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Autore: Satyros_    16/12/2012    1 recensioni
(Het, con un pizzico di Slash e FemSlash.)
Le stelle erano infinite. Eppurre volevo contarle. Tutte, dalla prima all’ultima.[...]Sentii dei rumori, attorno a me. Non ebbi paura, erano i rumori della natura. Ma tutto peggiorò, quandi concepii che si trattava di passi.[...]
Se c’era davvero qualcosa di cui avere paura non era Madre Terra, ma L’uomo. Spalancai gli occhi, e mi sedetti sulle ginocchia, allerta. Sperai fosse qualche forestiero, nulla di chè.
«Ciao!» Sentii alle mie spalle.[...]Mi voltai, e lo vidi. Un ragazzo alto, snello, in una improbabile tenuta da Smoking.
« Ero al Bar, dovevo andare in bagno…ma c’era troppa coda, così sono passato per il retro, per addentrarmi nel bosco, ma cedo di essermi perso…»
Genere: Drammatico, Erotico, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: George Harrison, John Lennon , Nuovo personaggio, Paul McCartney , Quasi tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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About A girl -

I'm standing in your line
(I do) Hope you have the time
(I do) Pick a number to
(I do) Keep a date with you
-Nirvana.

Paul McCartney's Point Of View.
Mi girava ancora la testa, mi girava vertiginosamente. Ci ero andato giù, decisamente troppo. Chiusi gli occhi, a contatto con il caldo tepore del piccolo divano sulla quale mi trovavo disteso. Non tiuscivo a riaprirli. Non avevo sonno, ma tenere gli occhi chiusi era l’unica soluzione per dare un taglio alle vertigini. Sentii qualcuno sbuffare. Probabilmente fù Melissa, quella stramba ragazza del bosco, che mi aveva appena salvato.
Sentii un calore che odorava di lana, avvolgermi sino alle spalle, poi le luci si spensero. Allora mi addormentai, ringraziando il cielo per avermi mandato quella stella.
Nonostante la sbronza avesse aiutato il mio sonno, mi svegliai in piena notte, al culmine di un sogno di cui già non ricordavo nulla. Mi alzai, facedo scivolare silenziosamente la coperta di lana per terra. Mi appostai affianco alle braci, ormai spente del camino. Osservai le foto. La ragazza che appariva in ogni foto, sembrava almeno di vent’anni di più di quanti ne avesse realmemte. Sembrava una donna adulta, eppure nel suo modo di parlare, avevo colto che probabilmente non aveva meno di diciotto anni. Tuttavia mi sembrò così diversa da tutti gli altri stereotipi. Aveva corti capelli neri e mossi, e due grandi occhi del medesimo colore dei capelli. I lineamenti delicati, e quelle strane labbra sottili, che le donavano un’aria scheletrica e perennemente contrariata. Forse erano gli zigomi troppo sporgenti, o le scure soppracciglia altezzose. Mi scappò un lieve sorriso, in quelle foto l’avevo vista realmente; Dato che prima la mia vista era offuscata dall’alchool.
Sentii dei rumori al piano superiore. Erano simili a quando qualcuno cerca di scendere le scale silenziosamente, ma viene tradito dal Parché di legno marcio.
La vidi scendere in vestaglia da notte, di un bianco candido. Le gambe slanciate e pallide, completamente nude, e delle ciabatte rosa.
« Che ci fai sveglio alle tre di notte?» mi chiese con voce assonnata
« Potrei chiederti lo stesso!» risposi, con voce meno assonnata della sua. La vidi sbadigliare. Vidi anche ogni dettaglio del suo corpo. La vestaglia bianca correva lungo i suoi fianchi, delineandone i lineamenti esili e scheletrici. Esitai sul rigonfiamento all’altezza del torace. Le stavo guardando le tette, era scortese. Distolsi lo sguardo immediatamente, nonostante quella visione avesse fatto decisamente uno strano effetto in me.
« Io volevo andare in bagno..» disse, rispondendo alla mia affermazione precedente. Non si era accorta di nulla, ringraziai il cielo.
« E tu, perché sei sveglio?» chiese, avvicinandosi. Indietreggiai lievemente, per darle più spazio, fino a finire seduto sul divano.
« Non riuscivo a dormire…» Ammisi, sospirando. Si sedette vicino a me. Un profumo di lavanda invase le mie narici. Mi sentii inebriato, ma cercai di sostenere la situazione. Perché mi sentivo così impotente davanti a lei? La conoscevo da qualche ora, eppure faceva un effetto così straniero su di me. Per una volta nella mia vita mi sentii quasi inferiore, a quell’essere. Quella ragazza tanto strana, tanto diversa, tanto bella.
« Vuoi una valeriana? Mi aiuta sempre con la mia insonnia!» disse, sorridente. Annuii.
Si alzò dal divano, e per un altro attimo, i miei occhi caddero ancora dove non dovevano: sul suo fondoschiena. Mio Dio! Stavo già diventando come John, a son’ di frequentarlo. Scossi la testa per scacciare quei pensieri, e la attesi.
Tornò con in mano una piccola pastiglietta bianca, ed un bicchiere d’acqua.
« mandala giù in fretta, sennò diventa amara!» disse sbadigliando, mostrando dei sottili denti bianchi e lucidi. Chiusi per un attimo le palpebre, e la sensazione di vertigine, che prima avevo avuto ad occhi aperti,si ripresentò ad occhi chiusi. Mi sentii cadere. L’effetto dell’alchool non era ancora svanito. Maledizione, avevo bevuto per colpa di John, di nuovo John! Il mondo non girava attorno a John Winston Lennon!
« Posso farti una domanda, Mel?» chiesi. Mi soffermai per un secondo a pensare al suo nome: Melissa. Era un nome davvero particolare. Avevo un debole per i nomi particolari!
« Va bene, Sean..» aveva sbagliato il mio nome, dinuovo. Ecco cosa mi dava fastidio.
« Mi chiamo Paul, Paul! In ogni caso, quanti anni hai?» domandai, lievemente irritato
« Scusa, non volevo sbagliare il tuo nome… sono un po’ smemorata sai…» rispose. Allora lo era davvero; smemorata! Non aveva neppure risposto alla mia domanda. Ma non la ripetei, era maleducazione chiedere l’erà alle donne, lo sapeva chiunque!
Si alzò dal divano, e si incamminò verso le scale, fece i primi tre gradini, poi si voltò verso di me, con quegli occhi neri socchiusi dal sonno
« Sedici » disse, per poi proseguire la sua scalata verso la camera da letto. Aveva sedici anni, ed io che glie ne davo come minimo Venti!
Per un’attimo mi sentii un pedofilo. Avevo fatto considerazioni sulle sue tette, ed il suo fondoschiena, paragonandola ad una coetanea. Invece era solo una ragazzina indifesa.
Mi sentii uno schifo, decisamente.
Mi riadattai sul divano, attendendo che Morfeo compiesse il suo dovere, senza mai levarmi dal cervello il suo volto scheletrico.

 
   
 
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