Serie TV > Glee
Segui la storia  |       
Autore: Dreamer91    14/12/2012    10 recensioni
E se il destino avesse voluto che in una città tanto grande come New York, due ragazzi dalle vite completamente diverse, finissero con l'abitare a meno di tre metri di distanza... sullo stesso pianerottolo?
Dal Capitolo uno:
"Stai scherzando spero!" mormorai
"Perché scusa? Non ci sono topi né prostitute per strada... per quanto riguarda i vicini non so... non li ho interrogati... però..."
"Sebastian!" lo bloccai passandomi una mano sul viso "Lower East Side... sul serio?"
"Non ti seguo, B..." mi fece visibilmente confuso slacciandosi la cintura
"Bastian dovrò vendermi un rene per pagarmi l'affitto... e quando avrò terminato gli organi, mi toccherà scendere in strada e fare compagnia a quelle famose prostitute per andare avanti!" gli spiegai concitato.
(...)
"Non fare l'esagerato Blaine... questa volta penso di aver trovato il posto giusto per te! Coraggio, scendi che te lo mostro!" mi incitò scendendo dall'auto e raggiungendomi sul marciapiede
"Anche l'ultima volta lo pensavi, Seb... e siamo dovuti scappare a gambe levate da un travestito in minigonna e tacchi a spillo!" gli ricordai lanciando un'occhiata al palazzo color porpora - innocuo e all'apparenza rispettabile - che si stagliava per ben quattro piani davanti a noi.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Just a Landing'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Buona sera miei adorati puffolotti amorosi (eh? XD) eccomi quim dopo praticamente un'attesa infinita a pubblicare.. dunque, da premettere che sto tipo piangendo perché è il penultimo capitolo e le emozioni qui sono talmente tante che non riesco quasi più a spiegarle: ci avviamo verso la conclusione, manca davvero pochissimo e in questo capitolo ci saranno parecchie cose interessanti: Blaine, Kurt, il loro futuro e un pò quello che avevo in mente fin dall'inizio ancora prima di scrivere il primo capitolo. Fa strano ora vedere nero su bianco l'idea principale che avevo avuto quel fatidico giorno in cui ho deciso di intraprendere questa avventura ma... no niente.. piango troppo oggi e dovrei smetterla ç___ç bene, passiamo alle note dolenti: a stento, come ben sapete sono riuscita a scrivere questo capitolo e purtroppo il 20 ho un esame, dunque non posso permettermi di togliere del tempo allo studio, dato che vorrei farmi un regalo per Natale e passarlo ^^ per questo sono costretta ad eliminare l'aggiornamento la prossima settimana e rimandarlo alla settimana di Natale: io spero di riuscire a scriverlo per il 24, magari facendovi un regalino, speriamo bene. Perdonatemi (lo so, sono ripetitiva!) ma non so come altro fare. Intanto godetevi il capitolo che io torno a studiare ç___ç (e devo smetterla di piangere!) buona lettura.. ci vediamo dopo il 20 Dicembre. Vi amo, e amo le vostre recensioni meravigliose, una per una! <3
n.b. Pagina Fb (Dreamer91 ) Raccolta (Just a Landing - Missing Moments )




New York City. Ore 03.12 P.M. 03 Maggio 2012 (Giovedì)


Riuscire ad incidere qualcosa scritta da me, qualcuna di quelle canzoni composte e musicate dalle mie mani e la mia testa, era sempre stato il mio sogno più grande, fin da quando mi riempivo la testa di gel, cantavo come leader degli Usignoli alla Dalton Academy ed ero un ragazzino alto appena un metro e settanta con la testa sempre tra le nuvole ed un migliore amico che tutto sembrava, fuorché un migliore amico. Da allora erano passati degli anni, avevo cambiato Stato e città, avevo buttato i flaconi di gel per capelli - preferendo i miei ricci spettinati alla possibilità di diventare calvo prima dei trent'anni - e non ero più il leader di niente. In compenso, avevo ancora un migliore amico diversamente affettuoso e... sì, insomma, ero alto sempre un metro e settanta. Però un paio di cose nella mia vita erano cambiate seriamente: ero finalmente andato a vivere da solo, dato che, dopo essermi trasferito a New York, avevo iniziato quell'esperienza al fianco di Sebastian, invece ora possedevo un appartamento tutto mio, mi occupavo da solo dell'affitto e della spesa, facevo lavatrici - i colorati con i colorati, i bianchi con i bianchi e i neri... erano colorati no? - toglievo la polvere e pagavo le bollette, come tutti i ragazzi maturi di venticinque anni. Mia madre mi aveva perfino detto di essere orgogliosa di me e forse l'ultima volta in cui me l'aveva detto era stato quando avevo sei anni e le avevo portato a casa un foglio con su scritto il mio nome, tutto storto e con un'acca messa, chissà per quale motivo tra la a e la i. Ma lei era orgogliosa di me anche ora, per quello che avevo fatto e stavo facendo, e sotto sotto anche per il fatto che non abitassi più sotto lo stesso tetto di quel decerebrato di Sebastian. Anche a lei non era mai stato particolarmente simpatico.
La seconda cosa ad essere cambiata era la mia vita sentimentale: o meglio... fino ad allora non potevo dire di averne mai avuta una. A parte una piccolissima parentesi - chiusa malissimo, tra l'altro - con Jeremiah, nessuno aveva mai dimostrato interesse verso di me a tal punto da rendermi felice di avere un ragazzo da presentare ai miei genitori e a mio fratello, perché nessuno era mai stato capace di rubarmi il cuore. Almeno, fino a quel momento.
Kurt. Kurt era diventato il mio tutto in poco più di un mese. Era diventato il centro del mio universo, il mio campo gravitazionale, il mio Nord, la mia bolla di ossigeno, la mia quotidianità e la mia migliore conquista in assoluto. E ogni giorno speso al suo fianco mi riempiva di convinzione: lui era il ragazzo perfetto, perfetto per me, per il mio mondo e il mio futuro e quello che noi avevamo era quanto di più bello la vita potesse offrirmi. E forse ne era valsa la pena soffrire un pò in passato, aver pensato che nessuno potesse meritare il mio amore e il mio tempo, perché se fossi stato un pò più ottimista, se mi fossi lasciato un pò più andare, probabilmente non mi sarei innamorato così tanto di lui, non avrei messo tutta la mia vita nelle sue mani, né avrei mai pensato di potermi sentire così un giorno. Era tutto scritto, in un certo senso. Kurt era il mio destino ed io speravo di essere il suo in un certo senso anche se, mi rendevo conto di non essere alla sua altezza, ma nel mio piccolo speravo di farlo felice e di continuare a farlo per sempre... e anche oltre.
"É davvero incredibile quello che riesci a fare con uno strumento tra le mani e un pò di immaginazione!" una voce si materializzò dietro di me e, pur sapendo perfettamente chi fosse, perché ormai avevo imparato a riconoscere anche la sua, mi girai verso di lui, abbandonando la melodia senza senso né titolo che stavo suonando al piano
"Ti ringrazio." mormorai un pò imbarazzato, mentre Artie avanzava con la sua sedia a rotelle. Mi accorsi quasi subito che sulle gambe reggeva qualcosa di familiare e per questo mi ritrovai a trattenere il fiato e a deglutire, corroso dall'attesa
"E... allora?" domandai, lanciandogli un'occhiata speranzosa, incrociando involontariamente due dita dietro la schiena. Lui si fermò accanto a me, fece un profondo respiro dopodiché incrociò le mani in grembo, come faceva spesso
"E allora... ho ascoltato il tuo primo demo, con molta attenzione, devo dirlo.. e.." ma si bloccò, forse credendo che, con un pò di suspance, fosse più apprezzato. Ma questo succedeva solo nei film, nella vita reale io non ero affatto un ragazzo paziente e lui doveva decidersi a darmi una risposta, prima di farmi morire.
"Artie!" lo ammonii, agitandomi sullo sgabello "Se non ti piace, posso rifarlo.. giuro, questa volta mi impegnerò il doppio, e prometto di non deluderti!" esclamai con una leggera nota di disperazione nella voce. La mia prima occasione.. non volevo buttarla nel cesso solo per un demo venuto male. Non potevo farlo.
"Non serve." disse lui scuotendo la testa, rimanendo imperturbabile. Ma dannazione... perché quel ragazzo era così.. asettico? Come potevo capire se fosse contento oppure deluso, se la sua espressione non mutava di una virgola? Era abituato a comportarsi sempre così con tutti? Oppure con me si divertiva in particolar modo? Alla fine, proprio quando iniziavo a non capirci più niente, lui afferrò il cd con il mio demo e lo posò con molta delicatezza sulla tastiera del pianoforte
"Artie io non... credo di aver capito cosa..."
"Mi piace!" esclamò soltanto, e quelle due parole, soltanto quelle due ebbero il potere di ridarmi il respiro
"D-davvero?" domandai, mentre l'ombra di un sorriso si affacciava sulle mie labbra. Lui annuì con vigore
"Sicuro... non ricordo neanche quando è stata l'ultima volta che ho avuto il piacere di ascoltare una cosa fatta così bene. I miei più sinceri complimenti, Blaine. Sono sempre più convinto di aver fatto un ottimo investimento con te." e mi rivolse un sorriso, anche se leggermente tirato. Era pur sempre un sorriso, uno dei pochi. In quel momento sentii una scarica di adrenalina passarmi da parte a parte, correre lungo la colonna vertebrale e arrivare diretta al cervello, scuotendomi sensibilmente. E, come un idiota, mi ritrovai ad allargare il mio sorriso, probabilmente fino alle orecchie ed avvertii il familiare luccichio invadermi gli occhi in un brevissimo istante. Quello era ciò che mi accadeva da quasi dieci giorni a quella parte, ogni volta che mettevo piede alla Omnia Records e ogni volta, anche se con una leggera difficoltà mi rendevo conto che quello che camminava tra i corridoi elettrizzato, non era il mio alter ego del mondo dei sogni, ma ero io, nella vita reale, che stavo lavorando per Artie Abrams, un discografico di New York, che, stando alle ricerche effettuate da Sebastian, era anche parecchio quotato. Artie mi stava indirizzando con molta cautela verso la composizione di qualcosa, un intero album di pezzi inediti, ma soprattutto scritti dalle mie mani, nei quali lui avrebbe dato solo la sua supervisione complessiva e l'ok finale. Aveva detto di avere molta fiducia in me e sapeva di poter ottenere qualcosa di grande. Aveva anche detto che era raro in quel periodo, trovare un cantautore con tanto talento e soprattutto con la mia tenacia e per lui, già questo, doveva essere premiato, assolutamente. Kurt era fiducioso... non era molto convinto che Abrams fosse in effetti la persona giusta con cui poter sfondare nel mondo della musica, ma, con un sorriso genuino, una di quelle mattine - mentre mi accarezzava la guancia con il polpastrello ruvido e caldissimo - mi aveva detto
"Sfrutta questa possibilità finché puoi... tanto tu e lui non dovete diventare amici né tanto meno sposarvi un domani... prenditi da lui tutto quello che può darti e.. tanti saluti!" e lo aveva detto con una tale naturalezza che a stento mi ero trattenuto dall'allungare il collo e baciarlo, nonostante la notte precedente l'avessi fatto molto, molto spesso.
Eppure, nonostante condividessi la tesi del mio ragazzo, nonostante fossi convinto di dover semplicemente sfruttare quella possibilità che mi veniva data, senza dovermi preoccupare di altro, sentivo di voler instaurare una specie di... rapporto con Artie, una sorta di equilibrio che fosse un pò più orientato verso l'umano che verso il professionale. Certo, lui era pur sempre il mio capo, però questo non toglieva il fatto che un domani io e lui saremmo potuti diventare amici. D'altronde io e Puck, nonostante i caratteri completamente diversi e le numerose minacce di licenziamento da parte sua, eravamo riusciti a creare una bella amicizia che, nonostante tutto, andava avanti da quasi un anno, dunque... perché anche con lui, non avrei potuto fare la stessa cosa?
"Artie, posso... farti una domanda?" chiesi esitante, poggiando la schiena alla tastiera del pianoforte dietro di me
"Se non è troppo indiscreta." precisò sollevando un sopracciglio in maniera brusca
"Oh bene.. io sono il maestro della indiscrezione, quindi preparati al peggio." mormorai ridacchiando. Mi sarei dovuto fermare lì, approfittare di quella scappatoia che lui stesso mi aveva offerto per rinunciare alla investigazione e continuare a farmi i fatti miei.
Impiccione che non sono altro...
"Coraggio.. sentiamo.." acconsentii lui con un sospiro rassegnato, quasi si stesse davvero preparando a ricevere un pugno in piena faccia. Misi su una mezza smorfia e dopo essermi torturato un pò le mani, dissi
"Sul tuo.. bigliettino da visita c'era anche un altro nome... Motta, se non sbaglio. Chi è? Il tuo socio? E perché non l'ho ancora conosciuto?" domandai a filo dritto, dando voce a tutti quegli interrogativi che in quei giorni mi erano balzati alla mente. Con un leggero accenno di terrore, vidi la sua espressione cambiare lentamente e passare dalla leggera curiosità, all'insofferenza più palese, con l'aggiunta di un pizzico di fastidio.
Merda.. ne ho fatta un'altra delle mie...
"Motta... è una lei.. e.. sì, è la mia socia ma.. non credo la conoscerai mai!" tagliò corto con un certo disprezzo nella voce che non seppi se fosse rivolto a me o a questa misteriosa Motta. Di nuovo sentii come una voce che mi pregava di chiudere la bocca e farmi i fatti miei perché iniziavo a sentire una certa tensione aleggiare nell'aria, ma ovviamente, siccome ero un idiota con tanto di certificato di autenticità, mi ritrovai ad aprire la bocca, ancor prima di aver pensato razionalmente
"Perché? Lei non si occupa di..." ma mi bloccò, con un gesto della mano
"Lei non si occupa di niente qui. Sono solo io a trattare con i cantanti e ad occuparmi di ogni cosa. Lei si limita a... finanziare l'agenzia. E credimi che è meglio così.. per tutti!" sbottò con un mezzo ringhio, ma proprio non riuscì a mascherare un tremolio appena accennato sul finale, non seppi se dettato da rabbia o semplicemente da un accenno di emozione dovuta a dei ricordi passati. Ebbene, questa Motta era socia di Abrams, anzi.. lei finanziava l'agenzia - finanziava anche me in realtà - e non si occupava di altro, non trattava con i cantanti, non si preoccupava neppure di presentarsi... firmava soltanto gli assegni a fine mese? Che razza di rapporto lavorativo era mai quello? E poi perché a lui sembrava andare bene così? Perché sembrava addirittura turbato per il semplice fatto di averla nominata? Che non scorresse buon sangue tra i due? Che per colpa di vecchi contrasti adesso il loro rapporto si fosse rovinato per sempre? Oppure c'era qualcosa di più.. qualcosa che non riguardava né l'agenzia né le sue finanze, qualcosa che a quanto pareva, collegava emotivamente lui e quella donna. Forse erano stati una coppia, forse ci avevano provato ma non era andata bene, forse lui ci stava ancora provando - il che avrebbe spiegato quel leggero tremolio nella voce che avevo avvertito e soprattutto perché fosse così restio a parlare di lei.
Sinceramente Anderson, dovresti farti gli affari tuoi...
"Posso fartela io adesso una domanda?" cambiò direzione lui, rilassandosi visibilmente sulla sua sedia. Sgranai appena gli occhi, sorpreso
"Uh... ehm.. sicuro!" acconsentii, sentendomi leggermente a disagio, perché non sapevo cosa aspettarmi da un tipo del genere. Avrebbe potuto chiedermi di tutto, perfino qualcosa di nettamente più indiscreto rispetto a quello che gli avevo chiesto io. Ma lo lasciai fare, perché in fondo me lo meritavo.
Occhio per occhio...
"Ho notato che c'è una certa intimità tra te e Kurt Hummel.." mormorò, sollevando un sopracciglio con circospezione, lasciando volontariamente la frase in sospeso. Mi ritrovai ad arrossire all'istante, ricordando perfettamente quello sciocco ed istintivo gesto che avevo fatto sulla soglia del mio appartamento, quando Artie era venuto per parlarmi. In quel momento mi era sembrata l'unica cosa sensata da fare, dare una sorta di lezione a quello sbruffone che si era permesso di invadere la nostra intimità. Poi, a distanza di qualche giorno e dopo aver appurato che non c'era stato nulla di malvagio o intenzionale nel suo gesto, mi ero sentito un idiota - che novità! - un bambino che si era divertito a marcare il suo territorio e che non aveva neppure avuto la maturità di capire che non c'era assolutamente bisogno di farlo, dato che avevo appena scoperto di essere amato dal ragazzo che amavo. Ma era stato più forte di me, e la ragione quel giorno era stata scalzata abilmente dall'istinto. Istinto da idiota, ma pur sempre istinto.
"Ehm.. sì... lui è... io e lui stiamo insieme!" esclamai tormentandomi un labbro, tirandolo con forza all'interno e sperando che per lui, avere un cantante omosessuale, non fosse un problema eccessivo
Oddio.. ora mi licenzia...
Con mia grande sorpresa, accennò un sorriso sghembo, particolarmente ironico e sorpreso
"E che fine ha fatto quel bisonte privo di ogni forma di educazione?" domandò
"Parli di David? Oh.. lui è... sparito dalle nostre vite per fortuna, dopo avermi gentilmente quasi ammazzato, attaccandomi alla grata dell'ascensore!" e scrollai le spalle, mentre un piccolo brivido mi percorse la schiena, come sempre, quando mi ritrovavo a ripensare a quel momento. Probabilmente non lo avevo ancora rimosso del tutto, probabilmente non lo avrei mai fatto. Artie inarcò maggiormente il sopracciglio, facendo sparire ogni traccia di sorriso dal suo volto
"Ed è successo nel nostro palazzo?" domandò scioccato
"Esatto.. circa venti giorni fa..." precisai
"Spero tu.. lo abbia denunciato!" sbottò infastidito, incrociando le braccia al petto
"Sì, l'ho fatto, anche se non ne ero particolarmente entusiasta... però alla fine penso sia stata la scelta più.. saggia!" e sorrisi mesto, mentre lui annuiva e si imbronciava maggiormente
"L'ho sempre pensato che quel tipo fosse un animale e che dovesse seriamente essere rinchiuso da qualche parte... e, anche se questa volta mi costa ammetterlo, avevo ragione. Era pericoloso e senza controllo. Mi chiedo come abbia fatto Kurt a sopportarlo per tutto questo tempo." mormorò accigliandosi ancora e portandosi una mano sotto il mento per accarezzarlo
"Io continuo a chiedermelo ancora, ma... sinceramente non ha più molta importanza. Adesso ci sono io nella sua vita e spero di poter essere il suo.. riscatto.. per il futuro!" dissi con un certo orgoglio, mentre sentivo il cuore iniziare a palpitare nel petto, quasi galoppando.
"Beh... senza dubbio sei più molto più educato e gentile tu di quello scimpanzé... per limitarci a questo, altrimenti potrei elencarti altri diecimila pregi che penso tu abbia in più rispetto a quel... tipo." e fece un'altra smorfia disgustata che mi fece ridacchiare. Mi sentivo un tantino lusingato a dire la verità: non che ci volesse poi molto ad essere migliori di David, ma sapere che perfino uno come Abrams - che era scontroso per natura - potesse pensare che io fossi più adatto per Kurt, faceva un certo effetto. Forse, con un pò di pratica e un pò di convinzione in più, anche io sarei arrivato a credere che dopotutto, sarei stato alla sua altezza. D'altronde i presupposti c'erano: io lo amavo da morire, lui amava me, sembravamo aver piantato le basi per una solida e duratura relazione, entrambi eravamo sereni e soprattutto proiettati verso il futuro. Ma la cosa più importante sarebbe sempre stata l'appoggio che ognuno avrebbe dato all'altro, la sua presenza costante al mio fianco, anche quando materialmente non ci sarebbe stato, la sua vicinanza, la sua fiducia, il sorriso che avrebbe continuato a regalarmi, soltanto per potermi permettere di vivere meglio, ogni giorno fino alla fine. Ed io avrei fatto lo stesso, sempre: lo avrei assecondato, guidato, accompagnato, gli avrei insegnato volentieri qualcosa ed avrei appreso ancora più volentieri qualcos'altro da lui, ma soprattutto, in qualsiasi modo fosse andata a finire quella storia del concorso io sarei rimast...
All'improvviso, mentre un pensiero si materializzava nella mia mente, diventando sempre più concreto e opprimente, avvertii lo stomaco appesantirsi e le guance andarmi a fuoco. Mi sollevai di scatto dallo sgabello del pianoforte, sotto lo sguardo stranito di Artie e, praticamente senza respiro, chiesi
"C-che... che ore.. so-no?" lui guardò subito il suo orologio da polso 
"Le tre e trentasette!" 
la risposta mi arrivò da lontanissimo, quasi da un'altra dimensione, o forse fui io a non badarci molto, perché sapevo già di essere in un fottutissimo ritardo e quindi, ancora prima di ricevere una risposta, mi trovai nel corridoio dell'agenzia, a correre come un indemoniato, dandomi del cazzone galattico perché... fanculo, tutto avrei potuto dimenticare, perfino il mio nome di battesimo, ma non.. quello!
Spero solo che questa mia cazzata non abbia rovinato tutto quanto... non potrei mai perdonarmelo...

New York City. Ore 03.53 P.M. 03 Maggio 2012 (Giovedì)

"Non verrà!" esclamò con un sospiro una voce alle mie spalle "Conoscendolo, se ne sarà dimenticato!"
"Sebastian!" un'altra voce si unì alla sua, leggermente più alta ed ammonitrice
"É uno sbadato cronico. Non riesce neanche a ricordarsi di dover mangiare, a volte... Dubito che si possa ricordare di venire qui oggi." continuò cercando di essere più convincente
"Sebastian, falla finita!" lo riprese ancora l'altro ragazzo, sempre più indispettito
"Cosa ho detto?" domandò il primo, facendo finta di nulla
"Non sei divertente... per niente!" sbottò ancora, con un tono leggermente più acido e affilato. Poi questo cambiò e divenne improvvisamente leggero e paziente "Kurt non dare retta a questo idiota. Blaine verrà... avrà solo trovato un pò di traffico." ed era a me che si stava rivolgendo quella voce, altrimenti non si spiegava come mai il mio nome fosse sbucato così all'improvviso. Eppure io, stavo facendo tutto tranne che... ascoltare.
"Traffico, certo.. alle quattro del pomeriggio!" sbottò divertita ancora la prima voce - era Sebastian, inutile continuare a negarlo - e riuscii a girarmi giusto in tempo per vedere Daniel al suo fianco, tirare una gomitata nelle costole del ragazzo, che saltò sul posto
"Cazzo.. quella mi serve!" si lamentò con una smorfia, accarezzandosi il punto colpito, ma il ragazzo biondo lo fulminò in maniera così intensa da lasciarlo senza parole. Si limitò a stringersi un labbro tra i denti, accavallare le gambe e spostare lo sguardo sul soffitto bianco.
Io ero senza fiato, senza parole, senza più nemmeno la forza per muovermi né pensare lucidamente. Avevo il vuoto totale che mi scorreva nella testa e la sentivo come ovattata, coperta da qualcosa di spesso e opprimente, qualcosa che mi impediva perfino di sentire dolore, che mi stordiva e mi faceva respirare male, deglutire a stento ed avvertire il disperato bisogno di piangere. Ma non potevo farlo, non in quel momento, non davanti a tutta quella gente. Avvertivo il panico corrermi sotto pelle, in un misto di adrenalina e terrore allo stato puro e più i minuti passavano più la situazione peggiorava, più sentivo che la terra si stesse aprendo sotto i miei piedi ed io non stavo facendo nulla per salvarmi, per scappare via. Rimanevo immobile, ancorato al pavimento di quella sala, con le mani premute sullo stomaco - che tremava e faceva un male cane - la mascella contratta e gli occhi incollati alla porta chiusa, dalla quale mi aspettavo che prima o poi, sarebbe entrata la mia medicina, il mio rimedio, la mia unica salvezza. Ma da quella porta, da più di quaranta minuti, non entrava più nessuno. Ed io iniziavo a sentirmi male davvero, come mai avrei potuto immaginare. Avevo bisogno di un appiglio per non cadere, di un sostegno non solo fisico ma soprattutto morale, e in maniera particolare avevo bisogno di calore, del suo calore.. delle sue braccia che si stringevano attorno alle mie spalle, del suo respiro sul viso, della sua voce, della sua risata morbida e avvolgente, del suo cuore che scalpitava a contatto con il mio. Io mi... sentivo perso, come non mi succedeva da parecchio. Io senza di lui ero inutile, non servivo a nulla, ritornavo ad essere quell'involucro vuoto e senza alcun senso che vagava, quasi fluttuando, per il mondo, nella vana speranza di trovare qualcosa per cui combattere. Quel qualcosa sapevo di averlo finalmente trovato e fatto mio ma, il non averlo al mio fianco, il non poterlo guardare negli occhi e il non potermi perdere senza remore in quell'immenso mare dorato... mi faceva stare male, mi stringeva lo stomaco più di quanto non facesse già l'ansia. Ero paralizzato e senza nessuna via di fuga e la cosa peggiore fu il realizzare in quel momento di trovarmi in quella condizione, non tanto perché a breve si sarebbe svolta la mia sfilata, la mia più grande occasione a portata di mano, messa a nudo su una lunga passerella bianca, ma perché al mio fianco non c'era la testa piena di ricci disordinati del mio Blaine. Ed io mi sentivo morire, come mai era successo prima.
Glielo avevo ricordato praticamente ogni giorno durante quella settimana - anche perché sarebbe stato un pò impossibile ignorare la mia ansia e la mia eccitazione - e quella mattina, quando ero uscito da casa verso le cinque, gli avevo lasciato un post-it azzurro sul cuscino - il cuscino del mio letto, perché lui aveva passato la notte da me - sul quale avevo scritto *Oggi è il grande giorno... non ti sveglio solo perché sono certo che, vedendomi in questo stato, decideresti di lasciarmi. Ti aspetto alle 3 davanti l'edificio della Sylvester's Style. Ti supplico, se non vuoi vedermi morire.. non fare tardi! Ti amo... K*
E lui, un paio di ore più tardi mi aveva risposto, mandandomi un messaggio: *Sarò lì ad aspettarti già dalle due e mezza, non temere. Tu pensa a stare tranquillo e ricordati di respirare. Ti amo da impazzire, oggi un pò di più di ieri. B* ed io mi ero ritrovato a stringere il mio iPhone tra le mani e a sorridere, per la prima volta da quando la sveglia aveva suonato quella mattina. Lui ne era capace, perfettamente e assurdamente capace, riusciva a farmi stare bene sempre, anche con un banalissimo messaggio ed io ero convinto che ne sarebbe stato capace, perfino in quel momento. Solo lui ci sarebbe riuscito, solo lui.
Non puoi avermi abbandonato qui, non ci credo.. tu non lo avresti mai fatto, tu me lo hai.. giurato... i tuoi occhi brillavano mentre me lo dicevi, tu...
All'improvviso mentre il mio stomaco si ribellava ancora stringendosi dolorosamente, successe qualcosa. Sentii una voce in lontananza, una voce che chiedeva scusa, una voce che avanzava, quasi stesse correndo, una voce che ebbe il potere di ridarmi il respiro e contemporaneamente togliermelo. Una voce che in quel momento significava tutto. La porta si aprì con un gesto veloce, che fece sobbalzare un paio di persone ferme lì accanto e il mio cuore fece lo stesso: saltò nel petto, sbatté contro le costole provocandomi una fitta senza precedenti, per poi scendere, sprofondare nello stomaco, e lì rimanere. E ogni cosa, in quel preciso istante, mentre i suoi occhi dorati si incatenavano ai miei e dalla sua bocca vidi uscire un piccolo sospiro, acquistò un senso, ogni cosa ricominciò ad essere così come avrebbe dovuto, ogni cosa divenne più semplice - perfino il sopportare lo stomaco in agonia - perché ogni cosa aveva iniziato a sapere di nuovo di lui.
"Blaine.." un sussurrò mi scappò dalle labbra, mentre il cuore tornava al suo posto e il battito riprendeva il ritmo regolare - se regolare poteva definirsi lo scalpitare furioso che ogni volta accompagnava la vista di Blaine. Lui si avvicinò a me, ignorando tutti i presenti nella stanza, perfino Sebastian e Daniel che alle nostre spalle dissero qualcosa. Fu tutto sovrastato dal rumore del suo respiro e dall'istintivo quanto opprimente desiderio che sentii di sporgermi verso di lui e stringerlo forte, fino a fare male ad entrambi, fino a perderne la ragione, fino a rendermi finalmente conto che... lui c'era.. era lì e finalmente potevo tornare a respirare.
"Dio, Kurt.. scusa.. scusa.. scusa... io non... ho perso la cognizione del tempo e poi... c'era... un tizio che.. non mi faceva passare e un ... io non.." e l'istinto prevalse sulla ragione ancora una volta, perché era troppo opprimente il bisogno, perché mi era mancato da impazzire e perché volevo vedere se stringendomi a lui, sarei riuscito a stare meglio. E così feci: annullando la distanza ridicola che c'era tra i nostri corpi, mi buttai su di lui, talmente tanto velocemente da prenderlo alla sprovvista. Oscillò appena, ma riuscì perfettamente a trattenere entrambi senza farci cadere a terra. Ed eccola la mia ancora, il mio giubbotto di salvataggio, la mia scialuppa... colui che mi avrebbe protetto in ogni caso, qualsiasi cosa fosse successa.
"Basta. non dire altro... l'importante è che adesso tu sia qui.. con me!" mormorai, affondando il viso nell'incavo del suo collo e riempiendomi i polmoni con il suo profumo, perché quella era esattamente il tipo di aria che valeva la pena respirare. Le sue braccia si strinsero maggiormente a me ed avvertii un leggero tocco, un morbidissimo e dolcissimo tocco di labbra posarsi sulla mia tempia
"Non me la sarei perso per niente al mondo." mi assicurò ed io gli credetti all'istante, dimenticando il ritardo, dimenticando tutta l'ansia e la paura che non potesse esserci, che avesse trovato qualcosa di più importante da fare. D'altronde la maggior parte delle persone che erano lì con me e per me in quella stanza, avevano dovuto prendere un permesso da lavoro per esserci - inclusi Sebastian e Daniel. E non mi sarei meravigliato se Blaine mi avesse chiamato per dirmi che Artie avesse deciso di aggiungere delle registrazioni extra proprio quel giorno: lui era in un momento critico della sua esperienza discografica e non avrei mai voluto che per colpa mia rinunciasse ad un'occasione di quella portata. Eppure, in qualsiasi modo stesse andando la preparazione, lui era riuscito a venire; quindi preferivo di gran lunga che avesse fatto quaranta minuti di ritardo, piuttosto di non averlo affatto al mio fianco.
"Hanno già iniziato?" mi domandò dopo un tempo imprecisato, mentre una mano si fermava a metà della mia schiena, in seguito ad una lunghissima e piacevole carezza. Io si discostai appena, per poterlo guardare negli occhi ed annuii
"Sì... i primi due hanno già sfilato. Avresti dovuto vederli, Blaine. Erano bellissimi, dinamici, innovativi e..." la mia voce cedette appena, colta da una evidente nota di panico che mi sconvolse più del dovuto. Scossi la testa, rassegnato "Non ce la farò mai!" aggiunsi, abbassando lo sguardo sul pavimento di marmo e chiedendomi che diavolo avessi pensato di fare in quei giorni. Mettermi al pari di ragazzi con più esperienza, improvvisarmi un grande esperto di moda, ma soprattutto credere che una donna di tanto talento come Sue Sylvester potesse seriamente provare un interesse verso le mie creazioni. Era assurdo. Non aveva il minimo senso logico.
Un paio di mani caldissime si posarono sulle mie guance, circondandomi il viso e fui costretto a sollevare gli occhi e a puntarli nei suoi. Avvertii una scarica di pura adrenalina invadermi e tesi di conseguenza la schiena, perché la sensazione era stata così forte da scuotermi. L'oro che gli colorava gli occhi, in quel momento, era decisamente più acceso del solito, quasi per ironia della sorte, quasi volesse sottolineare che... una determinata scelta fatta in quei giorni, fosse stata la migliore.
"Ma certo che ce la farai. Tu sei pieno di talento, quello che hai creato è bellissimo... loro... sono bellissime." mi disse con convinzione, facendo un cenno verso le sedie dietro di me ed io seguii il suo sguardo fino ad incontrare cinque splendide ragazze, cinque versioni delle mie amiche, completamente diverse dal solito, ma insolitamente splendide. Ed io lo credevo sul serio, nonostante fossi palesemente gay. Erano una più bella dell'altra: Santana e Brittany mi avevano aiutato con il trucco e i capelli e avevano reso le altre delle dee, delle vere modelle. E, cosa più importante, ognuna di loro era rimasta entusiasta dall'abito che avevo scelto da fare indossare loro. Quinn soprattutto: si era perfino commossa, osservando con attenzione il modello e accarezzandosi la pancia distrattamente - pancia che iniziava a vedersi leggermente, ma che la rendeva ancora più meravigliosa. Erano state tutte molto attive in quella situazione: Rachel mi aveva messo a disposizione l'intero appartamento per lavorare, Tina mi aveva aiutato a rifinire gli abiti, Santana mi aveva consigliato il migliore rivenditore di stoffe della città, senza spendere cifre eccessive. Ognuna di loro aveva partecipato attivamente e sentivo che tutte in quel momento si dividevano un pò di quell'ansia che sentivo avvolgermi lo stomaco, anche se non lo davano a vedere. Santana era con Tina in fondo alla sala e le mostrava ancora una volta come dovesse sfilare senza risultare troppo impacciata; Brittany chiacchierava allegramente con Quinn e ogni tanto le sistemava qualche boccolo che era sfuggito alla presa dell'acconciatura; e infine Rachel era in piedi e sbirciava la sfilata di uno degli altri concorrenti attraverso l'unica finestra che c'era nella stanza. Sembrava agitata perfino lei, perché continuava a torturarsi le mani e ad accarezzarsi il vestito, allisciando delle pieghe inesistenti. E tutta quella situazione mi sembrò così concreta e reale da fare quasi paura.
Guardale... sono tutte qui per te...
"Hai tutte le carte in regola per vincere questo concorso... e non te lo dico soltanto perché sei il mio ragazzo e perché ti amo... lo dico perché ci credo.. credo in te e nel lavoro che hai fatto." continuò Blaine, catturando di nuovo la mia attenzione. Mi morsi un labbro istintivamente, mentre lui mi rivolgeva un sorriso buono e bellissimo e mi accarezzava lentamente uno zigomo con il pollice "Quindi ora fai un respiro profondo, guarda bene le tue modelle e... convinciti di essere il migliore!" fu quasi un ordine che arrivò direttamente al mio povero cervello stressato, nonostante l'avesse pronunciato con molta tenerezza. Feci come mi aveva detto, concedendomi un lungo respiro che mi riempì ancora i polmoni del suo profumo e alla fine mi sciolsi, perché i suoi occhi erano ancora lì così belli e profondi ed io non riuscivo ancora a capacitarmi di quanto speciale potesse essere. Perché era ancora lì con me? Perché non era scappato come tutti gli altri? Perché mi consolava e mi sorrideva e mi voleva rassicurare? 
"Blaine..." non volli sembrare troppo tormentato, ma non riuscii a trattenere un mezzo lamento. Lui mi accarezzò ancora, avvicinando il viso al mio
"Ce la farai Kurt... ne sono sicuro." esclamò con vigore
"Non esserlo.. finirò con il deluderti." come ho fatto praticamente con tutti...
"No... non lo farai. Tu non mi hai mai deluso e di certo non inizierai a farlo ora!" rispose, mentre una mano scivolava sulla mia nuca e mi premeva la testa più avanti, fino a far scontrare le nostre fronti. Chiusi gli occhi e mi godetti di quel momento. Mi godetti la pacifica sensazione di benessere e tranquillità che il suo corpo riusciva ad infondermi e mi imposi la calma, respirando molto lentamente. Riuscii perfino a sorridere perché... quello era l'effetto che Blaine aveva su di me, ormai era assodato. Lo sentivo nelle vene, nello stomaco - che si rilassava notevolmente - e perfino nel cuore.
"Grazie.." mormorai mentre sfioravo il suo naso con la punta del mio "E.. scusa.. è che... è solo un altro attacco di panico immagino a farmi.. questo..." tentai di giustificarmi con un sorriso imbarazzato. Lui si accigliò all'istante
"Un... altro?" domandò infatti
"Sì.. ne avrà avuti almeno sei da quando siamo qui." esclamò una voce alle nostre spalle, atona e leggermente seccata, ma non riuscii a prendermela, perché sapevo quanto si fosse preoccupato Sebastian per me quel giorno; lui e Daniel forse erano stati quelli che mi erano rimasti più vicino in attesa di Blaine, nonostante le pessime battute del più grande. Sebastian aveva uno strato modo di preoccuparsi delle persone e io lo avevo appena scoperto. Mi ritrovai a ridacchiare per via della buffa espressione stupita di Blaine e mi affrettai a dire
"Non preoccuparti, Blaine. Sto bene è... normale. Ora però ci sei tu e mi sento decisamente meglio." e gli sorrisi, affondando di nuovo il viso nel suo collo e mi rilassai appena un pò di più, sentendo le sue labbra posarsi di nuovo sulla tempia, e premere appena un pò più forte, quasi volesse esprimere con quel gesto tutto il suo sostegno e l'amore che provava per me.
Lo so che sei qui e che mi ami... lo sento...
"Kurt Hummel!" il mio nome pronunciato in maniera così cruda fu come una fucilata. Mi ritrovai a sobbalzare tra le braccia di Blaine e a stento riuscii ad intravedere il ragazzo che era venuto a chiamarmi, che stava già tornando in sala. Rimasi un lunghissimo istante sospeso, mentre tutti quelli che erano con me, si girarono a guardarmi. Ed io di nuovo mi sentii perso.
"Oddio.. ci siamo!" mormorai tremante, aggrappandomi con forza ad un braccio di Blaine e avvertendo la sgradevole sensazione dell'arrivo di un altro attacco di panico. Ma qualcosa quella volta me lo impedì, o meglio... riuscì a portarmi al sicuro prima della rovina. La sua voce.
"Kurt.. guardami!" mi ordinò di nuovo, quella volta più perentorio e i miei occhi scattarono ubbidienti nei suoi "Io sono con te. Non devi avere paura. Qualsiasi cosa... qualsiasi.. l'affrontiamo insieme, va bene?" mi disse senza esitazione accarezzandomi il viso. Tremai appena ma fu un attimo. Quello successivo ero già proiettato nei suoi occhi e mi facevo cullare dal caramello fuso così dolce ed intenso da riuscire ad incantarmi come sempre
"Va bene." e forse quella voce non era stata neppure mia, qualcun altro aveva risposto per me, tuttavia le labbra che Blaine sfiorò... quelle erano mie, perché le sentii incendiarsi e piegarsi appena in un sorriso
"In bocca al lupo, amore mio."

New York City. Ore 04.10 P.M. 03 Maggio 2012 (Giovedì)

Sue Sylvester era una donna davvero bizzarra. Capelli biondissimi, corti, occhi chiari nascosti dietro degli occhiali sottili e discreti, collo lungo e postura imponente. Incuteva un certo terrore, dovevo ammetterlo, soprattutto perché, da quando avevo messo piede nella stanza, lei non aveva ancora parlato. Una donna al suo fianco mi aveva domandato le mie generalità ed io avevo tentato di rispondere, sperando di non aver confuso la mia età né la mia città di origine. A sentire nominare l'Ohio la Sylvester aveva alzato appena gli occhi su di me e potei quasi giurare di aver visto le sue labbra accennare un movimento verso l'alto, ma fu un attimo, poi tornò a dedicare la sua attenzione al mio curriculum. Al lungo tavolo di giudici, accanto a lei, c'erano altre quattro persone, tra cui l'intervistatrice e una figura a me molto familiare, che mi sorprese con un sorriso non appena mi vide: e Michael Chang Jr. in quasi cinque anni di rapporto lavorativo, non mi aveva mai sorriso.
"Dunque, signor Hummel... mi permetta di dirle che lei è davvero molto giovane... la nostra agenzia non ha mai avuto a che fare con ragazzi che avevano meno di trentacinque anni." annunciò l'intervistatrice - una certa signora Spencer, come affermava il cartellino che portava al petto - inarcando un sopracciglio e lanciandomi un'occhiata quasi di sfida. Cosa si aspettava che dicessi? Che girassi i tacchi e me ne andassi, soltanto perché ero notevolmente più giovane rispetto agli altri? Che chiedessi scusa per questo?
"Suppongo che non ci sia un'età prestabilita per il talento. Se si è nati con un dono è giusto condividerlo con il mondo il prima possibile, senza egoismi né timori. E poi, se posso permettermi... è noto a tutti che la signora Sylvester ha dato vita alla sua prima collezione all'età di ventitré anni quindi... se vogliamo dirla tutta.. sono perfino in ritardo sulla mia tabella di marcia." affermai con un certo riservo, rendendomi conto solo dopo di che belle parole fossi riuscito a tirare fuori. Qualcuno al tavolo ridacchiò molto discretamente, incluso Chang, mentre la Sylvester si limitò ad alzare di nuovo gli occhi su di me. Tremai appena, schiacciato dal suo sguardo professionale e mi sorpresi non poco a sobbalzare quando la sua voce si decise a prendere forma
"Noto con piacere che qualcuno oggi ha fatto i compiti!" esclamò, sfilandosi gli occhiali e poggiandoli con cura sul tavolo. La sua voce era leggermente fredda e pungente ma proprio non mi sfuggì il leggero accenno di ironia che la colorò. Trattenni il fiato, sentendomi un maledetto idiota per aver risposto in quel modo e per aver tirato in mezzo lei, che era il guru della moda e che non poteva essere neanche lontanamente paragonata a me. Lei già a ventitré anni era stata strabiliante e sicura di sé... io invece non riuscivo a smettere di tremare.
"Sì signora!" balbettai incapace di tenere testa anche a lei, che mi scrutava a dovere.
"E posso sapere cosa ti ha... ispirato?" mi domandò, stranamente curiosa. Cosa mi aveva ispirato? Mmmm bella domanda davvero
"Credo sia stata più una questione di istinto. Generalmente ho sempre seguito quello nella vita e fino ad ora non mi ha mai deluso." risposi e lei, constatai con una leggera amarezza, non sembrò particolarmente colpita dalla mia risposta. Temevo di essere mandato via in quell'istante per un banale capriccio dovuto ad una risposta sbagliata, così decisi di continuare e di sbottonarmi un pò di più
"Però... in effetti qualcosa mi ha... più che ispirato, guidato in questi giorni passati a creare i miei abiti... Un colore... un colore che, come vedrete, ho deciso di utilizzare come base per la mia collezione e che da un mese ormai mi ha completamente cambiato la vita. Si tratta di una particolare sfumatura di dorato, un colore caldo ed avvolgente, che coccola lo sguardo e riesce a rilassare. É brillante ed intenso allo stesso tempo e... anche se sembrerà leggermente bizzarro da sentire... ogni volta che lo guardo sembra abbia qualcosa in più da offrirmi, qualcosa di nuovo che vuole raccontarmi ed io sono pronto a ricevere tutto, cosa che spero sappiate fare anche voi oggi!" e alla fine tentai un sorriso appena emozionato, chiedendomi che effetto potessero avere quelle parole su chi mi stava ascoltando in quel momento. Su una persona in particolare.
Ebbene sì, amore mio.. ho usato il colore dei tuoi occhi per i miei vestiti.. e non mi vergogno ad ammetterlo, anzi.. voglio gridarlo al mondo...
La Sylvester mi ascoltò con molta attenzione e per mia fortuna la sua espressione mutò leggermente, diventando appena più disponibile. Emise un lungo e rumoroso sospiro, rilassandosi contro lo schienale della sedia e disse
"D'accordo, allora... sono proprio curiosa di vedere cosa sei stato capace di fare con il tuo... dono!" e mi invitò ad iniziare con un gesto.
Merda... ora ci siamo davvero...
Annuii muovendo le gambe fino al fondo della passerella per andare dalle ragazze e dare loro il via per partire, mentre un ragazzo con un computer poco distante fece partire una musica come base: Rihanna con 'Dimonds'. La prima a partire fu Santana: avevo bisogno di lei per aprire la sfilata, non perché volessi partire con il botto o fare chissà quale bella figura iniziale.. si trattava di una logica, una logica che avevo cercato di dare agli abiti, alla loro sistemazione e al loro taglio. Con un lungo sospiro le feci un cenno e lei mi sorrise, sollevando il pollice e salì in passerella.
L'abito che avevo fatto indossare a Santana era il più corto di tutti, non soltanto perché lei era quella esperta e forse sarebbe stata l'unica a non vergognarsi di portare un vestito così corto, ma soprattutto perché vederlo indossato da lei mi aveva fatto decisamente decidere che, nessun altro al mondo avrebbe potuto portarlo con più grazia ed eleganza. Santana era capace di dare vita anche agli abiti più insulsi, e in quel momento su quella passerella, mi sembrò bellissima e fui completamente fiero di lei. Dopo Santana fu il turno di Brittany che indossava un pantaloncino corto, che le arrivava a metà coscia, con un top coordinato ed una giacca morbida che le ricadeva perfettamente sulle spalle. Quella ragazza aveva un portamento naturale che la faceva senza dubbio sembrare allo stesso livello di Santana e nonostante avesse affermato più volte di non aver mai camminato su dei tacchi così alti, riuscì a completare la passerella senza problemi, riuscendo perfino a strizzare discretamente l'occhio alla sua ragazza, incrociandola a metà passerella. Subito dopo Brittany, fu il turno di Tina che sfoggiava orgogliosamente il suo vestito - decisamente più lungo rispetto a quello di Santana - che le lasciava scoperta praticamente tutta la schiena. Perfino lei con la sua innata timidezza riuscì a percorrere tutta la passerella con estrema eleganza e un leggero sorriso che riuscì a rivolgere al tavolo dei giudici. A Tina seguì Quinn, il cui vestito era senza dubbio quella che mi aveva dato più soddisfazioni: avevo deciso di proporle una salopette a pantalone, morbida sui fianchi - nell'eventualità di essere indossata sempre, anche nel caso in cui le fosse esplosa improvvisamente la pancia - con una tasca centrale che lei aveva apprezzato fin da subito, e senza dubbio vedere il suo vestito aveva aiutato a rilassarla sensibilmente per la storia della sfilata: era sicura di sé mentre avanzava lungo la passerella e riuscii a sorridere orgoglioso perché quella ragazza, con i capelli morbidamente arricciati sulle spalle e lo sguardo fiero, era incinta e non si vergognava di esserlo, anzi... lo mostrava con fierezza e determinazione ed era lontana dalla prima versione che avevo avuto di lei. E infine, dulcis in fundo, arrivò lei, la mia piccola e sorprendente e meravigliosa Rachel, la mamma che in quegli anni mi aveva un pò cresciuto e viziato, appianando quel vuoto materno che mi congelava il cuore. Ed era bellissima nel suo abito lungo, che accarezzava morbidamente la pedana della passerella mentre lei camminava, le incorniciava elegantemente il fisico - era piccina, ma fatta veramente bene - e le dava quel tono raffinato che era esattamente ciò che volevo ricreare. Era stata una versa soddisfazione vedere come l'abito che avevo immaginato per lei, le calzasse in maniera così perfetta e lei ne sembrava fiera, perfino in quel momento, nonostante si vedeva chiaramente quanto in ansia fosse e quanto volesse scaricarsi con un bel pianto. E forse anche io avrei pianto, magari dopo, o magari lo stavo già facendo senza rendermene conto.
La sfilata finì nell'esatto istante in cui Rachel tornò dietro il sipario e si fiondò tra le mie braccia, ovviamente scoppiando a piangere
"Oddio Kurt... è stata la cosa più sensazionale e... meravigliosa di tutta la mia vita. Grazie... grazie.. grazie..." mormorò tra le lacrime, stringendo appena un pò di più la presa. Io, che ero senza respiro né il minimo senso di orientamento mi ritrovai sommerso di complimenti da parte delle altre quattro ragazze, che commentarono emozionate quella esperienza, già azzardando dei pronostici - Tina era sicura che uno dei giudici l'avesse apprezzata più del dovuto. Anzi, rettificò arrossendo.. aveva apprezzato il vestito, non lei. Ma io non riuscivo a respirare, non riuscivo a muovermi, non riuscivo neppure a concretizzare un pensiero coerente. Ero paralizzato nella mia stessa paura, che defluì lentamente, perché realizzai che era tutto finito e che se fosse andata male, quella sarebbe stata la prima ed ultima volta in cui avrei messo piede su una passerella. E la consapevolezza ebbe il potere di schiacciarmi. Mi resi conto, per fortuna in tempo, di essere di nuovo vittima di un altro attacco di panico, ma quella volta non permisi alle mie debolezze di sotterrarmi e provai a reagire prima di venire di nuovo sovrastato: tentai un sorriso verso le mie amiche e sgusciai via dall'abbraccio di Rachel, dopodiché ritornai mi avviai a passo veloce verso la sala, dove la giuria si preparava ad accogliere il nuovo candidato. Ma io non volevo vedere che tipo di abiti volesse proporre, né con che parole si presentasse: avevo bisogno di respirare, avevo bisogno di superare quella nuova crisi. Non potevo pensare di farcela da solo perché già in principio non ero più solo: e così uscii di nuovo nel corridoio, con il fiatone, quasi avessi corso, e lo cercai disperatamente con lo sguardo in ogni angolo, avvertendo lo stesso tipo di panico che mi aveva colto mentre attendevo che arrivasse, assalirmi. Ma quella volta non riuscii a sentirmi veramente male, perché una mano si posò sulla mia spalla ed una voce morbida mi accarezzò l'orecchio
"Kurt.." mi ritrovai a girarmi in maniera così veloce che subito fui colto da un leggero capogiro - troppe, troppe emozioni - e se non ci fosse stato lui a stringermi, probabilmente sarei caduto per terra. Senza dire niente, mi strinsi con forza al suo corpo, affondando il viso nel suo collo, ignorando la musica che proveniva dalla sala, ignorando il brusio delle altre persone in quel corridoio, ignorando perfino le mie stesse lacrime e quell'assurda curiosità di chiedergli come avesse reagito nello scoprire che avessi scelto il colore dei suoi occhi come base della mia collezione. Ignorai tutto quanto e semplicemente mi lasciai andare al suo calore e alla sua presenza rassicurante, perché non volevo stare male e sapevo che, di qualsiasi cosa avessi avuto bisogno per stare meglio, l'avrei trovata con lui.
La sua mano scivolò lentamente sulla schiena, fino ad immergersi nei miei capelli - ed ero così sconvolto da non preoccuparmi nemmeno per la piega - e la sua voce arrivò gentile e carezzevole, in perfetta armonia con la delicatezza del momento
"Sono così fiero di te, Kurt... così fiero che non hai idea." sussurrò, ed avvertire la commozione colorargli la voce fu una specie di colpo diretto al cuore, che mi fece stringere ancora più forte. Cosa sarebbe successo a Kurt, se Blaine non fosse stato lì ad abbracciarlo e a farlo sentire tanto importante e speciale? Cosa sarebbe successo alla sua vita se quel giorno, più per caso che per altro, i suoi occhi dorati non avessero incrociato i suoi, spersi e spenti, e non avessero deciso insieme di diventare vicini, amici, amanti, innamorati, fidanzati... cosa sarebbe successo alla vita di entrambi se non avessimo avuto la fortuna di farle incrociare tra di loro in quella maniera così profonda? Lui probabilmente non avrebbe avuto nessun contratto discografico, nessun successo musicale e sarebbe ancora troppo impegnato dai suoi tre lavori, senza un momento libero per poter vivere. Ed io? Io sarei ancora succube di David e della sua arroganza, imbavagliato in una vita piatta e schifosamente triste, una vita che non mi sarebbe mai appartenuta in cui non sarei mai riuscito a far prevalere la mia voce e i miei sogni. Prima sognare per me sarebbe stato un lusso fin troppo grande da permettermi: ora, con Blaine che mi stringeva in quel modo e mi lasciava leggeri baci sulla fronte e tra i capelli, era diventata una meravigliosa realtà da cui non ci sarebbe stato alcun bisogno di svegliarsi.
  
Leggi le 10 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Glee / Vai alla pagina dell'autore: Dreamer91