Dorothy:
un nome, un
programma
Setsuka fece un cenno
della mano e lo salutò, lanciandogli
inconsapevolmente uno sguardo desolato accompagnato dal colorito terreo
che
aveva assunto il suo viso.
NO!
Che
sta pensando? Si
chiese Karl, allarmato da un simile gesto.
L’unica
sfida della sua vita si defilò dal suo ufficio, senza
salutare neanche quel.. quella… insomma,
quella persona che aveva fatto irruzione in un momento
cruciale della
loro sto.. no, situazione.
Non era il momento
per Karl di pensare alla loro situazione come
una storia...
Era importante
chiedersi che cosa Dorothy mai volesse a quell’ora
del mattino, nel suo ufficio!
Appena Setsuka si
chiuse la porta dietro le spalle, il ghiaccio
che era scorso nelle vene di Karl, cominciò a sciogliersi e,
urlando, apostrofò
il suo interlocutore:
-Dimmi che cavolo ci
fai qui, Theodore? Ricordavo che tu non
mettessi mai piede nei miei uffici e soprattutto non in queste pose!-
Theodore, noto Dorothy nei
migliori bar per travestisti della città, suo fratello
maggiore, si tolse le
pesanti coperture in silicone che si era messo sulle labbra e sul viso,
per
cercare di far somigliare il suo volto a quello di un.. travestito
comune.
Il
presidente della Twain
Corp., loro padre, non aveva mai accettato le .. tendenze
del figlio maggiore, riservandogli
soltanto occhiate fredde e totale
indifferenza.
A
pensarci
bene, con nessuno dei due, nostro padre ha mai dimostrato
amore… anzi, le poche
volte che si spingeva a farlo, sembravano così false e
convenzionate che
sarebbe stato meglio non ricevere niente..si disse Karl, aspettando che Theodore
svelasse le sue mosse.
Da quando era
diventato il direttore dell’Hotel Twain, aveva
deciso di far entrare anche Theodore nel suo staff, sfruttandolo come
“cavia”
per i suoi progetti.
Tutti lo conoscevano
all’hotel, anche Setsuka lo conosceva … e, per
quello, avevano appena collaudato dei nuovi gadget di travestimento per
i loro
clienti VIP. Il
fatto era che, di certo,
Karl non si aspettava che si presentasse conciato in quel modo proprio
sul
posto di lavoro, dove tutti lo conoscevano e nessuno o quasi sapeva del
proprio
passatempo preferito.
-Hey, fratellino..
dici che Setsu non ha capito che ero io?
Cavolo! Mi conosce da un sacco di tempo, eppure bastano un paio di
coperture in
silicone e divento in tutto e per tutto un rivale in amore, pronto da
sbranare!!! AAAH!! Che vita.. comunque, sappi che questi funzionano
alla
grande! Ho girato l’intera città senza che nessuno
mi riconoscesse, andando
perfino nei locali che frequento sempre!!- gli rispose Theo, poggiando
le fonti
del suo travestimento sulla scrivania del capo.
Karl scosse la testa,
ridendo, certo che nessuno si sarebbe mai
aspettato una cosa del genere dal direttore articoli particolari del
Twain Hotel
e, probabile, futuro direttore del Bay Harbour Twain Resort.
…
…..
Riavvolse il nastro
della conversazione di Theo.
-… Che hai
detto su Setsuka?- gli chiese, non sapendo se rimanerne
più scioccato o stupito da un’affermazione del
genere; di certo non gli era
passato per la testa neanche per un istante quella balzana idea che,
invece,
sembrava aver colpito suo fratello.
Theodore stava
frugando in un piccolo armadio, posto al lato della
scrivania, dove era certo che il fratellino tenesse un abito di
ricambio e
qualche struccante, lasciato da lui in caso di emergenza.
-.. Di che ti
stupisci? Non te ne sei accorto?- gli chiese Theo,
togliendosi quelle oscenità di calze a rete e soprattutto
sotto lo sguardo
letteralmente schifato di Karl che, per amor della sua salute, ruotò sulla
sedia e si rivolse alla finestra
-.. Non ne parla con nessuno e nessuno sa niente della sua vita
privata, a
parte qualche sua amica fidata, ma dubito anche di ciò, ma..
ti guarda come se
non desiderasse altro che starti affianco.-
-Non dirmi idiozie,
Theo! Quando siamo insieme quasi non mi parla,
nonostante io conosca qualsiasi modo per farla parlare.. solo a lavoro
sfida me
e il consiglio d’amministrazione, e tira fuori quegli artigli
da gatta che si
ritrova! Una interessata a me non mi farebbe mai girare le palle a
trecentosessanta gradi, indisponendomi in tutti i modi!-
Quella risposta
sembrava quasi una confutazione all’affermazione
di Theo, più che una negazione del fatto.
Intanto, Theo si
stava sistemando la camicia dentro i pantaloni, e
lo incalzò:
-.. Essendo la
sorella di tua moglie.. ehm, ex-moglie, è ovvio che
non si mostrerà mai. Ti guarderà da lontano,
aspettando che tu faccia qualche
passo… ma anche in quel frangente, dubito che
farà qualcosa. Per come la
conosco io, penso che prima di confessarti una cosa del genere,
preferirebbe
farsi sotterrare viva dentro un sarcofago pieno di scarabei carnivori.
Che
pretendi? Non dirmi che…- il suo sguardo trapassò
l’espressione seria del
direttore - .. ti stai interessando a Setsu?- gli chiese, stupito.
Theodore sapeva che
suo fratello stava continuando a soffrire per
ciò che sua moglie gli aveva fatto e che non ne sarebbe
uscito facilmente, ma
non avrebbe mai immaginato che, inconsapevolmente, stesse tentando di
risalire
il baratro di disperazione che gli aveva oscurato lo sguardo per tanti
giorni.
Suo fratello era
sempre stato quello a prendere tute le situazioni
di petto e ad affrontarle con un sorriso smagliante stampato sul volto:
il
fatto che non gliel’avesse visto addosso per più
di due settimane, non lo
tranquillizzava affatto. E sapere di questo suo improvviso interesse,
gli fece
sperare che stesse ricominciando a riprendersi piano, piano.
-No, no- lo
liquidò Karl, ma non convincendolo- .. siamo un
po’ in
crisi per… la casa che.. T-Tania aveva con Setsuka..
l’ha liquidata e ha
venduto il mobilio e tutta la sua roba e..Setsuka è rimasta
senza casa e .. le
ho offerto di venire a vivere da me…-
cercò di sintetizzare al massimo la situazione,
ma non poté non pensare
allo sguardo spaurito di quegli occhioni chiari, bagnati di lacrime e
di
pioggia della sera prima.
-.. Ne stavate
discutendo per caso quando sono entrato?- gli
chiese Theo, sistemandosi la cravatta per bene e sedendosi alla
scrivania.
-.. proprio prima che
tu entrassi con la grazia di un elefante
dentro una cristalleria Swarowski, lei aveva ceduto e aveva detto di
sì. Ma
immagino che la tua gran classe, se quello che hai detto è
vagamente vero, ha
rovinato la mia opera di convincimento!-
Karl non desiderava
incolpare Theo, ma non poteva pensare ad
altro.
Se non fosse entrato
Theo, adesso starebbe contrattando con quella
sottospecie di gattino travestito da pantera del Sahara su come
avrebbero
diviso la casa.
…
magari
arrivando a qualcos’altro in più..
Sbuffò
contro sé stesso. Durante quella giornata avrebbe avuto
bisogno di controllarla da vicino..
E
catturarla al momento opportuno.. gli rispose la mente, macabramente
pronta a pregustarsi il visetto imbarazzato di quella piccola gattina.
-Chiedo umilmente
perdono per la mia irruenza … ma adesso le hai
messo un tarlo in testa che nessuno le toglierà..- rispose
Theo, finendo di
togliersi il trucco residuo e tornando il fratello maggiore cui Karl
era
abituato a riconoscere.
-Di grazia,
illuminami, di che cazzo parli?- Karl sostenne il suo
sguardo con rabbia repressa: sapeva di non aver bisogno di altro
mistero
all’interno di quella relazione così strana e
complessa che aveva con Setsuka…
nonostante non volesse pensarci, la prima scossa del loro precario
equilibrio
era già stata messa in moto da prima di quel travestito da
strapazzo; Tania
aveva lasciato in entrambi le cicatrici della sua follia, marchiandoli
per
sempre, quindi non c’era bisogno di aggiungere altra carne al
fuoco.
-Pensaci: adesso si
ucciderà di pensieri, pur di sapere se quella
che ha visto nel tuo ufficio fosse una delle tue tante
conquiste… o altre mille
pensieri che le ragazze si fanno.. Sai, fratellino, nonostante possa
sembrare
un bel po’ effeminato, continuo ad essere un uomo e riesco
anche a capirle.. e
ti dico che anche se non dichiarerà mai quello che sta
pensando, lei CI
PENSA..- gli rispose il fratello maggiore, certo
delle sue affermazioni e mortalmente serio , per
giunta.
Adesso che ci
pensava, a Karl quella situazione cominciava a
preoccuparlo, dato che suo fratello non aveva mai avuto
quell’atteggiamento da
“insegnante”.
-Grazie, ma penso di
capirne qualcosa anch’io di queste
situazioni, anche senza di te, sai, travestito da strapazzo?- gli
disse,
alzandosi e aprendogli la porta.
Theodore non si
scompose, ma alzandosi lo guardò gravemente e gli
disse:
-Non fare il solito
cretino: usa qualsiasi mezzo per prenderla e
fartela, e non menartela tanto sul tuo dolore e altre cazzate. Prendi e
fai
quello che desideri-
Senza aggiungere
altra parola, prese la porta sotto lo sguardo
sbigottito di tutto l’ufficio della segreteria, che avevano
visto entrare Dorothy
e non lui… ma non dissero niente.
Il lavoro di solito
permetteva a Setsuka di non pensare a niente,
ma quel sì strozzato che Karl era riuscito a
strapparle,continuava a
rimbombarle nel cervello come un martello pneumatico
sull’asfalto: si
sentiva letteralmente devastata da quel
che aveva fatto.. e ovviamente non si era neanche lontanamente
avvicinata a
pensare anche a quel…quel.. travestito che li aveva
disturbati.
Non osava far vagare
il proprio cervello in quella landa, anche
perché era perfettamente cosciente che, una volta entrata
nel labirinto,
sarebbe stato impossibile uscirne, se non con una valida ragione.
In quel momento,
stava completando il giro dell’hotel, terminando
di compilare la scheda delle attività extra offerte
dall’hotel.. gli affari
continuavano ad andare bene, anche perché oltre alle diverse
piscine, campi da
tennis, da golf, da badminton e le varie terme che c’erano,
il servizio che offrivano,
a detta dei clienti, era il migliore che si potesse mai desiderare.
Si sentiva
particolarmente gratificata per questo: dopo la sua
prima analisi dell’hotel, l’anno prima,
l’hotel era stato liberato dalla
maggior parte dello squallore che lo caratterizzava.. ovviamente,
nonostante la
maggior parte dei clienti desiderassero altri SERVIZI, ovviamente si
sarebbero
dovuti cercare un motel sull’autostrada e non un hotel di
alta classe come il
Twain.
-Miss
Heel! Miss
Heel!! .. E porca miseria… SETSUKAAAAAAAA!-
Quel vocione la fece
rinsavire dai suoi pensieri contorti, per
ritrovarsi davanti agli occhi Theodore, il quale, oltre ad essere il
capo
dipartimento articoli particolari del Twain, era anche il fratello
maggiore di
Karl.
Ma
che ho
fatto di male stamattina, per ritrovarmeli entrambi davanti ai piedi?
Lo salutò
delicatamente con un cenno del capo, e aggiungendo un
professionale:
-Buongiorno Mr.
Twain.-
Theodore le prese i
capelli e glieli tirò leggermente,
infastidendola, mentre la sgridava bonariamente:
-Ma dai, Setsuka!
Cos’è questo “Mr. Twain”?! Per
favore, quante
volte ti ho detto di chiamarmi Theodore? EH? QUANTE VOLTE?-
-E’
inutile, Mr. Twain, non la chiamerò mai comunemente
Theodore,
almeno, non quando stiamo lavorando.- precisò Setsuka,
guardandolo male e
scappando dalle sue grinfie; ma Theodore riuscì a
riafferrarla e dirle:
-E chi ha detto che
stiamo lavorando? Hai finito il giro, vero?-
puntò il suo sguardo sulla scheda che Setsuka teneva in
mano:-..ovviamente non
sono neanche le dieci e tu hai già finito, quindi..
SEGUIMI!- la prese per un
braccio e la guidò diosolosadove!
Ma
perché
diamine mi toccherà seguire questi Twain avanti e indietro e
assecondarli in
ogni loro follia? Pensò,
mentre Theodore la trascinò
letteralmente sull’ascensore che li avrebbe condotti fuori
dall’Hotel.
Ma dove cavolo si era
andata a cacciare, quel dannatissimo Puma?
L’aveva
fatta cercare da Katia in ogni come e dove, e nessuno
aveva idea di che fine avesse fatto.
Karl cominciava a non
rispondere di sé stesso, e non era tanto
perché avesse abbandonato il posto di lavoro senza informare
nessuno, ma
proprio perché era uscita.. CON QUEGLI ABITI!
Si rese conto che,
nonostante tutta la mole di lavoro che era
riuscito a svolgere durante quella giornata, non aveva mai smesso
neanche un
minuto di pensare a lei.
Non stava bene.
Sentiva che qualcosa continuava a non quadrare
all’interno della sua vita.
Ma
ha mai
quadrato qualcosa, VERAMENTE, nella mia vita?
.. le domande
retoriche non erano davvero il suo forte. Ma, al di
là di tutto questo, non comprendeva la motivazione per cui
Setsuka proprio quel
giorno gli avesse fatto quell’effetto.
Erano anni che quel
puma le girava nell’hotel ed era sotto il suo
sguardo da talmente tanto tempo che non aveva mai preso la briga di
guardarla
per davvero.. tranne per osservarne la timidezza insita del suo
caratterino e
l’improvviso pepe con cui condiva i rapporti lavorativi, in
cui metteva tutta
sé stessa per cercare di cambiare e migliorare il suo
lavoro.
E adesso che ci
pensava, aveva già notato alcune sue occhiate luminose
rivolte a qualcuno vicino
a lui, ma non
aveva mai associato le cose: chi c’era vicino a lui che
potesse scatenarle delle
reazioni così vive ?
A tutte le riunioni
di lavoro c’era sempre stato solo
Theodore.
Un terrore diffuso si
propagò all’interno del suo cervello come un
allarme anti-incendio innescato: non poteva essere vero.
Setsuka… non poteva
provare qualcosa per Theodore!
Una chiamata
improvvisa gli arrivò dal centralino.
-Sì,
Katia, dimmi.- rispose con innaturale calma, rispetto a quel
ciclone che si stava scatenando nel suo cervello.
-.. Mr. Twain, ho
appena saputo dall’ufficio articoli particolari
che la signorina Setsuka è uscita dall’hotel.-
Si
tranquillizzò un attimo.
-.. Aspetta un
attimo. Come mai è stato l’ufficio articoli
particolari
ad informarti e non l’ufficio management?-
la paura di sapere quella risposta era equiparabile alla
smania di
saperlo. Eppure
qualcosa gli diceva che
quella che gli avrebbe dato Katia, sarebbe stata la risposta che non
desiderava.
-Dicono che Theodore
l’abbia trascinata fuori dall’hotel ed abbia
chiesto un permesso per lei, Karl-
Chiuse il ricevitore
ringraziando Katia e fiondandosi, allo stesso
tempo, fuori dallo studio.
Che
cazzo
crede di fare quel travestito del cazzo?
-Mr. Twain, prima che
lei esca, avrei bisogno che guardi questa
poll..-
-.. Mr Twain, la
desiderano in sala conferenze per il resoconto
sulla situazione finanziaria relativa al nuovo ordinamento..-
-Mr Twain, la
desiderano al telefono, linea 4..-
Tutta la rabbia che
aveva accumulato si ritrovò compressa tra i
mille impegni di lavoro che sapeva di avere.
Prese un respiro
forzato.
Sorrise malamente e
ritornò in ufficio, per ricevere le chiamate.
Non aveva mai preso
una giornata di permesso neanche quando era
stata veramente ammalata e Karl l’aveva rispedita a casa con
la forza, e adesso
quell’idiota lì l’aveva trascinata con
la forza fuori dall’hotel ed aveva
chiesto un permesso di uscita anticipata solo per poter felicemente
cazzeggiare
con lui!
E adesso si trovavano
a passeggiare sul lungo fiume dell’Hudson..
doveva ammetterlo, non aveva mai apprezzato veramente New York come
città, ma
adesso quello sprazzo di natura e tecnologia, elementi caratterizzanti
della
sua città, le
sembrava sempre più
stupendo. Ed era certa che se ci fosse andata da sola, sicuramente non
se ne
sarebbe neanche accorta.
-.. Se non fosse che
mi piace davvero tanto passeggiare sul lungo
fiume, a quest’ora ti avrei totalmente distrutto, Theodore..-
gli disse,
guardandolo male da dietro le lenti degli occhiali da sole.
Lui rise, prendendola
a braccetto e continuando ad infastidirla,
dicendole:
-Ovvio.. passi
talmente tanto tempo a lavorare che ti perdi tutte
le cose più belle di New York! Se non ci fossi io, a
quest’ora ti ritroveresti
sommersa dai dati e soprattutto dalle richieste assurde di Karl!-
Setsuka
arrossì sotto l’occhiata bieca di Theodore,
convinta del
fatto che lui non sapesse quanto assurde
potessero essere per davvero le richieste di suo fratello, ma
Theodore non
si era perso proprio nulla.
-E’
successo qualcosa?- le chiese, mentre continuavano a
passeggiare, sedendosi su una panchina.
-Nulla di cui LEI
debba essere informato, Mr. Twain- gli rispose
Setsuka, sempre più criptica.
-AHAH…
quanto mi fai ridere Setsuka quando ti irrigidisci. E per
la cronaca, so già cosa ti turba, perciò non
stare a perdere tempo a dirmelo!-
gli rispose Theodore, mentre si accendeva una sigaretta.
Setsuka lo
guardò storto e gli chiese:
-E di grazia, coma ha
fatto a saperlo? Mr Twain ha parlato con
lei?-
Aspirando
un’immensa boccata di fumo, Theodore osservò
l’orizzonte
davanti a sé, come se la risposta l’avesse trovata
proprio lì, sulla New York
dall’altra parte del fiume Hudson.
-.. Di certo non
saprai mai come ho fatto, semplicemente ti dico:
le etichette sono fatte per essere tolte. E quando le questioni
diventano
complicate, le etichette e le formalità diventano soltanto
un bel contorno, un
piatto succulento per i buongustai di gossip.. e di quelli ne
incontrerai per
tutta la vita. Quindi, accetta un
consiglio e vai a vivere da Karl. Per recuperare la roba, potrei
mettere
qualche parolina con il venditore della casa, ma per favore, vai da
lui.-
L’occhiata
eloquente che Theodore le riservò sembrava celasse
qualcos’altro.
-Non desidero
ricevere consiglio da qualcuno che non ha idea di
cosa si sta passando; soprattutto, non da lei, Mr. Twain che
è estremamente di
parte e per nulla ragionevole a riguardo.-
Quell’uomo
affascinante che sedeva di fianco a lei si mise a
ridere della sua affermazione con tanta forza che temeva fosse uscito
completamente di senno.
-Quando ti vedrai il
tuo stesso fratello, il sangue del tuo
sangue, soffrire da morire per una cosa che al giorno d’oggi
capita ogni
giorno- e per soffrire intendo andare all’inferno e tornare
indietro più e più
volte in una sola giornata, capirai che cosa intendo. E soprattutto,
faresti di
tutto per distrarlo e per renderlo più felice- le rispose,
mentre il suo
sorriso veniva oscurato da un velo di tristezza.
-E pensi davvero che
avendo la cognata del suo inferno personale
in giro per casa , lo possa davvero aiutare a superare questa
situazione? Nei
sei davvero convinto o mi stai prendendo in giro?- gli chiese Setsuka,
totalmente sconvolta per l’idiozia dimostrata. Theodore
spense la sigaretta,
gettandola a terra e schiacciandola sotto il suo piede.
-Non sai che potere
hai su di lui. Di quale magia gli fai, ogni
volta che gli passi accanto. Ma di questo non sono io a dovertene
parlare. Deve
capirlo da solo.. l’unica cosa che devi
fare è stargli vicino, come sempre. Non devi fare altro.- le
sospirò dietro
dopo la breve filippica.
-.. ed io, nel
frattempo, devo vederlo soffrire, patire, ma
soprattutto devo soffrire anch’io per una cosa di cui io non
ho assolutamente
colpa? Mi sembra troppo ingiusto! Io non mi..-
Theodore la
fulminò con lo sguardo, bloccandole qualsiasi suo
ragionamento.
-Setsuka.-
Il suo nome
pronunciato così flebilmente nascondeva centomila
significati –ammonimento,
esasperazione,
consapevolezza- di cui non sapeva identificarne la ragione;
ma ciò che la
fece rinsavire fu la stilettata al cuore dell’espressione di
Theodore.
Sapeva che anche lui
aveva capito la disperazione che tentava
tutti i giorni di nascondere a tutti i costi e
all’improvviso, notò ancora una
volta sul viso di Theodore tutto ciò che non le stava
dicendo a voce alta.
Tu
stai
già soffrendo e lo sai bene; soffrivi già, prima
ancora che tua sorella lo
tradisse.
Ed
hai
sempre pagato le conseguenze di tutto, hai sempre affrontato con forza
tutte le
difficoltà, ti sei fatta carico di incarichi e rischi non
tuoi.. solo per
distrarti.
Per
concedere alla tua mente ancora un minuto di lucidità, prima
di tornare nel tuo
baratro giornaliero.
Si fermarono in un
bar, e lei si prese una birra, come non faceva
da una vita.
Si sedettero in un
tavolino all’esterno del locale e mentre ne
prendeva un bel sorso, gli disse, sconsolata:
-Non sono in grado,
Theodore. E non mi interessa neanche quanto il
mio aiuto possa aiutarlo, io non me la sento. Sarebbe come morire ogni
giorno.
Preferisco continuare a farlo come ho sempre fatto: sono abituata e ce
la posso
fare.. almeno, fino a quando un’altra azienda non
richiederà i miei servigi-
Continuò a sorseggiare la
birra con la stessa grazia di uno scaricatore di porto; preso da un
raptus
improvviso, Theodore le strappò di mano la birra e se la
terminò tutta d’un
botto. Con un sonoro rutto, carico di una nuova forza interiore, la
distrusse
con tre parole.
-.. Per favore.
Salvalo.-
Non immaginava che si
sarebbe ritrovata alla sua età a chiedere
qualcosa a qualcuno per favore. Non l’aveva mai fatto neanche
con il suo stesso
padre, non l’aveva mai fatto con i suoi amici, non
l’aveva mai fatto con Karl..
e neanche con i suoi colleghi.
Ma sapeva
perfettamente a che cosa stesse andando incontro: sapeva
già come sarebbe andata a finire, che fosse stato tra un
anno o tra due, sapeva
che il suo adorabile fratellino sarebbe tornato quello di sempre; ma
solamente
se avesse avuto l’aiuto di quell’angelo che aveva
sempre e solo desiderato che
lui le rivolgesse uno sguardo.
Se
solo
Karl avesse avuto la fortuna di conoscere lei fin
dall’inizio, forse non
sarebbe mai andata a finire così male.
Ma non era il momento
per i ma e per i se. Aveva bisogno di sapere
di poter contare su Setsuka e poter far leva sul suo dolore: aveva
messo in
conto la sua sofferenza, ma aveva anche calcolato il bene che sarebbe
potuto
scaturire tra loro. O almeno lo spero,
si risolse a dire a sé stesso, mentre Setsuka cedeva sempre
di più terreno,
millimetro dopo millimetro.
-Va bene..- fu la
risposta lapidaria di Setsuka.
All’improvviso
la vide impallidire, con lo sguardo sgranato,
rivolto verso un punto indefinito dietro le sue spalle.
Theodore si
voltò e vide il volto scuro di Karl incenerirlo sul
posto.
E
dentro di sé, si accorse di cosa aveva scatenato nel cuore
del
fratellino: felicemente, sorrise alla furia che incombeva su di loro,
come se
quella fosse la quiete dopo la tempesta, anziché la tempesta
stessa.
L’angolo
dell’autrice..
Chiedo
immensa venia per il ritardo!! Sono davvero imperdonabile, ma
solo qualche giorno fa ho ripreso in mano la storia e ho ripreso a
scrivere….
T___T .. spero che questo capitolo vi abbia interessato di
più!! A presto..
Kyryu!!