E le lettere d’amore…
A Bloody Lily.
Questa è la prima e ultima volta che scrivo qualcosa in
questo modo, ma mi hanno fatto leggere le tue poesie (quanto sono cieco… non
credere però che il fatto che non le ho mai lette significhi che le
sottovaluto. Affatto. Le ho stampate e messe in una cartellina e le conserverò
come un oracolo) e mi sono sentito di rispondere così.
“E le lettere d’amore, le lettere d’amore fanno solo ridere: le lettere d'amore non
sarebbero d'amore se non facessero ridere; anch'io scrivevo un tempo lettere
d'amore, anch'io facevo ridere: le lettere d'amore quando c'è l'amore, per
forza fanno ridere…”
Non so se questa sia una
lettera d’amore. Però sicuramente è una lettera che fa ridere. Il fatto che io
mi metta a scrivere evoca già di per sé una situazione esilarante, vero? Non
fare quella faccia da angioletto, l’hai sempre detto anche te che le parole
sono il mio tallone d’Achille. A questo punto dovrei dire qualcosa del tipo “ma
non divaghiamo” per tornare al nocciolo della questione… il problema è che io
non so quale sia la questione, tanto meno so se abbia un nocciolo, dove sia e come
sia. Potrebbe essere un nocciolo da nespola, formato da più endocarpi, o da
mandorla, commestibile, o da anguria, uno di quei nocciolini neri che qualcuno
si azzarda a inghiottire, o da pesca, spugnoso ma consistente. Considerando che
la questione è com è, azzarderei una somiglianza del nostro nocciolo con quello
di una pesca. Decisamente. Spugnoso, perché in fondo fra quei buchetti noi ci
abbiamo spesso giocato a nascondino, e consistente, perché adesso che ci
abbiamo sbattuto il naso ci siamo fatti male. Non è commestibile. Né formato da
più corpi. È un nocciolo che stavolta non potremo inghiottire, perché si è
espanso e indurito con la maturazione del frutto. Ecco, le cose stanno più o
meno così.
Un bel giorno io e te
abbiamo alzato la testa rispettivamente dall’album degli schizzi e dal
Moleskine pluriscribacchiato e ci siamo visti. Non è che non fossi mai stato
guardato, chiaramente. Ma ho come sentito una certa attrazione verso il
proprietario di quel particolare sguardo. Forse perchè sapevo che i tuoi occhi
mi avrebbero insegnato qual era il modo giusto di guardare una persona… ma sul
momento non credo di essermene accorto. Sul momento ho realizzato solo che
eravamo in classe insieme da tre anni e non mi ero mai accorto che avevi
un’iride leggermente più scura dell’altra. Più grigia. Quante altre cose non
sapevo di te? Preso dal panico, mi sono limitato a ritrarre il tuo sguardo
cortese. Strano come adesso usi un termine come “cortese” riferito proprio a
te: fino a che non ti ho conosciuta, forse trasportato dalla tua nomea, ti ho
vista come un lupo solitario impudente e impetuoso, quasi violento, superbo. E
tu sei un lupo solitario impudente e impetuoso, quasi violento, ma non superbo.
Certo, anche quando ti ho conosciuta qualche problema di dialogo l’abbiamo
avuto. Non siamo due tipi facili o fatui, abbiamo i nostri ideali e attribuiamo
un diverso significato ad un concetto nove volte su dieci. Non credo di aver
mai litigato tanto con qualcuno, in tutta sincerità! Però i litigi hanno avuto
un loro ruolo nella nostra storia: siamo diventati… amici? No, immagino di non
aver mai pensato che tu fossi una mia amica. Mettiamola così: siamo diventati
un cane e un gatto che dopo un primo incerto e turbolento contatto cominciano a
convivere quietamente. Ma non è per rassegnazione, beninteso. Almeno non la è
da parte mia. È piuttosto consapevolezza che il primo passo è stato fatto:
accetto le tue differenze e le tue critiche. Mi fa piacere la tua compagnia, mi
sento coinvolto.
Il resto è precipitato
alla festa in campagna. Sotto il pergolo di vigne! Dovevamo essere ubriachi
entrambi, eravamo ancora nella fase in cui avevamo una reputazione da
difendere…
In ogni caso da lì è
cominciato tutto, credo. Cioè, tutto è finito e ricominciato in un altro modo.
Eravamo consapevoli che ci legava più di uno scambio di battute o vedute ogni
tanto. Capito? Consapevoli che ci lega più di uno stupido scambio di battute o
vedute.
Lo so che a volte sembra
tutto sul punto di offuscarsi, finire, fermarsi, rompersi. È questo il nocciolo,
immagino. Il fatto che in fondo nessuno dei due dà certezze all’altro. Ma
lasciami iniziare a costruire qualcosa di stabile. Voglio posare il primo
sasso: tutto *sembra* offuscarsi, finire, fermarsi, rompersi: nella mia testa è
tutto chiarissimo. Qual è la ciocca di capelli che ti arricci su un dito quando
sei concentrata, come ti muovi quando canti Teenage Lobotomy, fra quali dita
tieni quelle tue Lucky Strike (pacchetto morbido come un muratore! Ti dice
sempre mio fratello), quanto è tenera la tua espressione mentre dormi e quanto
sono dolceamari i tuoi sorrisi più sinceri. È tutto chiaro, hai capito? Non
perdo mai di vista questo tesoro né quello che provo sapendo che nessuno potrà
mai portarmelo via.
Dunque, tirando le
somme, quello che volevo dirti adesso è che non ho ucciso il mio orgoglio ma
non lo lascerò mai più interferire fra noi. Lo stesso dovrai fare tu… e anche
in questo modo non ti prometto che andrà sempre bene.
Ti dico soltanto che
potrai sempre appoggiarti a me, e che così niente ti farà male.
Per noi crogiolati nel
nostro tepore, grondanti di luce, niente sarà letale.
Ti voglio bene… anzi,
no. Ti amo.
Lorenzo.