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Autore: Dian Nefer    03/07/2007    3 recensioni
La storia si svolge durante i sette anni in cui Severus Piton frequenta Hogwarts come alunno e qualcuno che lo ama (la narratrice) sarà costretto a lasciarlo.
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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In anteprima mondiale: la Dian Nefer corporation è fiera di presentarvi...


Il passato del presente.



La sua prima FF scritta e terminata senza avere scopo alcuno. ^_^
Non mi aspetto commenti positivi, ma vi prego: LEGGETELA E COMMENTATE! :wiz2:







Addio mio piccolo grande amore. Mi mancherai.
7 Magiche parole scritte in una fine scrittura ben ordinata e nitida su d'una vecchia carta da lettere babbana con i bordi strappati e una rosa disegnata a penna infondo a destra.
Questo è tutto quello che ho saputo regalare all'uomo della mia vita, All'uomo che mi ha lasciata per sempre in questa gelida mattina estiva alla stazione di Hogsmeade.
Non ostante mi faccia male, voglio raccontarvi la sua storia.
Era esattamente una gelida mattina come questa la prima volta che lo incontrai il primo settembre di 7 anni fa.
Un ragazzino alto, un po’ ingobbito dall’aria mesta; il Solo tra molti.
Lo vidi crescere per tre anni, incrociando il suo sguardo raramente.
Al suo terzo anno cominciammo a frequentarci più spesso durante le lezioni, ma non c’era altro che un rapporto di professionalità tra di noi. Poi, quasi al termine del sesto anno, qualcosa cambiò in lui.
Cominciò ad inseguirmi con lo sguardo, poi seguirmi ovunque gli fosse possibile ed infine azzardò a parlarmi dopo le lezioni.
Non mi divertivo così da tanto tempo.
Aveva un gran cervello ed una lingua adorabilmente biforcuta.
Cominciammo così ad uscire nel parco e chiacchierare fino all'ora di cena del più e del meno, anche se le tematiche erano a dir poco serie ed importanti.
Ci scrivemmo per metà delle vacanze estive e pochi giorni prima degli inizi d'agosto lo invitai a farmi compagnia nella mia dimora estiva.
Di giorno facevamo esperimenti su nuovi incantesimi e pozioni, oppure duellavamo tra noi (divenne persino bravo quanto me). Mentre di notte ci immergevamo nella cultura babbana guardando film e sgranocchiando schifezze varie.
Agosto terminò e non vedevo il mio piccolo mago moro da circa un mese.
Aveva smesso di rispondere alle mie lettere ed al telefono (spero di sapere ancora come si scrive) al quale faceva fare tre squilli prima di alzare la cornetta e riattaccare, non prima però di aver sentito la mia voce chiamarlo.
Smisi di cercarlo. Forse avevo fatto qualcosa per rovinare tutto e ora non voleva più saperne di me; anche se non escludo che i suoi genitori gli avessero proibito di frequentarmi. Infatti sono convinta che non avesse avuto il permesso di alloggiare da me quell'estate e che probabilmente era in punizione per essere venuto senza autorizzazione.
Il primo settembre sul treno si presentò nella mia cabina.
Aveva un occhio nero stampato sulle sue tipiche occhiaie da vacanza, anche se più marcate del solito, il labbro tagliato e lividi ovunque.
Naturalmente rimasi shockata e mi sedetti al suo fianco chiedendogli cosa gli fosse successo, ma lui rispose solo, con una bugia ne sono sicura, sul perchè non mi avesse più contattato.
Durante il viaggio però venni a sapere che dei ragazzi del Grifondoro avevano duellato con un Serpeverde, risalendo anche alle mani e a quel punto capii subito cos'era successo, ma non potei farci niente.
Non lo ammisi mai, ma frugai nella sua mente per accertarmene e scorsi sbadatamente l'immagine di un ragazzo dall'aria distrutta che fissava il vuoto con le mani nei lunghi capelli neri, seduto ad un tavolo tarlato su cui erano adagiate decine di lettere,quelle che gli avevo mandato senza ottenere risposta. Vidi un ragazzo dai profondi occhi neri tirare su la cornetta di un telefono, portarsela all’orecchio e riattaccare mentre silenziose lacrime gli rigavano il volto.
A quell’immagine capii subito che c’era qualcosa che non andava.
Cercai d’indagare nei giorni successivi, certa che non avesse passato un estate semplicemente poco tranquilla, finché non fu lui a fornirmi il tassello mancante in una tiepida giornata di pioggia a cavallo tra l’inverno e l’autunno.
Quel giorno cominciò la nostra storia.
Finita la mia ultima lezione della mattina uscii nel parco dove avevo un appuntamento importante con il mio piccolo uomo. Dalla foresta proibita spuntò una figura gracile e scura con il capo chino.
Il giovane Piton mi si avvicinò vestito di tutto punto con il suo fresco volto da semi uomo che aveva soverchiato quello da adolescente. Mi si piazzò davanti con aria seria, la pelle più chiara del solito e zuppo come un pulcino. Prese un profondo respiro e sputò tutto d’un fiato:
«Professoressa Hawk quest’estate ho riflettuto a lungo e ho concluso che lei mi piace molto e che forse io la amo. Solo che non ho la più pallida idea di cosa io debba fare ora.»
Non dissi nulla, rimasi impassibile. Avevo sperato che quel momento non arrivasse mai, ma ora mi aveva travolta in pieno facendomi sbattere con violenza sulle mura del castello alle mie spalle, facendomi sentire in colpa per non aver saputo come reagire, per non essere stata certa che quel ragazzo, di appena 7 anni più giovane di me, fosse solo un alunno.
Cercai di pensare a qualche racconto, a qualcosa che mi illuminasse la strada giusta da prendere:
«S-severus…Severus, avanti, non dire sciocchezze, sono troppo grande per te e tu ancora non sei maggiorenne.»
«Professoressa, lo giuro, io so di amarla, vorrei che non fosse così, solo che la sua immagine mi tormenta e non chiudo occhio la notte al pensiero di avere Divinazione con lei il giorno dopo.»
Mi si strinse il cuore nel vederlo così goffo ed imbarazzato nell’esprimersi.
Non potetti fare altro che prenderlo per mano e condurlo nel mio ufficio per discutere meglio sulla situazione. A quel gesto lo vidi avvampare e sentii la sua mano stringere la mia, come se non avesse voluto più lasciare la presa.
Arrivati alla Torre di Divinazione chiusi la botola e lo feci accomodare ad un banco.
Gli piazzai la mia preziosa sfera di cristallo davanti e gli chiesi di scrutarla.
Non era mai stato una cima nella mia materia. Pochi a dire il vero lo erano stati, però per compensare la mancanza del suo Occhio Interiore, a differenza dei suoi compagni, si era applicato fin dal primo giorno consegnandomi ricerche dettagliate ed eloquenti, non ostante fossero ugualmente fredde ed impersonali.
In tutte le altre materie andava molto bene, applicandosi allo stesso tempo modo: con costanza, precisione ed interesse. Non intendevo scoraggiarlo dandogli brutti voti solo perché non possedeva quella odiosa Vista, che solo pochi hanno in ogni fascia d’età.
Ma vorrei tanto che allora avesse avuto quel dono.
Scrutai la sfera e vidi ingrandire i suoi occhi di tenebra. Quegli occhi che molte volte mi avevano confessato segreti terribili; che con i miei avevano dialogato su un certo Lord Voldemort, un uomo che mi perseguitava in sogno ogni volta, ne sono certa, che Severus aveva a che fare con qualcosa a lui annesso. Quegli occhi che si fidavano dei miei quando gli dicevo che sarebbe stato un ottimo Auror se solo avesse scelto di frequentare quel corso.
Invece lui aveva scelto il corso per insegnanti, un corso che gli permetteva di continuare tutte le materie senza lasciarne nemmeno una. Imparare era quello a cui più ambiva, non credo la sua intenzione fosse, realmente, quella di insegnare.
Però proprio in quel occasione, fissando i suoi neri occhi attraverso la sfera vidi il suo futuro.
Lo vidi adulto seduto alla scrivania di un ufficio buio molto familiare. Probabilmente l’ufficio di Orce, un mio collega capocasa del Serpeverde. Lo vidi leggere un libro antico prima di intravedere la figura di Albus Silente comparire nel mio campo visivo.
Sorrisi. Lui a quel gesto arretrò col viso.
«Severus, cosa vedi nella sfera?»
«Lei professoressa.» Mi rispose.
«Davvero?» Domandai accigliata. Aveva forse acquisito il Dono?
«Si, vedo la sua immagine attraverso il cristallo.»
Sorrisi e gli arruffai i capelli.
«Io ho visto il tuo futuro Severus…E io non ci sono.»
«Non importa…Io, io non desidero che lei faccia parte del mio futuro. E solo che fa parte del mio presente.» Nei suoi occhi, rivolti verso il banco, apparve una scintilla. Mise la ma propria mano sulla mia e mi fissò negli occhi. Io lo osservai mentre alcuni brividi s’impossessavano del mio corpo.
«Vuol dire che t’insegnerò a farmi sparire dal tuo presente.» Risposi sottraendo la mano e utilizzando l’aria più seria in mio possesso.
Lui sembrò amareggiato ma annuì.
«Bene. Cominciamo con il salutarci ed andare a dormire, ognuno nelle proprie stanze. Domani ne parleremo meglio da riposati e asciutti. Ammetti che non è stata una buona idea incontrarci nel parco.»
Severus mi fissò, poi eseguì un incantesimo e ci ritrovammo entrambi completamente asciutti.
«Ah, già. La magia. Bisogna sempre facilitaci le cose e spegnere brutalmente l’atmosfera.» Sospirai ergendomi e voltandomi verso la cattedra.
«Su, forza, ora va'. Ci vediamo qui, domani mattina. Mi raccomando, riposati.»
Il ragazzo annuì ed uscì.
Il giorno dopo, la sveglia non suonò. Prima di colazione mi sentii chiamare:
«Professoressa Hawk? Professoressa Hawk?»
Aprii gli occhi e lo vidi entrare dalla porta della mia camera.
Lui sgranò gli occhi imbarazzato e io gli intimai di uscire.
In effetti fu davvero comica la scena.
Io che mi coprivo il petto, vestito solo da una camicetta mal messa e troppo scollata, con il lenzuolo e Severus che fissava le mie gambe scoperte pallido in viso.
Lo feci entrare minuti dopo.
Avevo deciso che avrebbe dovuto cominciare a comandare la propria mente, ecco perché iniziai a insegnargli Occulmanzia.
Ogni lezione iniziavo con il leggere nella sua mente ed fino a quando non riusciva a bloccarmi. Ogni volta, desideroso di non mostrarmi i suoi ricordi più intimi, riusciva a bloccarmi sempre in minor tempo. Continuavamo la nostra lezione facendo provare lui a leggere nella mia mente, ma questo si avverava raramente.
Passò un mese e sapevamo entrambi alcuni dei segreti più intimi dell’altro. Decidemmo così d’inserire la Legilimanzia e l’Occulmanzia nei duelli. Ci esercitavamo mentre il resto di Hogwarts era ad Hogsmeade o alle partite di Qidditch.
Severus metteva tutto sé stesso nel superarsi di volta in volta e sembrava provare un particolare piacere nel duellare. Nei suoi occhi brillava una fiamma ardente quando riusciva ad abbattere le mie difese e mettere a segno un colpo.
A febbraio non sapevo più cosa insegnargli era diventato terribilmente bravo ed esigeva che continuassimo a batterci non ostante fossimo di pari livello. Il giorno di San. Valentino il destino si schiarì per chi come me conosce il futuro del passato e il passato del presente.
Hogwarts era di nuovo a Hogsmeade e io e il mio piccolo uomo ci allenavamo nel campo di Quidditch.
Ad un certo punto andammo a sbattere l’una contro l’altro e io finii addosso a lui.
“Scusami. Ti sei fatto male?” gli accarezzai il volto preoccupata.
Lui scosse il capo rosso in viso. Feci per alzarmi puntellandomi sulle braccia ma Severus mi afferrò i polsi e mi trasse a sé. Mi baciò sulle labbra: senza fretta, senza chiedermi altro, accarezzava solo le mie labbra con le sue. Senza farci caso, per sottrarmi a quella situazione al più presto possibile, feci pressione sul bacino per divaricare le gambe e rialzarmi per mezzo di queste, ma così facendo sentì il ragazzo eccitarsi sotto il mio corpo ed arrossire ancora di più.
Rimasi immobile ancora una volta mentre la mia bocca si muoveva senza controllo: condividendo quel bacio per il quale si era fatta tanto desiderare.
“Severus…” Rantolai sperando che tutto finisse.
Lui mi accarezzò le guance e mi baciò con minore intensità rispettando i miei ritmi.
Piano sentì il cuore alleggerirsi e le sensazioni ovattarsi.
Mi girai staccandomi dal suo abbraccio e mettendomi a sedere accanto a lui:
“Severus…sei un mio alunno…”
“Tra pochi mesi non lo sarò più. E ora sono anche maggiorenne.”
“Ma Severus…”
“La prego professoressa Hawk; lei lo sa, non può far finta di non esserne a conoscenza. Lei è la cosa più bella che sia mai capitata nella mia vita.”
“Severus, io però non posso permettermi di amarti.”
“C-cosa? E-e perché?” Mi domandò mettendosi anche lui a sedere.
“Perché i maghi oscuri stanno aumentando di numero e la nostra non sarebbe una vita tranquilla.”
“Se per questo nemmeno quella degli altri. In ogni caso ci sono gli auror per difendere chi non può farlo da solo.”
“Severus, io sono un auror…”
Spalancò gli occhi allibito.
“Sono una veggente ingaggiata dal ministero. Quando andai al ministero per chiedere lavoro come auror profetizzai la venuta di una nuova epoca oscura. Ricordo a malapena cosa dissi. Ma il ministero mi mandò ad Hogwarts per non mettere a repentaglio la mia vita, in cambio avrei dovuto riferire loro ogni mia altra profezia. Non ostante tutto però rimango un auror a tutti gli effetti e se avesse bisogno di me sarei obbligata a rispondere dei miei doveri.”
Sembrò shockato della mia notizia e si sdraiò osservando il cielo.
“Ecco perché era tanto brava nei duelli non ostante sia una professoressa di Divinazione…”
Sono sicura che non disse quello che in realtà avrebbe voluto.
“Anche tu ai le capacità adatte per divenire un auror. Se dovessi divenirlo potremmo combattere fianco a fianco un giorno.” Gli sorrisi. Sotto quelle parole il nostro futuro sembrava schiarirsi. Lui mi accarezzò la mano e mi domandò:
“Posso chiamarla per nome professoressa Hawk?”
Annuii sorridente.
Lui si mise a sedere e mi baciò accarezzandomi il volto e giocando con una ciocca dei miei capelli.
Da quella volta divenimmo una vera e propria coppia…clandestina, almeno sotto il mio punto di vista, ma pur sempre una coppia. A giugno riuscimmo a cancellare in me il timore d’infrangere le regole e di ignorare il rapporto professionale che ancora per poco ci avrebbe unito.
L’ultimo giorno di scuola, la sera, dopo gli esami, abbiamo fatto l’amore entrambi per la prima volta; ieri notte per l’ultima.
Ed ora in mezzo alla neve, in piena estate, lo vedo allontanarsi sul Hogwarts’ Express, dove ci siamo incontrati e dove ci siamo dati l’arrivederci; non ostante io gli abbia dato il mio silenzioso addio scritto su una carta da lettere babbana con i bordi strappati e profumata alla menta.
E mentre ricordo la nostra storia una lacrima scende adagio sulla mia guancia rispettando i miei ritmi e pregandomi di dimenticare.



FINE

  
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