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Autore: Natalja_Aljona    15/12/2012    1 recensioni
Novosibirsk, 2013.
Aljona Sergeevna Dostoevskaja e Lev Fëdorovič Puškin, l’aspirante pattinatrice e l’ex terrorista.
Lei quindici anni di sogni, lui ventidue anni di illusioni.
Lei scandalosamente bionda, coraggiosa e incosciente come poche.
Lui troppo impulsivo e troppo innamorato.
Lei frequenta il penultimo anno del Ginnasio, lui ha passato sei anni in carcere per un attentato a Putin.
Perché lui davvero non ci riusciva, a non idealizzare quel Paese, quella Siberia feroce e opprimente, il cuore bianco e grigio della sua Russia sanguinaria e corrotta, a non cullare l'illusione di una Patria gloriosa sotto le macerie della violenza fine a se stessa e le sue stesse cicatrici di ragazzino che credeva ciecamente nel suo mondo immaginario, nei suoi miti bellissimi e impossibili, perché non c'era davvero quella gloria, non c'era davvero quella Patria.
Non c'era davvero quella luce, c'erano solo loro.
Lev con la pelle mangiata dalla prigione e il cuore rubato da Aljona e Aljona fatta di ghiaccio, musica, libri e capelli.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Tre

Tre

If the Russians love their children too

Se anche i Russi amano i loro bambini

 

We share the same biology

Regardless of ideology

Believe me when I say to you

I hope the Russians love their children too

 

Noi condividiamo la stessa biologia

Indipendentemente dall’ideologia

Credimi quando ti dico

Spero che anche i Russi amino i loro bambini

(Russians, Sting)

 

Carcere di Novosibirsk, 4 Settembre 2012


Sof’ja Igorevna Gončarova, in famiglia Sonja o Sonjetshka, aveva tredici anni e frequentava il penultimo anno della Scuola Secondaria Inferiore del Ginnasio Emel’jan Pugačëv.

Era una bella ragazzina, dall’aria incredibilmente dolce, nonostante la grande povertà.

Quel giorno indossava un paio di jeans blu chiaro, una camicia azzurra a maniche lunghe che si fermava appena sopra il ginocchio e un coprispalle di cotone bianco annodatole al volo da Nikolaj prima di uscire.

Lei non si rendeva mai conto di quanto freddo facesse, era come Lev.

Aveva infilato di fretta gli stivali neri, quelli ancora buoni, con la suola un po’ consumata ma non ancora sfondata, e aveva sciolto la treccia liberando i folti capelli biondi lungo tutta la schiena, oltre la vita.

Lev l’ultima volta che l’aveva vista l’aveva definita “carina da morire”, e Sonja aveva sorriso per tutta la giornata.

Non aveva una cotta per Lev, come molti avrebbero potuto pensare.

Lev era bello, ma era troppo una testa calda per lei.

Però al suo parere ci teneva maledettamente.

Probabilmente era solo il suo migliore amico.

Una sorta di padre-fratello adottivo che al contrario di Kolja non l’avrebbe mai costretta a indossare anche il coprispalle.

In fondo c’erano solo tredici gradi e mezzo.

 

Fu lei la prima a vederlo.

-Levočka!- gridò, con la voce tremante d’emozione.

Sotto lo sguardo glaciale dei due poliziotti che l’avevano accompagnato fuori dalla sua cella, Lev alzò gli occhi, che s’illuminarono all’istante, e corse ad abbracciarla.

-Sonjetshka! Nikolen’ka! Papà...-

Fëdor guardò la sigaretta accesa che stringeva ancora tra le dita e gliela tese, con un sorriso.

-Vuoi?-

Lev ricambiò il sorriso e annuì.

-Grazie, papà-

E non si riferiva solo alla sigaretta.

 

-Voglio lavorare alla bancarella della mamma. È un lavoro onesto, no?

Voglio vendere castagne davanti al Ginnasio. Come faceva lei-

Lev aveva un’aria sognante e uno sguardo scintillante che ricordava terribilmente Anastasija, e Sof’ja lo guardava incantata.

-Davvero?-

-Devo solo ottenere la licenza per la bancarella... Ma me la daranno.

Volevano che mi trovassi un lavoro onesto... E io l’ho trovato-

Lev ormai era maggiorenne da ben tre anni, e non potevano impedirgli di vivere con suo padre, poiché questo era il desiderio che aveva manifestato.

Un sovversivo politico e terrorista ex carcerato che finiva a vendere castagne davanti al Ginnasio.

Una soluzione forse da film, ma in cui lui credeva tanto.

E quando credeva in qualcosa era straordinario, Lev, perché non lasciava mai andare quella speranza, quel dolce bagliore illusorio che gli s’era annidato nel cuore.

Era coraggioso, Lev, di un coraggio di strada un po’ ammirevole un po’ incosciente.

Avrebbe avuto la sua bancarella di castagne, avrebbe avuto ancora un sogno da sentir bruciare tra le dita, avrebbe avuto ancora tanto.

 

Carcere di Novosibirsk, 4 Settembre 2006

 

There’s no time to lose, I heard her say

Catch your dreams before they slip away

 

Still I’m gonna miss you

 

Non c’è tempo da perdere, l’ho sentita dire

Afferra i tuoi sogni prima che scivolino via

 

Mi manchi sempre

(Ruby Tuesday, The Rolling Stones)

 

Le mani, quella stretta tanto sospirata.

Le mani ghiacciate di Anastasija e quelle tiepide del sole immaginario di fuori di Lev.

Malinconia sciolta negli occhi, mancava davvero troppo tempo.

Altri quindici anni.

Ma Anastasija non si pentiva e Lev la capiva.

Quando sarebbe uscita, però, avrebbe avuto quarantacinque anni e Lev trenta.

Quel giorno ne avevano trenta e quindici.

Quel giorno...

Qualcosa doveva cambiare.

-Ti voglio bene...- sussurrò Nasten'ka, con voce tremante.

-Sarebbe stato fantastico crescere un figlio come te. Poterti crescere davvero.

Ma anche Fëdor è fantastico. Ci pensa lui a te-

Ed era vero.

Nonostante le quotidiane crisi epilettiche, la vodka e le mille sigarette.

Casa loro era un disastro e uno squarcio di sconvolgente nostalgia.

Le bottiglie vuote e i mozziconi sul pavimento, le foto di Anastasija e Fëdor sulle pareti.

Delitto e Castigo sempre aperto sul comodino di Fëdor, i compiti di russo fatti a mezzanotte con la luce fioca della lampada della scrivania di Lev.

I ricordi, i racconti.

Anastasija...

Che coraggio, e che dolore.

-Tra quindici anni...

Tu sarai così grande, eppure solo allora avrai dei veri genitori.

Ti voglio bene, Levočka. Da morire, da morire! Ti prego, aspettami ancora-

-Mamma...-

Le lacrime agli occhi.

-L'orario delle visite è finito-

-Non è possibile, mamma... Oggi è il tuo compleanno, compi trent'anni, ed io...

Come può essere già finito il tempo?

Mai nessuna eccezione, mai nessuna Giustizia, e alla nostra non ci crede nessuno.

Va bene, sei un'assassina. Ma sei mia madre, e io ti aspetterò.

Ti voglio bene anch'io. Da morire, anch'io. Buon compleanno, a presto.

Tu sei così forte, mamma-

Poi, la notizia.

Putin a Novosibirsk, proprio quel giorno.

Era venuto a fare un discorso nella Центральная Площадь (Tsentral’naya Ploščad’, Piazza Centrale), in seguito alle varie manifestazioni contro di lui che si erano tenute negli ultimi mesi nella Capitale della Siberia.

La speranza negli occhi di Fëdor, la manifestazione.

La vendetta, la rivincita.

La pistola di suo padre nelle mani di Lev, quindicenne distrutto dall'assenza forzata di sua madre, eppure ancora così ardente d'ideali, di coraggio, di speranze di riaverla prima di quei restanti quindici anni che ancora dovevano passare.

Chissà cosa si aspettava, poi.

Se avesse ucciso Putin, cosa sarebbe cambiato?

Ce n’erano tanti, in Russia, di uomini come lui e anche peggio di lui pronti a prendere il suo posto al governo.

Ma Lev...

No, non ci pensava.

Pensava a sua madre, ad Anastasija ch'era stata sbattuta in galera alla sua età, a quel governo tanto ingiusto e al suo dolore da placare.

A suo padre, alle crisi epilettiche, alla pazzia.

Era colpa di Putin, era colpa del governo.

Suo padre era una persona meravigliosa.

Suo padre...

Un cuore così grande, una follia così violenta.

La Russia doveva cambiare, e doveva cambiarla lui, per i suoi genitori.

Lev aveva pensato, in realtà, anche a un'altra persona.

Una persona che non l'avrebbe mai perdonato, ma se avesse dovuto scegliere...

E doveva...

Avrebbe scelto sempre sua madre, e l'illusione.

Aveva scelto.

 

Corri, corri, che fai?

Corri, uomo, lo sai che puoi star da solo

Corri via da lei

Dai pensieri tuoi

Forza, forza, che fai?

Ma non dirmi che vuoi rinunciare al cielo

Di una certa lei

Cosa te ne fai?

Ma se ripenso a certe sere

Mi vien la voglia di fuggire...

(Ci fosse lei, Claudio Baglioni)

 

Era corso nella Центральная Площадь con la pistola, il cuore in gola e gli occhi scintillanti.

Era corso nella Центральная Площадь per fare giustizia e per riavere sua madre.

Non lo sapeva ancora, lui.

Non lo sapeva ancora, che non sarebbe servito a niente.

-Lev!-

L'urlo di suo padre.

L'ultimo sguardo.

La folla nel panico, suo padre e l'epilessia.

Ma stavolta era stata colpa sua.

Colpa di Lev, suo figlio.

Colpa di Lev, che s'era giocato il futuro.

Che se l'era bruciato davvero, il futuro.

 

Buon compleanno, mamma, e perdonami.

E tu, papà...

Papà...

Ti ho rubato la pistola e ti ho spezzato il cuore.

Papà...

Non piangere per me.

Ti giuro che tornerò presto a casa.

Ti giuro che guarirai.

Ti giuro che andrà tutto bene anche per noi, un giorno.

Forse non potremo mai cambiare la Russia...
Cambiarla davvero...

Ma possiamo ancora essere felici.

Sono solo un pazzo terrorista senza futuro, è così?

Sono solo uno stupido ragazzino che credeva di avere in mano il mondo.

Almeno il mio mondo.

Non lo so se riuscirò a cambiare.

Я не знаю (Ya ne znaju, io non lo so), ma non ho paura.

Noi possiamo farcela, papà.

Possiamo farcela anche stavolta.

 

Dite a mia madre che non tornerò

(Sally, Fabrizio De André)

 

Aljona si scostò una ciocca di capelli biondissimi dal viso, con il cuore che le batteva forte.

Cosa stava succedendo?

Cosa sarebbe successo?

Poi sentì lo sparo, e spalancò i lucenti occhioni turchesi.

-Quel ragazzo è un eroe?- chiese a sua madre, Lyudmila Vasil’evna Zanevs’ka-Dostoevskaja, allegra ventottenne ucraina dai lunghi capelli neri e ondulati raccolti in una coda alta, gli occhi incredibilmente azzurri come quelli delle figlie e il fisico slanciato.

Lyuda sorrise, guardando il ragazzino biondo che aveva sparato al Presidente a metà tra lo stupore, la curiosità e l’ammirazione.

-Forse sì-

Ekaterina sgranò gli occhi, alla domanda inopportuna della sorella e soprattutto alla risposta della madre.

-Smettila, Aljonka. Smettila. E tu, mamma, perché le dai retta?

Quel ragazzo ha cercato di uccidere un uomo. Come può essere un eroe?-

Aljona scrollò le spalle.

-A me lui sta simpatico. Putin no-

Ekaterina si morse le labbra, quando Lev Fëdorovič Puškin le passò accanto.

Lo sguardo gli scivolò sulle manette che gli stringevano i polsi, sull’ardore e la sfida che gli lampeggiavano negli occhi e con cui fronteggiava i poliziotti che lo stavano portando via.

Una parola, un nome morì sulle labbra del giovane criminale.

Solo per un istante il suo sguardo cambiò, sembrò più dolce e più triste, meno maledettamente sicuro e fiero del suo tentato omicidio, ma Ekaterina non lo stava già più guardando, o forse non gli credette.

 

Мне жаль, не могу.

Mne žal’, ne mogù.

Mi dispiace, non posso.

Adesso basta, Lev.

 

Немного жаль моей любви

Немного жаль твоей надежды

Немного жаль что потеряли

Друг друга мы в последний раз

 

Nemnogo žal’ moyey lyubvi

Nemnogo žal’ tvoyey nadeždy

Nemnogo žal’ čto poteryali

Drug druga my v posledniy raz

 

È un po’ un peccato per il mio amore

È un po’ un peccato per la tua speranza

È un po’ un peccato che abbiamo perso

Ogni altra ultima volta

(Немного Жаль, Филипп Киркоров

Nemnogo Žal’, È un po’ un peccato, Philipp Kirkorov)

 

Tu lo sai perché l’ho fatto?

Lo sai?

E allora non guardarmi così, Katja.

Non distogliere lo sguardo, non voltarti.

Senza rancore, Katja.

Lo sapevi che un giorno l’avrei fatto.

Lo sapevi.

Lo capisci che non mi pentirò?

Lo capisci che lo rifarei?

Lo capisci che dovevo?

Sei stata coraggiosa a sorridermi, quel giorno.

Sei stata coraggiosa a stringermi la mano.

Cosa c’è, Katja?

Non vuoi più?

Sei stata coraggiosa fino ad oggi...

Però in fondo non è colpa tua.

Tu mi volevi bene davvero.

 

Scusa se ti chiedo scusa

Se non sono lo stesso

Come quei giorni che amavo i sogni tuoi

Tu però te lo ricordi

Te l'avevo detto

 

Com’eri bella quella sera nel mio cuore

L'ultima sera che finisce il primo amore

 

Forse tutta la mia mente è diventata sabbia

Eravamo noi, ricordi, quelli della rabbia

(Algeri, Roberto Vecchioni)

 

 

 

Note

 

If the Russians love their children too - Se anche i Russi amano i loro bambini: Russians, Sting.

Riferito a Lev, Anastasija e Fëdor ;)

 

Inizio col dire che non è assolutamente vero che il 4 Settembre 2006 Putin è andato a Novosibirsk, ce l’ho mandato io a forza per la storia ;)

Questo è un capitolo molto importante, perché cominciamo a conoscere le sorelle Dostoevskij, Aljona ed Ekaterina, Aljonka e Katja.

In una situazione un po’ particolare, il giorno dell’attentato di Lev, quando Aljona ha nove anni ed Ekaterina tredici.

Per quanto riguarda Katja e Lev...

La loro storia è un po’ complicata, ma non fatevi troppe fantasie.

Non erano fidanzati, non esattamente.

Ekaterina... La dovete conoscere, è impossibile descriverla qui nelle note.

E la conoscerete presto ;)

Mentre Aljona...

Beh, Aljona qui era ancora molto piccola, ma non è che sia cambiata poi molto, con gli anni.

Nel prossimo capitolo, finalmente, la vedremo nel 2012 ;)

Quanto alla bancarella di castagne di Lev... Ecco, anche questa sarà molto importante per la storia, poi capirete perché ;)

 

A presto!

Marty

 

 

  
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