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Autore: mavee    16/12/2012    1 recensioni
"Aprì gli occhi e si trovò dove era sempre stata, seduta a gambe incrociate sul terreno caldo, circondata da tremule fiamme e rossi tizzoni. Con pazienza li spense con i ruvidi palmi delle mani, poi si alzò piano ed uscì dal cerchio di pietre."
"Non scegli tu di diventare una Lingua di Fuoco, il calore che scorre nelle tue vene è più di un dono, è la tua missione e la tua condanna."
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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 Camminava a passi lenti tra gli alti steli d’erba primaverile, di un verde così chiaro e luminoso che sembrava quasi emanare una tenue luce propria. Metà della valle era invasa dal sole mattutino e una tiepida brezza faceva vibrare le fronde degli alberi in lontananza. La leggerissima veste azzurra sventolò delicatamente attorno alle sue gambe nude, facendole apprezzare la sensazione del tessuto e dell’erba che le sfioravano la pelle abbronzata. Come sempre era scalza, ma questa volta non aveva camminato molto. Si era trovata in quella vallata, senza sapere perché, senza sapere dove fosse realmente, ma questa volta il luogo era talmente bello che non si preoccupò di nulla. Una folata di vento più insistente le scompigliò i capelli bianchissimi e facendo emergere dall’erba alta il candido profilo di una culla. Quando gli fu vicina notò la mirabile fattura dell’oggetto, il ferro ghiaccio era stato battuto fino a prendere le sinuose forme di giovani rami coperti di foglie. Allungò piano una mano a sfiorarne il contorno e si sorprese nel trovarlo così caldo. Il calore non la infastidì in alcun modo, la sua pelle non poteva più bruciarsi. Temprata con il fuoco sin da piccola e messa alla prova aveva dimostrato di essere a tutti gli effetti una Lingua di Fuoco.
Si guardò attorno e notò che in lontananza un torrente impetuoso divideva la valle, al di là di esso un cane irrequieto guaiva muovendosi su e giù fissando la culla. Ogni volta che cercava di avvicinarsi alle sponde del fiume la corrente sembrava aumentare di intensità costringendolo ad arretrare.Si sporse oltre il bordo per vedere all’interno della culla e le candide foglie di ferro ghiaccio le punsero le costole. Sul fondo della culla c’era una coperta anch’essa bianca di soffice lana di agnello, fece per raccoglierla ma quando la toccò si attorcigliò su se stessa, come un serpente che si accinge a strangolare la sua preda, poi si irrigidì, una morsa che soffoca l’invisibile.
Alzò lo sguardo e notò che l’erba si era abbassata e tra i suoi ciuffi spuntavano le orecchie di alcuni conigli che si stringevano attorno a lei circondandola. I loro occhi attenti fissavano la coperta, i loro nasi umidi vibravano nell’aria improvvisamente immobile. Quando lei si mosse balzarono in avanti snudando lunghe zanne pronte a strapparle la carne dalle ossa. Il potente ruggito di quello che era stato il triste cane al di là del fiume fu l’ultima cosa che sentì, mentre la sua sagoma enorme saltava al di là della corrente.
 

***

 
Aprì gli occhi e si trovò dove era sempre stata, seduta a gambe incrociate sul terreno caldo, circondata da tremule fiamme e rossi tizzoni. Con pazienza li spense con i ruvidi palmi delle mani, poi si alzò piano ed uscì dal cerchio di pietre. La veste di tela leggera era lì dove l’aveva lasciata prima di addentrarsi nel Bagno di Fuoco, se la infilò e si avviò a lenti passi verso le luci che filtravano tra gli alberi secolari.
La visione era stata molto vivida e nemmeno troppo difficile da leggere, ma per la prima volta sembrava che si fosse spinta oltre il mostrarle tramite giochi di luci e immagini metaforiche la situazione attuale che veniva indagata dal committente. Per la prima volta in ventitre anni, aveva sfiorato il proibito. Il futuro era precluso alla mente degli uomini tutti, Lingue di Fuoco  o no. Ma è stato lui a mostrarsi alla mia vista, pensò. Si incamminò su per le scale di legno contorto che portavano agli appartamenti di legno bianchissimo del giovane principe di Sleevyes, costruiti sugli enormi rami più bassi dell’albero bianco. La porta era aperta e la giovane entrò senza bussare, l’attendevano.
La stanza era completamente bianca, gli infissi, la mobilia, le tende, i soprammobili, ogni cosa. Clausad, braccio destro del Primo Consigliere Calamis, era in piedi nella sala di ricevimento e indossava una tunica color panna. La ragazza notò quanto stonasse in quella stanza, come una macchia di sporco difficile da togliere. Sulla tunica era ricamato un coniglio marrone con le orecchie dritte e attente. Era lo stemma scelto di Calamis. “I conigli sono veloci, saettano qua e là per non farsi catturare. Possono facilmente cader preda di predatori, ma sono scaltri. Si infilano nelle loro tane e aspettano, vedono e sentono tutto.” Questo aveva detto Qardha quando lei glielo aveva domandato, l’impassibile protettore dell’Erede Bianco non vedeva di buon occhio la presenza di quelli che a suo parere erano sporchi doppiogiochisti pronti a piangere il loro re brindando alla loro salita al potere.
La vecchia Civetta era ormai allo stremo delle proprie forze e da un giorno all’altro avrebbe esalato il suo ultimo alito di vita. Floss era solo un bambino di quattro anni, ultimo discendente di una famiglia misteriosamente scomparsa, un erede dopo l’altro. Ora restava solo lui e Qardha aveva giurato di proteggerlo il giorno in cui sua madre lo mise al mondo. Nonostante l’aspetto rigido, la fronte sempre aggrottata e le fine labbra serrate, l’agile e fedele guardiano amava quel bambino come se fosse se nelle loro vene scorresse lo stesso sangue.
Clausad fece un cenno del capo e si allontanò per chiamare il principe e il suo protettore. Le regole volevano che fosse il diretto interessato a sentire per primo il responso della Lingua di Fuoco-
La ragazza sospirò chiedendosi quanto di quello che aveva visto doveva rivelare, il futuro non era per le orecchie e gli occhi di tutti.
La voce del vegliardo le tornò alla mente.
Non scegli tu di diventare una Lingua di Fuoco, il calore che scorre nelle tue vene è più di un dono, è la tua missione e la tua condanna. Sei nata per servire, devi mettere il tuo potere al servizio del mondo con saggezza e prudenza o il mondo troverà il modo per piegarti e usarti. Proteggi te stessa non facendoti coinvolgere troppo dalle vicende di coloro che aiuterai, proteggi gli altri dosando le tue parole e misurando le tue rivelazioni.
L’uomo tornò con il bambino che si stropicciava gli occhi e Qardha che lo teneva in braccio, ben lontano dal coniglio.
“Ploìmen, Calamis dovrebbe già essere qui. Vi prego di attendere.”
“Le risposte non sono qualcosa che può stare in attesa in eterno e i miei servigi sono richiesti altrove. Andatelo a chiamare.”
Clausad era restio a lasciarli soli. Alla Ploìmen, fiamma, non sfuggì il suo sguardo nervoso. In quanto Lingua di Fuoco non doveva sottostare agli ordini di alcun sovrano o chi per esso dettasse legge ovunque lei si trovasse. Ciò le permetteva di poter chiedere molto più di qualunque altro suddito di qualsiasi regno.
L’uomo si irrigidì in un inchino forzato e si congedò. La ragazza era certa che avrebbe trovato qualcuno che li sorvegliasse mentre andava a sollecitare l’arrivo del Primo Consigliere.
“Qardha, gli uomini che circondano te e l’Erede Bianco sono pericolosi. Osservano silenziosi e ascoltano attenti, immobili nella quiete ma pronti a sfoderare candide zanne. Il piccolo è circondato da un ambiente apparentemente perfetto, ma sai meglio di me i pericoli che lo circondano.”
“So che è il prossima sulla lista di quei maledetti conigli. Ma sono solo, come posso fare?”
“Stai all’erta, sii forte e fai ciò per cui hai prestato giuramento.”
Qardha chinò gli occhi sul bambino assonnato che stava tra le sue braccia forti, strofinò il visino sul gilè di cotone bianco e il suo protettore gli rimboccò la coperta di lana di agnello, anch’essa bianca.
“Stanno tornando, vi ringrazio Ploìmen.” La ragazza inchinò il capo e tacque mentre la porta alle sue spalle veniva spalancata con malcelata impazienza.
 

  
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