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Autore: ladygagas heart    16/12/2012    0 recensioni
L'incontro casuale tra due ragazze. La prima eternamente sola, la seconda aperta e disponibile. Il loro incontro, i pensieri e le emozione della protagonista sono sottolineate più volte. Ci sarà un cambio di vita per Crystal? O resterà sola per sempre?
Riuscirà qualcuno a capirla?
L'inzio è la fine. ~
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Circles

« Or you can spin around in circles. »

 
Dicembre.  L’aria del Natale affollava le strade della rinomata New York. I bambini giocavano felici in quel pomeriggio freddo di metà dicembre. La gente, nonostante il freddo che faceva, camminava lungo le vie del corso. Alcuni sorseggiavano una tazza di cioccolata calda fumante, altri ancora erano intenti a guardare il cielo stellato sopra di loro. Una serata davvero incantevole per tutti… No, per tutti no. C’era una persona che si era stufata di quella giornata. Una giovane ragazza ventitreenne, di nome Crystal, seduta su una panchina, davanti a una ventina di operai intenti a sistemare le luci di un gigantesco albero di Natale. Il suo sguardo perso nel vuoto, la sua testa vuota da problemi di ogni tipo. La ragazza si alzò dalla panchina e si diresse verso il marciapiede intenta ad andare al suo solito bar, dove tra un caffè e l’altro, passava i pochi pomeriggi tristi e insensati di quando non lavorava. Si sentiva sola, senza nessuno. In realtà non aveva davvero nessuno. Però era diverso. Era qualcosa che sentiva dentro di se. Sentiva il suo cuore pieno di una grande sofferenza e solitudine. Qualcuno avrebbe mai attraversato il dedalo dei suoi pensieri, per arrivare al centro delle sue sofferenze? Sarebbe arrivato qualcuno che avrebbe salvato la sua anima dalla sofferenza di un cuore spezzato? Il destino sapeva già le risposte a queste importanti domande che rimbombavano nella testa di Crystal. Ogni giorno andare avanti senza nessuno era sempre più difficile. Senza un’amica che la telefonasse e che le volesse bene. Niente, non aveva niente. Aveva perso i contatti con tutti, la sua famiglia, i suoi amici d’infanzia. Non aveva più nessuno. Il passo sempre più veloce segnava una conoscenza particolarmente ampia della zona dell’enorme New York in cui si stava dirigendo. Senza volerlo non video una ragazza davanti a se. La giovane stava messaggiando con il proprio cellulare, mentre teneva sotto braccio la sua cartella di disegno. Stava tornando a casa da scuola. Crystal invece, era intenta a canticchiare un motivetto a lei molto familiare, non prestando attenzione alla ragazza che avanzava con passo veloce. L’impatto fu inevitabile ed entrambe le ragazze caddero per terra. La cartella della giovane studente cadde, aprendosi e sparpagliando ovunque il suo contenuto e il suo cellulare con il quale un momento prima stava messaggiando allegramente, tra una risata e l’altra, era finito in un mucchio di neve vicino. «Come stai? Tutto bene?» Chiese Crystal, scusandosi per l’incidente. «Sìsì, sto bene, grazie. » rispose la ragazza, rialzandosi e raccogliendo velocemente la cartella, piena di colori a tempera, a olio e a cera. «Scusa ancora, ti va un caffè? Così posso farmi perdonare!» domandò Crystal, mentre, chinandosi, la aiutava a prendere il cellulare. Crystal si assicurò che nulla fosse rotto, per poi sorridere dolcemente alla proprietaria di esso e di tutti quei colori. La ragazza disse di chiamarsi Charlotte, e accettò di buon grado la sua offerta. La nostra protagonista le mostrò la strada, fermandosi davanti ad un semaforo rosso. «Sei una pittrice?» chiese, Crystal con un velo di curiosità, mentre rabbrividiva dal freddo, imprecando contro la sua testardaggine. Infatti, poco prima di uscire aveva messo solo un giubbotto leggero, ignorando la temperatura sotto lo zero. «Sì, in un certo senza sì. Frequento il Liceo Artistico qui in centro e sono al quarto anno.». Il semaforo diventò verde. In quel preciso momento, uno squillo di cellulare, accompagnato da diverse vibrazioni, s’impossessò del cellulare di Charlotte. Il suo viso divenne bianco. Crystal se ne accorse, ma non potevano perdere tempo. Sarebbero morte assiderate, bisognava muoversi. Così con una spinta, corsero dall’atra parte della strada, raggiungendo finalmente il caffè, la loro meta per un dolce e caldo riposo. Entrarono nel pub, che quella sera era stranamente vuoto. I proprietari tirarono un sospiro di sollievo alla vista di due clienti, e mandarono subito un cameriere molto carino a prendere i loro ordini. Non si erano nemmeno sedute, che Crystal ordinò un triplo caffè molto forte, mentre la sua nuova amica chiese un tè alla fragola e mango. «Si può sapere cosa porti sotto quel giaccone? Ti ho visto morire di freddo.» chiese con aria interrogativa Charlotte. Crystal non rispose. Si limitò a levarsi il suo giubbotto. Stupefacente, trasgressivo e dannatamente sexy. Queste tre parole rimbombavano nella testa della giovane Charlotte, stupita. Tacchi rosa, t-shirt bianca lunga fino alle curve, coprendole ben poco. Calze a rete nere, e una cascata di stupendi capelli biondi con sfumature rosa alle loro punte, incredibilmente belli. Tutto ciò rendeva Crystal incredibilmente stupenda. Gli ordini arrivarono velocemente, per la gioia delle uniche clienti del bar più in voga di New York. «Allora, ehm, si può sapere che lavoro fai?!» domandò spinosa Charlotte. «La prostituta, donna di facili costumi, donna facile. Chiamami come preferisci, purtroppo mi sono ridotta a questo per tirare avanti, per non morire di fame. Anche se non è il lavoro più dignitoso per una donna, i soldi che ne ricavo non sono niente male, soprattutto ora che mi sto facendo un nome e sto diventando sempre più conosciuta.». Crystal si aspettava una faccia sconvolta dalla sua giovane amica, quasi disgustata. Invece, Charlotte si dimostrò molto comprensiva e interessata. «Parliamo di cose più serie, chi era al telefono prima?» disse Crystal con una faccia molto incuriosita, mentre si accendeva una sigaretta. «S-Solo un amico.» riuscì a dire la ragazza, finendo il suo tè. «Che ne pensi –chiese la protagonista, cambiando immediatamente argomento vedendo la faccia alquanto timida della giovane amica- di venire a vivere da me? Per ora ho solo un appartamento in affitto in periferia, ma ultimamente, gli affari vanno a meraviglia. Sto pensando di comprarmi un appartamento qui in centro. Sarebbe comodo per entrambe.». La domanda sconvolse la ragazza, che però, ragionandoci su, capii che non era un’idea tanto folle. «Ci penserò.» fu’ la sua risposta, prima che Crystal si alzò, pagò il barista e spense la sua ultima sigaretta per quella sera.

Uscita dal locale, chiamò un taxi e si diresse nel suo piccolo appartamento in periferia, salutando con la mano la sua nuova amica Charlotte, non prima di averle dato un suo recapito telefonico per vedersi in futuro. Alle undici in punto arrivò a casa e, promettendo un lavoro niente male al taxista, evitò di pagare una cifra esagerata. Salì le scale. Quarto piano a destra. Arrivata davanti alla sua porta, esitò. Poi prese la chiave dorata dalla sua borsa e aprì la porta, la richiuse e si diresse subito in cucina per mangiare qualcosa. Dopo un lieto pasto, si sistemò sul suo comodo divano e, seduta davanti alla tv, cercò un bel film da vedere. Nello zip zap tra i canali trovò un documentario sulla vita di una giovane cantante che aveva fatto successo da poco nel mondo della musica pop. Prese i popcorn e per tutta la durata del film, si concentrò sulla storia di una bella ragazza che aveva realizzato il suo sogno. La visione del film la assorbì del tutto e si addormentò sulla poltrona con la tv accesa. La sveglia suonò. Erano le sei di mattina, e imprecando, Crystal si alzò, e si preparò una sostanziosa colazione. Mentre metteva in ordine cucina e salotto, si ritrovò tra le mani il suo vecchio diario. Sì, scriveva un diario fino a qualche anno fa’. Prima pagina. ‘Ciao, mi chiamo Crystal, oggi è il mio primo giorno di scuola superiore, sono così emozionata!’. Emozioni che ritornano. ‘Chissà se riuscirò a realizzare il mio sogno!’ “No”, fu’ la risposta fredda di Crystal, rivolta ad una se stessa lontana, felice, senza pensieri. “Sei destinata a una vita di solitudine e di monotonia. Dovrai fare uno sporco lavoro per andare avanti, per non morire di fame.” Girò pagina velocemente. I brutti voti, le soddisfazioni, le paure, i timori, gli amori. Era tutto scritto lì. Università. ‘Diario, non ci crederai sono all’università! E sì, scrivo ancora un diario, non è una cosa infantile, vero?’. A quel punto, Crystal chiuse il diario, e lo rimise dal dannato cassetto da cui era uscito. No, non si sarebbe realizzato nulla. I suoi sogni spezzati. Sembra che i sogni siano realizzabili, ma in realtà sono solo illusioni del cuore, ma la realtà è diversa. Per quanto ci si possa impegnare, la decisione del fato non cambia. La realtà è dura e non s’intenerisce davanti a due guancie rosse, bagnate dalle lacrime. Non s’intenerisce se vede una giovane ragazza, appena laureata, abbandonata freddamente dai genitori, dagli amici e dalle persone che lei riteneva più care e più vicine a lei. Con il lavoro che Crystal faceva, era impossibile trovare amici, tutti la giudicavano senza nemmeno conoscerla. ‘Vende il suo corpo’, ’È un rifiuto della società’,’Vorrei non fossero mai nate persone del genere.’. Tutti la odiavano, senza nemmeno conoscere la sua storia. Era giudicata da tutti, senza scrupoli per il lavoro che, purtroppo, era obbligata a fare per tirare avanti. Aveva una base culturale ampia e poteva benissimo fare la professoressa, come aveva sempre sognato, ma i posti non c’erano, e la stessa università da cui era uscita con trenta e lode in tutte le discipline, anche avendo problemi per la mancanza d’insegnanti, non ne volle sapere. La gente riesce solo a giudicarti, senza sapere come sei dentro. Perché la gente è falsa. Se non segui il gregge della normalità, sei subito colpito con dei massi, vieni lapidato, perché potresti infettare gli altri, perché sei diverso. Nessuno capisce che ‘diverso’ non è sinonimo di ‘rifiuto’. Tutti siamo diversi l’uno dall’altro, ma tutti vogliono omogeneizzarsi a quella che considerano la realtà. Perché se compri un fiore per la festa del papà, tutti ti diranno:’ma tuo padre è gay?’ e ti prenderanno per il culo, ti derideranno, quando non sanno che tuo padre è morto ed è nel cimitero vicino alla scuola. Così era per Crystal. Nessuno sapeva la sua storia, i motivi che la spingevano a fare la prostituta, ma la giudicavano comunque. Tutti. Forse tutti no. Un’eccezione c’era. Era Charlotte. Non aveva mai trovato una ragazza così giovane, ma così aperta verso gli altri. La vita non era stata generosa con Crystal. Invece di giudicarla come tutti, Charlotte la capiva perfettamente, l’ascoltava silenziosamente, come se fosse il suo diario vivente. Era una ragazza misteriosa. Adorava fare domande, ma non interrompeva mai una persona quando le rispondeva. La ascoltava silenziosamente. Un’amica davvero fantastica. La prima vera amica. Al solo pensiero di non essere più prigioniera della sua solitudine, due lacrime graffiarono il dolce viso di Crystal, seguite da altre. Tutte le emozioni più interne della giovane laureata esplosero, era ancora così sola? No, ora no. C’era qualcuno con cui condividere gioie e dolori, felicità e soddisfazioni. Non doveva più scrivere un diario, ora aveva qualcuno cui confidarsi. Una persona di cui si poteva fidare, che poteva capire com’era dentro. Riprese il diario dal cassetto. Fissò a lungo la copertina di cuoio. Rovinata dal tempo, ma comunque veramente bella. Lo strinse al suo petto, versando ancora qualche lacrima che scendeva lenta sulle sue guancie. «Addio diario. Non ho più bisogno di te. Ora ho qualcuno che pensa a me, che mi ascolta, che mi capisce. Su cui posso riversare i miei dolori, le mie lacrime, le mie soddisfazioni. Grazie, grazie di tutto. » Furono queste le sue ultime parole, rivolte al diario, prima di bruciarlo nel camino del suo appartamento. Per un attimo, per un secondo, sembrava quasi che il suo diario, come fosse uno spirito, come se vivesse, le sorridesse. «Ti voglio bene.» Crystal si girò. Non c’era nessuno, oltre a lei, nella sua stanza. L’avrà immaginato? No, quella voce era così chiara, così forte. Non poteva essere solo frutto della sua fantasia. Confidare le sue esperienze, le sue speranze, le sue delusioni, le sue gioie, i suoi dolori al suo diario avevano fatto di esso un essere vivente. Era molto più che un semplice diario, era di più di un mucchio di emozioni scritte con penna da una ragazzina. Era molto di più della cenere del suo camino.
   
 
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