciando a terra del pane secco e ammuffito e dei secchi pieni di un improponibile pastone, neanche fosse stato destinato ai maiali. Quella volta però fu diverso per me, anche se i morsi della fame erano terribili, non toccai neppure una briciola! Tanto non sarei morta.
Dopo aver agitato in aria la forchetta facendo degli ampi cerchi e puntandola poi all’indirizzo di Kanon, come un rapace, Kira l’aveva calata sulla polpetta, l’ultima contenuta nel piatto di portata che si trovava alla sua sinistra. La sventurata e incosapevole preda però, era stata infilzata contemporaneamente anche dalla forchetta di Saga, che senza scomporsi, con un movimento del polso l’aveva divisa a metà e si era preso la sua parte, sotto lo sguardo di sfida di Kira.
- Hermes mi ha costretta a rimanerci per quasi due mesi, in quel postaccio, prima di tirarmi fuori. “La missione prima di tutto” ripeteva ogni volta che lo invocavo, ma la verità è che si divertiva nel vedermi annaspare in quel letamaio. Dannato! Poi però mi sono presa un anno di vacanza. – Kira aveva mantenuto lo sguardo su Saga, sempre in silenzio e concentrato a mangiare, continuando però il suo racconto con crescente enfasi e buonumore.
Non era dello stesso avviso Kanon, la spavalderia che aveva mostrato lanciando quella sfida, era sparita alla stessa velocità con la quale i piatti continuavano a venire svuotati, nell’ascoltare le parole di Kira. Alla crescente incredulità nel sentire quegli aneddoti di una vita passata così lontana da quello che poteva immaginarsi – in fin dei conti non aveva mai creduto davvero che Kira potesse avere l’età che dichiarava, quando voleva far valere le sue ragioni durante i loro battibecchi – si aggiungeva ora quella dei suoi occhi: come potevano due persone normali, seppur affamate, ingurgitare una tale quantità di cibo?
Per qualche minuto era rimasto attonito e in silenzio a guardare entrambi, seduti uno accanto all’altra che continuavano a mangiare ignorandosi a vicenda. Non che ci fosse qualcosa di particolare nei loro comportamenti, se non qualche aspetto che poteva destare curiosità come la preferenza di un determinato cibo o l’ordine in cui mangiavano ciò che avevano nel piatto. A volte, addirittura, Kira e Saga prendevano il bicchiere allo stesso tempo, bevendo e posandolo nuovamente. Sembravano in perfetta sincronia, quasi l’uno il riflesso dell’altra.
Era questo che gli altri vedevano sempre quando in passato lui e Saga facevano le cose assieme?

- Comunque sia – Kanon voleva ritornare all’argomento iniziale – Grazie per la fiducia! Avevo insistito io presso Shion affinché vi fosse portato del cibo, considerato che la vostra detenzione era più che altro una lezione per salvare le apparenze, dato il vostro comportamento pubblico; e lo avevo controllato personalmente. – Aveva distolto lo sguardo da Kira, tamburellando annoiato le dita sul tavolo, fissandolo poi sul fratello e iniziando a guardarlo intensamente.
Lo vedeva schivo e sulle sue, con lo sguardo concentrato sul proprio piatto e su ciò che aveva nelle immediate vicinanze, senza alcuna voglia di partecipare alla conversazione: totalmente disinteressato.
- Allora potevi anche portarlo di persona! – Kira aveva afferrato un mezzo panino e lo aveva lanciato addosso a Kanon, cogliendolo completamente impreparato.
- Magari servito in piatti di porcellana e con la tovaglia di seta, vero? – aveva ribattuto lui, stizzito per quella risposta.
Kira non sembrava disposta a prenderlo sul serio, intenta com’era ad ingozzarsi ancora, né si rendeva conto della situazione che si era venuta a creare in quegli ultimi giorni.
- Basta con questo atteggiamento! – Aveva sbattuto la mano sul tavolo, Kanon, facendo tremare ogni cosa vi si trovasse sopra, rovesciando anche parte dell’acqua contenuta nei bicchieri ricolmi dei due affamati. Kira e Saga avevano alzato all’unisono la testa dai rispettivi piatti e lo avevano fissato, fermi con le forchette a mezz’aria. D’un tratto tutto si era fatto completamente silenzio, anche il chiacchiericcio dei servitori – che non la volevano sapere di tornare alle loro faccende – si era interrotto bruscamente, sostituito da un fuggifuggi generale.
- Da quando sei arrivata, Shion ti ha riservato un sacco di privilegi, cose che nessuno qui si sognerebbe neanche di pensare e tu continui a comportarti in questo modo! Non è giusto nei suoi confronti, Kira. Non è giusto nei confronti di nessuno. Credevo che avessi risolto i tuoi contrasti con lui.
C’era stato un intenso scambio di sguardi di sfida fra i due. Con uno scatto Kira si era alzata dal suo posto e facendo il giro del tavolo, stava per andarsene.
- Dove stai andando? - Era stata però bloccata per un braccio da Kanon che ancora rabbioso per poco prima, la tratteneva con forza.
- Ho perso l’appetito, vado a farmi un giro. – Si era liberata con uno strattone, lasciandosi sfuggire una breve smorfia di dolore. Nonostante le nuove applicazioni delle medicazioni e finalmente l’uso più efficace del cosmo per risanare quasi completamente la profonda ferita infertale da Ares, ancora sentiva del fastidio. – Sempre che a te stia bene – aveva aggiunto continuando a tenergli testa.

Kanon aveva scosso la testa, abbassando un poco le spalle e addolcendo i tratti del viso, arrendendosi a quell’atteggiamento da finta dura che nascondeva tutta l’insicurezza che Kira si portava dentro e che gli aveva appena mostrato. L’aveva trattenuta di nuovo – questa volta con più gentilezza – e l’aveva invitata a riprendere il suo posto. Si era poi lasciato sfuggire uno sbuffo di rassegnazione.
Aveva iniziato a frugare in una delle tasche dei jeans per cercare qualcosa. Quel giorno aveva fatto la pessima scelta di indossarne un paio un po’ troppo vissuto e con dei tagli all’altezza del ginocchio destro. Certo, al di fuori del Santuario Kanon sarebbe risultato molto sexy e alla moda, ma all’interno di quel luogo sacro c’erano stati più sguardi di disapprovazione e commenti a mezza voce, che altro; compreso quello di Saga, che però non aveva detto nulla a riguardo per non alimentare ulteriormente la tensione con il gemello.
Kanon aveva estratto dalla tasca la catenina alla quale era infilato l’anello e, sporgendosi sulla tavola, con un grande sorriso sul volto, l’aveva fatta poi ondeggiare davanti agli occhi di Kira.
- Immagino che tu lo rivoglia – le aveva domandato, pur sapendo perfettamente la risposta che non si era fatta attendere. Kira infatti se l’era ripreso al volo, ricambiando quel sorriso, ma Kanon aveva però trattenuto la mano di lei. – L’anello è stato ripulito e la catenina aggiustata – aveva continuato – e prima che tu me chieda, me l’ha dato tuo padre, con non poche riluttanze a dire il vero. – Aveva accompagnato quelle ultime parole con un sorrisetto malizioso, Kanon.
L’ha trovato nelle stanze della giovane Dèa, dopo l’attacco di Ares. È strano che tu non ti sia accorta di averlo perso da così tanto tempo. – Continuando a trattenerle la mano, l’aveva attirata verso di sé, facendola alzare un poco. Poi, le aveva fatto lasciare la presa della catenina. – Ti aiuto ad indossarla – le aveva proposto; ed aveva già passato le mani dietro il collo della ragazza, pronto ad agganciare la chiusura.
- Non fa niente – gli aveva risposto Kira, tirandola via e facendo così rinunciare il ragazzo. – Ultimamente ho il collo sempre un po’ irritato, mi darebbe fastidio o alla peggio, potrei perderlo di nuovo. – Senza badare molto al suo modo di fare, Kira se l’era messa in tasca e si era riseduta, non accorgendosi della perplessità mista a delusione sul volto di Kanon.
Aveva quindi ripreso tranquillamente a mangiare, questa volta più composta e con maggiore moderazione. Poi, all’improvviso, aveva alzato di scatto la testa ed aveva fissato Kanon, arrossendo un poco a ciò che le era venuto in mente.
- Vuoi dire che ha fatto il padre geloso? – Kanon ci aveva riflettuto un po’ ed aveva annuito in risposta, sorridendo nuovamente. – Ma tu non gli hai detto nulla, vero? Non è che gli hai fatto intendere cose strane, vero? – Lo sguardo di Kira era diventato molto simile a quello di un cucciolo che aspetta di essere adottato, tanto era forte in lei il timore che l’altro avesse potuto fare o dire qualcosa di sconveniente.
Come una furia si era alzata e aveva afferrato Kanon per lo scollo del maglione, prendendolo alla sprovvista e tirandolo fino a farlo avvicinare di nuovo a lei, ottenendo quasi l’effetto comico di denudarlo.
- È per questo che siamo stati divisi? – aveva chiesto preoccupata.
- Fosse stato questo il motivo, sai bene che avrei infranto in un secondo quelle possibili disposizioni, come ho sempre fatto… – Kanon le aveva mostrato un tale sorriso da sbruffone che Kira aveva provato la tentazione di strattonarlo ancora di più – No, non è per questo – l’aveva rassicurata lui, dandole qualche colpetto alla mano per farla staccare e poter riprendere così un maggiore contegno. Sogghignava divertito però, sia al comportamento infantile di Kira, sia invece allo sguardo infastidito di Saga.
Avevi bisogno di calma e tranquillità per riprenderti, è per questo che ti è stato dato un alloggio più appartato e con maggiori comfort – le aveva detto, ritornando finalmente seduto e riaggiustandosi il maglione. – Io ora sono… - Kanon si era interrotto per l’arrivo di alcune persone che si erano avvicinate a loro.

Una giovane ancella, che dava l’impressione di essere poco più che ragazzina, si era fatta avanti molto titubante, incoraggiata – spintonata era più corretto dire – da un uomo, probabilmente un soldato o forse un addestratore, che era rimasto dietro di lei. Con sguardo basso la ragazza aveva posato sul tavolo, vicino a Kira, un involto – probabilmente contenente degli indumenti – con sopra appoggiata una maschera d’oro, arretrando poi rispettosamente di qualche passo. Per un momento, tutti i presenti al tavolo avevano fissato prima la giovane e poi quello che aveva portato, la maschera soprattutto. Con fare innocente, Kira aveva preso in mano quell’oggetto, osservandolo con curiosità.
- Sembra uno dei volti dell’elmo di Gemini – aveva detto ilare, girando la maschera e posizionandola vicino al viso, quasi ad indossarla, pensando di fare qualcosa di divertente. – Come mi sta? – aveva chiesto scherzosamente a Kanon.
- Togliti quest’affare dal viso! – Con un gesto rapido Kanon le aveva strappato di mano la maschera. L’espressione sul suo volto non era affatto divertita, anzi, era più che furente. Poi si era rivolto con lo sguardo verso i nuovi arrivati. – È forse uno scherzo, questo? – aveva domandato letteralmente furibondo, alzandosi minaccioso.
Il ragazzo stringeva forte nella mano quel pezzo di metallo e la sua rabbia cresceva di secondo in secondo. Nessuno aveva avuto il coraggio di rispondere a quella che sembrava un’accusa, mostrandosi intimoriti da lui. La giovane era scappata da lì molto spaventata mentre l’uomo che l’aveva accompagnata, anche se in un primo momento era rimasto atterrito e sorpreso da quella reazione, era restato comunque al suo posto. Pian piano quell’uomo sembrava prendere maggiore coraggio, riconoscendo in Kanon una persona senza alcuna autorità all’interno del Santuario. Si era però trattenuto dal rivolgersi a lui in modo irrispettoso, per riguardo verso il custode della terza casa, presente al tavolo.
- Mi è stato ordinato di far avere la maschera alla donna, su diretto volere del Sommo Pontefice – aveva detto con voce sicura e con uno sguardo sprezzante negli occhi, rivolgendo la sua attenzione a Kira. – Dovrà indossarla e unirsi al più presto alle amazzoni del Santuario.
- Come osi! – Kanon aveva fatto uno scatto, pronto a colpire quell’uomo, ma era stato fermato da Kira, anche lei adesso contrariata per quanto sentito e da Saga, che senza aggiungere nulla all’indignazione degli altri due, aveva trattenuto il fratello evitandogli di commettere un guaio. Con lo sguardo e un cenno del capo, aveva congedato il sottoposto, per evitare il peggio.
- Lascia stare, Kanon! È sicuramente un malinteso. – Gli aveva detto Kira, per calmarlo. – Più tardi andrò io a parlare con mio padre per sentire il motivo di questa decisione insensata. Per favore, non è il caso di prendersela in questo modo.
C’erano voluti parecchi secondi perché il ragazzo, ancora agitato, si calmasse il giusto per rimettersi seduto.
Hai idea di cosa rappresenta questa maschera? – si era poi rivolto a Kira, con la voce ancora irritata.
- So cos’è e ho visto alcune guerriere indossarla durante l’addestramento. È una protezione per il viso, no? – gli aveva risposto lei. Il suo viso era ora rilassato, quasi inconsapevole della verità delle cose.
- Non è solo questo! È una costrizione, un modo per legarti a questo luogo. Se la indossi, accetti la sua legge. Una legge di morte o di amore, ma ugualmente, qualunque sia la via scelta, non ti potrai mai più liberare di essa.
- Vuoi dire che quell’antica e assurda legge della maschera è ancora in vigore? – aveva replicato lei incredula. – Non ci credo! Quando ero bambina, mio padre mi ha raccontato che già ai suoi tempi non era presa sul serio e al di fuori del Santuario c’era chi la infrangeva. Lui stesso non ne aveva mai dato importanza e anzi, la riteneva iniqua. Vorresti farmi credere che ora, nel ventesimo secolo, lui ha iniziato ad imporla e farla rispettare?


*****


Terminato di rifocillarsi, Kira aveva lasciato i due gemelli a chiacchierare fra loro ed era uscita dalla mensa. In una mano portava il pacchetto, sgualcendolo sempre di più ad ogni passo e nell’altra stringeva la maschera d’oro. Si era subito precipitata al tredicesimo tempio per cercare di parlare al padre di quell’assurdità di regola che ora sembrava lui volesse imporle. I soldati di guardia alla porta della sala delle udienze le avevano però negato il permesso di raggiungere il Pontefice, comunicando a Kira che il Sommo Shion era impegnato con la Dèa.
Dopo alcune resistenze, non troppo insistite per non complicare ulteriormente la sua situazione, Kira si era arresa, tornando sui suoi passi e dirigendosi ancora nervosa verso il proprio alloggio. Come di consueto aveva trovato le due donne – che dividevano quella casa con lei – affaccendate in qualcosa. Aveva però intravisto in loro un comportamento diverso dal solito, più teso. Senza badarci troppo e senza trattenersi oltre con loro, era salita al piano superiore ed aveva spalancato la porta della sua camera, trasalendo nel ritrovarsi qualcuno ad aspettarla.

- Tu qui?! – aveva esclamato, tanto sorpresa che per poco non si era lasciata sfuggire per terra quello che stringeva fra le mani.




   
 
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