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Autore: Alkimia    14/12/2012    8 recensioni
[CONCLUSA]
***SEGUITO di "A series of unfurtunate events"***
Ognuna delle opzioni possibili è rischiosa e potrebbe danneggiare Nadia. Per non parlare dell'altra faccenda in ballo: qualcuno vuole distruggere la Terra... tanto per mantenersi nel solco della tradizione.
Nadia è in America per cercare, insieme allo S.H.I.E.L.D, un rimedio ai danni provocati dall'energia della pietra. Loki è prigioniero sul pianeta dei Chitauri ma ha ancora dei piani. Eppure, ancora una volta, troppe cose non vanno come lui sperava. Vecchi nemici tornano da un passato lontano che lui continua a rinnegare, costringendo gli Avengers a tornare in campo; episodi e sentimenti inaspettati lo porteranno a dover decidere da che parte stare. E non è detto che la decisione finale sarà quella giusta...
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Loki, Nuovo personaggio, Tony Stark/Iron Man
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A waltz for shadows and stars'
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Capitolo dodicesimo
Like a nightmare


La canzone in soffondo è un brano dei Muse che piace molto a Sara. Il pensiero di sua sorella fa distrarre Nadia, risucchia la sua mente in un vortice di ricordi e nostalgie, tanto che lei si scorda di allungare il passo ora che è arrivata alla fine della scala mobile.
Mike l'afferra per un lembo della giacca prima che lei si spalmi sul pavimento lucido del centro commerciale.
«Ehi, se ti rompi il naso quando sei con me posso dire addio alla mia carriera!» esclama il ragazzo, ridacchiando.
«Oh, grazie dell'interessamento» ribatte lei, fingendosi piccata.
Le vetrine dei negozi riflettono un nugolo di facce sbiadite. La canzone finisce e lascia spazio alla voce dello speaker che parla di un qualche fatto di gossip, qualcosa su Tom Cruise o giù di lì.
In effetti tirare in ballo Tom Cruise suona molto azzeccato, del resto lei stessa ha definito quella cosa la sua mission impossible.
Deve comprare un regalo di compleanno per Tony. Cosa si può regalare a un miliardario con l'hobby del salvataggio planetario?
È contenta che Mike l'abbia accompagnata. La settimana prima, quando è scappata dalla base dello S.H.I.E.L.D. dopo il piccolo incidente con Loki e l'onda di energia, lui è stata la prima persona che l'è venuta in mente, l'unica che aveva voglia di vedere e con cui voleva stare, l'unica con cui riusciva a tollerare di parlare.
E forse è proprio perché Mike è l'unico davvero estraneo a tutta la faccenda che Nadia si sente così bene con lui, è la sua illusione di normalità che l'aiuta a non perdere la speranza, a ricordare che possono esserci altre cose che l'aspettano un giorno, quando avrà risolto i suoi problemi.
E ormai è quasi certa che Tony e Pepper stiano complottando per far andare in porto il loro rapporto. Pepper sapeva che quella mattina lei sarebbe andata al centro commerciale e guarda caso ha fatto in modo che sapesse che proprio quel giorno aveva dato, senza alcun motivo spiegabile, la mattinata libera al suo stagista.
Va bene così. Va bene perché ormai le è chiaro che ha bisogno di tempo per riuscire a stare davvero con qualcuno, ha bisogno di più tempo di quanto ne servirebbe a una persona normale. E ha intenzione di aspettare, essere certa che non ci siano interferenze di nessun genere nel suo rapporto con un'altra persona.
Ne ha parlato con Mike, quella mattina, cercando di scacciare il pensiero di Loki sbalzato per aria e l'immagine del sangue. Non ha potuto dirgli il vero motivo ma gli ha detto che ha bisogno di tempo. E lui ha capito. «Basta che torni a trovarmi. Non sopporterei di non sentire più le tue lamentele sul caffè ameircano» aveva concluso il ragazzo.
E adesso eccoli lì, in un centro commerciale a cercare un regalo che non esiste.
«D'accordo, confesso che sto brancolando nel buio più totale» ammette dopo aver girato a vuoto per un'intera ala dell'enorme galleria di negozi. «Hai qualche idea su un regalo adatto?».
«Come si fa a fare un regalo al signor Stark, non puoi nemmeno darglielo, lui odia...»
«... odia quando gli si porgono le cose. Sì, è vero».
Nadia alza gli occhi al cielo. Decide semplicemente di continuare a camminare e dopo qualche metro la sua attenzione viene catturata da una vetrina di un negozio di modellismo. Su un piedistallo di acciaio ci sono – oh, ti prego! - le statuine degli Avengers, modellini abbastanza accurati alti trenta centimetri; il cartellino dice ''dipinti a mano''.
La ragazza resta a fissare la vetrina.
«Gli somigliano?» domanda Mike a bruciapelo.
«No, le statuine sono molto più belle degli originali» scherza lei.
«Sarebbe un bel regalo, non trovi? Per Stark, una statuina di se stesso».
Mike lo dice con leggerezza, ma per un attimo la ragazza prova un senso di fastidio. Parlano tutti di quanto Tony sia narcisistico e presuntuoso e nessuno si ricorda mai di accennare al fatto che è una delle persone più generose che si possano incontrare, non tutti riescono a cogliere che la sua ironia molto spesso è solo un modo per alleggerire gli altri da pesi che lui stesso è ben lieto di portare.
«Come sono, tutti loro?» domanda Mike dopo qualche secondo di silenzio, chinandosi per osservare più da vicino le statuine. Non le aveva mai chiesto direttamente dei Vendicatori – e del resto lei gliene ha parlato in più di un'occasione, sa che per le altre persone è scontato pensare che se ruota attorno all'orbita domestica di Stark deve, per forza di cose, avere a che fare anche con gli altri Avengers. Non sarebbe davvero così scontato se non ci fosse il precedente di Venezia, ma di queste cose non le è permesso parlare fino a quando la faccenda dell'energia della pietra non verrà sistemata.
«Loro sono, beh... è un peccato che la gente li consideri solo dei supereroi e che in molti non avranno occasione di conoscerli personalmente. Sono i migliori fratelli maggiori che avrei potuto desiderare» dice con un sorriso. «E poi c'è anche la parte divertente e psichedelica. Hai idea di cosa vuol dire avere a che fare con un super soldato della Seconda Guerra Mondiale? Una di queste sere lo porto al cinema a vedere un film in 3D per la prima volta... pensa, ai suoi tempi non c'era nemmeno il colore!»
«Oh. L'altro giorno il Capitano Rogers è venuto a trovare il signor Stark in ufficio» mormora Mike, ostentando una certa noncuranza. «Era, come dire, in borghese, le signore hanno apprezzato»
«Sì, immagino...»
«È molto... bhe, molto bello, se io fossi una donna suppongo che lo troverei un gran figo...».
Nadia sta per scrollare le spalle. Certo, Steve è un gran figo, anche Tony lo è, e – riuscendogli a dare una sistemata – persino Bruce non scherza. E poi naturalmente c'è Thor, e Clint... insomma, messi insieme sono un luna park ormonale. E poi c'è Natasha che è tipo la dea della bellezza scesa in terra.
«... cioè immagino che agli occhi di una donna nessuno regga il confronto, e...» continua Mike, titubante.
La ragazza rimane impietrita per un secondo, poi sente una vampata di calore salirle fino al volto. Probabilmente ora ha persino i capelli in fiamme, come Ade nel cartone della Disney.
Mike le sta davvero chiedendo se le piace Steve?
«NO!» esclama, troppo forte, tanto da far girare i presenti nel raggio di dieci metri. Perché il pavimento non si apre e non la inghiotte? Perché la testa non le si stacca da sola e rotola via?
Ora Mike ha l'aria di uno che vuole rompere a testate la vetrina.
«Ti prego, scusami...» farfuglia lui. «Scusa, è che quando mi hai parlato del tuo momento di dubbio e perplessità e del fatto che ci voleva un po' di tempo... io ho pensato che non fossi completamente libera. E lo capirei Nadia, cioè persone come Steve Rogers sono...».
La sua mente adesso è una casa nel bel mezzo di un terremoto, tutto romba, scricchiola, trema, le pareti si crepano e la cose cadono. I pensieri si ammassano, si confondo, si spezzano e poi si perdono in mezzo alla polvere e diventano irriconoscibili.
La ragazza prende un grosso respiro, afferra la mano di Mike e lo trascina verso una panchina incastrata tra due vasi di felci di plastica.
E un minuto dopo gli sta parlando della pietra. Non può dirgli di Loki, del possibile attentato alla Terra, deve omettere più cose di quante vorrebbe e alla fine il tutto sembra suonare come una specie di malattia per la quale si sta cercando una cura.
Fury mi ucciderà. Mi farà a pezzi, poi li rimetterà insieme e mi farà a pezzi di nuovo. E poi mi metterà in scatole di cibo per cani...
La scusa ufficiale è che quella pietra sia una sorta di incidente di laboratorio. Del resto è talmente assurdo che Mike non riuscirebbe nemmeno a farle domande specifiche.
Quando termina il suo racconto si aspetta che il suo intrlocutore si alzi e scappi via terrorizzato. Ma lui ora la sta guardando ammirato, con un interesse ancora più acceso, che non è l'interesse di un ragazzo che ha deciso di fare la corte a una sua coetanea. È qualcosa di diverso e Nadia si sente quasi a disagio. E poi non vede più la faccia di Mike o i suoi occhi, né riesce a pensare alla sua espressione, perché lui si sporge verso di lei e la bacia.
Dopo Nadia si chiederà cosa significa quel bacio. Se era un vano ma ammirevole «non ti preoccupare, ci sono qui io» o se era un folle e immeritato «sei una grande!». Adesso non lo sa, non riesce a capirlo e adesso nemmeno le importa.

*

L'istinto è un'arma a doppio taglio, per questo lui ne ha sempre diffidato. Istinto è il contrario di astuzia.
Loki vorrebbe trovare una ragione precisa per quel suo continuare a camminare, perché l'idea di fare qualcosa senza motivo lo irrita. Eppure continua a mettere un piede avanti all'altro, la strada che porta al centro cittadino è lunga e quasi del tutto deserta.
È comunque piacevole essere all'aria aperta, lontano dalla selva di sguardi ostili degli agenti dello S.H.I.E.L.D  e dall'aria perennemente sospettosa di Clint Barton.
La strada lo conduce in un'area piena di capannoni, edifici bassi e squadrati che disegnano una scacchiera di vie grige attraversate da grossi camion. Un enorme cono di cemento svetta sull'intera zona, proiettando un'ombra lunga come un gigantesco artiglio; dalla sommità del cono esce una spira di fumo denso, come una nuvola arpionata alla pietra. Il fumo mangia l'aria, la brucia, l'avvelena.
Loki passa le dita tra le frange della sciarpa di seta, il suono ovattato di una sirena interrompe il corso dei suoi pensieri e una manciata di minuti dopo le piazzole davanti ai capannoni sono affollate da uomini vestiti con tute sudice, loro non fanno caso a lui, si raccolgono in gruppi attorno a panchine di metallo e cominciano a mangiare, parlando rumorosamente.
Ecco l'umanità che si trascina ora dopo ora, giorno dopo giorno nell'inettitudine, pensa Loki, quegli uomini, che mai vedranno nulla di straordinario o importante nella loro piatta esistenza sono troppo impegnati a consumare pane e normalità per accorgersi che un dio sta passando in mezzo a loro.
Continua a camminare e si lascia alle spalle il grigio dei capannoni per precipitare in un labirinto di grigio misto a colore – colore di auto incolonnate davanti a un semaforo; di insegne pubblicitarie e graffiti sui muri e gente indaffarata che si accalca sui marciapiedi.
Deve ammettere con se stesso che conosce davvero poco di quel mondo, ma quel caos che ha ora davanti agli occhi gli fa passare ogni intenzione di aiutare a difenderlo. Poi si ricorda che non sta aiutando Midgard e meno che mai i suoi baldanzosi paladini, sta aiutando se stesso e nient'altro. E di certo si presenterà l'occasione di trarre profitto da quella inattesa circostanza.
Prosegue senza una meta precisa tra le strade trafficate. Ne attraversa una senza far caso alle auto, il conducente di uno di quegli ingombranti mezzi di trasporto frena facendo stridere le ruote sull'asfalto, gli lancia qualche improperio sporgendosi con la faccia dal finestrino. Loki volta appena il capo verso di lui, basta un'occhiata e l'uomo ammutolisce, stringe nervosamente le mani attorno al voltante e torna dentro, abbassando lo sguardo.
Io sono un dio, ottusa creatura...
Il cielo comincia a imbrunire, i lampioni si accendono e New York diventa scintillante come un cristallo di vetro. Ma in quel luogo cambia solo il colore del cielo, tutto il resto rimane uguale, la vita di migliaia di individui spalma colori effimeri contro le superfici grigie per poi sparire dietro un angolo ancora più grigio, ancora più fumoso, con una sorta di infinito movimento circolare.
Quel dannato piccolo mondo è così misero...
Una luce brilla sopra le altre, a testimonianza della sbruffonaggine di chi l'ha accesa. La scritta STARK in cima alla torre sembra galleggiare nel cielo di New York, incombere sulla mediocrità del resto dei suoi abitanti come un'illusione di grandezza.
Loki si ferma accanto a un chiosco di giornali e guarda l'enorme edificio. Ricorda lo squarcio aperto in mezzo al cielo, proprio sopra la guglia, ricorda e non sa se il pensiero di esserci andato così vicino debba farlo sorridere o infuriare.
A dirla tutta, ora gli sembra che quel mondo stia ridendo di lui...
La sente la risata, un suono distinto in mezzo al rumore della città. Riconosce il timbro della voce, ma quella voce lui non l'ha mai sentita ridere.
Sposta lo sguardo con uno scatto.
Nadia.
La ragazza sta scendendo da un taxi, seguita da un'altra persona. Sta ridendo, sta ridendo davvero, con il capo reclinato all'indietro e lo sguardo brillante.
L'altra persona è un ragazzo, e anche lui ride. Oh, dev'essere quello dell'appuntamento, quello che era lì in quei due mesi mentre lui non c'era.
Il ragazzo si sporge verso il taxi e fa cenno al conducente di aspettare, poi si volta verso Nadia, le dice qualcosa che Loki non riesce a sentire, lei annuisce.
Il dio sa che non dovrebbe importargli di quella scena, che è solo un altro misero spaccato di umanità, e di fatto non è la scena in sé che lo tocca, quanto il sapere che è un caso, un caso molesto e sfortunato, uno di quei maledetti tiri mancini del destino, se il ragazzo è lì, se è stato lì al suo posto.
Quale posto?
Loki sorride malevolo, sta per fare un passo fuori dal cono d'ombra proiettato dal chiosco di giornali e dirigersi verso i due ragazzi.
I due mesi sono passati. Ora qui ci sono io, è il mio posto...
Il suo posto. Qualsiasi esso sia, qualsiasi cosa significhi.
Allunga il primo passo, lo sguardo fisso sui due. E il ragazzo si china, poggia le labbra su quelle di Nadia. Loki si ferma mentre li guarda scambiarsi un bacio rapido a fior di labbra.
Capisce: quello non è il suo posto, non lo è mai stato davvero.
Non importa. Non importa affatto...
Non importa...
Non è lì né per la felicità della ragazza né per la propria, rammenta a se stesso.
Si volta e si allontana, lasciandosi inghiottire dai rumori della città.  

*

Sangue...
Ha imparato a riconoscerne l'odore salato, ferruginoso. Odore di morte, di paura, di pericolo.
La sua vista impiega qualche secondo ad abituarsi alla penombra di quel luogo, l'aria fredda le punge la pelle.
Una sagoma si erge in mezzo al vuoto, i colori sembrano brillare come se la figura splendesse di luce propria, un cupo bagliore dorato che mette in risalto il verde dell'ampio mantello, la doratura delle placche dell'armatura.
«Loki?». Nadia lo chiama  con voce tremula e titubante.
Il dio volta appena la testa nella sua direzione. L'elmo lo fa apparire ancora più imponente. E minaccioso.
La ragazza odia vedergli addosso le insegne del suo potere, le rammentano quanto lui sia... alieno.
È forse uno di quei sogni in cui lui si intrufola per parlarle al riparo da orecchie ed interferenze estranee?
«Loki?». Vorrebbe toccarlo, posargli una mano sul braccio per richiamare la sua attenzione, ma è stranamente sicura che se lo toccasse si scotterebbe.
Il dio si volta verso di lei, ha un'espressione indecifrabile, i suoi occhi sembrano stranamente vuoti.  Allunga una mano e le prende il mento tra le dita. Continua a restare muto.
Il tocco di quelle dita è stranamente caldo, non è così che Nadia lo ricordava. Del tocco della pelle di Loki le è rimasta impressa quella sensazione di fresco, un fresco quasi piacevole. Ricorda con un certo languore quella freschezza che svaniva per lasciare posto a un calore tiepido, la sera in cui l'aveva bloccata contro il muro del rudere di Venezia e l'aveva baciata.
Ma quel calore che passa adesso attraverso le sue dita è diverso, è appiccicoso, innaturale, viscido. È come...
Nadia si sottrae alla sua presa e il calore le rimane sulla pelle. Guarda le mani di Loki e le scopre imbrattate di sangue non ancora rappreso. Si tocca le guance dove lui ha passato le dita e scopre di esserne imbrattata anche lei.
Lo fissa sgomenta, di uno sgomento muto che vorrebbe diventare un grido ma che non trova voce.
«Tu non... non devi essere per forza così...» balbetta dopo qualche secondo, poi si guarda attorno e allora vede.
Vede i corpi riversi sul pavimento. Volti già sbiaditi dal pallore che segue la morte.
Tony, Steve, Natasha, Clint, Bruce, Thor, Pepper, Jane... e Mike, proprio ai piedi di Loki.
Il dio sorride, in quel modo che farebbe tremare la terra, si china su di lei e l'afferra prima che  possa ritrarsi.
«Questa è il valore di una promessa fatta dal dio della menzogna» sibila, prima di stringerla e di posare brutalmente le  labbra ghignanti sulle sue. Nadia prova a gridare contro la sua bocca, ma il grido impiega lunghi secondi a prendere forza...

«Sono le nove del mattino» annuncia Jarvis. «L'ho svegliata, come mi aveva chiesto, signorina».
Nadia si alza di scatto, la bocca ancora spalancata. Dalla sua gola esce solo un gemito disarticolato e lei si tasta febbrile le guance dove sente qualcosa di caldo scivolare sulla pelle.
Non è sangue, sono lacrime. Ha pianto nel sonno.
Si porta le ginocchia al petto e si rannicchia su se stessa. Sente ancora l'odore del sangue nell'aria e un dolore pulsante alla pancia.
Oh, santi numi...
Scosta le coperte e vede la macchia allargarsi sulla stoffa della camicia da notte. Alza gli occhi al cielo e sospira.
«Sta bene, signorina?» chiede Jarvis
«Ciclo mestruale. Crea incubi da quando una tizia si mangiò una mela...» borbotta lei, alzandosi e correndo in bagno.
«Jarvis» esclama, cercando vestiti puliti. «Parlami, raccontami qualcosa».
«Cosa preferisce sentire, signorina?».
Qualsiasi cosa.
Qualsiasi cosa purché lei non debba stare sola e in silenzio. In quel silenzio le immagini dell'incubo tornano a comparirle davanti agli occhi e lei si sente terrorizzata.
E domani vedrà Loki per cominciare a risolvere la situazione della pietra, non può permettersi di essere impaurita. Non ha mai avuto davvero paura di lui nella realtà, non può averne paura nei sogni!
E comunque... lei, Loki, gli Avengers, tutti a lezione di magia. Delirante.
Jarvis attacca una tiritera tipo guida turistica di New York. Si interrompe dopo dieci minuti per annunciare che l'ospite che Nadia aspettava è alla porta.

*

T-a-x-i.
Taxi. Thor cerca di mandare a memoria la parola mentre cammina verso la Stark Tower. L'edificio è a pochi isolati dalla palazzina in cui alloggia Jane ed è visibile da qualsiasi angolo del quartiere, non c'è pericolo che si perda. E ad ogni modo, ricorda fin troppo bene quella zona della città.
Non si sente per niente a disagio con quegli abiti così diversi da ciò che è solito indossare. Non si è mai sentito a disagio su Midagard, nemmeno durante il suo esilio.
Entra nel palazzo e prende l'ascensore fino al penultimo piano.
«Benvenuto, signore» dice la voce dello spiritello che infesta i marchingegni di Stark. «Preferisce forse che mi rivolga a lei con un altro titolo?».
Thor dovrebbe dire che a casa sua, di solito, viene chiamato principe, ma non trova la cosa particolarmente rilevante e di sicuro in quei giorni non si sente molto principesco.
«Va bene anche solo... Thor, o figlio di Odino, oppure, non so, fai tu mio incorporeo amico» dice, bussando alla porta.   
«Andrebbe bene anche Boccoli d'oro» aggiunge Nadia, aprendo.
«Ma, signorina, Boccoli d'oro è un soprannome ilare inventato dal signor Stark, io non oserei tanta confidenza» protesta la voce.
La ragazza scuote la testa,
«Scherzavo, Jarvis».
Thor è contento di vedere Nadia, di vederla da solo e di trovarla di buon umore. Un buon umore che sarebbe lieto di condividere ma che gli eventi gli hanno quasi del tutto portato via.
Si sente così in colpa e così dannatamente inutile.
La Terra è minacciata a causa sua e lui non sa che fare per dare una mano – fino a quel momento gli uomini di Fury se la stanno cavando bene anche senza il suo ausilio – e ad ogni risveglio sente pesare sul cuore il segreto, i piani di suo padre per Loki. Loki poi... vorrebbe riuscire a parlargli, vorrebbe poter fare come a Venezia, prenderlo da parte e riuscire a imporgli almeno per qualche minuto la sua presenza, ma questa volta non ci riesce. Questa volta, quando gli capita di pensare a suo fratello, riesce a vedere davvero il baratro che si è creato tra di loro; quando la sua mente indugia su Loki la consapevolezza di averlo perso davvero si innalza come una scogliera, un muro indistruttibile contro il quale si vanno a infrangere tutte le sue speranze. Lo ha perso perché sa che qualsiasi cosa lui deciderà di fare, Loki sarà finito. Non importa se c'è ancora un'ultima battaglia da combattere assieme, non importa se avranno ancora qualche occasione di parlarsi, Loki non tornerà... non tornerà ad essere suo fratello – anche se questo era ovvio da diverso tempo. Non tornerà a far parte della sua vita, in un modo o nell'altro, dopo quell'avventura le loro strade si separeranno per sempre.
Thor si chiede in continuazione se accettare la soluzione proposta da Odino sia l'ultimo atto di misericordia o se sia il tradimento definitivo nei confronti di Loki. E ciò che gli fa più orrore è il rendersi conto che trovare una risposta a quella domanda non farebbe alcuna differenza.
«Sicuro che a Jane non dispiaccia?» domanda Nadia, facendogli strada all'interno della casa.
«Oh, no di certo. Stamane era impegnata in una... videochiamata con la gente del posto in cui lavora» risponde lui. «E poi, sei mia amica, volevo parlare con te... noi, non lo abbiamo ancora fatto da quando sono tornato».
Nadia sorride con una punta di irriverenza,
«Tu e Jane avevate bisogno dei vostri spazi» replica, con un'occhiata complice. «Immagino tu non abbia parlato granché nemmeno con Loki»
«Immagino che Loki non voglia parlarmi. E stavolta davvero non so che dirgli».
Thor abbassa gli occhi, sospira prima di aggiungere: «E tu, hai avuto modo di parlare con lui?».
Nadia si siede sul divano e gli fa cenno di accomodarsi. Si mordicchia il labbro con un'espressione che sembra quasi colpevole.
«Non troppo. È particolarmente astioso da quando è tornato, e lo capisco... ho passato mesi interi a  pensare che fosse sparito di proposito. Gli ho chiesto scusa e il giorno dopo l'ho spalmato contro il muro... già in condizioni normali, non è particolarmente incline al perdono».
A Thor scappa un sorriso amaro. No, Loki non è incline al perdono, non lo è affatto.
«Non è in collera con te, ne sono certo. Temo che tu lo intimorisca»  
«Certo, l'ho mandato gambe all'aria e...»
«No, intendo dire che...». Thor esista. Non è mai stato bravo con le parole e non ritiene di dover condividere con Nadia le sue illusioni solo per sentirsi rassicurato o per convincerla di qualcosa che non è la verità, ma se lei è davvero l'unica speranza di salvare Loki nel miglior modo possibile, lui non può perdere quell'occasione. «Ah, Nadia... per quanto Loki si sforzi di esserlo, non mi è così estraneo, io lo conosco. In gioventù era inviso a molte persone alla corte di mio padre, non è mai stato in grado di conquistarsi il favore degli altri perché non ha mai fatto nulla per gli altri e...».
Nadia si alza di scatto e gli dà le spalle. Thor si chiede se non abbia esagerato o se non abbia parlato a sproposito.
«E invece per me si è fatto catturare e torturare, rischiando anche di essere ucciso, lo so» dice la ragazza, amareggiata. «E questo vuol dire tanto per me ma, Thor, non posso essere l'eccezione che conferma la regola del suo odio verso tutto e tutti»
«Non sempre le eccezioni confermano le regole, a volte sono il punto di partenza per cambiarle. Non si tratta solo di quello che Loki ha fatto per te, si tratta di quello che tu hai fatto per lui. Se mio fratello avesse incontrato in passato persone disposte a guardare oltre, adesso forse...».
Thor vede lo sguardo di Nadia incupirsi e fissarsi su un punto lontano, oltre la vetrata, come se stesse andando a scandagliare le ferite della città lasciate dal passaggio di Loki.
«Lui aveva bisogno di te, ha ancora bisogno di te» afferma il dio del tuono. «Ed egoisticamente, io ho assoluto bisogno di credere in questo. La strada che Loki ha imboccato è un vicolo cieco e quando ne vedrà la fine vorrei che vedesse una luce in mezzo al buio che si è creato intorno. So che tu desideri lo stesso, altrimenti non avrei osato affrontare un simile discorso».
Nadia torna di nuovo verso il divano, si siede accanto a Thor e gli posa la testa sulla spalla.
«Hai ragione» gli mormora. «Ma è giusto che tu ricordi che nessuno può salvare Loki, nemmeno io. Meno che mai io, anzi».
Nella malinconia con cui la ragazza pronuncia quelle parole ci sono tutte le risposte che Thor stava cercando. Non sa se Nadia e Loki troveranno mai una strada che possa andare bene per entrambi, probabilmente no, ma lei è ancora una volta la conferma a ciò che lui ha sempre desiderato di poter affermare: Loki non è un mostro.








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Note:

“Sto scrivendo di un branco di idioti!”. Il mio primo pensiero dopo aver finito questo capitolo. Ma del prossimo sono notevolmente più contenta.
Questo è uno dei capitoli che mi soddisfa di meno. Spero almeno che l'exploit di Thor non sia troppo OOC... 

Intanto, colgo di nuovo l'occasione per ringraziarvi tutti perché siete sempre in tanti e il vostro entusiasmo mi riempie di voglia di  andare avanti con questa storia. 
Grazie *_*

Per curiosità o domande sulla fanfiction, la vita, l'universo e tutto quanto: HERE

A venerdì prossimo con l'aggiornamento.

   
 
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