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Autore: Aranil    14/12/2012    2 recensioni
Francesco Masti è un ragazzo tranquillo che abita nel paese di Bracciano, vicino Roma. La sua vita, dopo un anno dall'essere lasciato dalla ex, scorre ormai tranquilla, ma tutto viene travolto da Serena, una ragazza nerd e carina, e Stella, una neo laureata in psicologia.
Tra una partita ad un gioco di ruolo, un salvataggio in lago e un film con gli amici, questa è la ricerca di una stabilità economica e emotiva di un 24enne di giorni nostri
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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Arrivò la serata del concerto fatidico. I giorni antecedenti furono scanditi tra lavoro e prove, tanto che vidi poco anche Serena. Lei veniva a tutte le nostre prove, con la scusa d’accompagnare Alan, per cercare di stare il più possibile insieme. Le nostre prove erano diventate affollate: Alan portava Serena per me. Richard portava Sara e, di conseguenza, veniva anche Marco. Sara, però, si annoiava, quindi portava con sé Irene, il che costringeva Paolo a portarsi dietro Davide. Fortuna che Paolo aveva una saletta bella grande da accoglierci tutti.
 
Finalmente la serata. Noi eravamo un gruppo spalla, quindi non eravamo l’anima della serata. Avremmo fatto 5 pezzi nostri, più una cover, prima di dare spazio al gruppo che avrebbe suonato per il resto della serata. L’Angolo Rock si stava riempiendo di gente, più di quanto pensassi e iniziai ad avere un po’ di ansia.
Quando sei il gruppo spalla e vuoi sfondare, devi farti valere. Ma sai che l’85% della gente non è lì per vedere te, ma per vedere il gruppo a cui fai da spalla. Fare da gruppo spalla è una buona occasione per presentare le tue canzoni a un pubblico che non ti conoscerebbe affatto, ma non è certo che il pubblico sia interessato a sentirti.
Fortunatamente qualche piccolo gruppo di amici venuti per sentire noi. Su un tavolino c’era la mia combriccola, cioè Paolo con Davide e Marco con Sara e Irene. Insieme a loro c’erano Serena, Alan e Luigi che ci era venuto a sentire. Non era venuto Carlo (nonostante fosse stato invitato da Alan) e la cosa non mi sorprendeva. Su un altro tavolo Richard si era portato un gruppetto di amici suoi: erano circa una dozzina, alcuni dei quali facevano parte di altri gruppi, tutti con quel tono da “noi siamo ragazzi vissuti, te sei un ragazzino viziato, ma a noi non interessa”… non so se mi sono spiegato!
Luca e Emelie erano venuti portando alcuni amici di entrambi. Emelie mi portò anche un portafortuna: un piccolo ciondolo fatto da lei stessa col Fimo, un materiale malleabile tipo pongo che, una volta cotto, diventa plastica. Luca, invece, mi portò la sua classica pacca sulla spalla seguita da sorrisetto e occhiolino.
 
Mancavano 20 minuti al concerto. Ero seduto al tavolino con i miei amici travolto dall’ansia. Serena mi accarezzava i capelli cercando di tranquillizzarmi. La baciai nervosamente e lei mi abbracciò cercando di coccolarmi e farmi rilassare.
“Ecco l’artista!” sentii strillare dietro di me. Era Stella, arrivata con il suo gruppetto di amiche (le stesse del lago) per sentirmi suonare. Aveva un look mozzafiato, soprattutto i ricci spumati per l’occasione e il trucco che le facevano risaltare gli occhi e lo sguardo, rendendola ancora più carina. Mi alzai per salutarla.
“Ciao Stella! Sono contento che tu sia venuta!” le dissi mentre la salutavo.
Presentale Serena, imbecille! sentii consigliarmi dal mio cervello. Effettivamente, quando mi voltai Serena aveva un sorriso tirato. Sì, era un po’ gelosa… e trovavo la cosa adorabile.
“Lei è Serena.” la presentai.
“Finalmente ti conosco!” disse Stella, stringendole la mano “Francesco mi ha parlato molto di te e sono contento che mi abbia dato retta!”
Dato retta?” chiese Serena.
“Sì!” Stella assunse l’espressione da psicologa esperta “Devi sapere che il tuo ragazzo è un insicuro cronico, con la paura di fare sempre male! Così ho provato a spingerlo a vederti, conoscerti, eccetera.” Serena arrossì e mi guardò sorridendo, stavolta veramente. Sembrava quasi volesse chiedermi scusa per essere stata gelosa. Vidi Stella osservarla con occhio clinico, poi guardò me, ma io distolsi lo sguardo. Non so perché ma si rabbuiò molto: dalla solare Stella, divenne una maschera d’inquietudine.
“Oh… beh, io e le mie amiche andiamo a cercare un posto!” disse con voce meno squillante e più insicura “In bocca al lupo per dopo!” e se ne andò di corsa. Avrei voluto chiederle cosa le era preso, perché aveva cambiato così repentinamente espressione. E soprattutto, cosa avesse intuito dai nostri sguardi. Ma dalla bocca uscì solo un “Crepi”
 
Salimmo sul palco poco dopo. La scaletta l’avevo scelta io e avevo preparato tutte le presentazioni. Dei 5 pezzi nostri, 2 li avevo scritti nell’ultimo mese ed erano i nostri pezzi di punta.
Il primo pezzo fu Invisible, la prima canzone scritta con Paolo. Parlava di un ragazzo che si sente invisibile alla gente, che sente di non contare nulla (“…Nobody can see me / I’m invisible / I do not leave a trace…”) e di un amico che cerca di risollevarlo, facendogli capire che non è per niente invisibile e che lascerà il segno in qualcuno. La musica era melodica, con grossi sentori pop.
Poi cantammo Look at me, canzone scritta da Paolo con suoni rock pieni di effetti e cambi di tonalità scattosi. Io ne scrissi un testo rabbioso contro una fantomatica ex ragazza… che poi tanto fantomatica non era, visto che lo scrissi poco dopo essere stato lasciato. (“…life goes on without you / your words are like water / and I’m rock, where they pass over…”)
Il terzo pezzo era più allegro ed era l’unico di tutto il repertorio scritto totalmente da Richard. La canzone parlava di un uomo che era andato nel futuro per uccidere se stesso e che raccontava a se stesso giovane perché l’aveva fatto (“…I've always said, if I die, I would have my hand / I thought for my mistakes, but it was a knife…”). La canzone si chiamava Murder on tail of the time ed era stile Rock con grosse influenze etniche asiatiche e cambi di tonalità tutt’altro che scontati.
Poi facemmo la cover. Ovviamente, per passione generale, scegliemmo di fare My generation dei Who in una versione live dove c’era una bellissima batteria che Alan trasportò meravigliosamente. Mentre c’era l’assolo di batteria, io mi guardai in giro: il pubblico non era molto interessato a noi all’inizio, ma alcuni gruppi di persone si erano fermate ad ascoltarci. Le tre canzoni avevano sonorità particolari e alcuni erano rimasti colpiti dai diversi stili che portavamo. Serena stava scattando molte foto sia a me sia al resto del gruppo. Gli altri amici avevano gridato per tutto il tempo, per farci da tifo. Era rimasta, invece, stranamente silenziosa Stella, che si era anche seduta di spalle e parlottava spesso con le sue amiche.
 
Gli ultimi due pezzi erano quelli di punta, gli ultimi scritti.
Il primo pezzo era l’ultima scritta in generale. Parlava di una stella nana che ricordava quando era una vera stella e del suo amore impossibile con un pianeta che le girava intorno (“…My light is fading / but my true light was you / that, away, you turn me around / in an endless astral dance…”). Si chiamava, appunto, Astral dance e l’avevo scritta sotto l’influsso di alcuni pezzi dei Muse come Starlight o Resistance.
Poi ci fu l’ultimo pezzo, Smile. Per l’occasione, Alan non suonò e la ripresentammo in stile acustico. Prima di cantarla, feci una piccola dedica a Serena. E suonammo. Era il nostro pezzo di punta, era il pezzo più bello che avessi scritto, era la mia anima aperta a tutti. E apprezzarono. Ci fu un bell’applauso generale nella sala. Ringraziai e presentai il resto del gruppo, prima di lasciare posto ai Goldnut che avrebbero suonato dopo di noi.
Scesi dal palco, fummo accolti da tutti gli amici che si complimentarono con noi, a uno a uno. Tra tutti, però, non ci fu Stella. Scoprii che se n’era andata urgentemente durante il nostro ultimo pezzo e che mi chiedeva scusa per essere dovuta scappare così repentinamente. Una sua amica lo aveva comunicato a Marco che era al tavolo nostro e poi l’aveva seguita. Passai il resto della serata con gli amici e con Serena, divertendoci un mondo.
 
Verso fine serata, però, Alan mi prese in disparte.
“Chi è quella Stella?” mi chiese. Aveva un’aria mista tra preoccupata e arrabbiata.
“È un’amica! L’ho conosciuta al cinema!” spiegai “Fa la psicologa e mi ha spinto a provarci con Serena!”
“Sei sicuro?” marcò parecchio la parola sicuro da urtarmi parecchio.
“Sì, sono sicuro! Sicurissimo!” risposi stizzito “Ma perché me fai ‘ste domande?” Ecco il Davide che è in me che esce fuori!
“Scusa!” rispose lui “È ho visto qualcosa di strano in lei e anche in te, quando è arrivata! E poi, il fatto che lei se ne sia andata durante l’ultima canzone, quella dedicata a Serena, mi puzza!” prese una pausa per soppesare le mie espressioni “Stai attento con quella ragazza! E soprattutto stai attento con Serena!” disse concludendo, prima di andarsene.
   
 
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