CUBA
Il fuoco avvampava e anche i suoi capelli sembravano
infiammati, mentre ballava intorno ad esso.
Mani e piedi e convulsioni.
Mambo aveva fatto il suo dovere, compiuto il rituale ed ora il suo
piccolo angelo guardiano aveva lasciato il suo corpo, aveva fatto
spazio alla divinità.
Ora era zombi e danzava attorno al
fuoco.
Gli occhi gli si rovesciavano nelle orbite, aveva passato il velo
di Maia ed ora la realtà, di un bianco sconvolgente, gli si rivelava in
tutto il suo unitario splendore.
Gli sembrava che il veve che quella
mattina, quando non sapeva ancora niente di Vodun, un ragazzo gli aveva
tracciato con l’henné sulla pancia, ardesse assieme al fuoco.
I due serpenti
del disegno iniziarono a muoversi, a contorcersi come vivi.
Si contorse con
loro.
Vodun, Vodun, nascosto nel seno della terra, permea
l’universo, essenza di ogni cosa che è una sola cosa, è Vodun.
La
Mambo sollevò un serpente con l’aiuto dell’Oungan. Anche la
sua pelle dorata brillava rossa al fuoco e le greche nere su di essa erano
ipnotici segni della forza divina.
Vodun, Vodun, avvolgi le
tue spire intorno a me, Vodun Vodun, avviluppa il tuo spirito attorno
al cosmo.
La testa scossa e le trecce sottili che sibilavano come lingue.
Prese tra le mani un serpente dorato e lo baciò, lasciò che egli lo baciasse e
gli aprì la bocca.
Vodun Vodun.
Danzava intorno al fuoco, in estasi, Draco. Erano i
suoi capelli biondi ad essere infiammati dai riflessi, era la sua pelle già
arrossata dal sole del giorno a scurirsi nella luce calda che vibrava in quel
luogo protetto dagli alberi. Erano i suoi occhi grigi a roteare colle pupille
dilatate, era il suo ombelico rotondo sovrastato dal quel disegno
geometrico.
Danzava intorno al fuoco e un serpente gli abbracciava il
polpaccio.
La Mambo e l’Oungan erano impegnati con l’enorme
serpente costrittore, i musici battevano sui loro strumenti, gli altri zombi si
contorcevano nella loro estasi, tutti condotti da una stessa corrente.
Li
vedeva bene nonostante fosse senza occhiali, dimenticati sotto qualche albero
insieme ai vestiti.
Aspettava qualcosa.
Il sangue denso gli bolliva sotto
la pelle bruna e sudata. Non partecipava al rito, ma la forza che emanava lo
aveva attirato, aveva accesso la sua magia e tutto il suo spirito.
Draco, non
c’erano dubbi che fosse lui, era stato rapito da quel vortice, stretto dalle
spire del serpente.
Incrociò gli occhi dell’animale che circondava la sua
gamba.
Scintillarono neri.
Portalo qui.
Sussurrò facendo
vibrare appena le labbra.
Portalo qui.
Il serpente gli
ubbidì.
Gli bastarono pochi movimenti per sbilanciare Draco e portare la sua
danza lontano dal cerchio.
Lo lasciò e il ragazzo smise di agitarsi,
tremando.
Sembrò metterlo a fuoco, ma quelle pupille larghe rendevano il suo
sguardo vacuo.
Vodun, Vodun. Era quello che lo
avvolgeva.
-Damballa…- sussurrò improvvisamente.
-Sì.- gli
rispose senza sapere a cosa si riferiva. Gli importava solo delle sue labbra
umide e socchiuse, della sua espressione vaga e
adorante.
-Damballa.- sospirò ancora, mentre lo seguiva docile
nell’allontanarsi sempre più dal fuoco, verso l’ombra fitta della
foresta.
Lo baciò. Profondamente, come prima aveva fatto il
serpente. Lui cadde in ginocchio, sopraffatto.
Non lo fece rialzare né lo
toccò. Aspettò che avvicinasse il volto da solo, attirato dal suo odore.
Lo
fece. Infilò il naso tra i peli del suo pube e lo assaggiò colla bocca
delicatamente come se fosse un privilegio.
Si gonfiò tra le sue labbra e
lasciò che lui lo succhiasse, ingordo di un’essenza divina.
Lasciò che lo
bagnasse a sufficienza poi gli sfuggì.
Lo sentì boccheggiare, perso senza di
lui. Allora gli s’inginocchiò di fronte e lo fece sdraiare sotto di sé,
stringendolo.
Vodun, Vodun, avvolgi le tue spire intorno a me.
Il
ritmo del rito era attutito e lontano, il buio fitto e Draco caldo.
Draco
lasciò che lui, il suo Loa, il suo Damballa, gli entrasse
dentro, per portarlo ad un’estasi ancora più profonda, per renderlo suo
zombi completamente.
-Draco… hai un aspetto terribile.-
-Zitta,
Pansy.- sibilò a bassa voce.
-Ma davvero. Neanche al tempo degli esami hai
mai avuto occhiaie simili.- ribatté lei preoccupata.
-Ti abbiamo portato qui
per farti riposare, Dra’.- aggiunse Blaise. Poi gli fece l’occhiolino. –Ma un
po’ di divertimento non fa male, in vacanza. E tu ti sei divertito abbastanza,
vero, ieri sera…?-
Draco non si diede la pena di rispondere. Era uscito senza
avvisarli, per raggiungere il gruppo del ragazzo che gli aveva fatto il disegno
sulla pancia la mattina prima. “È il veve di Damballa,”- aveva detto
nel suo inglese particolarissimo, “per noi vodu è il Loa serpente,
l’incarnazione del Vodun. È un simbolo potente, per chi come te ha la
Magia.”
Ora si era sbiadito. Solo i due serpenti in centro erano ancora
scuri come appena tracciati.
Draco sospirò davanti alla sua colazione.
Il
rito lo aveva stremato più degli altri.
Gli aveva lasciato una stranissima
sensazione addosso, dentro.
E per qualche strano motivo, era sicuro
che quella divinità senza volto avesse un paio di profondi, bellissimi occhi
verdi.
EhmEhmEhm. Scusate le mie pazzie
estive.
Sì, Vodun è il voodoo. Che è una religione e non una specie di
magia.
Mambo sono le sacerdotesse, Oungan i sacerdoti. Il
piccolo angelo guardiano è quella parte d’anima che si può staccare con
facilità dal corpo (anche durante il sonno, cose così), il velo di Maia
è quello che ricopre la realtà facendola apparire come la vediamo, i
veve sono i simboli dei Loa (“misteri”, tradotto anche con
“santi” e “angeli”… insomma gli spiriti e le divinità), Vodun è Dio (ed
è tutto, secondo una visione panteistica etc…). Gli zombi sono
persone vive sotto il controllo di uno spirito, nell’estasi. Non morti.
Non
pretendo certo di spiegarvi una religione! Anche perché nessuno l’ha spiegata a
me…
Aaah… che bello, stanotte sognerò
Draco che torna in Inghilterra tutto bello scottato e per strada incrocia per
caso un paio di profondi, bellissimi occhi
verdi…